28 giugno 2023

Brood - La covata malefica (D. Cronenberg, 1979)

Brood - La covata malefica (The Brood)
di David Cronenberg – Canada 1979
con Art Hindle, Oliver Reed, Samantha Eggar
**1/2

Rivisto in divx.

Sottoposta a speciali sedute di terapia psichiatrica dal dottor Raglan (Oliver Reed), "guru" che gestisce una clinica privata in totale isolamento e ha messo a punto una speciale tecnica di ipnosi chiamata psicoplasmia, Nola Carveth (Samantha Eggar) "genera" dal proprio corpo inquietanti creature dalle fattezze di bambini che uccidono tutte le persone verso cui prova rabbia, rancore o risentimento, a cominciare dai suoi stessi genitori... Originale horror che fonde temi fantapsichiatrici e dinamiche famigliari piuttosto forti con elementi di body horror (dai terrificanti mostriciattoli assassini, alle deformità di alcuni personaggi) e che Cronenberg realizzò poco dopo un difficile divorzio dalla sua prima moglie, con la quale lottò duramente per la custodia dei figli, cosa che si riflette nel rapporto fra Nola e l'ex coniuge Frank (di fatto il protagonista del film). Nola stessa, nel suo mix di pazzia e possessione demoniaca, sarebbe stata ispirata all'ex moglie. Il regista arrivò addirittura a descrivere ironicamente il film come "la mia versione di «Kramer contro Kramer», ma più realistica". Peccato per un attore protagonista (Art Hindle) alquanto inespressivo. Nuala Fitzgerald e Henry Beckman sono i genitori di Nola, nonni della piccola Candy (Cindy Hinds). La colonna sonora, ricca di sonorità dodecafoniche, è di Howard Shore, al suo debutto nel mondo del cinema: rimarrà il compositore di fiducia del regista per il resto della sua carriera.

26 giugno 2023

Una lunga domenica di passioni (J.P. Jeunet, 2004)

Una lunga domenica di passioni (Un long dimanche de fiançailles)
di Jean-Pierre Jeunet – Francia 2004
con Audrey Tautou, Gaspard Ulliel
**

Visto in TV (Sky Cinema).

Nel 1920, tre anni dopo la presunta morte del fidanzato Manech (Gaspard Ulliel) in una trincea della Grande guerra, la giovane Mathilde (Audrey Tautou) inizia a sospettare che il ragazzo possa ancora essere vivo. E la speranza la porta a imbarcarsi con ostinazione in una lunga e difficile indagine per ricostruire le sorti di lui e di altri quattro altri soldati, condannati a morte tutti insieme nel 1917 da una corte marziale militare per tentata diserzione e abbandonati nella terra di nessuno, fra una trincea francese e una tedesca. Realizzato subito dopo il grande successo de "Il favoloso mondo di Amélie" (e con la stessa attrice protagonista), il film è l'adattamento di un romanzo di Sébastien Japrisot, una sorta di giallo che si dipana nella Francia del primo dopoguerra: ma Jeunet sceglie di non abbandonare del tutto lo stile della pellicola che gli aveva appena dato notorietà, appesantendo così l'insieme con una voce fuori campo che espone dettagli e particolari insignificanti a proposito dei protagonisti, pieni oltretutto di peculiarità e fissazioni (Mathilde, per esempio, si abbandona a tutta una serie di rituali e superstizioni personali), ma soprattutto carica la vicenda di un'infinità di nomi, personaggi e situazioni. Alcuni di questi conducono a brevi sottotrame a loro modo anche interessanti, ma nel complesso la narrazione è inutilmente complicata e noiosa, e il finale ampiamente prevedibile. Buona comunque l'ambientazione storica, che non sorvola sugli orrori e le atrocità della guerra, con scene a tratti anche cruente (ma a volte un po' fumettistiche) che quantomeno impediscono al film di apparire come una rappresentazione asettica e artificiale di un mondo ormai passato, il tutto mentre la fotografia (di Bruno Delbonnel, peraltro nominata all'Oscar) ricopre tutte le immagini con una patina color seppia. Il vasto cast comprende sia habitué di Jeunet che attori internazionali: Dominique Pinon e Chantal Neuwirth sono gli zii di Mathilde, Ticky Holgado il detective da lei assunto, Marion Cotillard la "corsa" Tina Lombardi (compagna di uno dei soldati condannati, che a sua volta indaga sulle loro sorti, vendicandosi nel frattempo degli ufficiali della catena di comando che aveva portato alla loro morte). E ancora, fra gli altri: Clovis Cornillac, Jean-Pierre Darroussin, André Dussollier, Bouli Lanners, Tchéky Karyo, Jean-Claude Dreyfus, e persino Jodie Foster.

