Visualizzazione post con etichetta Mostri Universal. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mostri Universal. Mostra tutti i post

29 dicembre 2022

La moglie di Frankenstein (J. Whale, 1935)

La moglie di Frankenstein (Bride of Frankenstein)
di James Whale – USA 1935
con Boris Karloff, Elsa Lanchester
***

Rivisto in DVD.

Il mostro di Frankenstein (a proposito: è a partire da questo film che il nome Frankenstein, nel titolo ma anche nei dialoghi, comincia a essere usato in maniera incoerente: a volte indica lo scienziato, a volte la creatura) non è morto nell'incendio del mulino, come sembrava alla fine del precedente film del 1931, ma è sopravvissuto e ricomincia a seminare il terrore nelle campagne circostanti. A dire il vero, il mostro sta sviluppando una certa umanità: in una memorabile scena (ormai "rovinata" per sempre dalla parodia che Mel Brooks e Gene Hackman ne hanno fatto in "Frankenstein Junior"), un eremita cieco (O. P. Heggie) lo accoglie nella propria dimora e gli insegna i valori della vita – compresa l'amicizia – e persino a parlare (!). Nel frattempo, Henry Frankenstein (Colin Clive) è costretto dal malvagio dottor Pretorius (Ernest Thesiger), filosofo-scienziato ancor più ambizioso di lui, a collaborare alla creazione di una "compagna" (Elsa Lanchester) per il mostro: ma anche questa sarà terrorizzata e orripilata da lui. E allora la creatura preferirà perire, distruggendo il laboratorio di Pretorius e seppellendosi assieme allo scienziato e alla sua "moglie"... L'enorme successo commerciale della pellicola originale spinse la Universal a mettere in cantiere un sequel, affidato allo stesso regista (Whale) e in parte allo stesso cast del precedente (tornano Clive e naturalmente Karloff, mentre Valerie Hobson sostituisce invece Mae Clarke nel ruolo di Elizabeth, la fidanzata di Henry). La vicenda, che in un certo senso sovverte i significati del primo film (anziché focalizzarsi sullo scienziato, si concentra sul mostro e suscita l'empatia dello spettatore nei suoi confronti), è preceduta da un insolito prologo che vede protagonista Mary Shelley (sempre Lanchester), l'autrice del romanzo originale, in compagnia di Lord Byron e Percy Shelley, ai quali racconta come ha immaginato il seguito della sua storia. Le parti comiche sono riservate a Una O'Connor (la governante di casa Frankenstein).

A parte la scena dell'eremita, soltanto uno dei momenti che sottolineano l'evoluzione "psicologica" della creatura (in una sequenza, per esempio, soccorre una pastorella caduta nel fiume, rovesciando così il raccapricciante momento del primo film in cui annegava la bambina), a spiccare è soprattutto il finale, quello in cui appare la "moglie" del mostro, il cui aspetto – grazie soprattutto alla capigliatura con le mèches bianche e ondulate: il truccatore Jack Pierce si ispirò alla regina egiziana Nefertiti – è forse diventato altrettanto iconico di quello del suo compagno (l'acconciatura in questione sarà citata, fra gli altri, in "Rocky Horror Picture Show"). Nonostante la "moglie" compaia sullo schermo per meno di cinque minuti, risulta perciò indimenticabile. Parecchio bizzarra, invece, è l'introduzione di Pretorius, che mostra di essere in grado di creare "uomini artificiali" in miniatura, custoditi in bottiglia (il tutto ricorda certi film muti dei primordi, come quelli di Georges Méliès e Segundo de Chomón). Lui stesso sminuisce questi risultati, affermando che non sono nulla rispetto a quelli di Henry Frankenstein: come se creare la vita dal nulla, e per di più su scala ridotta, fosse più facile che rianimare cadaveri... Da sottolineare, infine, l'onnipresente iconografia cristiana (alcuni esempi: il crocifisso che incombe nel cimitero, la scena in cui il mostro stesso è flagellato come Cristo in croce, e quella in cui l'eremita prega insieme alla creatura). Nei credits iniziali Boris Karloff è accreditato con il solo cognome, mentre stavolta a essere sostituito da un punto di domanda è il nome della Lanchester... che però non riappare quando i credits sono ripetuti nei titoli di coda. Anche questo film ebbe un grande successo (per parecchi critici è addirittura superiore al precedente), e pertanto la serie proseguirà con altre pellicole, stavolta non dirette da Whale, a cominciare da "Il figlio di Frankenstein" nel 1939.

27 dicembre 2022

Frankenstein (James Whale, 1931)

Frankenstein (id.)
di James Whale – USA 1931
con Colin Clive, Boris Karloff
***1/2

Rivisto in DVD.

