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10 novembre 2021

La sposa cadavere (Burton, Johnson, 2005)

La sposa cadavere (Corpse bride)
di Tim Burton, Mike Johnson – USA 2005
animazione a passo uno
**1/2

Rivisto in TV (Netflix).

Il giovane Victor, promesso sposo a Victoria (si tratta di un matrimonio combinato dalle rispettive famiglie, il che non impedisce ai due giovani di innamorarsi l'uno dell'altra a prima vista), si ritrova per errore sposato invece con... un cadavere, quello di Emily, che lo trascina con sé nel regno dei morti. Il secondo lungometraggio in animazione stop motion di Tim Burton (ma il primo da lui diretto, sia pure insieme a Mike Johnson, visto che la regia del precedente "Nightmare before Christmas" non era sua ma di Henry Selick) è una fiaba dark e romantica ambientata in epoca vittoriana (il che si riflette nei nomi dei due promessi sposi: Victor e Victoria) e ispirata a una leggenda del folklore russo di origine ebraica. Con il film su Jack Skeletron condivide parecchie cose: dal gusto per il macabro all'aspetto deforme e inquietante dei personaggi, dalle scenografie espressioniste (da notare, in particolare, l'uso dei colori: se nel mondo reale la tavolozza è del tutto smorta, quasi monocromatica, il regno dei morti invece è variopinto e colorato) alla struttura musicale (con canzoni e musiche di Danny Elfman, a dire il vero non proprio memorabili). Ma nonostante il buon riscontro critico e il mood generalmente accattivante, la trama semplicistica, le gag scialbe, la debole caratterizzazione dei personaggi di contorno (alcuni dei quali, come i genitori, scompaiono di scena senza un motivo a metà film) e le idee riciclate dai lavori precedenti (vedi il cagnolino scheletro) lo rendono più povero del precedente, lasciando l'impressione di aver assistito – complice anche la breve durata – non a un lungometraggio, ma a un cortometraggio "gonfiato". Anche il doppiaggio italiano non è all'altezza di quello di "Nightmare before Christmas", soprattutto per quanto riguarda le parti cantate. In originale le voci sono di Johnny Depp, Helena Bonham Carter ed Emily Watson, mentre lo stesso Elfman canta nel ruolo dello scheletro jazzista. L'animazione a passo uno appare molto fluida e ripulita, tanto da lasciare il sospetto che sia stata generata al computer (in realtà si tratta del primo film in stop motion girato con camere digitali). Da notare le citazioni per Ray Harryhausen (il cui nome è inciso sul pianoforte) e "Via col vento".

8 maggio 2021

Hansel and Gretel (Tim Burton, 1983)

Hansel and Gretel
di Tim Burton – USA 1983
con Jim Ishida, Michael Yama
**1/2

Visto su YouTube, in originale.

Abbandonati nel bosco dalla matrigna cattiva (Michael Yama), i due fratellini Hansel e Gretel (Andy Lee e Alison Hong) trovano rifugio in una casa fatta di dolciumi, dove però abita una strega (sempre Yama) che progetta di mangiarli. A finire nel forno sarà invece lei, e i due bambini potranno riunirsi con il padre (Jim Ishida). Tim Burton ha realizzato questa versione della celebre fiaba dei fratelli Grimm per un programma televisivo di The Disney Channel: si tratta del suo primo lavoro con attori in carne e ossa (il precedente "Vincent" era in animazione a passo uno). Curiosa la scelta di casting, con interpreti tutti di etnia asiatica: forse anche per questo ci sono arti marziali (la strega combatte con shuriken e nunchaku!). Nel complesso simpatico, anche grazie agli sfondi disegnati, ai pupazzi (il padre dei due bambini è un giocattolaio) e all'esplosione di colori nella casa della strega, e degna di lode la scelta di non edulcorare i temi dark della fiaba originale (con gli americani non si sa mai!), con tutti i suoi significati simbolici e psicanalitici.

6 gennaio 2019

La fabbrica di cioccolato (Tim Burton, 2005)

La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory)
di Tim Burton – USA 2005
con Johnny Depp, Freddie Highmore
**

Rivisto in DVD.

Willy Wonka (Depp), eccentrico produttore di cioccolato, invita cinque bambini, accompagnati dai rispettivi genitori, a visitare la sua leggendaria fabbrica, che da anni ha chiuso le porte a chiunque. Fra loro c'è il povero Charlie (Highmore), l'unico che si dimostrerà all'altezza di diventarne l'erede, mentre gli altri saranno puniti per i loro vizi. Secondo adattamento del romanzo di Roald Dahl, dopo quello cult del 1971 con Gene Wilder ("Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato"), con tutto il suo carico di fantasia, magia e (non troppo) velato moralismo. Il titolo originale, dedicato al piccolo Charlie, torna fedele a quello del libro (ma non nella versione italiana, che lo semplifica omettendo del tutto il nome del protagonista), benché – per paradosso – il film sia ancora più focalizzato del precedente sulla figura dello stravagante Willy Wonka, al quale dedica tutta una serie di flashback che ne ricostruiscono le "origini" e l'infanzia. Veniamo così a sapere della sua passione per i dolci e dei contrasti che questa gli ha causato con il padre dentista (interpretato da Christopher Lee). Il tutto "normalizza" il personaggio (che da indecifrabile e sarcastico "mago" super partes diventa una figura insicura e disturbata, quasi psicopatica, a disagio con i bambini e con un forte complesso di padre) ma si iscrive perfettamente nella poetica di Burton (e di altri autori hollywoodiani, Spielberg in primis), ossessivamente incentrata sul rapporto fra padri e figli. Finale a parte, la trama è identica al film precedente, con piccoli cambiamenti che la rendono più fedele al romanzo: alcuni innocui (la prova di Veruca Salt non riguarda oche giganti che sfornano uova dorate, ma scoiattoli che hanno il compito di selezionare le noccioline), altri più significativi (non c'è la sottotrama del "rivale" Slugworth; Charlie non è orfano di padre; e inoltre, a differenza degli altri bambini, non viene messo alla prova: manca infatti la scena in cui lui e il nonno cedono alla tentazione di assaggiare le bibite gassate, salvandosi poi grazie ai rutti). E in generale, c'è molta più attenzione alla political correctness (i nonni non fumano, viene ribadito spesso che troppi dolci fanno male, si insiste sul tema della carie...) che rende retorici i messaggi. Le scenografie, quando non richiamano il film originale, sembrano studiate apposta per realizzare poi un'attrazione a Disneyland (vedi anche le corse sulla barca o sull'ascensore). Sofisticata ma brutta la colonna sonora di Danny Elfman, in particolare le orribili canzoncine degli Umpa Lumpa (che sono nanetti pigmei, e non creature fantastiche dalla pelle arancione). Da notare la citazione di "2001: Odissea nello spazio" nella scena della stanza della televisione. Del cast (David Kelly è il nonno Joe, Noah Taylor e Helena Bonham Carter sono i genitori di Charlie), gli unici degni di nota (per motivi diversi) sono Depp, Lee e l'ubiquo Deep Roy (che interpreta tutti gli Umpa Lumpa). Nel complesso, la pellicola è inferiore in quasi tutto al film del 1971, di cui non ha la semplicità (e anzi aggiunge confusione, con il travisamento del personaggio di Willy Wonka), ma come fiaba moderna vanta comunque i suoi momenti e garantisce un adeguato divertimento (meglio dell'"Alice" di Burton, comunque!).

