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10 gennaio 2022

Origini segrete (D. Galán Galindo, 2020)

Origini segrete (Orígenes secretos)
di David Galán Galindo – Spagna 2020
con Javier Rey, Brays Efe
**

Visto in TV (Netflix).

Per indagare su un serial killer che uccide le sue vittime "ricreando" le origini dei più celebri supereroi americani (da Hulk a Iron Man, da Batman all'Uomo Ragno), il detective madrileno David (Javier Rey) è costretto a chiedere l'aiuto di Jorge Elías (Brays Efe), appassionato cultore di comics e proprietario di un negozio di fumetti, nonché figlio del suo predecessore Cosme (Antonio Resines). Simpatica pellicola spagnola che da un lato ricorda i polizieschi alla "Seven" (con il killer che segue una particolare ossessione e semina indizi), dall'altro si iscrive al filone che cala gli elementi supereroistici nella realtà (alla "Unbreakable", con cui ha molto in comune). Nonostante evidenti limiti di scrittura e di respiro, si lascia guardare con interesse. Fra le tematiche: il riscatto e l'orgoglio dei nerd (anche il capo della sezione omicidi, la bella Norma (Verónica Echegui), è patita di manga e fa la cosplayer) e il concetto di eroe in un mondo dove non tutto è bianco o nero.

3 marzo 2021

Fuga dal mondo dei sogni (R. Bakshi, 1992)

Fuga dal mondo dei sogni (Cool World)
di Ralph Bakshi – USA 1992
con Brad Pitt, Gabriel Byrne, Kim Basinger
**

Rivisto in TV (Prime Video).

Il disegnatore di fumetti Jack Deebs (Gabriel Byrne) è convinto di aver inventato "Mondo Furbo" (Cool World) e i suoi bizzarri personaggi, ma si tratta in realtà di una dimensione "animata" onirica e a sé stante, alla quale – in particolari condizioni – anche i "carnosi" possono accedere. È quello che era capitato anni prima a Frank Harris (Brad Pitt), soldato reduce dalla seconda guerra mondiale, che da allora vive nel mondo animato dove lavora come poliziotto per impedire altre "contaminazioni". E in particolare deve tenere a bada la femme fatale Holli Would, che sogna di diventare "reale", e che per raggiungere i propri scopi cerca di sedurre Jack: facendo sesso con un uomo in carne e ossa, infatti, anche un disegno può diventare tale... Curiosa pellicola che segna il ritorno di Bakshi alla regia dopo nove anni, una sorta di risposta (più adulta e underground) a "Chi ha incastrato Roger Rabbit", con la sua commistione fra cartoni animati e riprese dal vivo: ma anziché all'animazione classica e mainstream (Disney o Looney Tunes), si rifà a quella alternativa dello stesso Bakshi e di autori come Robert Crumb, Tex Avery e George Herriman (cui è dedicato un graffito nel finale). Peccato però che la sceneggiatura originale di Michael Grais e Mark Victor, cupa e horror, sia stata in parte edulcorata dalla produzione per raggiungere un pubblico più giovane. A parte gli ammiccamenti erotici (il personaggio di Holli, ispirato a Marilyn Monroe e interpretato da Kim Basinger quando diventa "reale", ha un notevole sex appeal) e il fascino surreale di Mondo Furbo, caotico e colorato, non c'è molto da salvare: la trama è sconclusionata e incoerente, molti elementi interessanti non vengono sviluppati (a cominciare dalle backstory di Frank e di Jack), e la fusione fra cartoni animati e live action non è buona come nel film di Zemeckis. Anche se qua e là ci si diverte, la sensazione è quella di un'occasione sprecata, che solo a tratti mette in luce il potenziale eversivo dei comics underground e dell'animazione per adulti. La colonna sonora di Mark Isham comprende la canzone "Real Cool World" di David Bowie.

