L'uomo orchestra (Georges Méliès, 1900)
L'uomo orchestra (L'homme-orchestre)
di Georges Méliès – Francia 1900
con Georges Méliès
Visto su YouTube.
Dopo aver disposto sette sedie sul palcoscenico (siamo all'interno del teatro Robert-Houdin, il luogo dove il regista girava – e poi proiettava – gran parte dei suoi film), Méliès procede a "duplicarsi" fino a quanto non ci sono sette copie di sé stesso, che cominciano a suonare differenti strumenti (a dirigere l'orchestra è quello di mezzo). La tecnica della sovrimpressione (attraverso l'esposizione multipla della pellicola), già vista un paio d'anni prima ne "Le quattro teste", permette di dare vita a un trucco cinematografico che, pur nella sua semplicità, avrà fatto colpo di sicuro sugli spettatori di allora. Al termine del concerto, i sette Méliès si inchinano al pubblico, si congratulano fra loro, e si "riassorbono" a vicenda finché non ne rimane uno solo, che fa sparire le sedie e si esibisce in qualche altro numero da prestigiatore, prima di scomparire da una botola sul palco. Ho parlato di "semplicità", ma con la tecnica dell'epoca non era certo facile imprimere la stessa pellicola per sette volte senza che l'esposizione ripetuta rendesse l'immagine troppo luminosa (per non parlare della sincronizzazione richiesta nei movimenti e nella recitazione). Anche per questo motivo si spiega il fondale completamente nero. La gag – riproposta poi identica da Segundo de Chomón in "Le troubadour" (1906) – sarà riutilizzata anni dopo, fra gli altri, da Buster Keaton in "The playhouse" (1921) e da Oscar Levant in "Un americano a Parigi" (1951).
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