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11 febbraio 2014

Twin dragons (Ringo Lam, Tsui Hark, 1992)

The twin dragons (Shang long hui)
di Ringo Lam e Tsui Hark – Hong Kong 1992
con Jackie Chan, Maggie Cheung
**1/2

Rivisto in TV.

In questa classica commedia degli equivoci, Jackie Chan interpreta il doppio ruolo di due gemelli separati alla nascita. Uno, John Ma, cresciuto ed educato negli Stati Uniti, è diventato un celebre direttore d'orchestra; l'altro, Boomer, vissuto nei bassifondi di Hong Kong, è ora un pilota clandestino ed esperto in arti marziali. Quando John torna ad Hong Kong per esibirsi in un concerto, i due entrano a contatto, dando il via a un'inevitabile serie di scambi di persona. A un certo punto Boomer si ritroverà a dirigere sul palco mentre John dovrà affrontare i gangster che hanno un conto in sospeso con il fratello... Costruita su uno spunto vecchio come il cinema (da "Non c'è due senza quattro" a "Inseparabili"), una pellicola forse carente dal punto di vista dei combattimenti (visto che manca un avversario vero e proprio) ma ravvivata sul piano comico-romantico da un Jackie in gran forma e dalle due interpreti femminili, la splendida Maggie Cheung (al suo quinto film con Jackie, dopo i tre "Police Story" e il secondo "Project A") e la conturbante Nina Li Chi (che nel mondo reale è la moglie di Jet Li), ciascuna delle quali si innamorerà del Jackie "sbagliato", credendo che si tratti dell'altro. L'umorismo è a tratti quello demenziale delle commedie hongkonghesi degli anni ottanta, ma non mancano trovate interessanti, come quando i movimenti o le sensazioni di uno dei gemelli influenzano l'altro, anche a distanza. Ringo Lam ha diretto per lo più le scene d'azione (in particolare il lungo combattimento finale nella fabbrica dove si testano le automobili, con il continuo passaggio fra le due camere caratterizzate dal caldo e dal freddo), mentre Tsui Hark si è occupato di quelle a sfondo comico-romantico (ovvero tutta la sezione centrale della pellicola). Kirk Wong è il gangster che provoca lo scambio dei bambini, Teddy Robin è l'amico di Boomer. Moltissimi i cameo di attori e registi hongkonghesi: si va da John Woo (il prete) a Lau Kar-Leung (il medico), da Wong Jing (il curatore "alternativo") ad Eric Tsang (l'uomo che parla al telefono), da Sylvia Chang e James Wong (i genitori dei gemelli) a Mabel Cheung (la madre adottiva di Boomer), fino agli stessi registi Ringo Lam e Tsui Hark (due dei meccanici che giocano a carte).

20 febbraio 2012

A better tomorrow 3 (Tsui Hark, 1989)

A better tomorrow 3 (Ying hung boon sik III: Jik yeung ji gor)
di Tsui Hark – Hong Kong 1989
con Chow Yun-fat, Anita Mui
***

Rivisto in DVD.

