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6 luglio 2023

Nimona (Nick Bruno, Troy Quane, 2023)

Nimona (id.)
di Nick Bruno, Troy Quane – USA 2023
animazione digitale
***

Visto in TV (Netflix), in originale con sottotitoli.

In un mondo medieval-tecnologico, il prode Ballister Boldheart (Cuoreardito nella versione italiana) viene ammesso fra i cavalieri che devono proteggere il regno dai presunti mostri che lo minacciano da oltre le mura, seguendo l'esempio di Gloreth, la leggendaria guerriera che mille anni prima aveva sconfitto ed esiliato il primo di questi. Incastrato con l'accusa di aver ucciso la regina, ed etichettato da tutti come un criminale, Ballister sarà costretto ad allearsi proprio con una ragazza mostro, la scatenata mutaforma Nimona, per cercare di dimostrare la propria innocenza. Liberamente tratto dal fumetto di ND Stevenson (già Noelle Stevenson, showrunner dell'eccellente serie "She-Ra e le principesse guerriere"), un film d'animazione che ha avuto una storia piuttosto travagliata: avrebbe dovuto essere realizzato dai Blue Sky Studios della Fox, ma dopo l'acquisizione da parte della Disney gli studi furono smantellati e la produzione interrotta, per essere poi ripresa dalla casa indipendente Annapurna e da Netflix. L'ottima animazione, pop, colorata e vivace, ricorda un altro prodotto animato Netflix, la serie "Arcane", ma sono soprattutto la storia (ricca di colpi di scena) e i personaggi a colpire per originalità e profondità psicologica. L'idea di giocare con i cliché delle fiabe classiche, discutendone gli assiomi e ribaltando per esempio la dicotomia fra eroe e cattivo e fra personaggi "normali" e mostri, non è certo nuova: c'è un evidente filo rosso che parte da "Shrek" e giunge a "Nimona" passando per "Dragon Trainer", "Frozen", "Red" e "Il mostro dei mari". Qui però i temi della diversità e della (in)tolleranza sono trattati a più livelli: da quelli più espliciti (Ballister mal visto come cavaliere perché non è di origine nobile; la coppia gay) a quelli metaforici (Nimona stessa, con le sue trasformazioni, può essere vista come un personaggio gender fluid, non binario, che non si adegua alle etichette altrui, e che pertanto è facile definire come "un mostro"). Ma Nimona, prima di tutto, è un personaggio assai divertente, che vivacizza ogni scena in cui è presente (tanto in forma umana quanto nel caleidoscopio di trasformazioni in animali rosa) e porta caos e rivoluzione nell'ambiente in cui vive: è punk, ribelle, demoniaca villain wannabe... ma quando arriva il momento del flashback sulle sue origini (che, come previsto, ribalta in chiave revisionista gran parte di quello che ci era stato detto all'inizio) diventa anche un personaggio tragico e assai simpatetico. I nemici sono invece il conservatorismo bigotto e la cieca intolleranza, che insegnano a ripetere meccanicamente "quel mostro è una minaccia per il nostro stile di vita" (notevole la propaganda mediatica che insiste su questo punto, fino a contaminare le pubblicità e i prodotti per i bambini) e a proteggere tradizioni millenarie che si rivelano costruite sul (quasi) nulla. Molti di questi temi, ovviamente, erano presenti anche in "She-Ra" (non solo in Nimona e Gloreth, ma anche nella coppia Ballister-Ambrosius si percepiscono echi di Catradora).

8 giugno 2023

Weathering with you (Makoto Shinkai, 2019)

Weathering with you - La ragazza del tempo (Tenki no ko)
di Makoto Shinkai – Giappone 2019
animazione tradizionale
**

Visto in TV (Netflix).

In una Tokyo sferzata da una pioggia incessante e innaturale, il sedicenne Hodaka, liceale scappato da casa e in cerca di lavoro, conosce Hina, una ragazza in grado di "portare il sereno" attraverso le sue preghiere al cielo. I due decidono di sfruttare la cosa, offrendo a pagamento le capacità di Hina a chiunque desideri qualche ora di sole. Ma il continuo ricorso ai poteri della ragazza – che è l'equivalente moderno delle antiche "sacerdotesse atmosferiche", destinate a sacrificarsi per il bene della comunità – fa sì che lei, lentamente, cominci a scomparire... Il soggetto sembra tratto da una light novel, ma è farina originale del sacco di Shinkai, con tutti i suoi pregi e difetti: una suggestiva fusione fra il realismo del quotidiano, il timido romanticismo adolescenziale e suggestioni mistiche o fantastiche, ma anche situazioni forzate, poetismo d'accatto, personaggi stereotipati o non molto caratterizzati, e uno sviluppo che procede a tentoni, perdendo interesse man mano che si va verso il finale. Di contro, la fattura tecnica è ottima, in particolare l'animazione e gli sfondi (per quanto fin troppo fotorealistici), mentre il character design resta un po' anonimo. Mediocri e di maniera anche le (non necessarie) canzoni. Un film da godersi e poi dimenticare a stretto giro di posta. Brevi cameo per i protagonisti di "Your name.", il precedente (e più fortunato) lavoro di Shinkai.

29 maggio 2023

Monster Hunter (Paul W. S. Anderson, 2020)

Monster Hunter (id.)
di Paul W. S. Anderson – USA/Giappone/Cina/Germania 2020
con Milla Jovovich, Tony Jaa
**

Visto in TV (Netflix).

