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20 luglio 2023

Frantic (Roman Polanski, 1988)

Frantic (id.)
di Roman Polanski – USA/Francia 1988
con Harrison Ford, Emmanuelle Seigner
**1/2

Rivisto in TV (Sky Cinema).

Il chirurgo americano Richard Walker (Harrison Ford) è appena giunto a Parigi per un congresso medico in compagnia della moglie (Betty Buckley). Ma quando questa sparisce misteriosamente dall'albergo senza lasciare traccia, e né le autorità locali né l'ambasciata sembrano fare nulla per aiutarlo, si getta alla sua ricerca, scoprendo che è stata rapita da misteriosi individui a causa di una valigia scambiata per errore all'aeroporto... Un thriller tradizionale, di stampo quasi hitchcockiano: oltre al tema dell'uomo comune che si ritrova invischiato senza volerlo in una vicenda avventurosa o di spionaggio, c'è anche il più classico dei "MacGuffin", l'oggetto che fa gola ai cattivi e che fa muovere la vicenda, anche se in fondo non è importante di cosa si tratti (in questo caso, il componente di un'arma nucleare, nascosto dentro un modellino della statua della libertà). Ford, "eroe d'azione" suo malgrado (vedi la scena sui tetti), è il mattatore, mentre al suo fianco c'è la quasi esordiente – e futura moglie e musa del regista – Emmanuelle Seigner nei panni di Michelle, la ragazza che ha contrabbandato in Francia la statuetta e che affianca il dottor Walker nelle sue indagini. La sceneggiatura la tira forse un po' troppo per le lunghe nella seconda parte, ma riesce a mantenere la tensione fino in fondo. Bella l'atmosfera, favorita anche dalla fotografia di Witold Sobociński e dalla musica di Ennio Morricone (ma nella colonna sonora ricorre a più riprese la canzone "I've Seen That Face Before" di Grace Jones, sul motivo del "Libertango" di Piazzolla).

2 luglio 2023

Un uomo tranquillo (H. P. Moland, 2019)

Un uomo tranquillo (Cold pursuit)
di Hans Petter Moland – USA/GB/Canada 2019
con Liam Neeson, Tom Bateman
**1/2

Visto in TV (Prime Video).

Per vendicare la morte del figlio, ucciso da una banda di trafficanti di droga, Nels Coxman (Liam Neeson), autista di spazzanevi che tiene pulite le strade in una località sciistica vicino a Denver, comincia a uccidere tutti i membri della banda, risalendo man mano nella catena di comando fino al boss Trevor Calcole, detto "Il Vichingo" (Tom Bateman). Remake americano del film norvegese "In ordine di sparizione" di cinque anni prima, diretto dallo stesso regista dell'originale. A parte alcuni dettagli dovuti al cambio di ambientazione (il Colorado innevato al posto del Circolo Polare Artico), come per esempio il fatto che la banda "rivale" sia composta da nativi americani anziché da serbi, la sceneggiatura è praticamente identica a quella del film precedente, compresi i tocchi di humour nero che rendono la pellicola quasi una black comedy: rimangono invariati, per esempio, i "necrologi" a tutto schermo ogni volta che un personaggio muore, l'ironia sui soprannomi da gangster e la caratterizzazione eccentrica ma accattivante di tutti i personaggi minori, che risultano così memorabili anche se il loro ruolo nella storia è minimo (la guardia del corpo gay del cattivo, il fratello ex gangster di Nels e la sua amante asiatica, la poliziotta giovane e idealista, il capo della gang di indiani, e molti altri). Neeson è perfetto nella parte, e regge il confronto con il protagonista dell'originale, Stellan Skarsgård. Ottimo anche Bateman nel ruolo del boss salutista, con figlioletto a carico. Nel cast anche Laura Dern (la moglie di Coxman), Tom Jackson, Emmy Rossum. Musiche di George Fenton. Il generico titolo italiano è identico a quello di un classico di John Ford del 1952 con John Wayne. Naturalmente, trattandosi di una copia in tutto e per tutto, anche se non certo malvagia, tanto vale (come in altri casi simili) guardarsi direttamente l'originale.

18 aprile 2023

L'altro uomo (Alfred Hitchcock, 1951)

Delitto per delitto - L'altro uomo (Strangers on a train)
di Alfred Hitchcock – USA 1951
con Farley Granger, Robert Walker
***

Visto in TV (Now Tv).