25 giugno 2023

High life (Claire Denis, 2018)

High life (id.)
di Claire Denis – Francia/Ger/Pol/GB/USA 2018
con Robert Pattinson, Juliette Binoche
*1/2

Visto in TV (RaiPlay), in originale con sottotitoli.

A bordo di una navicella spaziale, uscita dal sistema solare e diretta verso un buco nero, ci sono soltanto un uomo, Monte (Robert Pattinson), e una neonata. In un lungo flashback (la narrazione non è lineare) veniamo a sapere che l'equipaggio era composto da una decina di criminali condannati a morte, cui era stata data una seconda possibilità purché accettassero di sottoporsi a esperimenti scientifici, e da una dottoressa (Juliette Binoche) ossessionata dallo studio della riproduzione umana per via artificiale. Tensioni interne e malattie hanno portato alla morte di tutti, tranne che dell'uomo e della bambina, geneticamente sua figlia, che anche a distanze così siderali continuano a ricevere trasmissioni dalla Terra. Strana pellicola di fantascienza "esistenzialista", che a tratti (e per atmosfere) ricorda certo cinema degli anni settanta e dell'Europa dell'est (e, ovviamente, "Solaris"). Alla resa dei conti, però, si resta con l'impressione che dietro l'austerità formale ci sia poca sostanza, e che i temi su cui riflettere – il senso della vita e della riproduzione, l'isolamento, la colpa e la redenzione – non siano approfonditi abbastanza. Nel cast anche André Benjamin, Mia Goth, Lars Eidinger, Claire Tran, Agata Buzek.

23 giugno 2023

Another country - La scelta (M. Kanievska, 1984)

Another country - La scelta (Another Country)
di Marek Kanievska – Gran Bretagna 1984
con Rupert Everett, Colin Firth
***

Rivisto in TV (Prime Video).

Negli anni trenta, il giovane Guy Bennett (Rupert Everett) frequenta il college di Eton, una delle severe istituzioni dove viene "allevata" la futura classe dirigente britannica. Nonostante la rigida disciplina, un sistema educativo fortemente conservatore e repressivo, e le complesse dinamiche interne (gli studenti stessi si organizzano in strutture di comando autonome per gestire a modo proprio l'ordine nelle varie "case" della scuola), Guy manifesta sempre un atteggiamento ribelle e irriverente, scherzando su ogni cosa e non nascondendo la propria omosessualità – è innamorato di un compagno di studi, James Harcourt (Cary Elwes) – e una forte insofferenza verso le regole e l'autorità. Quando però proprio il suo essere gay lo porterà a dover rinunciare alle proprie aspirazioni di diventare diplomatico a Parigi, la disillusione sarà forte. L'intera vicenda è narrata in flashback, durante un'intervista rilasciata a Mosca da un Guy anziano, negli anni ottanta, a una giornalista americana: il personaggio è infatti ispirato a Guy Burgess, uno dei cosiddetti "cinque di Cambridge", giovani rampolli britannici che diventarono in segreto spie russe al servizio del KGB, tradendo il proprio paese non per denaro ma perché sinceramente delusi dai suoi ideali e affascinati da quelli della recente rivoluzione bolscevica. Guy, a dire il vero, non pare molto interessato alla politica, a differenza dell'amico e compagno di stanza Tommy Judd (Colin Firth), che invece è un convinto comunista. Ma sarà proprio l'oppressiva vita nel college, ingabbiata in un sistema che si oppone e reprime tutto ciò che è "diverso", a spingerlo a cambiare fazione. Tratto dall'opera teatrale di Julian Mitchell (che ne ha curato la sceneggiatura), non è dunque un film politico, né tantomeno di spionaggio, ma un racconto di formazione o di coming-of-age, con una bella ambientazione circoscritta (cui si ispirerà in parte "L'attimo fuggente") e ottime prove di giovani attori che faranno strada (sia Everett che Firth, peraltro, avevano interpretato le stesse parti già a teatro). Nel cast anche Michael Jenn, Robert Addie, Rupert Wainwright, Tristan Oliver e Nicholas Rowe. Curiosità: fu proprio la visione di questo film a convincere Tiziano Sclavi, nel periodo in cui stava progettando il personaggio, a dare a Dylan Dog il volto di Rupert Everett.