Una misteriosa tempesta di sabbia trasporta una soldatessa americana (Milla Jovovich) in un'altra dimensione, un mondo desertico popolato da mostri giganteschi e letali. Qui imparerà a combatterli, dapprima per sopravvivere e poi per impedire che arrivino sulla Terra, in compagnia di un misterioso cacciatore (Tony Jaa) e dei suoi compagni. Dopo "Resident Evil", l'accoppiata Anderson/Jovovich si rituffa nell'adattamento di una serie di videogiochi, un'altra popolare franchise della Capcom, prendendosi parecchie libertà. Il film (che nelle intenzioni dovrebbe essere a sua volta il primo di una serie, ma l'accoglienza della critica e del pubblico non è stata delle migliori, anche per via della pandemia di Covid nel periodo in cui è uscito) è essenzialmente una pellicola d'azione fracassona con venature fantastiche e horror, che nel raccontare i combattimenti dei nostri eroi per la sopravvivenza si rifà a un immaginario condiviso: molti sono infatti gli echi di precedenti film e opere di fantasy e fantascienza, da "Alien" a "Dune", da "Il Signore degli Anelli" (i ragni che ricordano Shelob) a "Il mondo perduto" di Conan Doyle (molti mostri sono di fatto derivati dai dinosauri, per non parlare del drago sputafuoco nel finale). E sarebbe inutile cercare caratterizzazioni originali o approfondimenti psicologici dei personaggi. Detto questo, visivamente ha il suo fascino, Milla si impegna, e le scene di combattimento (contro i mostri, ma anche fra umani) si prolungano senza annoiare più di tanto. E il world building, appena accennato, lascia immaginare sviluppi interessanti (dai velieri ottocenteschi che solcano i deserti, agli animali antropomorfi come il felino-cuoco nella ciurma dell'ammiraglio interpretato da Ron Perlman). Finale, ovviamente, aperto per il sequel, nello stesso modo in cui lo era quello di "Mortal Kombat", una delle prime incursioni di Paul W.S. Anderson nel mondo degli adattamenti da videogiochi.

10 maggio 2023

Soul (Pete Docter, 2020)

Soul (id.)
di Pete Docter [e Kemp Powers] – USA 2020
animazione digitale
***

Visto in TV (Disney+).

Joe Gardner, insegnante di musica part-time in una scuola media, sogna da tutta la vita di diventare un grande pianista jazz. Il giorno stesso in cui viene ingaggiato in un quartetto, però, muore per una caduta in un tombino. Giunto nell'aldilà, cerca in ogni modo di ritornare sulla Terra e nel suo corpo: e nel frattempo si ritrova assegnato come "mentore" a Ventidue, un'anima che si rifiuta di nascere, affinché la aiuti a trovare la propria "scintilla", ovvero la propria ragione di vita... Dietro un canovaccio visto già mille volte al cinema (a partire da "Il paradiso può attendere"), un film che prosegue nella tradizione Pixar di affrontare temi filosoficamente e psicologicamente complessi con l'ausilio dell'animazione. Questa volta, fra le altre cose, si parla di determinismo (la personalità e le passioni di un individuo sono fissate già alla nascita?) e dello scopo ultimo della vita. Che alla fine – e la cosa non dovrebbe stupire – si rivela essere... proprio vivere. Arguto nella caratterizzazione dei personaggi, eccellente nell'animazione e nella grafica (soprattutto per quanto riguarda l'aldilà, non tanto per le anime-fantasmino quanto per i vari consulenti e burocrati, creature bidimensionali il cui aspetto è ispirato all'arte astratta ma anche alla "Linea" di Osvaldo Cavandoli), adulto e profondo nei temi trattati, anche se a tratti corre il rischio di risultare un po' pesante, pedante e retorico. Ma proprio come i precedenti lavori di Docter (da "Monsters & Co." a "Inside Out"), riesce miracolosamente a mantenersi in equilibrio fra l'intrattenimento e l'insight psicologico. A causa della pandemia di Covid, non è uscito in sala ma direttamente in streaming sulla piattaforma Disney+. Due premi Oscar: per il miglior film animato e per la colonna sonora.

4 marzo 2023

Il mostro dei mari (Chris Williams, 2022)

Il mostro dei mari (The sea beast)
di Chris Williams – USA/Canada 2022
animazione digitale
**1/2

Visto in TV (Netflix).

Da secoli i cacciatori di mostri solcano il mare a bordo dei loro velieri per dare la caccia alle gigantesche creature che infestano le acque, venendo ricompensati dalla famiglia reale per ogni preda uccisa, visto che la loro attività consente al commercio (e dunque al regno) di prosperare. La piccola orfana Maisie Brumble, che li ammira incondizionatamente, sogna da sempre di diventare anche lei una cacciatrice come furono i suoi genitori, spinta dalla brama di avventura e incurante dei rischi ("Vivi una grande vita e muori di una grande morte", è il loro motto). Per questo motivo si imbarca clandestinamente sull'Inevitabile, la nave del leggendario capitano Crow, da sempre ossessionato dal desiderio di catturare il mostro più grande di tutti, la crudele Furia Rossa. Accolta nell'equipaggio, la bambina finisce sotto la riluttante protezione del figlio adottivo di questi, il lanciere Jacob. Insieme, Jacob e Maisie scopriranno però che la verità sui mostri non è quella che da sempre si tramanda... Enorme successo per questo film di animazione al computer, a metà strada fra "Dragon Trainer" e "I pirati dei Caraibi", con evidenti ispirazioni da "Moby Dick" e "L'isola del tesoro". L'animazione è davvero eccellente, e la cosa non stupisce più: ma i personaggi sono alquanto stereotipati (a cominciare dalla bambina), e la storia si muove su binari prevedibili, compreso il moderno revisionismo sui temi dell'eroismo e il messaggio contro l'imperialismo (il re e la regina sono ovviamente modellati sui reali di Spagna). L'afflato avventuroso, le scene di caccia in mare e quelle dei combattimenti con i mostri (e fra i mostri stessi: lo scontro fra la Furia Rossa e il granchio gigante sembra provenire da "King Kong" o da uno dei film di Ray Harryhausen) valgono comunque la visione. Pessimo il doppiaggio italiano (inascoltabile, in particolare, Diego Abatantuono che dà la voce al capitano Crow). Un sequel, neanche a dirlo, è già in cantiere.

2 dicembre 2022

Slumberland (Francis Lawrence, 2022)

Slumberland - Nel mondo dei sogni (Slumberland)
di Francis Lawrence – USA 2022
con Marlow Barkley, Jason Momoa
*1/2

Visto in TV (Netflix).