Durante un breve viaggio in treno, due sconosciuti iniziano una conversazione e scoprono di avere qualcosa in comune: una persona da "eliminare" dalla propria vita. L'elegante scapestrato Bruno Anthony (Robert Walker) propone allora al giovane tennista Guy Haines (Farley Granger) di scambiarsi i delitti, dopo essersi procurati degli alibi: lui ucciderà la moglie fedifraga di Guy, che non vuole concedergli il divorzio, lasciandolo così libero di risposarsi con la sua nuova fiamma Ann (Ruth Roman); e in cambio, il ragazzo ucciderà il padre di Bruno, che minaccia di diseredarlo (se non di rinchiuderlo in manicomio). Guy rifiuta: ciò nonostante, Bruno porta a termine lo stesso la sua parte del "patto", strangolando Miriam in un parco dei divertimenti, e pretenderà poi di essere ricambiato... Dal primo romanzo di Patricia Highsmith, "Sconosciuti in treno" (pubblicato solo l'anno prima, e i cui diritti Hitchcock acquistò sotto falso nome), sceneggiato da Czenzi Ormonde, assistente di Ben Hecht (dopo che sir Alfred si dichiarò insoddisfatto della prima versione scritta da Raymond Chandler), uno dei thriller più celebri del regista, nonché il film con cui rilanciò la propria carriera hollywoodiana, dopo alcuni passi falsi. L'intrigante soggetto (poi ripreso ne "La vittima designata" di Maurizio Lucidi e "Getta la mamma dal treno" di Danny DeVito), la buona costruzione dei personaggi (a spiccare è più lo psicopatico Bruno che non il protagonista Guy, però), il tema dell'ambiguità fra il bene e il male (per un momento siamo portati a credere che Guy abbia davvero intenzione di uccidere il padre di Bruno), ma soprattutto i momenti di suspense e di forte tensione, magistrali anche dopo svariati decenni (la scena dell'omicidio di Miriam, con il riflesso della donna strangolata sulle lenti dei suoi occhiali caduti a terra; il montaggio alternato della partita a tennis, che Guy cerca di concludere nel tempo più rapido possibile, e del contemporaneo tentativo di Bruno di recuperare l'accendino che gli serve per incriminare il rivale, caduto nella grata di un tombino; lo scontro finale fra i due uomini, a bordo di una giostra del luna park impazzita), catturano lo spettatore dall'inizio alla fine. Per Walker si tratta dell'ultimo film (morirà l'anno seguente), mentre Granger aveva già recitato per Hitchcock in "Nodo alla gola". Patricia Hitchcock, figlia del regista, interpreta Barbara, la sorellina impicciona (e appassionata di gialli) di Ann, mentre Leo G. Carroll è il padre di entrambe. Sir Alfred si riconosce mentre sale sul treno portando con sé la custodia di un contrabbasso. Il titolo "Delitto per delitto" è stato aggiunto al meno memorabile "L'altro uomo" in occasione della riedizione del film in home video.

21 gennaio 2023

The outfit (Graham Moore, 2022)

The Outfit (id.)
di Graham Moore – GB/USA 2022
con Mark Rylance, Zoey Deutch
**

Visto in TV (Now Tv).

Nella Chicago degli anni cinquanta, un sarto di origine inglese (Mark Rylance) consente a una banda di gangster di usare la propria bottega come copertura per lo scambio di messaggi e informazioni. Ma quando la banda, impegnata in un regolamento di conti con un gruppo rivale, viene informata che fra di loro si nasconde una spia, le cose si complicano. E i vari banditi cominciano a sospettarsi fra di loro, mentre il sarto, umile e sottovalutato da tutti, nonché dal passato misterioso, inizia a manipolarli dietro le quinte, sfruttandone le rivalità sotterranee... Ambientato tutto in una notte e tutto all'interno del negozio del sarto (anzi, "tagliatore", come lui si definisce), il film segna l'esordio come regista di lungometraggi per Graham Moore, già sceneggiatore ("The imitation game"). Nonostante la collocazione spaziale e temporale così ridotta, i twist e i colpi di scena non mancano: ma la pellicola, pur dall'aspetto elegante, comincia ben presto ad apparire meccanica e persino prevedibile, senza vere emozioni. Non aiutano le caratterizzazioni semplicistiche e il fatto che le innumerevoli svolte e le decisioni dei personaggi non siano sempre credibili, e pure i continui riferimenti metaforici al mestiere di sartoria sembrano girare a vuoto. Alla fine l'impressione è quella di aver assistito a un "Le iene" dei poveri: ma in fondo ci si può accontentare, basta non attendersi di essere scossi da qualcosa di epocale. Zoey Deutch è la segretaria del sarto. Nel cast Dylan O'Brien (il figlio del boss), Johnny Flynn (il suo braccio destro), Simon Russell Beale (il boss irlandese), Nikki Amuka-Bird (il capo della gang rivale). Il titolo non si riferisce a un capo di vestiario, ma al nome di un'organizzazione criminale, una sorta di sindacato globale, fondata nientemeno che da Al Capone. Curiosamente, nel 1973 era uscito un altro gangster movie con il medesimo titolo (in italiano "Organizzazione crimini").