19 aprile 2018

Big fish (Tim Burton, 2003)

Big Fish - Le storie di una vita incredibile (Big Fish)
di Tim Burton – USA 2003
con Ewan McGregor, Albert Finney
**1/2

Rivisto in DVD.

Giunto al capezzale del padre Edward Bloom (McGregor da giovane nei flashback, Finney da anziano), in fin di vita per un tumore, il figlio Will (Billy Crudup) cerca di riavvicinarsi a lui e di comprendere che uomo sia stato: questo perché da sempre i racconti di Edward, novello Barone di Munchhausen, hanno mescolato la realtà con la fantasia, rendendolo protagonista di avventure assurde e sorprendenti, fra giganti gentili, streghe che prevedono il momento della morte, idilliache città nascoste fra i boschi dell'Alabama, circhi il cui direttore è un licantropo, pesci giganti e fatati... Da un romanzo di Daniel Wallace, una riflessione sul rapporto fra padre e figlio ma ancora di più sul potere di un'immaginazione sfrenata, in grado di rendere più ricca e viva anche un'esistenza come tante altre. Eppure, qualcosa infastidisce in questo elogio della fantasia a tutti i costi, del voler convincere che una bugia colorata sia meglio di una grigia verità. E così ci si trova quasi a identificarsi o a parteggiare per il figlio, smarrito di fronte all'ingombrante figura di un padre che di fatto non ha mai imparato a conoscere veramente (perché non ha mai avuto con lui un dialogo reale e costruttivo), più che per un genitore egoista e in fondo anche un po' ipocrita, visto che, nonostante i suoi racconti di evasione ed avventura, quella a cui aspirava era un'esistenza conformista come poche altre (una mogliettina, un lavoro, una casetta con la staccionata bianca): ma questa è un po' la retro-filosofia di tutto il cinema di Tim Burton, nonché uno dei motivi per cui ideologicamente non mi ha mai conquistato. Le storie fantastiche di Edward Bloom (avventuriero, curioso e giramondo come Ulisse: il cognome joyciano non è certo casuale) non vanno naturalmente prese sul serio: sono tutte metafore o allegorie dei vari momenti della vita: per esempio, la cittadina di Spectre (nella quale Edward giunge due volte: la prima "troppo presto" e la seconda "troppo tardi") gli dimostra come "l'uomo vede le cose in modo diverso in momenti diversi della propria vita". E il pesce gigante cui Edward dà la caccia (e nel quale si trasforma al momento della sua morte) è il simbolo della sua curiosità e della sua ambizione, come quei pesci che crescono di dimensione se posti in un acquario più grande. Pur trattandosi di una produzione minore rispetto ad altre pellicole di Burton (assai limitati, per esempio, gli effetti speciali), in ogni caso è da annoverare fra i suoi lavori più sentiti e meglio riusciti. Nel cast, Alison Lohman e Jessica Lange sono Sandra, la moglie di Edward, rispettivamente da giovane e da anziana; Marion Cotillard è la moglie francese di Will; piccoli ruoli inoltre per Helena Bonham Carter (Jenny e la strega), Steve Buscemi (il poeta rapinatore), Danny DeVito (l'impresario del circo), Matthew McGrory (Karl il gigante), Ada e Arlene Tai (le gemelle siamesi). Musica di Danny Elfman.

29 novembre 2017

Planet of the apes (Tim Burton, 2001)

Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie
(Planet of the Apes)
di Tim Burton – USA 2001
con Mark Wahlberg, Tim Roth
*1/2

Rivisto in DVD.