Il giovane e ambizioso scienziato Henry Frankenstein (Colin Clive) sogna nientemeno che di sfidare Dio e di creare la vita: a questo scopo "assembla" una creatura (con pezzi di cadaveri rubati nei cimiteri) e la "anima" grazie a una scarica elettrica. Ma il mostro (Boris Karloff), sfuggito al suo controllo, semina morte e terrore nel villaggio e nella campagna circostante. E lo stesso Henry, alla guida degli abitanti locali, sarà costretto a distruggerlo, facendolo perire nelle fiamme. Questo film seminale è il più celebre adattamento del romanzo di Mary Shelley ("Frankenstein o il moderno Prometeo", pubblicato nel 1818), anche se si rifà soprattutto alla versione teatrale di Peggy Webling (del 1927): straordinariamente influente nel plasmare tanto il genere horror (in particolare quello di mostri: assieme al coevo "Dracula" è il capostipite del filone della Universal) quanto la mitologia e l'estetica del mostro di Frankenstein stesso, ne è diventato il punto di riferimento essenziale e irrinunciabile. Di fatto le fattezze della creatura, nell'immaginario collettivo, sono ormai quelle di Karloff, con il make up (opera di Jack Pierce) che ne accentua la natura mostruosa (con la fronte, le mani e i piedi pronunciati, e i chiodi conficcati nel collo). Da allora, omaggi, riferimenti, parodie (al cinema ma anche nei fumetti e nei cartoni animati) non hanno potuto più prescindere da questo aspetto iconico, così diverso da tutto ciò che era venuto prima (per esempio nelle precedenti versioni cinematografiche dell'opera, come il film muto del 1910 di J. Searle Dawley). Il produttore Carl Laemmle Jr., che voleva replicare il successo di "Dracula", uscito pochi mesi prima, scelse il regista britannico James Whale dopo la rinuncia della prima scelta Robert Florey. Anche Karloff fu un ripiego, visto che inizialmente la star doveva essere la stessa di "Dracula", Bela Lugosi, che però rinunciò perché avrebbe preferito interpretare lo scienziato e non il mostro. Il resto del cast comprende Mae Clarke (Elizabeth, la fidanzata di Henry), Edward Van Sloan (il dottor Waldman, suo mentore), Frederick Kerr (il barone Frankenstein, suo padre) e Dwight Frye (Fritz, l'assistente gobbo, quello che nelle pellicole successive sarà rinominato Igor). L'ambientazione è immaginata nelle Alpi bavaresi, attorno al villaggio (fittizio) di Goldstadt, mentre il laboratorio di Frankenstein (con attrezzature ideate da Kenneth Strickfaden) è situato in un vecchio mulino abbandonato, lo stesso in cui, dato alle fiamme, perirà nel finale la creatura (distaccandosi in questo dal romanzo originale, dove il mostro, anziché nel fuoco, scompariva nelle acque ghiacciate dell'Artico).

Se il film, visto oggi, può sembrare datato per le tante ingenuità legate all'epoca e le concessioni al gusto hollywoodiano, a partire dalla trasformazione in positivo del dottor Frankenstein nella seconda parte (mentre la prima ce lo presentava come un vero e proprio "scienziato pazzo", determinato a travalicare i limiti della natura: anzi, proprio questa pellicola ha contribuito a codificarne la figura, con tanto di assistente deforme al seguito), che mette la testa a posto e, addirittura, anziché essere punito per la sua smisurata ambizione può godere di un lieto fine (con matrimonio, figlio in arrivo, e brindisi finale "alla salute dei Frankenstein", come se non fosse stato lui in fondo il responsabile di ogni tragedia), ciò nonostante non mancano le scene forti, orrorifiche o raccapriccianti: su tutte quella della morte della bambina, Maria, che viene (anche se non consapevolmente) annegata dal mostro. In effetti la censura ebbe da ridire (ed eravamo nel periodo precedente al codice Hays!), chiedendo che fosse tagliata, così come si oppose a una linea di dialogo considerata blasfema (quando Henry afferma "Ora so cosa si prova a essere Dio!"). Per mettere le mani avanti, Laemmle fece inserire un prologo in testa al film, in cui Van Sloan preannuncia agli spettatori che il film «vi emozionerà, forse vi colpirà, potrebbe anche inorridirvi! Se pensate che non sia il caso di sottoporre a una simile tensione i vostri nervi, allora sarà meglio che voi... be', vi abbiamo avvertito!». Da notare anche i titoli di testa, dove il nome dell'attore che interpreta il mostro è sostituito da un punto interrogativo. A film terminato, nei titoli di coda i credits ritornano ("Un buon cast merita di essere ripetuto"), stavolta con il nome di Karloff reinstallato. La fotografia, cupa ed espressionista, è di Arthur Edeson. L'enorme successo al botteghino portò alla realizzazione di una serie di sequel (solo il primo, "La moglie di Frankenstein" del 1935, diretto ancora da Whale), crossover (in cui la creatura incontra altri mostri della Universal, come Dracula o l'uomo invisibile), spin-off, remake (come quello di Kenneth Branagh del 1994), omaggi (come "Demoni e dei") e parodie, la più celebre delle quali (nonché la più fedele al materiale di partenza, arrivando persino a riutilizzare parte dei set originali) è senza dubbio il "Frankenstein Junior" di Mel Brooks (1974), così fedele che oggi è difficile guardare i film di Whale senza pensare, praticamente in ogni scena, alla loro versione comica. Ma è quello che capita un po' a tutte le opere iconiche: l'immaginario popolare se ne appropria e le svuota dell'impatto o dei significati originari.

