21 agosto 2023

Vampires (John Carpenter, 1998)

Vampires (John Carpenter's Vampires)
di John Carpenter – USA 1998
con James Woods, Daniel Baldwin
**1/2

Rivisto in TV (Sky Cinema).

Il rude Jack Crow (James Woods) è a capo di un gruppo di cacciatori di vampiri che, finanziati dal Vaticano, hanno l'incarico di rintracciare e sterminare i succhiasangue nel sud-ovest americano. Ma dopo che la loro intera squadra è stata sterminata da Valek, un "maestro" particolarmente duro a morire, Jack e il fido Montoya (Daniel Baldwin) si ritroveranno ad affrontarlo con il solo aiuto di un giovane prete inesperto (Tim Guinee) e di una prostituta morsa dal mostro (Sheryl Lee). Un film di vampiri diretto da John Carpenter? Non poteva che essere tamarro al 100%. Per cominciare, si smonta il mito dei vampiri "romantici" che in quegli anni era tornato in auge grazie a pellicole come il "Dracula" di Coppola (1992) e "Intervista col vampiro" (1994): per usare le parole di Jack, i vampiri "non assomigliano affatto a un branco di transessuali che se ne vanno in giro in abito da sera a tentare di rimorchiare tutti quelli che incontrano, con un falso accento europeo". E anche i cacciatori sono canaglie, brutti, sporchi e cattivi, che dicono parolacce e volgarità assortite, bevono, vanno a puttane e picchiano i preti (!). L'ambientazione, poi, è quanto di più distante dagli scenari urbani tipici del genere: siamo nel Nuovo Messico, fra deserti e missioni spagnole abbandonate, più adatta a un film western che dell'orrore. Il film stesso è girato come un western alla Peckinpah, con un'atmosfera polverosa e piena di stile cui contribuiscono anche la colonna sonora (dello stesso Carpenter, come al solito) e la fotografia crepuscolare (di Gary B. Kibbe). Il divertimento non manca, e il gore nemmeno, anche se nella parte centrale la pellicola si trascina un po' stancamente. Ma il regista sa tenere desta l'attenzione dello spettatore anche con pochi mezzi (la pellicola è evidentemente girata al risparmio) e sa creare un "mondo" con le sue regole (che i cacciatori citano in continuazione) e la sua coerenza interna. Nel cast anche Maximilian Schell (il cardinale).

19 agosto 2023

Megan (Gerard Johnstone, 2022)

Megan (M3GAN)
di Gerard Johnstone – USA 2022
con Allison Williams, Violet McGraw
**1/2

Visto in TV (Sky Cinema).

Gemma, progettista di giocattoli iper-tecnologici, mette a punto un'innovativa (e inquietante) bambola robot, M3GAN (sigla che sta per Model 3 Generative Android), dotata di intelligenza artificiale, che può essere programmata per diventare la "migliore amica" della bambina cui viene abbinata. E non solo giocare con lei, ma prendersene cura nel tempo libero come una baby sitter (di fatto sostituendo i genitori) e proteggerla da ogni possibile pericolo... Quando la donna sperimenta il prototipo facendolo abbinare alla sua nipotina Cady, di cui ha assunto la custodia dopo la morte dei suoi genitori, le cose però non vanno come previsto. Da un lato la bambola, infatti, prende alla lettera il compito di proteggere la bambina, giungendo persino a uccidere chi la minaccia (dal cane della vicina a un bullo del campo scuola), dall'altro la stessa Cady diventa talmente dipendente dalla sua nuova amica da rifiutare ogni altra interazione con il mondo esterno... L'interessante soggetto (di James Wan) non è, a ben vedere, così originale: sembra quasi un mix fra "Small Soldiers" e le tante pellicole horror sulle bambole (come "Chucky la bambola assassina"). Ma supera i limiti della convenzionalità quando preferisce concentrarsi sugli aspetti emotivi e psicologici legati alla genitorialità, alla crescita, al lutto, e anche – e qui forse sta la principale novità – all'eccessivo affidamento alla tecnologia nella vita di tutti i giorni. Delude invece sul fronte puramente horror, anche perché la regia ha quasi timore di mostrare in maniera esplicita le scene cruente, lasciandole spesso fuori campo (una caratteristica di molto cinema dell'orrore moderno, se confrontato con quello degli anni ottanta, per esempio). La prova della protagonista Allison Williams convince poco: molto meglio la bambina (Violet McGraw). Già in cantiere un sequel.