A causa di una tempesta magnetica, l'astronauta americano Leo Davidson (Mark Wahlberg) si ritrova nel futuro e su un pianeta sconosciuto, popolato da scimmie senzienti che schiavizzano gli esseri umani. Con l'aiuto della simpatetica scimpanzé Ari (Helena Bonham Carter), guiderà una rivolta contro il guerrafondaio generale Thade (Tim Roth). Remake del leggendario film del 1968 con Charlton Heston (che qui fa una breve apparizione nei panni di una scimmia, il padre morente di Thade: ma se non lo si sa in anticipo, non ci se ne accorge, visto che è praticamente irriconoscibile sotto il make up), purtroppo inferiore ad esso in tutto e per tutto. Anzi, il minimo di appeal che presenta è dovuto, oltre che ai buoni costumi, alle scenografie e al trucco (di Rick Baker), quasi solo ai ricordi di chi ha visto la versione originale. Lo sceneggiatore William Broyles Jr. compie tutte le mosse sbagliate, a partire dal fatto che il protagonista non è l'unico essere umano in grado di parlare o di mostrare intelligenza, e quindi non si capisce perché gli uomini siano trattati come animali dalle scimmie: diventa una questione di razzismo o, al limite, di politica, e non c'è più il capovolgimento dei punti di vista che era la chiave anche del romanzo originale di Pierre Boulle. Non solo: spariscono pure il conflitto fra scienza e religione (Ari è la figlia ribelle di un senatore, anziché una curiosa ricercatrice) e soprattutto il messaggio contro la proliferazione degli armamenti, ovvero tutti i temi che rendevano memorabile il materiale di partenza. Al loro posto abbiamo generiche scene di fuga e di azione, nonchè una battaglia conclusiva che rende la pellicola un popcorn movie come mille altri (anche la mano di Burton, nel bene o nel male, è irriconoscibile). Quasi tutti i personaggi – protagonista compreso – sono privi di caratterizzazione o ce l'hanno a un livello basilare: i compagni umani di Leo, in particolare, sembrano messi lì soltanto per fare numero (anche per colpa degli attori: Kris Kristofferson è sprecato, Estella Warren sarà bella ma non sa recitare). Quanto alle scimmie, gli unici in parte riconoscibili sotto il make up sono Tim Roth e Paul Giamatti (nei panni dell'infido mercante Limbo). E visto che tutti conoscono il colpo di scena finale (proprio tutti, dai, anche chi non ha mai visto il lungometraggio originale!) e lo si aspetta per tutto il film, i cineasti mescolano le carte con una conclusione "diversa": Leo, cercando di tornare indietro, finisce in un universo parallelo: la cosa ha poco senso (non che i viaggi nel tempo ce l'abbiano), ma avrebbe potuto aprire le porte per un sequel. Che purtroppo (o per fortuna) non c'è stato: la saga ricomincerà da capo nel 2011.

3 dicembre 2015

Mars attacks! (Tim Burton, 1996)

Mars Attacks! (id.)
di Tim Burton – USA 1996
con Jack Nicholson, Pierce Brosnan
*1/2

Rivisto in DVD.

Con una flotta di dischi volanti, i marziani giungono sulla Terra. Sono brutti, cattivi e guerrafondai, e approfittano dell'ingenuità dei terrestri (che provano a intavolare relazioni di pace) per seminare morte e distruzione. Saranno sconfitti dalle note di una canzone degli anni '50, "Indian Love Call" di Slim Whitman, la cui frequenza in falsetto fa esplodere loro il cervello. Una pellicola ispirata a una collezione di figurine (le omonime trading cards pubblicate dalla Topps nel 1962) non poteva che rivelarsi una sciocchezza, soprattutto se a portare sullo schermo la sgangherata sceneggiatura di Jonathan Gems c'è un regista ipocrita e incorerente come Tim Burton, incapace di andare fino in fondo con la cifra stilistica demenziale e la black comedy. In mezzo a tanti personaggi idioti ci sono infatti un pugno di character "seri" (su tutti il pugile nero che lavora a Las Vegas, ma anche i suoi due figlioletti e la figlia del presidente) che ovviamente si riveleranno degli eroi. A salvare la situazione, nella maniera più scontata, sono infatti i "losers", come il ragazzino di campagna e la sua nonna rimbambita, mentre i potenti della terra (il presidente, lo scienziato, i militari) fanno solo figure da fessi. Per il resto, il film non è altro che un susseguirsi di scene di distruzione ridicole e infantili, che vorrebbero prendere in giro il filone fantascientifico degli anni '50 e '60 (d'altronde, visto il materiale di origine, quella è l'estetica dei marziani – resi con una computer grafica assai cartoonistica – e dei loro dischi volanti) e magari fare satira sui tempi moderni, ma con un'ironia spuntata e superficiale, ripetitiva e mai veramente divertente. E come nel coevo "Independence Day" (che però era un film "serio", il che non lo rende migliore di questo, intendiamoci), l'emergenza aliena sembra una questione del tutto americano-centrica (le tre scene con i francesi, il Taj Mahal e l'isola di Pasqua non sono altro che delle gag estemporanee). Il vastissimo cast (la pellicola è di fatto corale) comprende fra gli altri Jack Nicholson (in un doppio ruolo: il presidente degli USA e un imprenditore di Las Vegas), Glenn Close (la first lady), Pierce Brosnan (lo scienziato), Annette Bening (la fanatica new age), Sarah Jessica Parker (la conduttrice tv che viene rapita dai marziani), Jim Brown (l'ex pugile di cui sopra), Lukas Haas (il ragazzo del Kansas), Sylvia Sidney (sua nonna, all'ultima apparizione sullo schermo), Natalie Portman (la figlia del presidente). E ancora: Rod Steiger (il generale), Martin Short (il segretario del presidente), Michael J. Fox (un reporter), Danny DeVito (il giocatore d'azzardo), Lisa Marie (la donna marziana), Pam Grier, Jack Black, Janice Rivera, Paul Winfield, Joe Don Baker e il cantante Tom Jones nei panni di sé stesso. Per non contare i camei di Jerzy Skolimowski (lo scienziato che inventa il traduttore) e Barbet Schroeder (il presidente francese). Per quanto mi riguarda, una solenne stupidata nonché uno dei peggiori film di Burton, sicuramente il più brutto prima del 2000.

16 aprile 2014

Il mistero di Sleepy Hollow (Tim Burton, 1999)

Il mistero di Sleepy Hollow (Sleepy Hollow)
di Tim Burton – USA 1999
con Johnny Depp, Christina Ricci
**

Rivisto in TV.