Vietnam, 1974: un giovane Mark Gor (Chow Yun-fat) raggiunge a Saigon il cugino Michael (Tony Leung Ka-fai) e lo zio Cheung. La città sta per cadere, e la guerra sta per invaderne le strade che nel frattempo sono sconvolte da proteste e disordini. Per racimolare il denaro necessario a far fuggire lo zio dal paese, Mark e Michael stringono un’alleanza con la misteriosa Kitty (Anita Mui), una donna coinvolta in traffici non sempre leciti e "immanicata" con gangster e soldati corrotti. Il rapporto fra Kitty e Mark si tramuta presto in amore, ma lui preferisce farsi da parte per non mettere a repentaglio l’amicizia con Michael. Quando però l’ex amante della donna, il gangster Sam (Saburo Tokito), si rifarà vivo, tutte le tensioni e le contraddizioni esploderanno. La saga più popolare del cinema hongkonghese degli anni ottanta si conclude con un prequel che racconta la giovinezza di quello che, sin dal primo episodio, ne era apparso come il personaggio più importante (cosa che qui viene ufficialmente sancita, trasformandolo in protagonista assoluto). Dopo le incomprensioni avvenute sul set del secondo film, Tsui Hark "esautora" John Woo (che riutilizzerà lo script che aveva originariamente pensato per dar vita a quello che forse è il suo capolavoro, “Bullet in the head”) e dirige personalmente la pellicola, scegliendo un registro melodrammatico e virando al femminile molti dei temi che caratterizzavano l’universo esclusivamente maschile del collega. Lo dimostra la rivelazione che è stata proprio una donna a insegnare al giovane Mark a sparare, a donargli gli occhiali e lo spolverino che ne caratterizzeranno il look, e a "formarne" il carattere: una rivoluzione di non poco conto, se si pensa che il primo "A better tomorrow" aveva a sua volta influenzato l’immaginario virile di milioni di spettatori (e persino di veri membri della triade) del sud-est asiatico e dell’estremo oriente. Struggente storia d’amore e d’amicizia sullo sfondo storico del conflitto in Vietnam, il film appassiona per l’epica drammaticità (“Non si può essere romantici: dobbiamo sopravvivere”, dice Mark) che sfocia in un finale memorabile, dove assistiamo – in un montaggio alternato – all’arrivo dei Vietcong a Saigon e alla contemporanea e disperata fuga dei protagonisti in elicottero. Certo, lo stacco con i primi due film è notevole: si tratta di tutt'altro genere, non più incentrato sulle scene d’azione (che pure non mancano, anche se Tsui le gira in maniera più estetizzante e decisamente meno dinamica rispetto a Woo) ma sulla nostalgia e sui sentimenti, come suggerisce anche il sottotitolo “Amore e morte a Saigon”. In ogni caso, un film appassionante e coinvolgente, con due degli attori più carismatici di tutta la cinematografia hongkonghese (CYF e la fascinosa Anita Mui, dalle labbra rosso fuoco), una fotografia calda e avvolgente e una splendida canzone retrò interpretata dalla stessa Mui.

31 agosto 2009

New Dragon Gate Inn (R. Lee, 1992)

New Dragon Gate Inn (Sun lung moon hak chan)
di Raymond Lee – Hong Kong 1992
con Maggie Cheung, Brigitte Lin, Tony Leung Ka-fai
***

Rivisto in DVD alla Fogona, in originale con sottotitoli inglesi.

Remake del classico "Dragon Gate Inn" di King Hu (1967), realizzato dalla factory di Tsui Hark in piena "new wave" hongkonghese ("Once upon a time in China" era uscito appena l'anno precedente) e con un cast pieno di stelle. La regia è accreditata al solo Raymond Lee, un carneade, ma pare che in realtà il coreografo Ching Siu-tung e lo stesso Tsui Hark abbiano diretto numerose scene. Anche se la sceneggiatura presta maggior attenzione al lato intimo dei personaggi e alle relazioni fra di loro, rispetto alla pellicola originale lo scheletro della vicenda cambia ben poco: all'epoca della dinastia Ming, il perfido eunuco Cao fa sterminare la famiglia di un ministro ribelle e intende usare i suoi figli come esca per attirare in trappola i suoi alleati. Presso la Locanda del Drago, desolato avamposto dalle pareti di fango e dai pavimenti di legno che sorge praticamente nel nulla fra il deserto e le montagne ai margini dell'impero, si ritrovano così sotto false identità tanto i seguaci del ministro deposto quanto gli agenti segreti inviati da Cao, costretti a una prolungata e difficile convivenza a causa del maltempo che imperversa all'esterno; al gioco di duelli notturni segreti e silenziosi partecipa però anche una terza fazione, quella guidata dalla seducente Jin (una Maggie Cheung splendida e ammiccante), proprietaria della locanda e in realtà capo di un gruppo di banditi che non esitano ad uccidere gli ospiti sgraditi e ad usarne i cadaveri per preparare la cena! L'aggiunta di un pizzico di sesso e di gore rende il film più vicino al gusto dello spettatore moderno, come testimonia anche lo stile che fa ampio uso di ralenti e wire work per mettere in scena combattimenti "volanti" e irrealistici, più spettacolari ma anche più confusi e meno rigorosi rispetto a quelli del film originale. Straordinari i paesaggi di frontiera, con il deserto roccioso la cui polvere sollevata dalle tempeste di sabbia o dai cavalli al galoppo contribuisce a rendere quasi oniriche le scene d'azione, che sembrano così svolgersi davvero ai confini del mondo conosciuto. In più c'è anche una sottotrama romantica e melò, con il triangolo fra il prode Tony Leung Ka-fai, la sua amata Brigitte Lin (che, come spesso le capita, si traveste da uomo per tutto il film) e la "terza incomoda" Maggie Cheung, subdola e intrigante. Imperdibile, in particolare, il combattimento-spogliarello fra le due attrici. Nel finale il film si colora anche di grottesco, con il cuoco dazi (una minoranza etnica del nord della Cina) – fino ad allora personaggio del tutto secondario – che spunta dalla sabbia nel momento in cui il cattivo sembra trionfare e "spolpa" gamba e braccio con il suo coltellaccio al malcapitato Donnie Yen. La fotografia, che sarebbe piaciuta a Ridley Scott, sfrutta la luce che filtra dalle pareti e i granelli di polvere sospesi nell'aria per costruire un'atmosfera onirica e ovattata, dominata dal colore bianco e a tratti anche più claustrofobica di quella del suo predecessore.