4 gennaio 2021

Glass (M. Night Shyamalan, 2019)

Glass (id.)
di M. Night Shyamalan – USA 2019
con James McAvoy, Bruce Willis, Samuel L. Jackson
**

Visto in TV (Now Tv).

Il vigilante mascherato David Dunn (Bruce Willis), detto il Sorvegliante, si batte con Kevin Wendell Crumb (James McAvoy), alias l'Orda, criminale dalla personalità multipla: ma entrambi vengono catturati e rinchiusi in un ospedale psichiatrico, dove è ricoverato anche Elijah Price (Samuel L. Jackson), l'Uomo di Vetro ovvero Dr. Glass, villain dal corpo fragilissimo ma dall'intelletto straordinario. A dirigere la clinica è la dottoressa Ellie Staple (Sarah Paulson), convinta che i superpoteri o le doti sovrumane non esistano e che i tre pazienti soffrano soltanto di deliri, illusioni e manie di grandezza. Dopo "Unbreakable - Il predestinato" (2000) e "Split" (2016), Shyamalan completa la sua personale trilogia "supereroistica" con una pellicola che fa tornare in scena i personaggi dei due film precedenti e ne interconnette le origini e i destini (proprio come in un universo fumettistico condiviso). Il risultato è ambivalente: da un lato ritroviamo quelli che erano i punti di forza dei film originali (il grande realismo con cui temi e luoghi comuni della narrativa supereroistica sono calati nella quotidianità, senza tute sgargianti, effetti speciali o sequenze d'azione sopra le righe; o l'idea che i "miti" dei comic book non siano altro che rappresentazioni artistiche di una realtà ancestrale che è propria da sempre dell'essere umano), e tutto sommato anche una trama – il ricovero forzato dei tre antagonisti nell'ospedale psichiatrico – foriera di spunti interessanti e più in linea con un horror o un thriller psicologico (cfr. "Qualcuno volò sul nido del cuculo") che con un film d'azione in stile Marvel. Dall'altro, però, molti elementi appaiono francamente implausibili o forzati, a partire dall'idiozia apparente del personaggio della dottoressa: è vero che uno dei twist nel finale ne capovolge il ruolo (fa parte di un'organizzazione segreta che si batte per nascondere l'esistenza dei supereroi), ma proprio la conclusione del film risulta deludente e anticlimatica. Bello il lavoro visivo, con i colori che identificano i tre personaggi (verde per Dunn, giallo per Crumb e viola per Price) che tornano a più riprese: nel finale, per esempio, sono indossati anche dai loro tre amici/famigliari, ovvero da Joseph (Spencer Treat Clark), il figlio di David ora cresciuto; da Casey (Anya Taylor-Joy), la ragazza che fu rapita da Kevin; e dalla signora Price (Charlayne Woodard), la madre di Elijah. Anche il consueto cameo del regista riconnette in un unico personaggio quelli da lui interpretati in "Unbreakable" e "Split". Nonostante il buon successo registrato al botteghino, Shyamalan ha dichiarato che la saga finisce qui. Qualche svarione nell'adattamento italiano ("comic book" tradotto con "libri di fumetti", per esempio).

12 gennaio 2019

Unbreakable (M. Night Shyamalan, 2000)

Unbreakable - Il predestinato (Unbreakable)
di M. Night Shyamalan – USA 2000
con Bruce Willis, Samuel L. Jackson
***

Rivisto in TV.