16 agosto 2023

Forrest Gump (Robert Zemeckis, 1994)

Forrest Gump (id.)
di Robert Zemeckis – USA 1994
con Tom Hanks, Robin Wright, Gary Sinise
**1/2

Rivisto in divx.

Seduto su una panchina, alla fermata di un autobus, l'ormai quarantenne Forrest Gump (un Tom Hanks praticamente perfetto) racconta la storia della sua vita a una serie di sconosciuti. Nato in una fattoria dell'Alabama, con un ritardo mentale (ha un quoziente intellettivo di soli 75 punti, nettamente al di sotto della media), ha vissuto contro ogni aspettativa un'esistenza incredibilmente e inconsapevolmente di successo, attraversando (senza rendersene conto) tutti gli avvenimenti più importanti della storia americana della seconda metà del ventesimo secolo: dalla fine della segregazione razziale nelle scuole alla guerra del Vietnam, dal disgelo con la Cina alle contestazioni hippy, incontrando (fra gli altri) Elvis Presley, John Lennon, Kennedy, Nixon... E grazie alla sua buona natura, ma anche a una serie di coincidenze che lo hanno portato a trovarsi spesso nel posto giusto e al momento giusto, si è laureato (con una borsa di studio sportiva), è diventato un eroe di guerra, un campione di ping pong, un imprenditore, un miliardario e infine, dopo essersi sposato con la sua amica di sempre (Robin Wright), un padre felice. Dopo una lunga serie di pellicole avventurose, fantascientifiche e horror, Robert Zemeckis approda per la prima volta al cinema "mainstream" adattando (non del tutto fedelmente) l'omonimo romanzo di Winston Groom e riscuotendo un enorme successo: il film vinse sei Oscar (su tredici nomination): miglior film (sottraendolo a "Pulp Fiction"), attore (il secondo di fila per Hanks, dopo "Philadelphia"), regia, sceneggiatura, montaggio ed effetti visivi. Nonostante alcuni momenti toccanti (quelli sul rapporto fra Forrest e l'amata Julia, ma anche con il tenente Dan (Gary Sinise), conosciuto in Vietnam: per entrambi diventa un'ancora di salvezza) e altri francamente divertenti (la scena in cui Forrest, che si mette a correre per la strada per tre anni di fila, diventa una sorta di guru spirituale, sembra un incrocio fra "Oltre il giardino" e "Brian di Nazareth"), nell'insieme è però una pellicola superficiale e autocompiaciuta. E allora perché (ci) piace? Forse proprio perché sullo slancio di un tono quasi fiabesco non ha un vero messaggio da mandare (nonostante i numerosissimi "messaggi" che lo stesso Gump cita a profusione, quasi tutti preceduti dalla frase "Mia mamma diceva sempre che...", molti dei quali diventati dei tormentoni iconici e pluricitati, come "La vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita", o "Stupido è chi lo stupido fa"): non offre una chiave satirica, non intende offrire analisi sociali o politiche, e non sa ironizzare né contestualizzare gli eventi che racconta, inserendoli magari in una sorta di progressione narrativa. Tutto capita e basta, e al limite siamo felici nel vedere una persona fondamentalmente "buona" come il protagonista (ma buona non per scelta morale, ma perché i suoi limiti intellettivi gli precludono la "cattiveria": di fatto non comprende nemmeno cosa siano il razzismo o la guerra) riuscire a trovare armonia e affermazione quando invece gli individui "normali" attorno a lui (Jenny e Dan in primis) sono tormentati, sbandati e autodistruttivi. Ma dopo un po', le mille coincidenze e citazioni cominciano a lasciare il tempo che trovano e diventano semplici strizzatine d'occhio (il Watergate, la Apple ("una specie di società di frutta"), lo smile...). Notevole, per l'epoca, l'uso degli effetti digitali quasi invisibili (opera della Industrial Light & Magic), come la piuma che svolazza in aria, animata sui titoli di testa e di coda, che simboleggia lo stesso Gump che si fa portare in giro dal vento, o l'inserimento di Forrest all'interno dei filmati in cui compaiono personaggi celebri, ma anche le gambe amputate del tenente Dan e il movimento delle palline da ping pong. Il figlio di Forrest, nel finale, è Haley Joel Osment. La colonna sonora comprende una trentina di celebri canzoni dell'epoca. Per un certo periodo si valuto l'opportunità di girare un sequel, ipotesi poi tramontata.