Alla ricerca di un modo per rincontrare il padre scomparso in mare, l'undicenne orfana Nemo (Marlow Barkley) viaggia nei propri sogni (e in quelli degli altri) in compagnia dell'eccentrico fuorilegge Flip (Jason Momoa), vivendo avventure surreali. Ispirato al classico fumetto "Little Nemo in Slumberland" di Winsor McCay (praticamente nemmeno menzionato nei credits), di cui banalizza temi e atmosfere, un film che, vista la materia trattata, potenzialmente ricca di spunti, risulta incredibilmente... noioso e meccanico. Le opportunità di un viaggio onirico sono sprecate in una serie di scenari (in computer grafica) decisamente semplici o da videogioco, le tematiche sono quelle legate ai valori familiari (vera ossessione del cinema americano: ma si parla anche di crescita e di capacità di... sognare), i personaggi sono pochi e, nel migliore dei casi, bidimensionali, la regia anonima. Da vedere e dimenticare. Nel cast, Kyle Chandler è il padre di Nemo (che prima di sparire faceva il guardiano di un faro), Chris O'Dowd lo zio "noioso" che si prende cura di lei, Weruche Opia l'agente dell'Ufficio per le attività del subconscio che dà la caccia a Flip. Poco o nessun rispetto per il lavoro originale di McCay, a partire dallo scarso utilizzo di una delle sue immagini più felici, quella del letto semovente, che appare solo in una breve scena, per non parlare dell'assenza di ambienti, dettagli o personaggi iconici. E no comment sul gender bending del protagonista Nemo.

26 settembre 2022

Old (M. Night Shyamalan, 2021)

Old (id.)
di M. Night Shyamalan – USA 2021
con Gael García Bernal, Vicky Krieps
**

Visto in TV (Now Tv).

Una famiglia di turisti in vacanza, insieme ad altre persone ospiti del loro resort, viene condotta su una spiaggia tropicale dalla quale è impossibile fuggire e dove, per uno strano fenomeno dovuto alle rocce che la circondano, l'invecchiamento dei loro corpi è accelerato: praticamente un giorno lì trascorso corrisponde a una vita intera. Una trovata originale e interessante (la sceneggiatura si ispira a una graphic novel, "Castello di sabbia", di cui però cambia i toni e il finale, fornendo una spiegazione al misterioso fenomeno che nel fumetto era assente) che viene un po' "sprecata" in una pellicola non del tutto riuscita. Tanto le psicologie dei personaggi quanto le svolte narrative sono sviluppate in maniera schematica, senza contare buchi logici e dialoghi espositivi che vanno a scapito della sospensione dell'incredulità, e i bei scenari naturali non compensano la povertà di trucco ed effetti speciali (niente invecchiamento in tempo reale, semplicemente ogni tanto gli attori vengono sostituiti da altri più adulti). Come se non bastasse, molti dei potenziali spunti che il soggetto portava con sé – i rapporti famigliari, in particolare con l'evoluzione di quelli fra genitori e figli; o l'atteggiamento di fronte alle malattie degenerative, o alla morte improvvisa – sono affrontati in maniera superficiale, preferendo puntare su tensioni e colpi di scena da horror estivo (senza però il coraggio di mostrare scene troppo forti sullo schermo). Se l'intrattenimento non manca, resta il rimpianto per cosa il film poteva essere e non è stato (basti pensare, come possibile termine di paragone, a quel capolavoro che era "L'angelo sterminatore" di Luis Buñuel!). Nel cast corale – che comprende anche Rufus Sewell, Emun Elliott, Abbey Lee ed Embeth Davidtz – il nome più noto è Gael García Bernal. Shyamalan ha il ruolo dell'autista del pulmino dell'albergo.

23 settembre 2022

Thor: Love and Thunder (Taika Waititi, 2022)

Thor: Love and Thunder (id.)
di Taika Waititi – USA 2022
con Chris Hemsworth, Christian Bale
*1/2

Visto in TV (Disney+).

Dopo un periodo trascorso nello spazio, un Thor sempre più magniloquente, stupido e fanfarone (Chris Hemsworth) torna sulla Terra per affrontare Gorr (Christian Bale), il "macellatore di dei", che intende sterminare tutte le divinità dell'universo. Con l'aiuto di Jane Foster (Natalie Portman), la sua ex che ha ottenuto dal redivivo martello Mjolnir la capacità di trasformarsi in una variante di Thor al femminile, nonché della Valchiria (Tessa Thompson) e dell'alieno Korg, il nostro eroe cercherà di impedire al nemico di raggiungere Eternità, entità cosmica in grado di esaudire i desideri. Il quarto lungometraggio dedicato al dio del tuono, il secondo diretto da Taika Waititi dopo "Thor: Ragnarok", è uno dei film del Marvel Cinematic Universe più brutti di sempre. Il finale (leggermente) a sorpresa, e in generale tutto ciò che ruota attorno all'antagonista (che però si vede troppo poco), non bastano a nobilitare una trama semplicistica e retorica, dei dialoghi mediocri, un umorismo la cui qualità va dall'infantile all'imbarazzante (intendiamoci: è sempre lo stesso umorismo goffo e adolescenziale di tutti i film Marvel, ma stavolta appare di livello ancora più basso, vedi per esempio la scena in cui Thor viene denudato da Zeus), personaggi vacui dalla caratterizzazione ondivaga o esilissima, una recitazione scadente, una colonna sonora orribilmente random, la brutta CGI e in generale l'estetica da videogioco. L'atmosfera, per la maggior parte della pellicola, è quella di uno scherzo continuo, una buffonata con occasionali momenti "seri" (la malattia di Jane, le origini di Gorr) che generano una tremenda dissonanza tonale. E se il tutto è impossibile da prendere sul serio, manca anche quel senso di divertimento spontaneo e scanzonato che rendeva gradevole il precedente episodio. Fra le cose potenzialmente interessanti (ma trattate come una barzelletta), la "gelosia" fra le varie armi di Thor, come quella che l'ascia Stormbreaker prova verso Mjolnir, mentre la breve sequenza ambientata nella dorata città degli dei (dal ridicolo nome di Omnipotence City) sembra la parodia di un film di Tarsem Singh o del "Gods of Egypt" di Alex Proyas. Pochi o irrilevanti, stavolta, i collegamenti con gli altri film Marvel (giusto la presenza, all'inizio, dei Guardiani della Galassia), mentre abbondano quelli ai precedenti capitoli di Thor. Le due capre, oltre che dalla mitologia norrena, provengono dalla run nei comics di Walt Simonson. E a proposito di fumetti: Eternità è del tutto travisato e banalizzato. Giusto una nota di costume gli elementi di "inclusività" (il girl power, la Valchiria lesbica, l'omosessualità della razza di Korg: dettagli inutili ai fini della storia, almeno questi ultimi due, nient'altro che queerbaiting, che però sono stati censurati in alcune edizioni all'estero). Russell Crowe è uno Zeus buffone e poco cerimonioso (che nei titoli di coda invita Ercole alla vendetta contro Thor), Matt Damon, Sam Neill e Luke Hemsworth ritornano (da "Thor: Ragnarok") in un cameo nel ruolo degli attori asgardiani nell'unica scena in cui si fa riferimento (ovviamente ironico) a Odino e Loki.