Dopo essere stato l'unico sopravvissuto di uno spaventoso disastro ferroviario, dal quale è uscito miracolosamente incolume e senza un graffio, la guardia giurata David Dunn (Willis) viene contattata dall'ambiguo e misterioso Elijah Price (Jackson), commerciante di tavole di fumetti (e teorico del genere, che vede come un archetipo dell'intera società umana), convinto che l'uomo sia "indistruttibile" e, pertanto, destinato a diventare un supereroe. Il secondo film di Shyamalan ad attirare l'attenzione del pubblico dopo il successo de "Il sesto senso" (sempre con Bruce Willis come protagonista) cementa la sua fama come autore di pellicole con il "finale a sorpresa", anche se in questo caso il plot twist è più prevedibile e meno sconvolgente del precedente. Introdotto da una serie di strampalate statistiche sui comic book americani, il film gioca con la mitologia e gli stereotipi dei fumetti di supereroi, affrontando però la materia con realismo e in versione esistenziale, calandola nella quotidianità (dai nomi in codice ai costumi colorati, dai punti deboli degli eroi alla dicotomia fra bene e male), "camuffando" dunque la sua reale natura fino alla fine sotto la forma di un thriller (para)psicologico. La sceneggiatura (dello stesso Shyamalan) si prende i suoi tempi nell'introdurre gli elementi importanti della vicenda, condisce il tutto con una buona caratterizzazione dei personaggi (compresi i comprimari, come la moglie e il figlio di David o la madre di Elijah), ed è coadiuvata da una regia che, parimenti, cela alcuni tocchi geniali (nella sequenza sui titoli di testa, per esempio, i seggiolini del treno che separano i personaggi trasformano lo schermo in una successione di vignette come quelle di un fumetto). Indimenticabili i due protagonisti: David è un Superman inconsapevole, che si ritrae e tiene tutti a distanza, insicuro di sé e dei suoi poteri (non solo invulnerabilità, ma anche superforza e una sorta di precognizione); Elijah è il suo opposto, anche fisicamente, visto che soffre di una sindrome genetica che gli rende le ossa estremamente fragili, tanto da essere soprannominato "L'uomo di vetro" ("Mr. Glass" in originale). Willis e Jackson avevano già recitato insieme in "Die Hard 3" e "Pulp Fiction". Robin Wright Penn è la moglie di David. Il regista fa come di consueto una breve apparizione di persona: è lo spacciatore fermato allo stadio. Anche se la maggior parte degli albi a fumetti che si vedono in scena sono reali (per lo più della Marvel), quelli essenziali per la trama sono stati inventati ("Active Comics" e "Sentryman"). Due pellicole successive di Shyamalan saranno ambientate nello stesso universo: l'horror "Split" e il sequel di entrambe "Glass".

22 settembre 2018

Il ragazzo più felice del mondo (Gipi, 2018)

Il ragazzo più felice del mondo
di Gipi – Italia 2018
con Gipi, Gero Arnone, Davide Barbafiera
**1/2

Visto al cinema CityLife Anteo (rassegna di Venezia).

Il fumettista Gipi, al secolo Gian Alfonso Pacinotti, scopre che da vent'anni qualcuno – spacciandosi per un ragazzino – invia lettere scritte a mano a tutti gli illustratori italiani, chiedendo loro un disegno. E con l'aiuto degli amici Gero (Arnone), Davide (Barbafiera) e Francesco (Daniele), oltre che del cameraman Andrea (che non si vede mai), decide di girare un film per raccontare questa storia (l'intenzione è quella di recarsi a casa del "fan", per smascherarlo ma anche per portargli in visita tutti i suoi fumettisti preferiti). Metacinema e metarealtà si fondono nel secondo lungometraggio dell'autore, che parte da una storia vera (confermata dalle interviste a diversi colleghi: fra questi Laura Scarpa ed Emiliano Mammuccari) per parlare di amicizia, di sogni e di felicità. Da un lato assistiamo alle vicissitudini produttive del gruppo di amici (i cui legami sono messi a dura prova quando proprio Gipi, cedendo alle lusinghe di una ricca casa di produzione, accetta di metterli da parte), dall'altro riflette in più modi sul valore e sul significato della felicità, per esempio attraverso l'importanza della gratificazione per chi fa un lavoro come il disegnatore, che dipende dal consenso altrui (e, in epoca digitale, deve difendersi dagli attacchi gratuiti e indiscriminati degli haters dei social network). Tanta ironia e tante battute divertenti, anche se a tratti la comicità va sul volgarotto (e Gipi, come al solito, non ha timore di esporre sé stesso, con tutte le sue fisime, al pubblico ludibrio). Mitici gli amici mammoni, che a fine avventura si scambiano le mamme. Fra i numerosi camei, nel ruolo di sé stessi, il produttore Domenico Procacci, l'editore Francesco Coniglio, le attrici Kasia Smutniak e Jasmine Trinca.