24 ottobre 2022

Possessor (Brandon Cronenberg, 2020)

Possessor (id.)
di Brandon Cronenberg – Canada/GB 2020
con Andrea Riseborough, Christopher Abbott
**1/2

Visto in TV (Prime Video).

Tasya Vos (Andrea Riseborough) lavora come killer per un'organizzazione che sfrutta un'avanzata tecnologia neurale per trasferire la coscienza dei propri sicari in altre persone e usarle per commettere gli omicidi. Il suo nuovo incarico consiste nel prendere possesso di Colin (Christopher Abbott), fidanzato con la figlia di un magnate dell'informatica (Sean Bean), e uccidere quest'ultimo. Ma qualcosa va storto durante la procedura, e Tasya scopre di non riuscire a controllare del tutto Colin ma soprattutto di avere difficoltà ad uscire dal suo corpo... Scritto e girato dal figlio di David Cronenberg, un thriller fantascientifico freddo e disturbante, decisamente nello stile del padre: la psiche, la memoria e i corpi vengono scambiati e sconvolti, fra allucinazioni e perdita del sé, e proprio questi sono gli aspetti più interessanti, al di là della trama legata all'organizzazione che compie gli omicidi (per non parlare della strana azienda di data mining in cui lavora Colin, che tramite webcam invade la privacy altrui per catalogare oggetti di arredamento o di uso quotidiano). La crescente alienazione della killer, che dopo ogni missione rischia di lasciare una parte di sé nel corpo che aveva posseduto, fa il resto. Un film interessante e ben fatto, sgradevole a tratti ma volutamente. Bella la fotografia di Karim Hussain. Nel cast anche Jennifer Jason Leigh (il boss di Tasya), Tuppence Middleton (la fidanzata di Colin) e Rossif Sutherland (l'ex marito di Tasya).

30 settembre 2022

Vite vendute (Henri-Georges Clouzot, 1953)

Vite vendute (Le salaire de la peur)
di Henri-Georges Clouzot – Francia/Italia 1953
con Yves Montand, Charles Vanel
***1/2

Visto in TV (Prime Video).

In un paese dell'America Centrale, quattro sbandati di origine europea accettano di condurre due camion pieni di nitroglicerina da consegnare a un vicino pozzo di petrolio in fiamme: l'incarico è pericoloso (le strade sono dissestate e in cattive condizioni, e il minimo urto o sobbalzo può far saltare in aria l'esplosivo e, con esso, l'intero camion), ma il compenso in denaro che li attende è sufficiente ad alimentare i sogni di riscatto e a vincere ogni paura... o quasi. Da un romanzo di Georges Arnaud, uno dei capolavori di Clouzot, un noir "on the road" caratterizzato da un livello incredibile di tensione crescente, man mano che i protagonisti si trovano ad affrontare gli ostacoli sul proprio cammino e, al contempo, le sofferenze fisiche e psicologiche che li accompagnano. La buona caratterizzazione dei personaggi (simpatiche "canaglie" legate da rapporti di amicizia e di rivalità) li pone davanti alle proprie stesse paure, che fronteggiano chi con coraggio e chi con codardia, chi con spensierata incoscienza e chi con mente sempre fredda, nonostante il pericolo e la morte che incombe. Fino a un finale apocalittico. Memorabile per più versi (dalle manovre lente – tutt'altro dunque che rapide o adrenaliniche – ma spericolate dei camion sulla strada, alle scene dei nostri eroi immersi nel petrolio), la pellicola offre rimandi o suggestioni a tanti film e autori precedenti e successivi: dall'incipit quasi buñueliano all'ambiente cameratesco del gruppo di espatriati che ricorda certi film di Hawks, dalle immagini spettacolari dei pozzi di petrolio in fiamme (che fanno pensare a Herzog) al "balletto" finale del camion sulle note del "Danubio blu" di Strauss (che anticipa evidentemente il Kubrick di "2001"). Intensi gli interpreti: Yves Montand (il corso Mario), Charles Vanel (l'ex gangster francese Mister Jo), Folco Lulli (l'italiano Luigi) e Peter van Eyck (lo scandinavo Bimba), i cui trascorsi vengono solo accennati. Véra Clouzot, moglie del regista, è Linda, la ragazza di Mario. Curiosità: è l'unico film ad aver vinto sia il Festival di Cannes sia l'Orso d'Oro a Berlino. Un remake nel 1977, "Il salario della paura" di William Friedkin.