29 giugno 2022

Freaks out (Gabriele Mainetti, 2021)

Freaks out
di Gabriele Mainetti – Italia 2021
con Aurora Giovinazzo, Franz Rogowski
**

Visto in TV (Prime Video).

Nella Roma occupata dai nazisti, durante la seconda guerra mondiale, quattro freak di un circo, dotati di "superpoteri" – il forzuto "uomo bestia" Fulvio (Claudio Santamaria), l'albino Cencio (Pietro Castellitto) in grado di comunicare con gli insetti, il nano Mario (Giancarlo Martini) dal corpo magnetico, e la giovane Matilde (Aurora Giovinazzo) che controlla l'elettricità – devono vedersela con il tedesco Franz (Franz Rogowski), pianista con sei dita e capace di scrutare nel futuro, che intende reclutarli per impedire il crollo del Terzo Reich. Il secondo film di Mainetti, dopo il successo di "Lo chiamavano Jeeg Robot", è un'altra variante "all'italiana" del cinema di supereroi, ma con molte più ambizioni: la collocazione storica e la combinazione di eventi bellici ed elementi fantastici fanno pensare a un mix fra "Il labirinto del fauno" di Del Toro, i film della Marvel e i "Bastardi senza gloria" di Tarantino, mentre la presenza dei freak e del circo ricordano certe cose di Jodorowsky ("Santa sangre") o De la Iglesia ("Ballata dell'odio e dell'amore"). Il problema è che il film ha il difetto di... provarci un po' troppo. La confezione è troppo patinata e ricercata, fra effetti speciali e fotografia ipercorretta che gli donano un'estetica fredda, finta e fastidiosa; i dialoghi sono espositivi (e la presa diretta li rende a tratti difficili da capire, anche perché spesso coperti dalla musica o dai rumori); personaggi e situazioni sono artificiali o infantili; e le caratterizzazioni sono schematiche e prive di sottigliezza (vedi per esempio i nazisti tutti cattivissimi – a proposito, è possibile che a Roma ci siano solo nazisti, e nemmeno un fascista? – o i partigiani menomati che cantano "Bella ciao"). Il personaggio più interessante è comunque l'antagonista, Franz (e la sequenza migliore quella delle sue allucinazioni sotto l'influsso dell'etere): e però, nessuno, nemmeno lui, si rende conto che il potere di vedere il futuro sarebbe molto più importante degli altri per vincere la guerra? Troppo lunga e fracassona la battaglia finale. Giorgio Tirabassi è Israel, direttore della compagnia circense, Max Mazzotta è il Gobbo, capo dei partigiani.

20 maggio 2022

Ghostbusters: Legacy (J. Reitman, 2021)

Ghostbusters: Legacy (Ghostbusters: Afterlife)
di Jason Reitman – USA 2021
con Mckenna Grace, Finn Wolfhard
**1/2

Visto in TV (Now Tv).

Trasferitisi con la madre Callie (Carrie Coon) nella fattoria in Oklahoma ereditata dal nonno materno, da poco defunto, i giovani Trevor (Finn Wolfhard) e Phoebe (Mckenna Grace) scoprono che questi non era altro che Egon Spengler, uno degli originali "Acchiappafantasmi" che nel 1984 salvarono New York dall'invasione di Gozer, divinità sumera che sta per tornare proprio nella tranquilla cittadina di Summerville... Sequel diretto (e in "tempo reale": sono passati quasi quarant'anni sia nella finzione che nella "realtà") del cult movie di Ivan Reitman, con la regia del figlio d'arte Jason, che fa giustamente finta che il brutto reboot del 2016 non sia mai esistito. Oltre a presentare una "nuova generazione" di Acchiappafantasmi (termine correttamente usato nel doppiaggio italiano, anche se non nel titolo), è anche un omaggio nostalgico e celebrativo alla pellicola originale, di cui riappaiono in brevi apparizioni i personaggi principali (e i loro attori: Dan Aykroyd, Bill Murray, Ernie Hudson, Annie Potts e, solo sui titoli di coda, Sigourney Weaver; Harold Ramis, nel frattempo defunto, è invece sostituito dallo stesso Ivan Reitman, in versione fantasma, in una serie di scene assai toccanti). Lungi dal deludere come ci si sarebbe potuti attendere, la pellicola è a tratti sorprendente: nella prima parte presenta toni piuttosto diversi da quelli comici del passato, calcando maggiormente sul versante misterioso e drammatico, quasi da horror familiare, e mantenendo però il misterioso connubio fra scienza e soprannaturale (nella fattoria del nonno, i ragazzi ritrovano tutte le vecchie apparecchiature dei Ghostbusters, comprese le trappole, gli zaini protonici e l'automobile Ecto-1, rimettendole in funzione con l'aiuto del fantasma di Egon). I nuovi personaggi sono divertenti ed eccentrici – compresi comprimari come il piccolo complottista Podcast (Logan Kim), che stringe amicizia con la nerd Phoebe; l'insegnante-sismologo Gary Grooberson (Paul Rudd), che proietta vecchi film horror per gli studenti in classe; e Lucky (Celeste O'Connor), la figlia dello sceriffo locale, che prende in simpatia Trevor – e con il loro umorismo (diverso, ma non troppo, da quello originale) traghettano la pellicola fino a una parte finale che, a dire il vero, ha il difetto di riproporre le stesse situazioni del primo film, nonché di riesumarne il villain (Gozer il gozeriano, appunto, con i suoi lacché Mastro di chiavi e Guardia di porta) e le dinamiche (l'unica differenza è l'ambientazione, praticamente all'opposto, con il deserto dell'Oklahoma al posto della caotica città newyorkese). Persino l'uomo dei marshmallow Stay Puft fa una ricomparsa, stavolta in versione minuscola (e multipla). Nel complesso, però, la pellicola lascia una buona impressione, anche se strada facendo si trasforma da un'avventura a sé stante in una nostalgica (e commovente, dato il nome del regista, anche sceneggiatore, e il coinvolgimento del cast originale) rivisitazione del passato, quasi alla "Stranger Things" (non un caso, vista anche la presenza di Wolfhard). Olivia Wilde è Gozer, J.K. Simmons il (redivivo) architetto folle Ivo Shandor, solamente citato nel primo film. La dedica finale, ovviamente, è "per Harold" (Ramis).