26 dicembre 2015

Capriccio all'italiana (Monicelli, Steno, Pasolini, et al., 1968)

Capriccio all'italiana
di Mario Monicelli, Steno, Mauro Bolognini, Pier Paolo Pasolini, Franco Rossi – Italia 1968
con Totò, Walter Chiari, Silvana Mangano
**

Visto in divx.

Come e ancor più che nei precedenti film ad episodi ai quali aveva contribuito (ovvero "Ro.Go.Pa.G.", con il segmento "La ricotta", e "Le streghe", con "La terra vista dalla luna"), in questo lungometraggio collettivo Pasolini svetta sui suoi colleghi con l'episodio non solo migliore del lotto, ma anche l'unico che francamente vale la pena di vedere: e non solo per meriti artistici, ma anche perché si tratta dell'ultima apparizione sul grande schermo di Totò, che sarebbe scomparso di lì a poco, senza nemmeno aver visto il film completato. Il corto di Pasolini, una poetica riflessione sul teatro (a partire da una recita dell'Otello di Shakespeare con le marionette), coinvolge tanti nomi celebri dello spettacolo e della comicità italiana (oltre al principe De Curtis, anche Domenico Modugno, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Laura Betti e altri ancora). Per il resto, da salvare solo in parte gli episodi di Steno (anche questo con Totò) e di Bolognini con Walter Chiari e Ira Fürstenberg, se non altro per curiosità legate a fenomeni sociali allora in voga, in primis la moda dei "capelloni", i ragazzi beat che impazzavano negli anni '60. Gli altri tre episodi (interpretati – come ne "Le streghe" – da una multiforme Silvana Mangano, che il marito-produttore Dino De Laurentiis amava infilare un po' ovunque) sono brevissimi e da dimenticare: nient'altro che barzellette poco divertenti.

"La bambinaia", di Mario Monicelli (*), con Silvana Mangano
Dopo aver rimproverato un gruppo di bambini che stavano leggendo fumetti violenti e "diseducativi" (Diabolik, Satanik, Kriminal), una bambinaia – che parla con forte accento tedesco – legge loro le fiabe di Perrault: ma i piccoli, spaventati e impauriti, piangono (mentre con i fumetti ridevano).

"Il mostro della domenica", di Steno (*1/2), con Totò e Ugo D'Alessio
Un uomo che disprezza i giovani capelloni si traveste in varie maniere per adescarli e sequestrarli. Soprannominato "Il mostro" dai giornali, viene infine arrestato dalla polizia. Ma quando scopre che si limitava a rapare a zero i giovani, il commissario lo lascia libero, incaricandolo anzi di tagliare i capelli anche al proprio figlio. Da salvare soltanto per Totò e i suoi travestimenti.

"Perché?", di Mauro Bolognini (*), con Silvana Mangano ed Enzo Marignani
Nel traffico di rientro in città dopo l'esodo di fine settimana, una donna tormenta il marito affinché vada più veloce, spingendolo infine ad aggredire un altro automobilista.