25 marzo 2009

Peking opera blues (Tsui Hark, 1986)

Peking Opera Blues (Do ma daan)
di Tsui Hark – Hong Kong 1986
con Brigitte Lin, Cherie Cheung, Sally Yeh
***

Rivisto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

L'Opera di Pechino è una forma tradizionale di teatro cinese, caratterizzata – oltre che dal canto e dalla danza – da grandi acrobazie e combattimenti con arti marziali (non a caso in gioventù l'hanno praticata anche Jackie Chan, Sammo Hung e Yuen Biao). Ai tempi in cui è ambientato questo film (gli inizi del Novecento), in molti teatri era vietato l'ingresso alle donne, e anche i personaggi femminili erano interpretati da attori maschi. Sembra ironico dunque che le protagoniste della pellicola siano invece tre ragazze. Tsao Wan è la figlia del generale Tsao, che governa Pechino con il pugno di ferro nei primi anni della Repubblica Cinese. Wan, che ha studiato all'estero, collabora però con i ribelli della resistenza e complotta in segreto contro il padre. Sheung Hung, una musicista di corte, aspira invece al lusso e alla ricchezza e vorrebbe impadronirsi di una cassetta di gioielli che i soldati hanno sottratto alle amanti di un generale caduto in disgrazia. Pat Neil, infine, è la figlia di un impresario teatrale e sogna di esibirsi sul palcoscenico, ma le viene impedito perché è una donna. Nonostante la diversa estrazione sociale e soprattutto le differenti aspirazioni, gli eventi della storia le portano a diventare amiche e a battersi tutte insieme per riportare la democrazia nel loro paese. La pellicola, un classico fondamentale nella produzione "popolare" e multigenere di Tsui Hark (non ha nulla a che fare con cose tipo "Addio mia concubina", per intenderci!), rivista oggi ha certo i suoi bravi difetti: un tono ingenuo e melodrammatico che la rende un po' datata, una caratterizzazione dei personaggi forse superficiale, una certa mancanza di equilibrio fra le scene più leggere e quelle più violente. Tutto passa però in secondo piano rispetto al sincero gusto per lo spettacolo, al ritmo della narrazione che non si ferma mai, all'ambientazione storica e irreale al tempo stesso (grazie anche a una fotografia dai toni quasi onirici), alla ricchezza delle situazioni e agli improbabili colpi di scena, alle complesse dinamiche che muovono le varie figure della storia e le mettono in relazione tra loro. Certo, per apprezzarla fino in fondo bisogna amare il cinema di Hong Kong con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Fra le tre attrici, davvero ottime, spicca soprattutto l'androgina Brigitte Lin Ching-hsia, che veste abiti maschili per tutto il film (tranne nella "famigerata" e indimenticabile scena in cui le tre le fanciulle indossano candide camicie da notte, bevono champagne e ascoltano musica da un grammofono), è forte e coraggiosa come un vero eroe ma anche estremamente vulnerabile e combattuta fra l'amore per il padre e gli ideali patriottici. Spettacolare la fuga finale sui tetti della città, dove Tsui Hark (con il coreografo Ching Siu-tung) fa le prove generali per film successivi come "Once upon a time in China" o "New Dragon Gate Inn". Bellissime anche le elaborate sequenze di danza in costume sul palcoscenico. Molte scene, infine, fanno riferimento a celebri Opere di Pechino, come quella in cui Tsao Wan conforta Pat Neil sotto un'improvvisa nevicata in piena estate.