Nel 1799 l'agente di polizia Ichabod Crane (Johnny Depp) è inviato da New York in un villaggio nell'entroterra, Sleepy Hollow, dove tre persone sono state recentemente uccise in circostanze misteriose, decapitate da quello che gli abitanti del paese descrivono come lo spettro di un "cavaliere senza testa". Convinto che occorra indagare con razionalità e con metodi scientifici, Crane si ritroverà però ad avere a che fare non solo con le superstizioni e il puritanesimo del New England del diciottesimo secolo, ma anche e soprattutto con la stregoneria e con creature resuscitate dall'inferno. Ispirandosi al celebre racconto "The legend of Sleepy Hollow" di Washington Irving (già portato al cinema diverse volte: c'è anche una versione a cartoni animati della Disney, "Le avventure di Ichabod e Mr. Toad", del 1949), Tim Burton ne prende solo lo spunto di partenza (in origine Crane era un superstizioso maestro di scuola, non un razionale detective) e ci costruisce sopra una sorta di giallo ammantato di toni gotici e horror. Paradossalmente, nello spingere il pedale sugli elementi fantastici, il regista elimina ogni ambiguità presente nel racconto di Irving (che – pur trattandosi di una ghost story – lasciava il lettore nel dubbio sulla reale presenza di elementi soprannaturali o meno) e rende dunque la vicenda meno spaventosa e più innocua, con una struttura convenzionale e noiosetta (c'è persino lo "spiegone" finale, dove si chiarisce ogni cosa) e l'immancabile lieto fine. Ciò nonostante, anche se la trama non è certo memorabile (a distanza di tempo dalla prima visione ne avevo praticamente dimenticato la risoluzione e mi erano rimaste in mente solo le scenografie), la pellicola risulta comunque piacevole grazie alle atmosfere dark tipiche del regista (da sempre quello visivo è l'aspetto migliore delle sue opere), al ritmo spigliato, ai tocchi di humour nero e all'ottimo cast (oltre a Depp ci sono Christina Ricci, Miranda Richardson, Christopher Walken e tutta una serie di caratteristi di valore: Michael Gambon, Christopher Lee, Jeffrey Jones, Richard Griffiths, Ian McDiarmid, Michael Gough, più brevi apparizioni per gli habitué burtoniani Martin Landau e Lisa Marie). La sceneggiatura, attribuita ad Andrew Kevin Walker, sarebbe in realtà opera in gran parte di Tom Stoppard, non accreditato. La musica è del solito Danny Elfman, la fotografia di Emmanuel Lubezki. Da ricordare l'attrezzatura "scientifica" (occhiali, pinze e vari strumenti) che Crane utlizza nelle sue indagini.

19 gennaio 2013

Frankenweenie (Tim Burton, 2012)

Frankenweenie (id.)
di Tim Burton – USA 2012
animazione a passo uno
**

Visto al cinema Odeon.

Ispirandosi al cortometraggio omonimo (ma in live action) che aveva realizzato nel 1984, Tim Burton ne fa un remake (animato a passo uno come "Nightmare Before Christmas" e "La sposa cadavere") che amplia la vicenda originale pur conservandone l'idea di base (una parodia infantile e canina del "Frankenstein" di James Whale, qui tramutata in un omaggio a tutto campo al cinema horror e di mostri). Come nel prototipo, il protagonista Victor – un bambino solitario, appassionato di cinema e soprattutto di scienza – riporta in vita il defunto cagnolino Sparky grazie all'elettricità, scatenando però paure e timori nel vicinato: la situazione peggiora quando anche i suoi compagni di scuola, in competizione fra loro per vincere una gara bandita dall'insegnante di scienze, utilizzano lo stesso metodo per dare la vita a mostri di vario tipo (memorabile, per esempio, la tartaruga gigante in stile Godzilla creata dal ragazzino giapponese). Rispetto all'originale, che come questo era in bianco e nero, manca forse un po' di freschezza, la storia sorprende di meno e anche le citazioni si fanno più esplicite. Apprezzabile comunque l'elogio della scienza, anche se naturalmente non si sfugge dai luoghi comuni dei B-movie (ogni tentativo di piegare le leggi della natura al proprio volere si traduce in un disastro). Buona l'animazione e le caratterizzazioni: fra i personaggi minori, rimangono impressi l'insegnante di scienze (che sembra davvero uscito da un film horror) e il perfido gatto bianco, dallo sguardo veramente inquietante. Nel complesso è una gradevole fiaba dark, superiore alla media della recente produzione di Burton, anche se il corto del 1984 sembrava avere una marcia in più.

18 gennaio 2013

Frankenweenie (Tim Burton, 1984)

Frankenweenie (id.)
di Tim Burton – USA 1984
con Barret Oliver, Shelley Duvall, Daniel Stern
**1/2

Rivisto in DVD, con Sabrina.

Il piccolo Victor Frankenstein, turbato dalla morte del suo cagnolino Sparky, riesce a riportarlo in vita grazie a esperimenti con l'elettricità. Ma l'animale redivivo semina il panico nel quartiere, e i vicini di casa si coalizzano per distruggerlo. Prodotto dalla Disney e diretto da un Tim Burton a inizio carriera, un anno prima del suo lungometraggio d'esordio ("Pee-Wee's Big Adventure"), questo cortometraggio di circa mezz’ora è un’esplicita parodia del "Frankenstein" di James Whale, di cui riprende quasi ogni sequenza trasfigurandola in chiave canina o infantile, con tanto di fotografia in bianco e nero e citazione finale da "La moglie di Frankenstein" (la cagnolina con le meches). E questo è forse anche il suo principale difetto, visto che il film si basa praticamente su un'unica idea. L'ambientazione nei quartieri suburbani americani, fatti tutti di villette a schiera, ricorda e anticipa quella di altri film burtoniani, come "Edward mani di forbice". Ottimo il cast di contorno, soprattutto per quanto riguarda i genitori di Victor, interpretati da Shelley Duvall e da Daniel Stern. Alcuni elementi (il cimitero degli animali, il laboratorio di Victor in soffitta, la vicina di casa grassa) sembrano anticipare graficamente "Nightmare Before Christmas". Nel 2012 Burton ha preso spunto dal corto per espanderne la storia e realizzare un lungometraggio animato in stop motion con lo stesso titolo.

Vincent (Tim Burton, 1982)

Vincent (id.)
di Tim Burton – USA 1982
animazione a passo uno
***

Rivisto in DVD, con Sabrina.