9 maggio 2022

L'eroe dei due mondi (Lu Yang, 2021)

L'eroe dei due mondi (Ci sha xiao shuo jia, aka A writer's odissey)
di Lu Yang – Cina 2021
con Lei Jiayin, Dong Zijian
**

Visto in TV (Prime Video).

In cerca della figlioletta rapita sei anni prima, un uomo, John Guan (Lei Jiayin), viene contattato da Jay Moore (Yu Hewei), presidente di una mega-corporazione, che gli propone un patto: lo aiuterà a ritrovare sua figlia se lui, in cambio, ucciderà un giovane scrittore (Dong Zijian) il cui romanzo fantasy – in progress, e diffuso a puntate sui social media – sembra ripercuotersi sulla realtà. Ogni volta infatti che il "cattivo" della storia, la divinità guerrafondaia Lord Redmane, viene ferito o si ammala, anche la salute di Moore peggiora. Da un racconto di Shuang Xuetao, un film fantasy complesso e caleidoscopico, ma anche infantile nelle caratterizzazioni e assai confuso nella sceneggiatura e nella messa in scena. Notevole però lo sforzo produttivo, con un profluvio di effetti speciali digitali di buona fattura. L'alternanza fra le scene ambientate nel mondo reale (dove peraltro alcuni personaggi, Guan compreso, hanno strani poteri: il protagonista, per esempio, ha una mira infallibile quando lancia pietre o altri piccoli oggetti) e quelle del romanzo fantasy (dove l'eroe del racconto, il giovane Leon – alter ego dello scrittore stesso –, affronta numerose creature fantastiche grazie a un'armatura demoniaca senziente, vagamente alla Go Nagai) è il filo conduttore di tutta la vicenda, ma il meccanismo si trascina in modo non sempre accattivante. Il cattivo Jay Moore (Li Mu nella versione cinese) e la sua multinazionale Aladdin sono chiaramente ispirati a Jack Ma e al gruppo Alibaba (che peraltro ha finanziato la pellicola!). Nel cast anche Yang Mi (la dirigente di Aladdin che si allea con Guan) e Wang Shengdi (Tangerine, la bambina).

4 maggio 2022

Luca (Enrico Casarosa, 2021)

Luca (id.)
di Enrico Casarosa – USA 2021
animazione digitale
**1/2

Visto in TV (Disney+), con Sabrina.

Il piccolo Luca è un mostro marino (!) che vive con i suoi simili sui fondali del Mar Ligure, e ha la capacità di assumere fattezze umane quando si trova all'asciutto. In compagnia dell'amico Alberto, esplora con curiosità il mondo degli esseri umani, stringendo amicizia con la coetanea Giulia: insieme, i tre parteciperanno a una gara (di "triathlon italiano": nuoto, bicicletta e mangiata di pasta!) nella cittadina di Portorosso. Primo lungometraggio del regista italiano Enrico Casarosa (che per la Pixar dieci anni prima aveva già realizzato il corto "La luna", sempre a tema marino), è una storia di coming-of-age sui temi dell'amicizia, venata di fantastico e con rimandi a classici disneyani come "La sirenetta" (di cui è una versione maschile e più infantile) e "Pinocchio" (di cui capovolge le dinamiche: Luca, qui, desidera andare a scuola). Un film nel complesso gradevole, anche per via dell'estetica miyazakiana, ma essenzialmente innocuo, fatto di buoni sentimenti e poca originalità. Portorosso, come gli scenari circostanti, è ispirata ai paesini delle Cinque Terre, quando erano ancora villaggi di pescatori e non località turistiche: il film si svolge infatti negli anni Cinquanta, come testimoniano anche le locandine di film d'epoca – "La strada", "Vacanze romane" – affisse sui muri (mentre in tv passa "I soliti ignoti" e su una bici campeggia una foto di Marcello Mastroianni). L'Italia che ne risulta è decisamente stereotipata, un paese fuori dal mondo e dal tempo, dove gli uomini (e i gatti!) hanno i baffi, tutti ascoltano o cantano l'opera lirica, fanno gesti con le mani, mangiano pasta (al pesto, visto che siamo in Liguria!) e vanno in Vespa (proprio una Vespa è l'oggetto del desiderio dei protagonisti, che partecipano alla gara nella speranza di potersene comprare una). Anche i temi dell'amicizia e della scoperta del mondo e di sé stessi (attraverso la trasformazione) sono abbastanza inflazionati, tanto che saranno riproposti pari pari nel successivo film Pixar, "Red". Alcuni critici hanno avanzato un (ardito) parallelo con "Chiamami col tuo nome" di Luca Guadagnino, per via dell'ambientazione estiva-vacanziera, nostalgica e italiana. Nella colonna sonora, canzoni di Mina, Gianni Morandi, Rita Pavone ed Edoardo Bennato.

9 aprile 2022

Gods of Egypt (Alex Proyas, 2016)

Gods of Egypt (id.)
di Alex Proyas – USA/Australia 2016
con Nikolaj Coster-Waldau, Brenton Thwaites
**1/2

Visto in TV (Netflix).