"Che cosa sono le nuvole?", di Pier Paolo Pasolini (***1/2),
con Totò e Ninetto Davoli
Una compagnia di marionette porta in scena l'"Otello". Ma il pubblico in sala si ribella contro le perfidie di Iago, e sale sul palco per aggredire lui e lo stesso Otello prima che uccida Desdemona. Le due marionette, malridotte, verranno gettate in una discarica, dove per la prima volta potranno guardare il cielo sopra di loro: "Oh, straziante, meravigliosa bellezza del creato!". Radunando amici (il poeta Francesco Leonetti, nel ruolo del marionettista; il cantante Domenico Modugno, l'immondezzaio, che intona una canzone scritta dallo stesso Pasolini) e celebri comici italiani (Franco e Ciccio, Carlo Pisacane, Mario Cipriani, Laura Betti, Adriana Asti), oltre all'ormai collaudata coppia Totò/Ninetto Davoli, il regista mette in scena una poetica riflessione sull'arte e la vita ("Siamo in un sogno dentro un sogno", spiega Totò a un perplesso Ninetto). Se sul palcoscenico le marionette – legate ai fili e manovrate dal burattinaio – recitano il loro copione, dietro le quinte le vediamo "libere" di riflettere, commentare e filosofeggiare sull'esistenza, i sentimenti e il destino ("Qual è la verità?", "Cosa sento dentro di me?"). Otello (Davoli), essendo stato costruito da poco e quindi appena nato, è pieno di curiosità e di stupore: chiede il perché di ogni cosa (sarà lui nel finale a esprimere la domanda che dà il titolo all'episodio), mentre Iago (un Totò dal volto colorato di verde, simbolo dell'invidia e dell'odio) è "cattivo" solo mentre recita la sua parte: per il resto elargisce con paterna comprensione massime di saggezza. All'inizio, i cartelloni che pubblicizzano gli spettacoli della compagnia di marionette fanno riferimento a lavori precedenti ("La terra vista dalla luna") e futuri ma mai realizzati ("Le avventure del re magio randagio", "Mandolini") di Pasolini con la coppia Totò-Ninetto, tutti tasselli di un ciclo "comico", parallelo al resto della sua filmografia, che era cominciato con "Uccellacci e uccellini" e termina purtroppo qui, prematuramente, a causa della morte del comico partenopeo. Il regista (che contemporaneamente stava già lavorando all'adattamento cinematografico di "Edipo Re") virerà per alcuni anni in un'altra direzione (quella delle tragedie greche e dei ritratti dei paesi del Terzo Mondo), per poi riprendere il progetto in mano – con l'intento di reclutare Eduardo De Filippo al posto di Totò – negli ultimi mesi prima della sua morte.

"Viaggio di lavoro", di Pino Zac e Franco Rossi (*), con Silvana Mangano
La sovrana di uno stato europeo, durante un viaggio in vari paesi dell'Africa, scatena un incidente diplomatico quando confonde uno stato per un altro. Parzialmente in animazione.

"La gelosa", di Mauro Bolognini (*1/2), con Ira Fürstenberg e Walter Chiari
Dopo una serata trascorsa a ballare, una ricca coppia litiga, con lui che la rimprovera di essere troppo gelosa. I due fanno un patto: cercheranno di avere fiducia l'uno dell'altro, senza farsi domande. Ma quando lo vede uscire vestito di tutto punto, la donna lo pedina fino a un appartamento, dove lo scopre in mutande... Si trattava però solo di una sartoria.

19 dicembre 2014

Come uccidere vostra moglie (R. Quine, 1965)

Come uccidere vostra moglie (How to Murder Your Wife)
di Richard Quine – USA 1965
con Jack Lemmon, Virna Lisi
***

Rivisto in divx, per ricordare Virna Lisi.