22 giugno 2023

Selvaggina di passo (R. W. Fassbinder, 1973)

Selvaggina di passo (Wildwechsel)
di Rainer Werner Fassbinder – Germania 1973
con Eva Mattes, Harry Baer
**1/2

Visto su YouTube, in originale con sottotitoli.

Quando la quattordicenne Hanni (Eva Mattes) inizia a frequentare il diciannovenne Franz (Harry Baer), i genitori di lei (Jörg von Liebenfelß e Ruth Drexel) non la prendono bene. Il ragazzo finisce addirittura in carcere per aver fatto l'amore con una minorenne, ma una volta uscito, pochi mesi dopo, i due ricominciano a vedersi e a fare progetti per il futuro. Dopo aver scoperto di essere rimasta incinta, e nel timore che il padre denunci di nuovo il ragazzo e lo faccia tornare in prigione, Hanni convince Franz a uccidere il suo genitore a colpi di pistola nel bosco... Tratto da un testo teatrale di Franz Xaver Kroetz, ispirato a sua volta a un fatto reale di cronaca (del 1967), un film girato per la televisione (ma poi uscito anche nelle sale, persino in Italia, dove peraltro fu ritirato dopo pochi giorni per via dell'argomento così scabroso) con cui Fassbinder mette in scena in maniera realista, lucida e quasi astratta un cupo fatto di cronaca e, soprattutto, la distanza siderale fra le diverse generazioni. Tanto il padre vive nel passato (parla spesso di quando era giovane, resta attaccato ai propri valori piccolo-borghesi, rimpiange addirittura l'epoca del nazismo) tanto la figlia pensa solo al futuro e mai al presente (al punto da non preoccuparsi affatto dei problemi o delle conseguenze di ciò che fa). Il contrasto si vede anche nella pragmaticità del padre ("Senza soldi non c'è amore, e senza lavoro non c'è moglie", dice, peraltro aggiungendo "soprattutto se è mia figlia") rispetto alla noncuranza con cui si muove la figlia, quasi sempre inespressiva (anche nella recitazione), che mostra un disinteresse totale di fronte alla famiglia e all'amore stesso, con l'unico faro del contrasto generazionale (del padre dice che "deve andarsene perché noi abbiamo bisogno di spazio"), il che fa del film un anello di congiunzione fra le opere che trattavano del disagio e della delinquenza giovanile (come "I vinti" di Antonioni) e quelle sui parricidi (come "Creature del cielo" di Peter Jackson). Presi in mezzo a Hanni e suo padre, Franz e la madre fanno quasi la figura dei vasi di coccio. La colonna sonora minimalista fa ripetutamente ricorso ad estratti dal secondo movimento (l'adagio) del quinto concerto di Beethoven per piano e orchestra. Piccole parti per Hanna Schygulla (la ginecologa) e Kurt Raab (il direttore della fabbrica).