12 agosto 2023

Il genio della truffa (Ridley Scott, 2003)

Il genio della truffa (Matchstick Men)
di Ridley Scott – USA/GB 2003
con Nicolas Cage, Alison Lohman
**

Rivisto in TV (Sky Cinema).

Roy (Nicolas Cage), che si guadagna da vivere organizzando piccole e grandi truffe insieme al complice Frank (Sam Rockwell), soffre di disturbo ossessivo-compulsivo, è agorafobico e ossessionato dall'igiene. Quando nella sua vita disordinata si presenta all'improvviso Angela (Alison Lohman), la figlia quattordicenne che ignorava di avere, le cose cominciano a migliorare. Ma non tutto è come sembra... Il problema con i film di questo tipo, che parlano di truffe e truffatori, è che in fondo sono estremamente prevedibili: lo spettatore è portato a sospettare di ogni cosa, e dunque i twist e i colpi di scena che inevitabilmente giungono verso il finale non sconvolgono come farebbero in altre pellicole. In questo caso, tutto è così evidente sin dall'inizio che viene quasi il dubbio che gli sceneggiatori (che si sono basati su un soggetto di Eric Garcia) non ci abbiano provato nemmeno: Roy si fa "fregare" come una delle sue vittime, ma il focus del film non è la truffa in sé quando lo studio del personaggio (con le sue manie, le sue ossessioni, i suoi problemi relazionali) e il rapporto con la figlia che lo aiuta a crescere e ad uscire dal tunnel. Lo dimostra il fatto che alla risoluzione del twist stesso non viene data particolare enfasi, nemmeno a livello registico. Buone le prove degli attori: in particolare la Lohman, ventiquattrenne, è piuttosto credibile nell'interpretare una quattordicenne (!). Nel cast anche Bruce Altman, Bruce McGill e Sheila Kelley. Anche se regge a una seconda visione, complessivamente però il film è dimenticabile.

10 agosto 2023

Breakfast club (John Hughes, 1985)

Breakfast Club (The Breakfast Club)
di John Hughes – USA 1985
con Molly Ringwald, Judd Nelson
**1/2

Visto in TV (Sky Cinema).

Messi in punizione per motivi diversi, cinque studenti liceali appartenenti a "circoli" molto differenti fra loro – la "principessa" Claire (Molly Ringwald), l'"atleta" Andrew (Emilio Estevez), il "ribelle" John (Judd Nelson), il "secchione" Brian (Anthony Michael Hall) e la "disadattata" Allison (Ally Sheedy) – sono costretti a trattenersi di sabato nella biblioteca della scuola, per l'intera giornata, a scrivere un tema su sé stessi. Inizialmente scoccano scintille: ma col passare delle ore, man mano che parlano e si "confessano" l'uno con l'altro, i cinque ragazzi cominciano a scoprirsi più simili di come pensavano, accomunati dalle barriere di incomprensione che li separano dal mondo adulto, dal difficile rapporto con i genitori (c'è chi pretende troppo da loro, e chi invece li ignora) e con i professori (come il tirannico vice-preside Vernon (Paul Gleason), che li sorveglia durante la loro punizione), e in generale da una forte disillusione verso il mondo e il proprio futuro. Aperto da una citazione di David Bowie ("E questi ragazzi sui quali sputate, mentre cercano di cambiare il loro mondo, sono immuni dai vostri giudizi. Sono perfettamente consapevoli di quello che stanno attraversando...", da "Changes") e ambientato tutto fra le quattro mura scolastiche e praticamente con solo sette attori (oltre ai cinque ragazzi e al professore, c'è anche il bidello Carl (John Kapelos)), il secondo film di John Hughes è una riflessione prima di tutto sull'identità e su come definire sé stessi di fronte alle aspettative o ai pregiudizi esterni, in particolare quelli della generazione precedente. Ma rappresenta anche un grido di ribellione verso il sistema scolastico, che incasella gli studenti e frustra le loro reali ambizioni, nonché un'espressione del desiderio di vivere in maniera autonoma e individuale. I personaggi sono forse un po' troppo costruiti e stereotipati nella loro diversità, e i dialoghi sono a tratti esistenzialisti e poco realistici ("Finiremo per somigliare ai nostri genitori?" "È inevitabile. Quando cominci a crescere il tuo cuore muore"), ma il film ha lasciato una forte impronta culturale, soprattutto negli Stati Uniti, dove è diventato un cult movie e il simbolo di una generazione, quella dei teenager anni ottanta. Sui titoli di apertura e di chiusura c'è la canzone "Don't You (Forget About Me)" dei Simple Minds.