10 settembre 2022

Regression (Alejandro Amenábar, 2015)

Regression (id.)
di Alejandro Amenábar – Canada/Spagna 2015
con Ethan Hawke, Emma Watson
**

Visto in TV (Now Tv), con Sabrina.

In una cittadina del Minnesota, nel 1990, un poliziotto (Ethan Hawke) indaga su un caso di abusi sessuali su una minorenne (Emma Watson) proveniente da una famiglia estremamente religiosa. Con l'aiuto di uno psicologo (David Thewlis) che usa il metodo della "ipnosi regressiva" per far tornare alla luce i ricordi repressi, scopre che potrebbe essere coinvolta nientemeno che una setta satanica, che pratica segretamente i suoi rituali in città... Ispirato a fatti reali (non dissimili, per certi versi, ad alcuni casi avvenuti anche in Italia, come quelli della Bassa modenese o di Bibbiano), il film rivela il proprio significato e acquista valore solo nel finale "a sorpresa": prima, per lunghi tratti, non sembra altro che un thriller dozzinale, stereotipato e privo di appeal. Solo il finale, appunto, rivela il motivo di questi stereotipi e che eravamo di fronte a tutto tranne che a una pellicola sulla falsariga de "L'esorcista" o "Rosemary's baby". Ma giunge troppo tardi, quando l'interesse dello spettatore è stato messo a dura prova e forse è già scemato, non sollevato nemmeno dal ricco cast e dalla regia di un Amenábar che, dopo una serie di ottimi film, per la prima volta non riesce a nobilitare la materia trattata. Colpa anche dell'impostazione schematica e a tema (vedi l'approccio alla religione), e di una sceneggiatura che (a parte il protagonista, in preda a paranoia e incubi) dimentica di caratterizzare in maniera interessante i vari personaggi.

22 agosto 2022

Il talento di Mr. C (Tom Gormican, 2022)

Il talento di Mr. C (The unbearable weight of massive talent)
di Tom Gormican – USA 2022
con Nicolas Cage, Pedro Pascal
**1/2

Visto in TV (Now Tv).

Insoddisfatto di come procede la sua carriera, e in crisi nella relazione con la figlia sedicenne, Nicolas Cage (sé stesso) medita di abbandonare il cinema e, nel frattempo, accetta l'invito di un ricco fan, lo spagnolo Javi Gutierrez (Pedro Pascal), che lo ospita nella sua villa a Maiorca per discutere di una sceneggiatura da lui scritta. Ma si ritroverà al centro di un vero e proprio thriller, quando due agenti dell'FBI, sospettando che Javi sia un criminale internazionale, lo convinceranno a indagare per conto loro... L'idea dell'attore in crisi che interpreta sé stesso in una pellicola parodistica e auto-ironica non è certo nuova: qualche anno fa lo aveva fatto, per esempio, anche Jean-Claude Van Damme in "JCVD". Qui Gormican (anche sceneggiatore) gioca sul fatto che Cage ha la fama di non rifiutare quasi nessun ruolo e, pertanto, di apparire in moltissimi film, spesso di qualità discutibile, nonostante nella sua carriera non siano mancati lavori belli e importanti (fra i tanti che vengono citati in un modo o nell'altro durante la pellicola, "Face/Off" di John Woo e "Cuore selvaggio" di David Lynch, il cui protagonista – una versione giovane e ribelle dello stesso Cage – appare talvolta davanti agli occhi del suo alter ego per conversare con lui, come fosse la sua coscienza). Anche se l'idea è comunque carina e il divertimento non manca (toccante l'amicizia che Nick stringe con Javi, e spassose le scene in cui i due agiscono sotto effetto dell'LSD), alla resa dei conti il film è un po' piatto e meno dirompente di come avrebbe potuto essere senza il freno a mano tirato (per non parlare della commistione fra realtà e fantasia: alla fine non è chiaro se tutto ciò cui abbiamo assistito sia vero o sia cinema). Ma l'interpretazione di Cage, che parodizza più volte sé stesso e le proprie "doti sciamaniche d'attore", è ottima, come anche quella di Pascal. Il titolo italiano, che richiama "Il talento di Mr. Ripley", è più banale e meno evocativo di quello originale.