Mentre lavorava alla Disney come animatore, Tim Burton ha realizzato questo breve cortometraggio di sei minuti che costituisce di fatto il suo primo lavoro professionale come regista. Girato a passo uno (la stessa tecnica che sarà alla base di “Nightmare Before Christmas”), il film racconta la storia di Vincent Malloy, un bambino di sette anni che si identifica a tal punto con l’attore Vincent Price da immaginarsi con le sue fattezze in ruoli tragici e tormentati come quelli che lo hanno visto spesso protagonista di pellicole tratte dai racconti di Edgar Allan Poe. Le immagini sono accompagnate un poema in rima, scritto dallo stesso Burton e recitato (nella versione inglese) da Price in persona, colmo di riferimenti a Poe (in particolare a “Il corvo”). Ovviamente, vista l’atmosfera che si voleva ricreare, il breve film è completamente in bianco e nero e le scenografie ricordano lo stile del cinema espressionista tedesco degli anni venti. Suggestivo e inquietante, anticipa temi, elementi e sensazioni che ritroveremo nei lavori migliori di Burton, e può essere letto anche in chiave autobiografica (le fattezze del bambino protagonista, a tratti, ricordano proprio quelle del giovane regista). Vincent Price collaborerà con Tim Burton, suo grande fan, anche in seguito (lo ricordiamo come lo scienziato-creatore di “Edward mani di forbice”).

15 maggio 2012

Dark Shadows (Tim Burton, 2012)

Dark Shadows (id.)
di Tim Burton – USA 2012
con Johnny Depp, Eva Green
*1/2

Visto al cinema Arcobaleno, con Sabrina.

Barnabas Collins, rampollo di una ricca famiglia europea di commercianti ittici trasferitisi nel New England nel diciottesimo secolo, viene trasformato in vampiro dalla gelosa strega Angelique, il cui amore aveva incautamente respinto. Dopo essere rimasto chiuso in una bara per quasi duecento anni, si risveglia in pieni anni settanta, entra in contatto con un mondo profondamente cambiato e scopre che i suoi discendenti se la passano male: farà di tutto per rimettere in sesto l’azienda di famiglia, anche perché dall’altro capo della barricata (in affari così come in amore) c’è ancora Angelique… Ispirato a una vecchia serie televisiva americana da noi sconosciuta, un progetto che aggiunge ben poco alle filmografie di Burton e di Depp. Pellicola dopo pellicola, il regista americano pare ormai chiudersi sempre di più nel suo universo gotico, manierista e autoreferenziale: qui cura solamente le scenografie e l’aspetto ‘dark’ dei personaggi, senza apparente interesse per la sceneggiatura o l’equilibrio complessivo del film, fra characters che entrano e escono a casaccio dalla storia, scomparendo per lunghi tratti di pellicola per poi ricomparire all’improvviso, elementi narrativi calati dal nulla (la licantropia della figlia maggiore), caratterizzazioni piatte e banali, gag stiracchiate e poco divertenti, incertezze sui toni da adottare (la commedia famigliare, il melodramma romantico, la ghost story, l’action soprannaturale) e una complessiva povertà di contenuti e di significati. Alla fine il lungometraggio si tiene a galla soltanto grazie agli interpreti e alla confezione (la fotografia è del francese Bruno Delbonnel, quello di “Amelie”). Anche l’ambientazione negli anni settanta, potenzialmente interessante, è poco sfruttata e si limita a uno sfondo costituito da luoghi comuni: un paio di accenni alla guerra, gli hippy più stupidi e stereotipati possibili, qualche brano musicale e una battuta (quella sul nome “femminile” di Alice Cooper) ripetuta almeno cinque volte. Depp, in compenso, sembra nato per fare il vampiro, così come Eva Green per fare la ‘vamp’. Nel cast anche Michelle Pfeiffer, Helena Bonham Carter (cui sono riservate diverse scene e battute piuttosto "cattive"), Chloë Moretz, Jackie Earle Haley e la semiesordiente Bella Heathcote nel ruolo della ragazza di cui Barnabas si innamora. In più, camei di Christopher Lee (il vecchio pescatore) e di Alice Cooper (nei panni di sé stesso).

26 gennaio 2011

Edward mani di forbice (T. Burton, 1990)

Edward mani di forbice (Edward scissorhands)
di Tim Burton – USA 1990
con Johnny Depp, Winona Ryder
***

Rivisto in DVD, con Giovanni, Rachele e Paola.

Creato da uno scienziato (Vincent Price) che è morto prima di completare il suo corpo, Edward (un Johnny Depp agli esordi e alla sua prima collaborazione con Tim Burton) è un ragazzo "artificiale", timido e sensibile, con grandi e taglienti forbici al posto delle mani. Quando Peg (Dianne Wiest), casalinga e venditrice porta a porta di cosmetici Avon, lo trova solo e abbandonato nel castello gotico che sovrasta la cittadina in cui vive, decide di portarlo a casa e di accoglierlo nella propria famiglia, suscitando la curiosità del vicinato. Pur essendo visibilmente un "diverso", inizialmente Edward riscuote l'ammirazione di tutti per le sue doti creative fuori dal comune (con le sue forbici pota le siepi modellandole in foggia di animali e di esseri umani, tosa i cagnolini e inventa stravaganti acconciature per le casalinghe del circondario): ma alla prima occasione, l'ipocrisia e la diffidenza finiranno col prendere il sopravvento. Nonostante qualche momento di stanca e l'accumulo di luoghi comuni nella sottotrama romantica (Edward si innamora di Kim, la giovane figlia di Peg), questa favola moderna senza lieto fine – con tanto di cornice in cui una Winona Ryder ormai invecchiata racconta l'intera vicenda alla nipotina, proprio come se si trattasse di una fiaba – è forse il miglior film di Tim Burton, o almeno quello in cui la sua vena poetica e malinconica con derive disneyane si sposa meglio con le indubbie qualità visive e scenografiche. Che quella del "freak gentile" sia una fiaba lo testimonia anche la mancanza di realismo nel setting e nello sviluppo della trama, che a tratti assume le carattiristiche surreali e grottesche della satira di costume. Memorabile in particolare l'ambientazione, il sobborgo di un'anonima cittadina americana degli anni cinquanta, con le case tutte uguali, le facciate e le automobili di colore pastello, i mariti che durante la giornata lasciano campo libero alle mogli, e il contrasto fornito dal tetro e gotico castello che sovrasta l'intero panorama. Le scenografie del maniero, così come i titoli di testa con le attrezzature dello scienziato, anticipano l'estetica di "Nightmare before Christmas" (anche per via della colonna sonora di Danny Elfman), mentre l'aspetto pallido e scapigliato di Edward ricorda quello del protagonista del fumetto "Sandman" di Neil Gaiman. Da notare che il titolo italiano è grammaticalmente errato, visto che "forbici" andrebbe scritto al plurale.