In un antico Egitto immaginario e mitologico, uomini e dèi (che sono alti il doppio dei mortali, hanno oro anziché sangue nelle vene, e possono trasformarsi in creature metalliche e ibride uomo-animale) convivono pacificamente e in prosperità, grazie all'illuminata saggezza del re Osiride. Quando il suo malvagio fratello Seth (Gerard Butler) ne usurpa il trono, accecando ed esiliando il legittimo erede Horus (Nikolaj Coster-Waldau), signore dell'aria, il paese piomba in rovina. Ad aiutare Horus a reclamare il trono sarà un mortale, l'orgoglioso e coraggioso ladruncolo Beck (Brenton Thwaites), in cerca di un modo per riportare in vita la ragazza che ama, Zaya. La mitologia egiziana è solo un pretesto per mettere in scena un'avventura fantasy e d'azione, ambientata in un mondo fantastico e soprannaturale, dove l'influenza delle divinità sulla vita degli uomini è quanto mai concreta (il "cattivo" Seth impone ai mortali di dover pagare in denaro o altre ricchezze il passaggio nell'aldilà). Flop al botteghino e stroncato dalla critica, il film in realtà è molto divertente se si sta al gioco: non ci si aspetti una particolare profondità, ma un puro e adrenalinico intrattenimento, senza sovrastrutture o significati retorici al di là dei luoghi comuni del genere (l'amicizia, la vendetta, l'amore). Visivamente straripante, con un'estetica visionaria che fa quasi pensare più a "Scontro tra Titani" o al Tarsem Singh di "Immortals" che non alle cupezze neo-noir di Proyas (ma senza l'inconsistenza "fuffosa" del regista indiano), il lungometraggio reinterpreta a proprio modo temi e spunti derivanti dalla mitologia (Ra, il dio del Sole, che ogni notte si batte contro il demone del caos e dell'oscurità Anofi; la Sfinge, con i suoi misteriosi enigmi; Anubi e il mondo dei morti) ma si concede anche lunghe ed elaborate sequenze d'azione, affogate in un mare di scenari in computer grafica. Eppure, a differenza di altre pellicole del genere, non ci si annoia, almeno non sempre. L'intento di Proyas era quello di realizzare una pellicola ad alto budget che non si fondasse su franchise pre-esistenti, ma il riscontro del pubblico non c'è stato. Geoffrey Rush è Ra, Élodie Yung è la dea dell'amore Hathor, Chadwick Boseman il dio della saggezza Thoth, Courtney Eaton la schiavetta Zaya (difficile non tenere gli occhi puntati sulla sua... scollatura).

3 aprile 2022

Red (Domee Shi, 2022)

Red (Turning Red)
di Domee Shi – USA 2022
animazione digitale
**1/2

Visto in TV (Disney+), con Sabrina.

Quando entra nella pubertà, la tredicenne Mei – ragazzina di origine cinese, ma residente con la famiglia a Toronto – scopre di trasformarsi in un gigantesco panda rosso ogni volta che è in preda a forti emozioni. Si tratta di una "maledizione" che da sempre colpisce le donne della sua famiglia, ma che è possibile eliminare con un complicato rituale: peccato che questo debba essere eseguito nella stessa sera di plenilunio in cui la ragazzina progettava di andare con le amiche (e di nascosto dai genitori) al concerto della loro boy band preferita... I temi della crescita, dell'improvviso e inaspettato ingresso nell'età adulta ("Sono un orribile mostro rosso", esclama Mei dopo la prima trasformazione, con un esplicito riferimento alle prime mestruazioni), della ribellione ai genitori (una sfida mossa dalle difficoltà di essere all'altezza delle aspettative della madre, una tipica e terribile asian mom, ingombrante e protettiva, che controlla ogni aspetto della vita della figlia e si attende da lei l'eccellenza in ogni campo) e del "non nascondere il lato negativo di sé, ma trovargli posto e conviverci" (il messaggio di "non reprimere la bestia, ma darle sfogo" fa inevitabilmente volare il pensiero al "Dottor Jekyll e Mister Hyde" di Stevenson, di cui la pellicola è praticamente una rilettura, magari ispirata anche a "Ranma 1/2" e "Totoro") sono al centro di un film simpatico, benché semplicistico e un po' troppo piacione e giovanilistico. Targato Pixar, sembra quasi strizzare gli occhi più alla televisione che al cinema. In effetti, come i precedenti "Soul" e "Luca", è uscito direttamente sulla piattaforma di streaming Disney+, anziché nelle sale. È il primo lungometraggio diretto dalla sino-canadese Domee Shi (anche sceneggiatrice), dopo il corto "Bao" del 2018.

25 febbraio 2022

Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli (D. D. Cretton, 2021)

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli
(Shang-Chi and the Legend of the Ten Rings)
di Destin Daniel Cretton – USA 2021
con Simu Liu, Awkwafina
**

Visto in TV (Disney+).

Dopo le quote neri ("Black Panther") e donne ("Captain Marvel", "Black Widow"), l'Universo Cinematico Marvel si occupa anche degli asiatici, andando a ripescare un personaggio che ebbe una certa popolarità negli anni Settanta, grazie a una bella serie a fumetti scritta da Doug Moench e disegnata da Paul Gulacy, Mike Zeck e Gene Day: Shang-Chi, "Master of Kung-fu", creato (da Steve Englehart e Jim Starlin) sull'onda della mania per le arti marziali istigata in quel decennio dai film di Bruce Lee e dalla serie televisiva "Kung fu" con David Carradine. Il personaggio originale era legato strettamente al mondo immaginario ideato dallo scrittore inglese Sax Rohmer, di cui al tempo la Marvel aveva acquisito i diritti, che ora ha perduto. Ecco perché suo padre, in questa rivisitazione, non è più il leggendario Fu Manchu ma un più "anonimo" villain, Xu Wenwu (Tony Leung Chiu-wai), fusione di diversi personaggi classici Marvel: il suddetto Fu Manchu, Master Khan (l'arcinemico di Iron Fist) e il Mandarino (avversario di Iron Man). Quest'ultimo era già stato introdotto in "Iron Man 3", ma con il twist che si trattava solo di un attore che ne recitava la parte: tale sciroccato attore, interpretato da Ben Kingsley, fa una comparsata anche qui in un ruolo comico. Tornando a Shang-Chi (il non trascendentale Simu Liu), è appunto il figlio di un signore della guerra che ha acquisito enormi poteri (e l'immortalità) grazie ai magici Dieci Anelli, artefatti di misteriosa natura. Addestrato dal genitore a diventare un killer, Shang-Chi si ribella a lui e cercherà di fermarlo, insieme alla sorella Xialing (Zhang Meng'er) e all'amica Katy (Awkwafina), quando l'uomo – convinto che lo spirito della moglie defunta (Fala Chen) sia tenuto prigioniero nel suo villaggio di origine – lo assalterà per liberare un potente demone. La fusione fra il genere supereroistico e quello del Wuxia e delle arti marziali è tutto sommato intrigante, il ritmo non latita e anche i combattimenti, per una volta, sono meno noiosi del solito (ma sempre troppo lunghi e "digitali"). Ma se l'immaginario e le scenografie risultano gradevoli, purtroppo i personaggi sono banali e poco approfonditi: il migliore è quello più low-key, ovvero la Katy interpretata dalla simpatica Awkwafina, mentre nel comparto attoriale, oltre a Kingsley e all'ottimo Leung, spiccano Michelle Yeoh nel ruolo della zia del protagonista e Yuen Wah in quello del capo del villaggio – nascosto fra le montagne e popolato da creature magiche e mitologiche – da cui proveniva sua madre. Per il resto, tutto (umorismo compreso) sa di pre-confezionato e di dimenticabile: il solito telefilm. Tenui anche i legami con il resto del MCU: a parte il suddetto rimando al Mandarino, abbiamo un casuale riferimento a Thanos e una breve apparizione di Wong (l'assistente del Dottor Strange) e di Abominio. Fra i mercenari al servizio di Wenwu spicca Razorfist (Florian Munteanu). E nella scena a metà dei titoli di coda appaiono brevemente anche Bruce Banner e Carol Danvers.