15 agosto 2022

Nodo alla gola (Alfred Hitchcock, 1948)

Nodo alla gola (Rope)
di Alfred Hitchcock – USA 1948
con James Stewart, John Dall, Farley Granger
***1/2

Rivisto in divx.

Due studenti universitari, Brandon (John Dall) e Phillip (Farley Granger), uccidono l'amico David, strangolandolo con una corda, e ne nascondono il cadavere in una cassapanca, pochi minuti prima che nel loro appartamento giungano gli ospiti invitati a cena, fra cui il padre stesso di David (Cedric Hardwicke) e sua zia (Constance Collier), la sua ragazza Janet (Joan Chandler), il suo rivale Kenneth (Douglas Dick), e soprattutto l'ex istitutore e ora amico dei ragazzi, il brillante Rupert Cadell (James Stewart), dotato di grande intelligenza e capacità di osservazione... Da un testo teatrale di Patrick Hamilton, il primo film a colori di Alfred Hitchcock è noto per una particolare caratteristica: a parte l'incipit con i titoli di testa, è girato interamente in un unico piano sequenza, ovvero con la macchina da presa che si muove ininterrottamente all'interno dell'appartamento in cui si svolge la vicenda (un attico a New York, di cui si intravede la skyline attraverso il grande finestrone), senza alcuno stacco di montaggio. La tecnologia dell'epoca, a dire il vero, rendeva impossibile tutto ciò: a differenza di film più recenti ("Arca russa", "Birdman", "1917"), che possono contare sul digitale, la durata limitata dei rulli di pellicola costringeva di fatto i cineasti a dover interrompere le riprese ogni dieci minuti (o meno): Hitchcock risolse il problema facendo in modo che l'inquadratura, ogni volta, fosse brevemente "oscurata" dalla schiena di un personaggio o da un mobile (come la suddetta cassapanca), per poi riprendere dalla stessa posizione come se non ci fosse stata alcuna interruzione. Il risultato è stupefacente, anche perché il regista inglese ha coreografato nei minimi dettagli l'azione, il movimento e la disposizione dei personaggi, l'apparire di ogni oggetto di scena nell'inquadratura al momento giusto per accrescere la tensione (come quando vediamo per la prima volta la tavola apparecchiata, o la pistola nel finale, o quando i commensali discutono fuori scena mentre la macchina da presa si sofferma sulla governante (Edith Evanson) che sta liberando la cassapanca e si appresta ad aprirla). Il tutto non fa che mantenere alta la tensione e cattura l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine, impresa notevole per un film costituito da soli dialoghi, ambientato in una sola stanza e che si svolge in tempo reale!

Il soggetto, naturalmente, è ispirato al celebre caso (del 1924) dell'assassinio di Bobby Franks da parte di Leopold e Loeb, due studenti dell'università di Chicago che provarono a mettere in atto un "delitto perfetto", convinti di riuscire a scamparla dall'alto del loro "intelletto superiore" che si abbinava al disprezzo provato verso il resto della società. Anche qui Brandon teorizza l'omicidio come "forma d'arte", un privilegio riservato "ai pochi che se lo possono permettere", ovvero a coloro che, per superiorità intellettuale o culturale, si stagliano sopra le masse. Idee, di derivazione nietzschiana (il Superuomo), che gli sono state suggerite dallo stesso Rupert, per il quale però erano sono provocazioni teoriche e filosofiche, non certo da mettere in pratica nella realtà. Intelligente e pignolo, Rupert recita di fatto la parte dell'investigatore in quello che è in tutto e per tutto una inverted detective story come quelle del tenente Colombo, dove cioè il delitto viene compiuto all'inizio, davanti agli occhi degli spettatori – la prima inquadratura del film dopo i titoli è proprio quella del "nodo alla gola" del povero David! – che ne conoscono perciò ogni dettaglio e sono lasciati a interrogarsi su come gli assassini verranno scoperti. E proprio Rupert svelerà l'intrigo, tormentando con la sua sola presenza i due colpevoli (in particolare Phillip, più facile a cedere alla tensione e di fatto "succube" di Brandon, che invece è sempre, o vorrebbe apparire, sicuro di sé: tra i due studenti, fra l'altro, scorre un'evidente – anche se non esplicita – tensione omosessuale), il tutto mentre l'abile sceneggiatura semina di doppi sensi e battutine "macabre" l'intera cena, dai continui riferimenti a David (e alla sua assenza) ai retroscena sui polli, cui veniva tirato il collo. Qualche affinità (a partire dal cadavere nella cassapanca) con "Arsenico e vecchi merletti" di Frank Capra, a sua volta tratto da una commedia teatrale. Da notare i tanti riferimenti meta-cinematografici (in una scena, i commensali parlano di cinema, di James Mason, Ray Milland e Gregory Peck). In Italia il film venne distribuito anche col titolo "Cocktail per un cadavere".