4 agosto 2023

Gli avventurieri (Michael Curtiz, 1939)

Gli avventurieri (Dodge City)
di Michael Curtiz – USA 1939
con Errol Flynn, Olivia de Havilland
**

Visto in TV (RaiPlay).

Negli anni successivi alla guerra civile americana, Dodge City, nuova città di frontiera e centro del commercio di bestiame della regione, è funestata dal crimine, dalla violenza e dall'illegalità. Il mandriano Wade Hatton (Errol Flynn) viene perciò assunto come sceriffo per ripulirla dai banditi che vi spadroneggiano. E con l'aiuto del fedele Rusty (Alan Hale) e della bella Abbie (Olivia de Havilland), di cui è innamorato, saprà sgominare la banda dell'infido Surrett (Bruce Cabot). Esordio nel western per Flynn, attore fino ad allora celebre per le pellicole di cappa e spada, sin dai tempi di "Capitan Blood", film che aveva fra l'altro segnato la prima delle sue numerose collaborazioni con la De Havilland e il regista Michael Curtiz. Sceneggiato da Robert Buckner, è un western solido e con tutte le carte in regola (carovane di pionieri, treni in fiamme, sparatorie in strada, risse nei saloon...), anche se gli manca il guizzo che lo renda memorabile. Al fianco dell'affabile Flynn ci sono una serie di caratteristi che danno vita a personaggi simpatici, e non mancano momenti inaspettatamente drammatici, ma tutto è un po' all'acqua di rose, finalizzato a uno spettacolo hollywoodiano che celebra, oltre che la storia del paese, soprattutto sé stesso.

2 agosto 2023

I misteri di un'anima (G. W. Pabst, 1926)

I misteri di un'anima (Geheimnisse einer Seele)
di Georg Wilhelm Pabst – Germania 1926
con Werner Krauss, Ruth Weyher
**1/2

Visto su YouTube, con cartelli in inglese.

Rimasto scosso dalla notizia di un omicidio avvenuto nella casa accanto (una donna uccisa con un rasoio), un uomo (Werner Krauss) inizia ad avere strani incubi, costellati da misteriose visioni. E in concomitanza con il ritorno dall'Oriente del suo più caro amico d'infanzia (Jack Trevor), nonché cugino della moglie (Ruth Weyher), scopre di avere il terrore di impugnare un coltello o una lama affilata, provando l'irresistibile impulso di usarli per uccidere proprio la consorte. Fugge così di casa, incontrando per caso un medico (Pavel Pavlov) che si offre di aiutarlo usando un nuovo metodo messo a punto da poco, la "psicoanalisi". Nel corso di una serie di sedute, il dottore riuscirà infatti a scoprire il motivo delle pulsioni alla base del trauma del protagonista. Per quanto non privo di ingenuità (il cartello iniziale recita "In ogni uomo ci sono desideri e passioni inconsci. Dal loro tentativo di emergere possono derivare misteriose malattie. La psicoanalisi le cura."), uno dei primi film a mettere in scena in maniera realistica e scientifica le teorie e i metodi della nuova disciplina di analisi del profondo. Il protagonista, un chimico viennese, ama la moglie ma vede irrazionalmente nel cugino una "minaccia" al loro matrimonio, nonché la causa del fatto che non abbiano figli. E le immagini surreali del sogno acquistano il loro reale significato solo quando vengono rielaborate e descritte dallo psichiatra, che analizzandole le riconduce a esperienze, paure e umiliazioni passate. Ovviamente basta ricordare traumi e sogni, ovvero portare le immagini fuori dall'inconscio, e si guarisce di colpo. Il produttore del film, Hans Neumann, avrebbe voluto direttamente Sigmund Freud come consulente scientifico per la pellicola, ma lui rifiutò, e allora si rivolse a due suoi allievi, Karl Abraham e Hanns Sachs, citati nei titoli di testa.