23 febbraio 2009

The chinese feast (Tsui Hark, 1995)

The chinese feast (Jin yu man tang)
di Tsui Hark – Hong Kong 1995
con Leslie Cheung, Anita Yuen
**

Visto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Sun, un gangster delle triadi, ha una vera e propria passione per la cucina e pur non avendo il minimo talento ai fornelli riesce a farsi assumere come cuoco in un prestigioso ristorante cinese, dove si innamora pure dell'eccentrica figlia del proprietario. Ma quando quest'ultimo viene sfidato in una gara di cucina da un rivale che intende appropriarsi di tutti i locali di Hong Kong, Sun è costretto a cercare l'aiuto di due cuochi leggendari, uno dei quali ha abbandonato la professione in seguito a una delusione d'amore. La sfida, che si svolge in occasione di un ricchissimo "banchetto imperiale", vedrà i contendenti misurarsi nella preparazione di piatti sontuosi e sofisticatissimi che hanno come ingredienti zampe d'orso, proboscidi d'elefante e cervelli di scimmia... Una commedia gastronomica che a tratti può ricordare il capolavoro di Stephen Chow "God of cookery", anche se è decisamente meno divertente. Come spesso capita nel cinema di Hong Kong, il film alterna momenti di comicità demenziale a passaggi melodrammatici o sentimentali. Tsui Hark perde presto di vista i personaggi principali per concentrarsi soprattutto sulle scene di cucina, ma l'eccentricità dei piatti preparati (dove l'aspetto estetico conta quanto, se non più, del sapore) non riesce a solleticare l'appetito dello spettatore come invece succede in pellicole come "Mangiare bere uomo donna" o "Il pranzo di Babette". Nel cast la migliore è Anita Yuen, che dà vita a un personaggio punk e sciroccato.

2 settembre 2008

Triangle (Tsui Hark, Ringo Lam, Johnnie To, 2007)

Triangle (Tie saam gok)
di Tsui Hark, Ringo Lam, Johnnie To – Hong Kong 2007
con Simon Yam, Louis Koo, Sun Honglei
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Curioso esperimento, questa pellicola realizzata a sei mani: non si tratta di un film a episodi, bensì di un lungometraggio in cui ciascun regista ha a propria disposizione trenta minuti e deve proseguire la vicenda (lavorando in tutta autonomia con la propria troupe e i propri sceneggiatori) dal punto in cui è stata interrotta dal collega precedente, mantenendo naturalmente gli stessi attori e la stessa ambientazione. Tsui Hark, responsabile della parte iniziale, ha il compito di presentare i personaggi e di mettere in moto la storia; Ringo Lam, cui tocca il segmento centrale, porta avanti la pellicola e la lascia con un cliffhanger; Johnnie To (la cui casa di produzione Milkyway è alla base del progetto) la conclude alla sua maniera. Naturalmente lo stile, il mood, le atmosfere e persino le caratterizzazioni dei protagonisti variano sensibilmente al passaggio della macchina da presa da una mano all'altra, al punto da lasciare alla fine quasi l'impressione di aver visto tre film diversi. Il risultato comunque non è spiacevole: vuoi per la novità dell'operazione, vuoi per il valore qualitativo che i tre registi, in ogni caso, riescono a garantire.