2 agosto 2022

Terrore sul Mar Nero (N. Foster, 1943)

Terrore sul Mar Nero (Journey into fear)
di Norman Foster [e Orson Welles] – USA 1943
con Joseph Cotten, Dolores del Río
*1/2

Visto in TV (RaiPlay).

In viaggio a Istanbul con la moglie (Ruth Warrick), l'ingegnere americano Howard Graham (Joseph Cotten) scopre di essere l'obiettivo di un sicario (Jack Moss) al soldo di un nazista (Eustace Wyatt), che intende impedire che la ditta per la quale lavora fornisca armi alla Turchia. Per proteggergli la vita, il colonnello dei servizi segreti turchi Haki (Orson Welles) gli impone di viaggiare su un piccolo battello mercantile diretto al porto georgiano di Batumi, da dove si imbarcherà per gli Stati Uniti. Ma a bordo della nave, fra i variopinti passeggeri, si trovano anche l'assassino e il suo mandante... Fiacco thriller spionistico ambientato in tempo di guerra, dai toni vagamente hitchcockiani, con un Cotten (anche sceneggiatore) che sembra un po' un pesce fuor d'acqua, in balia degli avvenimenti che si svolgono intorno a lui. Il principale motivo di interesse è dato dalla presenza di Orson Welles, che inizialmente avrebbe dovuto dirigerlo: sarebbe stato il suo terzo film da regista, dopo "Quarto potere" e "L'orgoglio degli Amberson". Il protrarsi della lavorazione di quest'ultimo gli impedì di farlo, e lo stesso Welles suggerì Foster (con cui aveva lavorato nel progetto incompiuto "It's all true") come suo sostituto. Non accreditato, il buon Orson ha comunque contribuito alla sceneggiatura e allo storyboard, nonché diretto alcune sequenze, come quella di apertura che presenta il killer prima dei titoli di testa (una novità per l'epoca) e quella nel finale dello scontro sul cornicione dell'albergo, sotto la pioggia. In ogni caso, la produzione intervenne pesantemente in fase di montaggio, ottenendo scarsi risultati al botteghino. Nel 2005 è emersa una versione più fedele alla visione originale di Welles. Del tutto inutile il personaggio femminile, la ballerina interpretata da Dolores del Rio che si ritrova a sua volta sulla nave insieme a Graham. Nel cast anche Jack Durant, Agnes Moorehead, Everett Sloane, più vari membri della Mercury Productions, la società dello stesso Welles. Esiste una versione colorizzata.

26 luglio 2022

Ultima notte a Soho (E. Wright, 2021)

Ultima notte a Soho (Last night in Soho)
di Edgar Wright – GB 2021
con Thomasin McKenzie, Anya Taylor-Joy
**1/2

Visto in TV (Now Tv).