16 giugno 2023

Gli inesorabili (John Huston, 1960)

Gli inesorabili (The Unforgiven)
di John Huston – USA 1960
con Burt Lancaster, Audrey Hepburn
**1/2

Visto in TV (RaiPlay).

Quando un misterioso straniero, un vecchio militare con l'occhio di vetro (Joseph Wiseman), si presenta alle porte della loro fattoria, accusando la loro sorella adottiva Rachel (Audrey Hepburn) di essere una trovatella di sangue indiano, sottratta in tenera età alla stessa tribù Kiowa da cui provenivano i guerrieri che hanno ucciso loro padre, i tre fratelli Ben (Burt Lancaster), Cash (Audie Murphy) e Andy (Doug McClure) Zachary devono fare i conti con l'ostracismo e l'ostilità dell'intera comunità di allevatori cui appartengono, soprattutto dopo che una tribù di indiani giunge sulle loro terre per reclamare a forza la ragazza. Da un romanzo di Alan Le May (lo stesso autore di "Sentieri selvaggi", con cui ha molti temi in comune), un epocale western a sfondo melodrammatico e famigliare, che non lesina pugni nello stomaco e temi scottanti (dal razzismo diffuso – anche fra i protagonisti – verso gli indiani, che raramente era assurto così in primo piano in una pellicola per il grande pubblico, a scene di morte e di linciaggio), pur nell'ingenuità tipica dei grandi spettacoloni hollywoodiani, che spesso evitavano le controversie. Notevole il cast, che in ruoli minori comprende Lillian Gish (la vedova Zachary), John Saxon, Charles Bickford e Albert Salmi. Qualcuno ha accusato la Hepburn di non essere del tutto credibile come pellerossa (per non parlare del "whitewashing", la pratica – allora diffusa – di assegnare ad attori bianchi e celebri anche ruoli di altre etnie), ma il punto è proprio quello: lo sarà davvero, o si tratta solo delle calunnie di un vecchio rancoroso? Prodotto dallo stesso Lancaster, il film ebbe una lavorazione travagliata, a cominciare dalla sostituzione del regista e dello sceneggiatore inizialmente previsti (alla regia, in particolare, Delbert Mann fu rimpiazzato da Huston, che peraltro si scontrò a più riprese con la produzione perché voleva enfatizzare ancora di più il tema del razzismo). Inoltre la Hepburn cadde da cavallo durante le riprese, costringendo la troupe a un'interruzione di qualche mese e l'attrice stessa a stare lontana dalle scene per più di un anno (tornerà nel 1961 con "Colazione da Tiffany").

12 giugno 2023

The Fabelmans (Steven Spielberg, 2022)

The Fabelmans (id.)
di Steven Spielberg – USA 2022
con Gabriel LaBelle, Michelle Williams
*1/2

Visto in TV (Prime Video).

Dalla prima volta che va al cinema (nel 1952, a vedere "Il più grande spettacolo del mondo" di Cecil B. DeMille), Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle) si innamora della settima arte e decide di voler diventare un regista. Trascorrerà l'infanzia e poi l'adolescenza a girare film amatoriali, mentre cresce dapprima nel New Jersey, poi in Arizona e infine in California, dove il padre (Paul Dano), ingegnere informatico, si è trasferito per lavoro. Ma sarà soprattutto il rapporto con la madre (Michelle Williams), pianista problematica, a segnare i suoi primi anni di vita. Pellicola semi-autobiografica con cui Spielberg ha inteso omaggiare soprattutto i suoi genitori. È l'ennesimo film nostalgico e autobiografico che si vede negli ultimi anni, sintomo di un cinema che ormai è sempre più ripiegato su sé stesso e guarda con preoccupante frequenza al passato. Colmo di retorica famigliare (ma da Spielberg c'era da aspettarselo), cinematograficamente didascalico, lungo, autoindulgente, e pieno di cliché (i bulli a scuola!) e scene madri, è noioso, mal scritto e mal recitato, nonostante una certa critica remissiva (ben sette candidature agli Oscar, fra cui miglior film e regia) l'abbia pensata diversamente. La cosa peggiore, ovviamente, è che "normalizza" e banalizza la stessa magia che vorrebbe raccontare, quella del cinema, che spesso passa in secondo piano rispetto ai melodrammi famigliari, salvo far capolino qua e là (come nel finale, quando Sammy arriva finalmente a Hollywood e incontra un John Ford – interpretato da David Lynch – che gli elargisce un consiglio). Seth Rogen è lo "zio" Bennie, Judd Hirsch il bizzarro prozio Boris.