11 marzo 2010

Alice in Wonderland (Tim Burton, 2010)

Alice in Wonderland (id.)
di Tim Burton – USA 2010
con Mia Wasikowska, Johnny Depp
*

Visto al cinema Arcobaleno (in 3D), con Giovanni, Rachele, Ginevra, Paola e Stefano.

Dopo tredici anni, Alice – ormai cresciuta – fa ritorno nel paese delle meraviglie, dove combatterà al fianco dei suoi vecchi amici (a partire dal Cappellaio Matto) contro la Regina Rossa e il suo Jabberwocky (non riesco a ricordarmi come è stato tradotto in italiano, mi dispiace). Se visivamente questa rilettura/sequel disneyano-burtoniana del classico di Carroll ha i suoi buoni momenti (le scenografie sono sicuramente la cosa migliore, e valgono da sole la visione), come operazione nel suo complesso si rivela, alla resa dei conti, una delusione. Il mondo fantastico e onirico creato da Carroll era tutto all'insegna del nonsense, del paradosso e di una follia anarchica che stravolgeva le consuetudini sociali e i comportamenti logici, calando la protagonista e la sua ragionevolezza vittoriana in un mondo incoerente e sovversivo. Qui, invece, si sono eliminate le metafore, il caos e l'odissea psichedelica, e si è cercato di ingabbiare il tutto in un'avventura lineare e imperniata sui consueti canoni del cinema hollywoodiano, con tanto di divisione fra buoni e cattivi, un destino eroico da compiere e uno scontro finale in stile fantasy con il nemico, con risultati banalotti e rinunciando di fatto a quegli elementi eccentrici e assurdi che rendevano unica e preziosa la storia di Alice. Un'altra dimostrazione, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che l'anticonformismo di Burton è sempre stato solo di facciata. Se l'inizio del film fa ben sperare, e tutta la prima parte fino alla caduta nel buco sotterraneo è bella e convincente, la pellicola si trasforma poi in una sorta di "Ritorno a Oz" (d'altronde i racconti di Baum, rispetto a quelli di Carroll, sono sicuramente di gusto più americano e meno europeo). E visto che storia e personaggi diventano presto irriconoscibili (persino lo stregatto è "inquadrato" e arruolato al servizio del bene!), di Carroll rimangono soltanto i giochi di parole, peraltro in gran parte decontestualizzati e annacquati da una versione italiana che dà un lato si rifà al cartone animato del 1951 e dall'altra ricorre ad alcune traduzioni infelici: si veda per esempio la poesia del Jabberwocky, che recitata in quel modo dal Cappellaio impedisce persino allo spettatore di soffermarsi a riflettere sulle singole parole, che sembrano un'accozzaglia di termini senza alcun senso (e invece il senso, per quanto diverso, c'è). Nella versione originale il film può contare su voci del calibro di Alan Rickman (il brucaliffo), Stephen Fry (lo stregatto), Christopher Lee (il Jabberwocky). Fra gli attori in "carne e ossa", invece, oltre a Depp nei panni del Cappellaio (il cui ruolo viene ingigantito a dismisura, e che nel finale si esibisce in un'imbarazzante "deliranza"), si riconoscono Helena Bonham Carter (la regina rossa, forse il personaggio migliore di tutta la pellicola), Anne Hathaway (la regina bianca, che invece è piuttosto insulsa) e Crispin Glover (il fante di cuori). Il 3D mi è parso avere più senso narrativo e filmico qui che in "Avatar", visto che contribuisce a rendere tangibile e materiale un ambiente circostante fantastico e visionario. Un altro sequel (non di Burton) nel 2016.

15 ottobre 2008

Ed Wood (Tim Burton, 1994)

Ed Wood (id.)
di Tim Burton – USA 1994
con Johnny Depp, Martin Landau
***

Rivisto in DVD.

Considerato, forse immeritatamente, "il peggior regista della storia del cinema", Edward D. Wood jr. fu un cineasta di scarso talento ma di grande fantasia, la cui vita privata (fra feticismi personali e insolite frequentazioni) risulta essere certamente più interessante delle sue opere, per lo più pellicole di fantascienza e di exploitation a basso budget, girate in maniera pedestre (il suo motto, in ogni scena, era "buona la prima": non c'era il tempo o la voglia di girarne un'altra), con sceneggiature ridicole e interpretazioni dilettantesche. Circondato da una variopinta "corte dei miracoli" (Tor Johnson, un mostruoso wrestler; Vampira, una conduttrice televisiva dark; Criswell, un falso indovino; e soprattutto Bela Lugosi, il leggendario interprete del primo "Dracula") e disposto a qualsiasi compromesso pur di trovare fondi per il suo lavoro (dal lasciarsi imporre il figlio del produttore come attore protagonista al farsi battezzare perché i finanziatori facevano parte di una congregazione religiosa), il Wood ritratto con simpatia e un po' di superficialità da Depp e Burton ama indossare abiti femminili (con una passione particolare per i golfini d'angora) e vede Orson Welles come suo modello ispiratore (l'incontro fra i due cineasti, nel finale, vuole sottolineare i punti in comune fra il cinema "alto" e quello di serie Z: la passione e l'entusiasmo che muove gli uomini che ci stanno dietro e la loro lotta contro le imposizioni di major, produttori e mercato). Il vero punto di forza del film, però, è sicuramente l'anziano e morfinomane Bela Lugosi, interpretato in maniera stratosferica da Martin Landau, che non a caso vinse l'Oscar: a tratti si ha quasi l'impressione che la pellicola voglia essere più un'elegia del grande attore ungherese che di Wood stesso. Rigorosamente in bianco e nero, il film segue la lavorazione di lungometraggi del calibro di "Glen or Glenda", "Bride of the Monster" e il famigerato "Plan 9 from Outer Space" ("Lo sento... è per questo film che io sarò ricordato"). Nonostante il lieto fine che ci azzecca poco (ma non è una novità per Burton), in fondo "Ed Wood" resta uno dei migliori film del regista, forse addirittura il migliore dopo "Edward mani di forbice": ci si ritrova un amore sincero per il lato più oscuro, artigianale e meno gratificante della settima arte. Nel cast, molti nomi noti: da Bill Murray a Jeffrey Jones, da Sarah Jessica Parker a Patricia Arquette, da Vincent D'Onofrio a Lisa Marie. Buone le musiche di Howard Shore.