Il titolo può far pensare a una black comedy: in realtà la pellicola dell'esordio di Virna Lisi a Hollywood (dove fu chiamata con l'intento di farne la nuova Marilyn Monroe) è una spigliata commedia satirica, apparentemente sessista e misogina, ma che in realtà prende di mira tanto l'istituzione del matrimonio quanto un certo tipo di sciovinismo maschilista. Certo, la vicenda va contestualizzata per godersela al meglio, e non è assolutamente da prendere sul serio (era politically uncorrect già negli anni sessanta, ben prima dell'avvento del femminismo!). Lemmon interpreta Stanley Ford, agiato disegnatore di fumetti refrattario al matrimonio, il cui personaggio (Brash Brannigan, agente segreto) viene pubblicato su "463 quotidiani, da Bangor nel Maine fino ad Honolulu". Il mattino dopo una colossale sbronza, scopre di essersi incredibilmente sposato con una sexy bionda italiana (la Lisi, greca nella versione doppiata nel nostro paese) che non parla una parola di inglese ma che si trasferisce immediatamente a casa sua, cambiandone radicalmente la quotidianità e lo stile di vita: per cominciare, fa scappare via il suo fedele valletto (uno straordinario Terry-Thomas), che non tollera di lavorare per "gentiluomini sposati"; in secondo luogo, scombussola la sua routine e il suo equilibrio psico-fisico, trasformandolo da single atletico e metodico in un marito sovrappeso e frustrato; e questo si ripercuote anche sul personaggio delle sue strisce, che da spia ardita e avventurosa diventa a sua volta protagonista di comiche scenette quotidiane di vita coniugale. Al culmine dell'esasperazione, Ford decide di sopprimere la propria moglie... non nella realtà, naturalmente, ma solo nel fumetto. Ma quando la donna scompare anche nella vita reale, l'uomo è accusato di averla uccisa con le stesse modalità che ha riprodotto nelle vignette. Al processo, tuttavia, saprà cavarsela con un'arringa inaspettata e... "liberatoria". Scatenata farsa sul rapporto fra i sessi, o meglio fra mariti e mogli, dai toni surrealmente paradossali, che tuttavia è utile per comprendere come fossero percepiti i ruoli dei coniugi dell'alta borghesia nell'America di metà secolo. Memorabile la prova di una Lisi che a tratti sembra davvero una versione aggiornata di Marilyn Monroe (e del cui personaggio, curiosamente, in tutto il film non viene mai detto il nome), con scene cult come la fuoriuscita dalla torta nuziale (quando incontra per la prima volta Lemmon) o l'incursione nel "circolo" dove i mariti si rifugiano per stare lontani dalle proprie mogli. Nel cast anche gli ottimi caratteristi Eddie Mayehoff (l'amico avvocato di Ford) e Claire Trevor (la tirannica moglie del suddetto). Molto azzeccata anche la colonna sonora di Neal Hefti, che fornisce un impareggiabile commento musicale a tutte le scene, ma in particolare a quelle in cui Ford, nei panni di Brash Brannigan, impersona dal vivo le sequenze d'azione che riprodurrà poi nelle sue strisce a fumetti, debitamente fotografate a distanza dal valletto Charles. Indimenticabile "la macchina che fa gloppita gloppita", ovvero l'impastatrice di cemento con la quale Ford porta a termine il suo piano "omicida". L'imborghesimento di Brash Brannigan nei fumetti può ricordare quello che è effettivamente accaduto, nel dopoguerra, a tanti eroi delle comic strip avventurose (uno su tutti: Topolino!).

11 settembre 2014

Thrilling (Scola, Polidoro, Lizzani, 1965)

Thrilling
di Ettore Scola, Gian Luigi Polidoro, Carlo Lizzani – Italia 1965
con Nino Manfredi, Walter Chiari, Alberto Sordi
**1/2

Visto in divx.

Film diviso in tre episodi che fondono il giallo con la commedia all'italiana. Ci si diverte, grazie soprattutto ai tre interpreti e ad un tono da fumetto che non si prende mai sul serio e gioca con gli stereotipi del genere. L'episodio migliore mi è parso il primo, ma tutti valgono la visione per un motivo o per l'altro.