L'aspirante stilista Eloise "Ellie" Turner (Thomasin McKenzie) si trasferisce a Londra dal suo villaggio di campagna per frequentare una scuola di moda. Innamorata di tutto ciò che è retrò, si adatta male alla vita di città e all'esistenza frenetica dei compagni di corso e dello studentato, preferendo trovarsi una stanza in affitto da sola nella casa di una vecchia signora (Diana Rigg). Qui però, favorita anche dalle percezioni extrasensoriali che ha sempre posseduto, comincia a sognare di notte la vita di un'altra ragazza, Sandie (Anya Taylor-Joy), che abitava nella sua stessa stanza negli anni Sessanta: un'aspirante cantante finita però per essere costretta a prostituirsi e infine uccisa dal suo manager/protettore, Jack (Matt Smith). Convinta di aver riconosciuto quest'ultimo in un vecchio che bazzica nel quartiere (Terence Stamp), e tormentata anche nella realtà dai fantasmi degli uomini che avevano sfruttato Sandie, Ellie decide di indagare su quell'antico omicidio. Insolito thriller onirico che si svolge su due diversi piani temporali e con venature sovrannaturali, quasi un incrocio fra "Personal shopper", "The neon demon", "Suspiria" e "Questione di tempo". La regia di Wright (anche soggettista) è fantasiosa e vivace, in particolare quando fonde visivamente le diverse esistenze di Ellie e Sandie (che si vedono riflesse reciprocamente negli specchi) e nell'uso dei colori (la fotografia, degna di menzione, è del sudcoreano Chung Chung-hoon, abituale collaboratore di Park Chan-wook). Forse il tutto è un po' troppo carico, ma soprattutto nella prima metà il risultato è assai efficace, con un feeling da vecchio musical (la colonna sonora è molto ricca, composta da tante celebri hit degli anni Sessanta, fra cui spicca "Downtown" di Petula Clark, cantata anche dalla Taylor-Joy) e un intrigante contrasto o commistione fra le atmosfere della Swingin' London e quelle moderne. Meno azzeccato è il passaggio da thriller a horror: e nel finale si perde qualche colpo. Complessivamente, comunque, un buon risultato per un Wright che per una volta lascia da parte i suoi consueti toni da commedia. La traduzione italiana del titolo è sbagliata: sarebbe dovuto essere "La scorsa notte a Soho".

3 giugno 2022

In ordine di sparizione (H.P. Moland, 2014)

In ordine di sparizione (Kraftidioten)
di Hans Petter Moland – Norvegia/Svezia 2014
con Stellan Skarsgård, Bruno Ganz
**1/2

Visto in TV (Prime Video), con Sabrina.

Quando una banda di trafficanti di droga gli uccide il figlio, il tranquillo Nils Dickman (Stellan Skarsgård), autista di spazzaneve e abitante di una cittadina isolata nel nord della Norvegia, decide di sgominare da solo l'intera banda. La trama non è dissimile da quelle di tanti revenge movie: a fare la differenza sono l'ambientazione innevata e i toni quasi astratti e assurdisti, conditi da un sottilissimo black humour, che ricordano di volta in volta il Kitano di "Outrage", le commedie criminali di Guy Ritchie, e persino il Jarmusch di "Ghost dog" e il McDonagh di "In Bruges". Un nutrito gruppo di "cattivi" dotati di personalità – dal capo della banda, il "Conte" (Pål Sverre Hagen), ai suoi vari sottoposti, ai membri della banda rivale serba, guidata dal vecchio "Papa" (Bruno Ganz) – è vittima della vendetta lenta, fredda e metodica del protagonista: ogni morte è accompagnata, a mo' di necrologio, dal nome del deceduto sullo schermo nero, il che giustifica il titolo italiano. Tyos, la cittadina dove si svolge la storia, è immaginaria. Nel 2019 lo stesso regista ne ha diretto il remake americano, "Un uomo tranquillo", con protagonista Liam Neeson.

16 aprile 2022

The visit (M. Night Shyamalan, 2015)

The visit (id.)
di M. Night Shyamalan – USA 2015
con Olivia DeJonge, Ed Oxenbould
**1/2

Visto in TV (Netflix).

Mentre la mamma è in crociera, i fratelli Rebecca (15 anni) e Tyler (13 anni) vanno in visita per una settimana nella fattoria dei nonni, che non hanno mai conosciuto. Ma la permanenza si tinge presto di colori inquietanti, per via dello strano comportamento dei due anziani parenti: che si tratti solo dell'età, di demenza senile, o c'è dell'altro? Ispirandosi da un lato allo "stacco generazionale" che c'è fra lo stile di vita di due ragazzini moderni e quello di due vecchi contadini, e dall'altro ad alcuni classici temi delle fiabe (come "Hänsel e Gretel": vedi la scena in cui la ragazzina è invitata dalla nonna a entrare dentro il forno per pulirlo), Shyamalan firma un horror/thriller a basso budget, quasi "studentesco", senza effetti speciali o location impegnative, e praticamente con solo cinque attori (i ragazzi, i nonni, e la mamma; otto, se contiamo alcuni personaggi minori). La tecnica è quella del found footage: Rebecca, appassionata di cinema, intende documentare l'intera vacanza con le sue telecamere per farne un "documentario"; di fatto, tutto ciò che vediamo nel film è ciò che lei e il fratello riprendono ("Se noi due non partecipiamo all'evento non possiamo girare"), una trovata assai popolare nel genere horror (si pensi, per esempio, a "Cannibal Holocaust", "Blair Witch Project" o "Cloverfield"). Anche se la tensione si perde un po' nel finale, dopo l'inevitabile colpo di scena, nel complesso il film regge fino in fondo, anche per merito delle buone interpretazioni (i nonni sono Peter McRobbie e Deanna Dunagan), nonché per l'impostazione low tone e il punto di vista, quasi infantile, dei due ragazzini, di fronte alle inquietanti "stranezze" dei nonni. Dopo i flop dei precedenti (e costosi) "L'ultimo dominatore dell'aria" e "After Earth", per Shyamalan un progetto così "piccolo" (che finanziò personalmente) fu una boccata d'aria fresca.