18 marzo 2008

Batman – Il ritorno (Tim Burton, 1992)

Batman – Il ritorno (Batman returns)
di Tim Burton – USA 1992
con Michael Keaton, Danny DeVito, Michelle Pfeiffer
**

Rivisto in DVD.

Per stile, contenuti, personaggi e ambientazione (una Gotham City fiabesca, invernale e imbiancata dalla neve), il sequel di Batman è un film decisamente più "burtoniano" del primo. Quello che si guadagna in atmosfera (grazie anche alle ottime musiche di Elfman) si perde però in realismo, e la pellicola a tratti sembra un film-giocattolo, forse a causa del setting natalizio, del personaggio di Max Schreck e della presenza della gang di criminali circensi: non a caso, questa volta, batmobile e batcaverna vengono chiamate per nome (e compare pure il batarang!). Dimenticati gran parte dei personaggi del primo film (c'è giusto un accenno a Vicky Vale), la sceneggiatura introduce subito i tre comprimari che, a dire il vero, a tratti assurgono al ruolo di protagonista molto più di Wayne/Batman: il deforme e crudele Pinguino (un ottimo DeVito), la patetica prima e sexy poi Catwoman (una Pfeiffer con frusta e costume in latex che dona al film inedite suggestioni sadomaso, peraltro mutuate dal fumetto di Frank Miller "Batman: Year One": ma lì Selina Kyle era una prostituta e non certo una segretaria!) e il malvagio magnate dei giocattoli Max Schreck (un deludente Christopher Walken, imparruccato e inespressivo). Le dinamiche fra i personaggi in costume e la descrizione della città stessa di Gotham (sempre più caotica, fredda e inospitale) costituiscono l'ossatura di una storia banalotta che nel finale procura anche qualche sbadiglio. Ottimo invece l'inizio, con l'abbandono del piccolo Oswald Cobblepot da parte dei terrorizzati genitori (il padre del Pinguino è Pee-Wee Herman, protagonista del primo lungometraggio di Burton), e a suo modo suggestiva anche l'origine, con morte e rinascita, della Donna Gatto: come al solito, i cattivi sono più interessanti dell'eroe. Il costume di Batman mi è sembrato più convincente rispetto a quello di tre anni prima.

13 marzo 2008

Batman (Tim Burton, 1989)

Batman (id.)
di Tim Burton – USA 1989
con Michael Keaton, Jack Nicholson
**

Rivisto in DVD.

Nel 1989, quando uscì questo film, avevo da poco riscoperto il personaggio di Batman. Non ero mai stato un fan dell'uomo pipistrello (da bambino leggevo i fumetti della Marvel, non quelli della DC), ma ero stato appena folgorato dal capolavoro di Frank Miller "Il ritorno del Cavaliere Oscuro". E dunque il film di Tim Burton, che pure rappresentava una pietra miliare nel genere supereroistico (fino ad allora spesso confinato nel ridicolo) e che si sforzava di dare un setting realistico al personaggio affrancandolo dal tono fumettoso della celebre serie televisiva (batmobile e batcaverna ci sono, ma non vengono mai chiamate per nome; Robin, per fortuna, è ancora assente), mi deluse profondamente. Costituiva infatti un passo indietro rispetto alla durezza e alla profondità delle storie di Miller (e di Alan Moore, con "The killing joke"). In più, Michael Keaton come protagonista è una vera e propria palla al piede: poco carismatico come Bruce Wayne e assolutamente privo di fascino come Batman (ma una parte di responsabilità ce l'ha anche il brutto costume di gomma). Alla prima visione, persino Jack Nicholson non mi aveva impressionato più di tanto nei panni del Joker, mentre stavolta lo ho apprezzato molto di più. Gradevole vedere Jack Palance nel breve ruolo del boss Carl Grissom. Fra le cose migliori della pellicola ci sono le scenografie, che fanno di Gotham una città fra il gotico e il futuristico alla "Metropolis", con un setting vagamente da anni trenta che è stato poi ripreso (in maniera anche più efficace) nella serie a cartoni animati "Batman Adventures". All'inizio vengono presentati fin troppi personaggi, alcuni dei quali (il giornalista Knox) inutili, e altri (il commissario Gordon, il procuratore distrettuale Harvey Dent) quasi dimenticati nella seconda metà del film, che si concentra esclusivamente sullo scontro fra Batman e Joker (lo sceneggiatore Sam Hamm introduce l'interessante idea – assente nei fumetti – che ciascuno dei due rivali abbia dato vita direttamente all'altro). Molto spazio ha invece la reporter Vicky Vale (Kim Basinger), inedita "fiamma" di Batman che offre l'occasione per una citazione dell'opera di Miller (il paese di Corto Maltese nel quale ha lavorato come fotografa di guerra, infatti, non è un omaggio a Pratt ma alla miniserie sopra citata). Burton, in ogni caso, non rinuncia ad alcuni tocchi "camp" (le prime pagine dei giornali che roteano, gli aggeggi del Joker, il vandalismo nel museo, gli anchormen televisivi che non si truccano più). Sedici anni dopo, Christopher Nolan gli mostrerà come si fa veramente un bel film su Batman.

28 febbraio 2008

Sweeney Todd (Tim Burton, 2007)

Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street
(Sweeney Todd: The demon barber of Fleet Street)
di Tim Burton – USA 2007
con Johnny Depp, Helena Bonham Carter
**

Visto al cinema President, con Hiromi.