10 giugno 2023

Decision to leave (Park Chan-wook, 2022)

Decision to leave (He-eojil gyeolsim)
di Park Chan-wook – Corea del Sud 2022
con Park Hae-il, Tang Wei
**1/2

Visto in TV (Sky Cinema).

Il detective Jang Hae-jun (Park Hae-il), tormentato dall'insonnia e costretto a vivere lontano dalla moglie che lavora in un'altra città, indaga sulla morte del sessantenne Ki Do-su, ex funzionario dell'ufficio immigrazione caduto durante una scalata in montagna, sospettando che sia stato ucciso dalla giovane moglie Song Seo-rae, di origine cinese. Quasi subito si innamora della donna, ed è pertanto lieto di scoprire che ha un alibi che la scagiona, e che la morte dell'uomo è probabilmente dovuta a un suicidio. Quando scopre di essere stato ingannato, chiede il trasferimento nella piccola cittadina dove vive la moglie, dove però ritroverà a sorpresa la stessa Seo-rae, giunta lì con un secondo marito che a sua volta verrà trovato ucciso... Noir/thriller a sfondo romantico e, secondo alcuni critici, hitchcockiano (si pensi a "La donna che visse due volte"), con personaggi e situazioni interessanti e una regia piena di inventiva. Ha però il difetto di essere troppo "costruito" e, in un certo senso, troppo sofisticato (e poetico!) in rapporto a quello che racconta. Seo-rae rimane un personaggio enigmatico, dalle molte sfaccettature, che pure la rendono attraente agli occhi di Hae-jun. Lui stesso, invece, si lascia manipolare un po' troppo facilmente, proprio come i personaggi maschili dei noir degli anni quaranta e cinquanta al cospetto di una femme fatale. Registicamente, Park ricorre a soluzioni sempre interessanti (come quando, durante pedinamenti o intercettazioni, uno dei personaggi si materializza simbolicamente nella camera dell'altro) e sfrutta molto bene scenari e ambientazioni, tanto quelli urbani quanto quelli naturali, diversi dalla solita Seul. Nella colonna sonora spicca la quinta sinfonia di Mahler. Premio per la miglior regia a Cannes.

8 giugno 2023

Weathering with you (Makoto Shinkai, 2019)

Weathering with you - La ragazza del tempo (Tenki no ko)
di Makoto Shinkai – Giappone 2019
animazione tradizionale
**

Visto in TV (Netflix).