20 luglio 2015

L'uomo invisibile (James Whale, 1933)

L'uomo invisibile (The Invisible Man)
di James Whale – USA 1933
con Claude Rains, Gloria Stuart
**1/2

Visto in divx.

"Claude Rains was the Invisible Man..."

Un giovane scienziato, Jack Griffin (interpretato da un Rains all'esordio in America, il cui volto non si vede mai sullo schermo a parte fugacemente nella scena finale), inventa un composto chimico che gli dona l'invisibilità, ma che mette anche a repentaglio la sua salute mentale. Afflitto da una folle megalomania e da istinti sempre più violenti e aggressivi, cerca di ritirarsi in campagna per mettere a punto un antidoto, ma il suo strano aspetto (deve rivestire completamente di bende il proprio corpo per acquisire "visibilità") attira la curiosità della gente, fino a quando la sua condizione non diventa di dominio pubblico. Sempre più folle e violento, non esiterà a commettere spietati omicidi, compreso quello di un suo collega, e diventerà l'oggetto di una serrata caccia all'uomo: nonostante i suoi poteri, alla fine la polizia avrà ragione di lui. Adattando un romanzo di H.G. Wells, James Whale (già regista due anni prima del "Frankenstein" con Boris Karloff) fa debuttare sullo schermo un altro dei celebri mostri della Universal degli anni trenta, forse dalla carriera cinematografica meno fortunata rispetto agli altri suoi colleghi ma comunque in grado di smuovere sufficientemente l'immaginario collettivo, riversando in una vicenda apparentemente di pura fantascienza, a base di scienziati pazzi e di pozioni magiche, la consueta dose di riferimenti sociali e politici. Come un novello Dottor Jekyll/Mister Hyde, il protagonista si vede trasformare dalla sua sostanza non solo nel corpo (gli effetti dell'invisibilità sono realizzati da John P. Fulton attraverso la combinazione di due riprese: una con l'attore in tuta nera su fondo nero, e una della scenografia senza di lui) ma anche e soprattutto nella mente, tramutandosi in un megalomane che parla di dominare il mondo, tenuto a freno soltanto nei brevi momenti in cui incontra la sua fidanzata (interpretata da Gloria Stuart, la futura interprete del "Titanic" di Cameron). Nelle scene con il poliziotto alla locanda ci sono tracce di comicità slapstick, che passano però rapidamente in secondo piano man mano che la storia prosegue. Il cast comprende caratteristi come Una O'Connor e Henry Travers, nonché brevi apparizioni di future star come John Carradine e Walter Brennan. L'uomo invisibile tornerà in altre pellicole Universal a partire dal 1940.

7 maggio 2006

Il mostro della laguna nera (J. Arnold, 1954)

Il mostro della laguna nera (Creature from the Black Lagoon)
di Jack Arnold – USA 1954
con Richard Carlson, Julia Adams
**

Visto ieri in DVD, con Martin.

Pellicola che ha rinnovato la tradizione dei mostri Universal, dopo i fasti degli anni '30, anche se ha poco a che fare con i vari Frankenstein, Dracula e Uomo Lupo: in quei casi i protagonisti erano proprio i mostri in prima persona, mentre qui siamo più dalle parti di "King Kong", con un gruppo di paleontologi che, durante una spedizione scientifica in Sud America, si imbatte in una creatura anfibia la cui evoluzione si è arrestata da milioni di anni. Ciò che differenzia il film dai molti altri titoli sul tema "la bella e la bestia" è l'ambientazione particolarmente curata: si svolge nella foresta amazzonica (anche se in realtà le riprese furono effettuate in California e Florida) e il regista ne ha approfittato per far sfoggio di numerose e suggestive inquadrature subacquee. Il risultato è un lungometraggio d'avventura piacevole e ben fatto, anche se visto oggi, forse, può risultare un po' ingenuo, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi, funzionali alla vicenda narrata e poco più. Grazie al design dell'animatore disneyano Milicent Patrick e al make-up di Bud Westmore (oltre che al lavoro "tecnico" degli scultori Jack Kevan e Chris Mueller Jr.), però, l'aspetto visivo del mostro rimane impresso e talvolta, più che paura, suscita simpatia (sotto il costume si celavano gli attori Ben Chapman, per la maggior parte delle scene, e Ricou Browning): non stupisce il suo ingresso nella memoria collettiva, che lo porterà (fra le altre cose) a essere riutilizzato in spot pubblicitari e in tante altre pellicole ("La forma dell'acqua" di Guillermo del Toro è praticamente un sequel non ufficiale!). All'epoca fu uno dei film-simbolo del 3D.