22 febbraio 2022

Ovunque nel tempo (Jeannot Szwarc, 1980)

Ovunque nel tempo (Somewhere in time)
di Jeannot Szwarc – USA 1980
con Christopher Reeve, Jane Seymour
**1/2

Visto in divx.

Innamoratosi (solo guardando un suo ritratto!) di Elise McKenna (Jane Seymour), attrice teatrale vissuta a inizio secolo, il commediografo Richard Collier (Christopher Reeve) viaggia indietro nel tempo con la forza della mente, ritrovandosi così nel 1912 nell'albergo che l'aveva ospitata... Da un romanzo di Richard Matheson ("Appuntamento nel tempo"), anche sceneggiatore, una pellicola romantico-fantastica nella vena di classici degli anni '30-50 come "Sogno di prigioniero", "Il ritratto di Jennie", "Pandora" o "Il fantasma e la signora Muir" (con il quale condivide il finale): la celebrazione dell'amor fou che supera le barriere del tempo e dello spazio. Anche se c'è di mezzo, appunto, un viaggio nel tempo, la pellicola tecnicamente non è fantascientifica: il fenomeno è spiegato semplicemente con la forza dell'autosuggestione o dell'ipnotismo, in grado di permettere il balzo se ci si trova nel luogo giusto e con la corretta predisposizione d'animo. E naturalmente non manca il paradosso del loop in cui si smarrisce il rapporto di causa ed effetto: da dove proviene, per esempio, l'orologio che Elise da anziana dona a Richard e che poi lo stesso Richard le restituisce? Christopher Plummer è Robinson, l'impresario di Elise, che ostacola la relazione fra lei e Richard perché teme (o "sa") che questa porrà fine alla sua carriera. Nel cast anche Bill Erwin, Teresa Wright e George Voskovec. Matheson stesso appare in un cameo. La colonna sonora di John Barry comprende anche una variazione della rapsodia di Rachmaninov su un tema di Paganini.

22 gennaio 2022

Your name. (Makoto Shinkai, 2016)

Your name. (Kimi no na wa.)
di Makoto Shinkai – Giappone 2016
animazione tradizionale
***

Visto in TV (Netflix).

La diciassettenne Mitsuha, che abita in una cittadina di campagna, e il coetaneo Taki, che risiede invece nella grande Tokyo, pur non conoscendosi, si risvegliano di frequente nel corpo l'uno dell'altra, "vivendo" così le rispettive giornate come fossero dei sogni ad occhi aperti. Quando si rendono conto che invece è la realtà, cercano in qualche modo di comunicare fra di loro e poi di incontrarsi. Ma le cose non saranno così semplici... Al quinto lungometraggio (tratto da un suo romanzo), Makoto Shinkai finalmente fa centro, conquistando un notevole successo di pubblico e di critica anche internazionale. Non che la pellicola sia esente da alcuni difetti già presenti nei lavori precedenti: l'eccesso di intellettualismo e di ambizioni, unito a una sopravvalutata originalità (in fondo tutta la prima parte non è altro che l'ennesima variazione di "Tutto accadde un venerdì" o, per restare in Giappone, di "Tenkosai" di Nobuhiko Obayashi, regista anche de "La ragazza che saltava nel tempo", di cui vent'anni dopo sarà realizzato un remake/sequel a cartoni animati che ha molto in comune con questo film). Ma Shinkai sembra anche aver raggiunto un maggiore equilibrio e una certa maturità nel caratterizzare i suoi personaggi, quelli che stanno loro attorno e l'ambiente in cui vivono. E se tutta la prima metà, quella relativa appunto ai misteriosi "scambi" e al modo in cui i due protagonisti cercano di farvi fronte (nonostante la rispettiva goffaggine nel trovarsi e doversi muovere in un corpo diverso), ha le caratteristiche della tipica commedia adolescenziale (con echi di "Ranma 1/2"), la seconda cambia repentinamente registro, diventando quasi un thriller catastrofico, quando si scopre che le loro esistenze sono in realtà temporalmente sfasate e che l'impatto di una cometa minaccia di distruggere anzitempo il mondo di Mitsuha. Il contrasto fra vita di campagna e di città, fra antiche tradizioni (con riti e cerimonie religiose) e modernità fantascientifiche, si sposa così con quel romanticismo astratto che permeava anche gli altri film di Shinkai, con i due ragazzi (innamoratisi pur senza incontrarsi) legati dal "filo rosso" del destino, qui rappresentato dal nastro fra i capelli di lei. Un filo intrecciato che indica anche lo scorrere del tempo, non per forza lineare. Il mix fra commedia, dramma, fantascienza e poesia, nel complesso, funziona: bello anche l'epilogo. Il titolo comprende anche il punto finale. Il nome del ristorante italiano dove lavora Taki, "Il giardino delle parole", è lo stesso del precedente film del regista.

20 gennaio 2022

Thelma (Joachim Trier, 2017)

Thelma (id.)
di Joachim Trier – Norvegia/Dan/Fra/Sve 2017
con Eili Harboe, Kaya Wilkins
***1/2

Visto in TV (Prime Video).