In una Tokyo sferzata da una pioggia incessante e innaturale, il sedicenne Hodaka, liceale scappato da casa e in cerca di lavoro, conosce Hina, una ragazza in grado di "portare il sereno" attraverso le sue preghiere al cielo. I due decidono di sfruttare la cosa, offrendo a pagamento le capacità di Hina a chiunque desideri qualche ora di sole. Ma il continuo ricorso ai poteri della ragazza – che è l'equivalente moderno delle antiche "sacerdotesse atmosferiche", destinate a sacrificarsi per il bene della comunità – fa sì che lei, lentamente, cominci a scomparire... Il soggetto sembra tratto da una light novel, ma è farina originale del sacco di Shinkai, con tutti i suoi pregi e difetti: una suggestiva fusione fra il realismo del quotidiano, il timido romanticismo adolescenziale e suggestioni mistiche o fantastiche, ma anche situazioni forzate, poetismo d'accatto, personaggi stereotipati o non molto caratterizzati, e uno sviluppo che procede a tentoni, perdendo interesse man mano che si va verso il finale. Di contro, la fattura tecnica è ottima, in particolare l'animazione e gli sfondi (per quanto fin troppo fotorealistici), mentre il character design resta un po' anonimo. Mediocri e di maniera anche le (non necessarie) canzoni. Un film da godersi e poi dimenticare a stretto giro di posta. Brevi cameo per i protagonisti di "Your name.", il precedente (e più fortunato) lavoro di Shinkai.

6 giugno 2023

Terrore dallo spazio profondo (P. Kaufman, 1978)

Terrore dallo spazio profondo (Invasion of the Body Snatchers)
di Philip Kaufman – USA 1978
con Donald Sutherland, Brooke Adams
**1/2

Rivisto in TV (RaiPlay).

Misteriose spore provenienti dallo spazio danno origine a strane piante che "sostituiscono" gli esseri umani, rimpiazzandoli con copie identiche ma prive di emozioni. Ad accorgersene sono l'ispettore di salute pubblica Matthew Bennell (Donald Sutherland) e la sua collega Elizabeth Driscoll (Brooke Adams), che cercheranno inutilmente di avvisare le autorità... Rifacimento del classico film di fantascienza anni cinquanta "L'invasione degli ultracorpi" (in originale i titoli dei due film sono identici, riprendendo quello dell'omonimo romanzo di Jack Finney: i distributori italiani, chissà perché, scelsero di cambiare quello del remake), di cui sposta l'ambientazione a San Francisco e ai giorni nostri e cambia i protagonisti (di fatto può essere considerato una variazione sul tema). La trama resta comunque identica ("baccelloni" compresi), ma tensioni e paranoie cambiano contesto: non più "politico", con echi di guerra fredda, ma sociale e "psicologico", sullo straniamento della vita moderna che rende sempre più fragili i rapporti umani e famigliari, e sul ritorno a uno stile di vita "inquadrato" che segna, in un certo senso, la fine dell'esperienza della controcultura degli anni settanta. In ogni caso, a tratti è davvero spaventoso e funziona bene sia come horror sia come film di fantascienza. Nel buon cast, anche Jeff Goldblum (il poeta Jack Bellicec), Veronica Cartwright (sua moglie Nancy, che gestisce un negozio di "bagni di fango") e, soprattutto, Leonard "Spock" Nimoy (lo psichiatra David Kibner), in uno dei suoi rari ruoli degni di nota al di fuori di "Star Trek". Kevin McCarthy e Don Siegel, protagonista e regista del film del 1956, fanno una breve comparsa, rispettivamente nei panni dell'uomo che tenta inutilmente di mettere in guardia i nostri eroi in strada ("Arrivano! Sono già qui! Poi toccherà anche a voi!", le stesse parole con cui si concludeva il film precedente) e in quelli del tassista che li conduce verso l'aeroporto. Gli effetti speciali di Russell Hessey riescono a rendere inquietanti anche semplici inquadrature di fiori e piante. Finale memorabile. La sceneggiatura è di W. D. Richter, la musica del pianista jazz Denny Zeitlin (si tratta della sua unica colonna sonora cinematografica).