Nel segmento di Tsui Hark facciamo la conoscenza con Sam (un impiegato in difficoltà finanziarie), Fai (un giovane tassista che frequenta gli ambienti della malavita) e Mok (un misterioso antiquario): imbeccati da uno strano individuo incontrato in un bar, i tre amici scoprono un antico tesoro ma faticano a fidarsi l'uno dell'altro (bella la scena in cui si fotografano a vicenda con i cellulari). Nel frattempo la moglie di Sam rivela al suo amante, il poliziotto Wen, che il marito sta tentando di ucciderla. La fotografia è oscura e notturna, i dialoghi rapidi, la carne al fuoco molta e i personaggi ambigui e misteriosi a sufficienza da permettere ai registi successivi, se lo vogliono, di ampliarne o di modificarne il background. Ed è infatti quello che succede.
Nel segmento di Ringo Lam, il più tradizionale dal punto di vista cinematografico, i personaggi agiscono maggiormente alla luce del sole. I riflettori si spostano decisamente su Sam (interpretato da Simon Yam), che acquista una personalità più vigorosa e decisa. Scopriamo che sua moglie Ling è una paranoica: né la sua gravidanza, né i tradimenti del marito né tantomeno i suoi tentativi di ucciderla erano reali. Il subdolo Wen, approfittando della situazione, si impossessa del tesoro e fugge per la campagna, mentre i tre protagonisti si lanciano al suo inseguimento.
Johnnie To si rivela subito il più "autore" dei tre registi, nel bene e nel male: gli bastano pochi minuti per risolvere alcune delle situazioni lasciate in sospeso da Lam, scegliendo bellamente di ignorarne altre. Fra tocchi surreali (vedi l'ingresso in scena di Lam Suet) e un'ambientazione sospesa e fuori dal mondo (quasi una parodia di "Dragon Inn"), conduce il film verso strade inaspettate ed è sicuramente il più attento al lato cinematografico dell'operazione, a scapito magari della caratterizzazione dei singoli personaggi: ma in fondo l'aspetto interessante del film consiste proprio nelle sue differenze e contraddizioni interne, altrimenti l'intero esperimento non avrebbe avuto senso. Per citare il mio amico Ernesto, "tre registi che girano a partire da un'unica sceneggiatura, pensata in anticipo, fondamentalmente rischiano di fare come i registi di seconda o terza unità, quelli che lavorano quando il regista principale è occupato altrove seguendo pedissequamente le sue direttive. Mentre in questo caso dovevano anche scrivere la storia, con i propri sceneggiatori, e questo da una parte crea una specie di slegatura, ma dall'altra è proprio il bello di un lavoro del genere".

20 marzo 2007

Green snake (Tsui Hark, 1993)

Green snake (Ching se)
di Tsui Hark – Hong Kong 1993
con Maggie Cheung, Joey Wong
***

Visto in DVD, in originale con sottotitoli inglesi.

Un film bizzarro e affascinante, visivamente molto bello, tratto da un'antica leggenda cinese. La smeraldina Maggie Cheung (splendida!) e la sorella maggiore Joey Wong sono due spiriti-serpente, malvage per natura eppure dotate di un animo gentile, che assumono forma umana per integrarsi fra gli uomini: la seconda arriva addirittura a sposare un essere umano (nascondendogli la sua reale identità), mentre la prima – meno abile nel controllare la propria metamorfosi – va in cerca di avventure. Devono però vedersela con un monaco dai grandi poteri spirituali che dà la caccia a tutte le creature sovrannaturali. Meno pretenzioso di altri wuxia di Tsui Hark, presenta per una volta una trama lineare e facile da seguire ed è graziato, oltre che dalla bellezza delle due protagoniste, da una fotografia caleidoscopicamente colorata e da paesaggi straniti e surreali. Belle anche le musiche. Piuttosto buona la qualità del dvd Mei Ah.