Ho sempre pensato che buona parte del fascino dei film di Tim Burton dipendesse dalle colonne sonore di Danny Elfman. E infatti questo musical, che si affida alle non esaltanti melodie dello spettacolo di Broadway da cui è tratto, è privo di quella magica atmosfera che riesce a tenere a galla anche le pellicole meno riuscite del regista. Per fortuna al suo posto a donare spessore al film c'è una certa dose di cattiveria grandguignolesca, soprattutto nel finale, violento, sanguinoso e quasi da tragedia greca. La storia, ispirata a fatti reali, è quella di un barbiere folle che vive nella Londra del diciannovesimo secolo, deciso a vendicarsi (come una sorta di conte di Montecristo) di un giudice corrotto che lo ha condannato ingiustamente ai lavori forzati per sottrargli la moglie e la figlia. Nella sua bottega taglierà la gola ai malcapitati clienti (ma il passaggio dal desiderio di vendetta nei confronti di un singolo individuo alla semplice sete di sangue non è spiegato) e consegnerà i corpi a una complice che li passerà in un tritacarnone gigante e ne farà "i migliori pasticci della città". Il difetto principale della pellicola, oltre alle canzoni che mi sono sembrate tutte uguali e con testi banalotti, è l'assenza di fantasia e ironia, con l'unica eccezione della scena in cui la Carter si immagina la vita al mare in compagnia dell'amato barbiere. Alan Rickman (nei panni del malvagio giudice Turpin), un attore che di solito mi piace molto, non brilla particolarmente. Meglio invece Timothy Spall (il messo) e Sacha Baron Cohen (il barbiere "rivale" Pirelli, finto-italiano e prima vittima di Todd). Nella versione italiana i brani cantati sono stati per fortuna lasciati in inglese con sottotitoli (una delle cose che avevo detestato nel "Fantasma dell'Opera" di Schumacher era stata la scelta di doppiare le canzoni), ma è mancato il coraggio di farlo per l'intero film, anche per il parlato, come invece era stato fatto per "Evita". Ogni volta che si passa dalle voci originali a quelle dei doppiatori (spesso molto diverse!) c'è una caduta di tono. Spiace inoltre l'uso di computer grafica dozzinale, soprattutto all'inizio, nei titoli e nella panoramica della città.

8 febbraio 2008

Pee-Wee's big adventure (Tim Burton, 1985)

Pee-Wee's big adventure (id.)
di Tim Burton – USA 1985
con Pee-Wee Herman, Elizabeth Daily
*1/2

Rivisto in DVD.

Il primo lungometraggio di Tim Burton, nonostante sia stato costretto a utilizzare un personaggio pre-esistente con caratteristiche già definite, mette già in mostra parecchi dei temi tipici del regista e quasi tutte le caratteristiche del suo stile, anche grazie all'aiuto del fidato Danny Elfman (che firma una colonna sonora che giustamente il Mereghetti definisce "felliniana"). Pee-Wee (vero nome: Paul Reubens), infantile e clownesco, era un celebre intrattenitore per bambini degli anni ottanta che qualche anno dopo finì nell'occhio del ciclone per alcuni scandali a sfondo sessuale. Il film segue le sue peripezie e il suo comico viaggio attraverso il midwest degli Stati Uniti alla ricerca della sua preziosa bicicletta rossa, che gli è stata rubata. La ritroverà negli studi della Warner Bros, dove seminerà scompiglio fra i set dei diversi film in lavorazione (compresa una pellicola giapponese con mostri di gomma!). Ma anche la sua avventura, alla fine, verrà trasposta in un film, seppure con notevoli cambiamenti: il suo personaggio, interpretato da James Brolin, diventerà un sexy agente segreto, mentre a Pee-Wee non resterà che una piccola parte da comparsa. Il personaggio non molto simpatico e le gag non troppo originali (riciclano persino Buster Keaton!) non rovinano completamente un film leggero e poco pretenzioso, che però è del tutto dimenticabile e avrebbe ben pochi motivi di interesse se Tim Burton non avesse poi fatto carriera.

31 gennaio 2008

Beetlejuice (Tim Burton, 1988)

Beetlejuice - Spiritello porcello (Beetle Juice)
di Tim Burton – USA 1988
con Alec Baldwin, Geena Davis
**

Rivisto in DVD, con Hiromi.

Non amo molto Tim Burton, regista limitato e sopravvalutato, beniamino di una certa critica chiusa in sé stessa (soprattutto europea) che lo considera autore "visionario" per eccellenza, quando invece i veri visionari di oggi sono i Gilliam e i Greenaway, i Lynch e i Kitano. L'immaginario di Burton è invece un incrocio fra quelli di Disney e Fellini (altro autore per cui non impazzisco), mentre i suoi temi e i suoi personaggi "trasgressivi" puzzano di ipocrisia: l'american way of life esce dalla porta per rientrare dalla finestra, come testimoniano i finali dei suoi film, che vedono regolarmente ristabiliti lo status quo e i valori della morale, della famiglia, del matrimonio, come nemmeno Spielberg sa fare. Gli riconosco un certo talento visivo, comunque, e infatti le cose migliori delle sue pellicole sono spesso le scenografie e i costumi. Il suo lavoro più bello, non a caso, è l'unico che non ha personalmente diretto: "Nightmare before Christmas".

Ho però deciso di riguardarmi alcuni (se non tutti) i suoi film, forse per dargli un'altra opportunità. Ho cominciato dal secondo lungometraggio, quello in cui ha iniziato a collaborare con il suo primo attore "feticcio", Michael Keaton (in attesa di Johnny Depp). E devo dire che mi è piaciuto di più della prima volta. La trama è semplice: una coppia appena deceduta in un incidente vorrebbe scacciare dalla propria casa la nuova famiglia che è venuta ad abitarvi. Ma dopo numerosi fallimenti, è costretta a chiedere l'aiuto di un "bio-esorcista", Betelgeuse, che si rivelerà decisamente inaffidabile. I due attori protagonisti non brillano affatto, mentre sono molto meglio i comprimari, a partire da Keaton (il cui ruolo è ingigantito dal titolo del film). Ottimi, in particolare, i membri della famiglia "invasore", fra i quali spiccano Jeffrey Jones (l'indimenticabile imperatore di "Amadeus") e la giovane Winona Ryder nei panni della figlia amante del macabro. Fra una citazione in chiave comica de "L'esorcista" e numerosi mostriciattoli animati in stop motion (gli effetti speciali sono tutti "artigianali", senza uso di computer grafica, il che li rende più gradevoli), il film procede senza scosse riuscendo anche a strappare qualche risata (vedi l'aldilà burocratizzato, peraltro non troppo originale, o la possessione al ritmo di Harry Belafonte durante la cena).