4 giugno 2023

La promesse (Jean-Pierre e Luc Dardenne, 1996)

La promesse (id.)
di Jean-Pierre e Luc Dardenne – Belgio/Francia 1996
con Jérémie Renier, Olivier Gourmet
***

Rivisto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Il quindicenne Igor (Jérémie Renier) aiuta il padre Roger (Olivier Gourmet) nello sfruttamento degli immigrati clandestini, ai quali fornisce una stanza in affitto e un lavoro (in nero). Un giorno Amidu, immigrato dal Burkina Faso, rimane gravemente ferito cadendo da un'impalcatura in un cantiere. Per impedire che i suoi affari vengano scoperti, Roger impedisce al figlio di portare l'uomo in ospedale: prima di morire, però, Amidu si fa promettere dal ragazzo che si prenderà cura della moglie (Assita Ouédraogo) e del figlio neonato. Un po' per tener fede alla promessa, un po' per i sensi di colpa, Igor inizia a prendersi a cuore le sorti della donna, anche a costo di mettersi contro il padre... Il terzo lungometraggio dei fratelli Dardenne fu anche il primo a dar loro notorietà: è una pellicola intensa, drammatica, dai toni asciutti e realistici, assai cupa ma nobilitata da un fondo di speranza, come l'empatia che può svilupparsi anche nei contesti più disagiati. Renier (che anche dopo essere cresciuto continuerà a recitare nei film dei due fratelli, per esempio in "L'enfant" e "Il matrimonio di Lorna") dà vita a un personaggio stratificato e complesso, nonostante la giovane età, mentre la denuncia dello sfruttamento e delle difficili condizioni degli immigrati illegali in Belgio (o in generale in Europa) è affrontata senza demagogia o retorica. In più c'è il rapporto fra padre e figlio, conflittuale e problematico (l'uomo è tutt'altro che un bravo maestro di vita per il ragazzo), ma a tratti guarnito da slanci di sincero affetto reciproco. Anche Gourmet reciterà ancora per i Dardenne in un altro film dai temi simili ("Il figlio"). Piccoli tocchi di colore e di caratterizzazione includono la passione di Igor per le automobili (costruisce un go-kart artigianale con gli amici) e le tradizioni magico-sciamaniche che gli immigrati portano con sé anche in un altro continente.

2 giugno 2023

Odio implacabile (Edward Dmytryk, 1947)

Odio implacabile (Crossfire)
di Edward Dmytryk – USA 1947
con Robert Young, Robert Mitchum, Robert Ryan
**1/2

Visto in TV (RaiPlay).

A Washington, subito dopo la guerra, un giovane soldato (George Cooper) viene accusato di aver ucciso un uomo (Sam Levene) che aveva appena conosciuto in un locale. A indagare su di lui, perplesso dall'apparente assenza di un movente, è il capitano di polizia Finlay (Robert Young), mentre il suo commilitone Keeley (Robert Mitchum), convinto della sua innocenza, cerca in ogni modo di proteggerlo. In effetti il vero colpevole è un altro soldato, Montgomery (Robert Ryan), mosso da un odio viscerale e razzista. Da un soggetto del futuro regista Richard Brooks, dove però la vittima era un omosessuale (lo sceneggiatore John Paxton fu costretto a cambiare le caratteristiche del personaggio, trasformandolo in un ebreo, in osservanza al codice Hays, che vietava di rappresentare l'omosessualità sullo schermo), un noir poliziesco "a tema" per stigmatizzare l'intolleranza verso il diverso, che si tratti di omofobia (comunque implicita), antisemitismo o qualsiasi tipo di odio "a priori". Fra le righe, si sfiorano anche temi come il difficile reintegro dei soldati nella società civile dopo la guerra. L'impostazione è corale, dando spazio di volta in volta ai diversi personaggi, buoni o cattivi che siano. Oggi può sembrare un po' schematico, e fin troppo didascalico nel suo messaggio, ma resta di buona fattura a livello di scrittura, recitazione e regia. Piccole parti per Gloria Grahame (la prostituta Jinny), Paul Kelly, Steve Brodie. Ottimo il riscontro critico: cinque candidature agli Oscar – miglior film, regista, sceneggiatura, attore non protagonista (Ryan) e attrice non protagonista (Grahame) – e un premio a Cannes.