La giovane Thelma (Eili Harboe), cresciuta in campagna nell'alveo di una famiglia molto religiosa e sempre tenuta sotto controllo dai genitori (Henrik Rafaelsen e Ellen Dorrit Petersen), va in città a studiare biologia all'università. Qui si concede le prime trasgressioni, e in particolare si innamora (ricambiata) di una compagna di studi, la bella Anja (Kaya Wilkins). Ma i forti sensi di colpa scateneranno un suo "potere" psicocinetico latente. Insolita commistione fra l'horror-thriller soprannaturale e il romanzo di formazione: in maniera non dissimile dal francese "Raw", uscito l'anno prima (ma con uno stile molto diverso: se quello era forte e truculento, questo è algido e controllato), vira in chiave fantastica la tematica della crescita di una giovane ragazza timida e sola, che per la prima volta si trova a confrontarsi con il mondo esterno, a mettere in discussione ciò che le è stato sempre insegnato (la curiosità scientifica cozza contro i dogmi della Bibbia) e a dover affrontare le proprie pulsioni, turbamenti (sessuali in primis) ed emozioni, fino ad allora represse dall'educazione religiosa e dall'influenza dei genitori. Le manifestazioni del suo potere, che in un primo momento sembrano soltanto delle "crisi" simil-epilettiche, proprio perché inaspettate e non controllate, suggeriscono evidenti paralleli con le possessioni demoniache, come testimoniano le iconografie e la presenza di animali – corvi neri o serpenti – che popolano le sue visioni. Le ottime interpretazioni e la regia lucida concorrono alla riuscita di una pellicola assai accattivante e a tratti davvero inquietante (si pensi ai flashback o alle scene in piscina), che indaga in maniera originale il tema della repressione dei sensi di colpa. Peccato solo per un finale forse un po' affrettato.

15 gennaio 2022

Doctor Sleep (Mike Flanagan, 2019)

Doctor Sleep (id.)
di Mike Flanagan – USA 2019
con Ewan McGregor, Rebecca Ferguson
**

Visto in TV (Netflix).

A quarant'anni di distanza dagli eventi dell'Overlook Hotel, Danny Torrance (Ewan McGregor) è cresciuto e sta lentamente cercando di superare i traumi che ha vissuto. Con un passato da alcolista, lavora come inserviente in una clinica per malati terminali, usando i propri poteri mentali per alleviare la paura di chi si avvicina alla morte. Ma quando Abra Stone (Kyliegh Curran), una ragazzina dotata come lui del potere della "luccicanza", viene minacciata da una congrega di creature quasi immortali che si nutrono proprio dell'energia magica per prolungare la propria esistenza, guidate dalla perfida Rose Cilindro (Rebecca Ferguson), Danny decide di aiutarla e di tornare ad affrontare le forze del male. Sequel di "Shining", tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King ma al tempo stesso inteso come seguito diretto del film di Stanley Kubrick, che dal primo romanzo di King si discostava non poco: di conseguenza Flanagan (anche sceneggiatore) cerca di tenere il piede in due scarpe, non sempre riuscendoci in maniera adeguata. Se da un lato "ruba" iconografia, musica (il "Dies irae"!), sequenze e inquadrature dal capolavoro kubrickiano, arrivando al punto da scritturare attori look-alike degli interpreti del vecchio film (Henry Thomas come Jack Nicholson, Alex Essoe come Shelley Duvall, Carl Lumbly come Scatman Crothers), dall'altro gran parte della pellicola ha un mood decisamente diverso dall'originale, al punto che a tratti non sembra neppure un horror ma uno dei tanti action movie a tema fantastico basati su scontri fra personaggi con superpoteri. E quando, nella sequenza finale, l'azione si sposta nell'Overlook Hotel (una scelta del regista, visto che nel libro di King non accadeva), l'impressione è quasi quella di trovarsi di fronte a un omaggio/citazione/parodia di "Shining", e al desiderio di replicarne le scene, che non a un vero seguito. Non aiuta il fatto che le inquietanti suggestioni psicologiche del primo film vengano qui stravolte o banalizzate, dando a tutto una spiegazione: l'albergo è "semplicemente" una casa infestata dai fantasmi, Jack Torrance era "semplicemente" posseduto, e così via. Se visto come thriller a sé stante il film non è poi del tutto malvagio (ci sono alcuni momenti surreali/onirici interessanti, come le interazioni mentali fra Abra e Rose, anche se tutto il resto è abbastanza poco fantasioso: i nemici vengono uccisi a fucilate, per dire), come sequel di un capolavoro non può dunque che risultare deludente sotto molteplici punti di vista. Anche il titolo è tirato via (il nomignolo "Doctor Sleep" in riferimento a Danny viene usato in una singola scena e poi, nonostante la durata del film, mai più richiamato). Fra i "cattivi" ci sono anche Zahn McClarnon e Emily Alyn Lind. Da notare i tanti riferimenti alla paranoia americana per la pedofilia (ogni scena in cui un adulto è in compagnia di un bambino è letta o equivocata in questo senso).

3 gennaio 2022

Il diavolo zoppo (Luigi Maggi, 1909)

Il diavolo zoppo
di Luigi Maggi – Italia 1909
con Ernesto Vaser, Gigetta Morano
**

Visto su YouTube.

Per sfuggire alle mire di Tomasa (Gigetta Morano), che intende sposarlo con l'inganno, il giovane Leandro (Ernesto Vaser) si rifugia nella casa di un alchimista. Qui trova Asmodeo (Ercole Vaser), il diavolo zoppo, tenuto prigioniero in una bottiglia, e lo libera. Riconoscente, il diavolo lo aiuterà prima a vendicarsi di Tomasa e poi a salvare la principessa Serafina e a conquistarne l'amore. Da un romanzo di inizio Settecento del francese Alain-René Lesage, ambientato a Madrid, una fiaba che fa uso di effetti speciali (come il "volo" di Leandro e Asmodeo sopra i tetti della città) e trucchi ottici. Prodotto dalla Ambrosio Film (per la quale Maggi aveva realizzato, l'anno prima, la pellicola di grande successo "Gli ultimi giorni di Pompei"), il film mescola con disinvoltura scene girate in studio e location in esterni, ha un buon ritmo narrativo e una discreta varietà di situazioni e ambientazioni. Da segnalare anche le sequenze che Leandro osserva attraverso la lente magica.