"Il vittimista", di Ettore Scola (***), con Nino Manfredi e Alexandra Stewart
Un insegnante di latino (Manfredi) si convince che la sua bella moglie tedesca (Stewart) lo voglia uccidere. Paranoico, cerca in tutti i modi di evitare ogni contatto con la donna: ma alla fine scoprirà che avrebbe fatto meglio a guardarsi le spalle dall'amante tradita. Scola (alla sua seconda regia, anche sceneggiatore insieme a Ruggero Maccari) riempie l'esile storiella di dettagli inquietanti (le bambole parlanti di cui è piena la casa dei due coniugi, evidenti surrogati per i figli che non possono avere) e divertenti (lo psicanalista "ruspante" interpretato da Tino Buazzelli), di scene surreali (Manfredi che porta ad analizzare il minestrone in laboratorio) e allucinanti (le strisce pedonali che si sollevano dal selciato). Il finale, però, giunge un po' telefonato. Nella colonna sonora si ode ripetutamente "Ciao ciao", cover italiana di "Downtown" di Petula Clark.

"Sadik", di Gian Luigi Polidoro (**1/2), con Walter Chiari e Dorian Gray
All'ingegner Bertazzi (Chiari), preoccupato per la sua difficile situazione finanziaria, la moglie Valeria (Gray) – appassionata di fumetti "neri" – propone di travestirsi da Sadik (protagonista di uno di suddetti fumetti) per ravvivare la loro stanca routine matrimoniale. Poco più che uno sketch, l'episodio più breve del film (dura solo una quindicina di minuti) fa ridere per il contrasto fra la goffaggine e la "normalità" del protagonista (a partire dal nome) e la scena criminal-esotica che si ritrova a interpretare.

"L'autostrada del sole", di Carlo Lizzani (**1/2), con Alberto Sordi e Sylva Koscina
Un automobilista indisciplinato (Sordi), inseguendo un altro guidatore con cui ha avuto un alterco in autostrada, finisce a trascorrere la notte in un albergo isolato e gestito da una strana famiglia. Mentre cala la sera, comincia a sospettare che i gestori siano dei maniaci che uccidono i clienti per rapinarli. Costruito anche registicamente come un giallo televisivo, l'episodio punta le sue carte sul contrasto fra la cafonaggine del personaggio di Sordi e l'atmosfera da thriller all'inglese in cui si trova immerso. Peccato per il controfinale posticcio, evidentemente necessario per concludere il film con un tono lieto.

14 maggio 2008

American Splendor (Berman, Pulcini, 2003)

American Splendor
di Shari Springer Berman, Robert Pulcini – USA 2003
con Paul Giamatti, Hope Davis
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

A metà strada fra la commedia indie americana (ha vinto anche il gran premio della giuria al Sundance Film Festival) e il documentario biografico, questo interessante film – diretto proprio da una coppia di documentaristi – ha come protagonista Harvey Pekar, lo scrittore di una serie di fumetti underground (intitolati appunto "American Splendor"), illustrati a partire dal 1976 da diversi artisti (fra cui Robert Crumb) e ispirati alla sua vita privata. Pekar, che lavorava come impiegato all'ospedale per i veterali di Cleveland, è stato fra i primi a intuire che i comics potessero parlare anche della "noiosa" vita reale, e non soltanto di avventura, fantasia o supereroi: le vicende minimaliste dei suoi fumetti, non idealizzate e stemperate da una robusta dose di cinismo, ironia e anticonformismo, costituiscono l'ossatura di una pellicola quasi unica nel suo genere, che non si limita a riproporre semplicemente un adattamento delle pagine disegnate ma vi innesta sopra i retroscena della loro nascita, interviste all'autore, alla moglie e ai suoi amici, spezzoni di trasmissioni televisive come gli show di David Letterman al quale Pekar ha partecipato per diverso tempo come ospite regolare, riflessioni sulla vita e sull'arte, e naturalmente vignette e disegni tratte dalle pagine della serie principale e dal volume "Our cancer year", scritto insieme alla moglie per documentare le paure e il travaglio di una lunga malattia. Pekar, che fornisce anche la voce narrante in prima persona, commenta metacinematograficamente le scene nel quale il suo personaggio è interpretato da un bravissimo Paul Giamatti e le vicende della propria vita al quale fanno riferimento. Purtroppo il film, che vanta una regia e una costruzione narrativa fresca e originale che fonde continuamente finzione e realtà, a quanto mi risulta non è mai uscito in Italia.

30 marzo 2008

Superman vuole uccidere Jessie (V. Vorlícek, 1966)

Superman vuole uccidere Jessie (Kdo chce zabít Jessii?)
di Václav Vorlícek – Cecoslovacchia 1966
con Jirí Sovák, Dana Medrická
***

Visto in DVD, con Martin, in originale con sottotitoli.

Una scienziata mette a punto un sofisticato apparecchio per visualizzare i sogni degli esseri viventi e persino un siero in grado di eliminare gli incubi sgradevoli, ma quando scopre che il marito di notte sogna la sexy eroina di una serie a fumetti (anche se in realtà desidera soltanto i guanti anti-gravitazionali che lei indossa), per gelosia decide di utilizzarlo su di lui. Peccato però che l'invenzione abbia come effetto collaterale quello di materializzare i sogni nel mondo reale: e così la procace (e geniale) Jessie e i suoi due nemici, un malvagio supereroe e un burbero cowboy, seminano il panico per le strade di Praga, pur continuando a comportarsi come in un fumetto e a parlare attraverso balloon. Un film incredibile e divertente, surreale e fantasioso, che forse sorprenderebbe meno se provenisse dagli Stati Uniti o dalla Francia, colmo com'è di suggestioni e riferimenti alla cultura pop fantascientifica e (soprattutto) fumettistica degli anni cinquanta-sessanta: una vera e propria sorpresa per chi fosse convinto che il cinema nei paesi del blocco orientale fosse esclusivamente lento, impegnato e tarkovskiano! Non per nulla lo scenario culturale cecoslovacco era ben più vivace e fresco di quello della Germania dell'Est (si pensi anche ai primi film di Forman). Il tono da commedia brillante, il ritmo e le gag non hanno nulla da invidiare ad alcune pellicole di Wilder, Hawks ("Il magnifico scherzo") o Lubitsch, gli elementi fantastici e fumettistici (che anticipano addirittura "Barbarella" e il telefilm di Batman) aggiungono vivacità e colpi di scena, e c'è persino qualche accenno di satira sociale (a spese dei pianificatori, degli scienziati, dei giudici, dei poliziotti, dei secondini, oltre che naturalmente dei rapporti di coppia...). Il fumetto da cui provengono Jessie e i suoi due nemici (il cui titolo, nonché quello originale del film, è "Chi vuole uccidere Jessie?") è dichiaratamente ispirato a serie tipo "The perils of Pauline" o al personaggio di Gwendoline di John Willie, ovvero al filone delle damsel in distress, nel quale al termine di ogni puntata la protagonista si trovava legata e alla mercé dei cattivi, per poi riuscire a sfuggire in qualche modo nell'episodio successivo. In America si pensò addirittura di farne un remake con Jack Lemmon e Shirley MacLaine nelle parti dei due coniugi protagonisti (mentre Juraj Visny, Karel Effa e la graziosissima Olga Schoberová, che interpretano i tre personaggi del fumetto, avrebbero mantenuto i propri ruoli: fra l'altro, grazie all'uso dei balloon, non avrebbero certo avuto bisogno di imparare l'inglese!), poi l'occupazione della Cecoslovacchia nel 1968 mandò a monte il progetto. In Italia alcune scene del film vennero tagliate e altre, girate appositamente, vennero aggiunte. Il bel DVD, che fa parte del cofanetto "Stelle Rosse 2", contiene entrambe le versioni.