10 aprile 2022

Donnie Darko (Richard Kelly, 2001)

Donnie Darko (id.)
di Richard Kelly – USA 2001
con Jake Gyllenhaal, Jena Malone
***

Rivisto in TV (Prime Video).

Liceale con problemi psichiatrici, Donnie Darko (Jake Gyllenhaal) riceve una notte la visita soprannaturale di "Frank", un individuo con un (mostruoso) costume da coniglio, che gli annuncia che la fine del mondo è prossima: mancano solo 28 giorni, 6 ore e spiccioli... La notte stessa, il motore di un aereo di linea piomba misteriosamente giù dal cielo, schiantandosi sulla casa dei Darko, e precisamente sulla stanza del ragazzo. E nei giorni che seguono, nel corso di un progressivo "distacco dalla realtà", il traumatizzato Donnie – che si è salvato soltanto perché era fuori di casa, in preda a un consueto sonnambulismo – compie una serie di atti vandalici (istigato da "Frank") ai danni della scuola e degli adulti ipocriti che lo circondano, si innamora di Gretchen (Jena Malone), una ragazza appena arrivata nel quartiere, e si lascia ossessionare dal concetto dei viaggi nel tempo, che potrebbe spiegare molte delle cose strane che gli accadono intorno... Da una sceneggiatura scritta dal regista stesso (all'esordio) subito dopo essersi diplomato alla scuola di cinema, un film bizzarro e unico nel suo genere: un thriller enigmatico che innesta suggestioni e angosce disturbanti, alla David Lynch, su uno scenario da tipica commedia scolastica liceale, con tanto di rapporti con gli amici, i famigliari, gli insegnanti in una piccola cittadina (in Virginia). Passato quasi inosservato alla sua uscita, si conquisterà rapidamente la fama di cult movie per il fascino che esercita su uno spettatore al quale vengono forniti numerosi elementi che sembrano acquistare significato soltanto con il senno di poi, al termine del "loop" temporale, o con una seconda visione (altamente ripagante: è un film che andrebbe certamente visto più di una volta). Eccezionale il comparto attoriale: Jake Gyllenhaal era quasi agli esordi, sua sorella Maggie interpreta la sorella maggiore dello stesso Donnie, i genitori sono Holmes Osborne e l'ottima Mary McDonnell, mentre fra i comprimari troviamo nomi noti come Drew Barrymore (l'insegnante di letteratura), anche produttrice, e Patrick Swayze (il "guru" del pensiero attitudinale), oltre a Katharine Ross (la terapista), Beth Grant (l'insegnante bigotta) e Jolene Purdy (la compagna introversa). Nella colonna sonora di Michael Andrews, anche canzoni dei Tears for Fears (compresa una cover di "Mad World"), Joy Division, Echo & the Bunnymen. Curiosità: il film si svolge nell'arco di 28 giorni (dal 2 ottobre 1988 al 30, Halloween): lo stesso periodo di tempo impiegato da Kelly prima per scriverlo e poi per girarlo. Nel 2009, senza il contributo del regista originale, è uscito "S. Darko", un sequel dedicato alla sorella minore di Donnie, Samantha.

19 gennaio 2022

Chi ucciderà Charley Varrick? (Don Siegel, 1973)

Chi ucciderà Charley Varrick? (Charley Varrick)
di Don Siegel – USA 1973
con Walter Matthau, Joe Don Baker
**1/2

Visto in TV (Now Tv).

Dopo una sanguinosa rapina in una piccola banca del New Mexico, nel corso della quale perde la moglie che gli faceva da autista (Jacqueline Scott), l'ex pilota d'aereo Charley Varrick (Walter Matthau) si rende conto di aver messo le mani su un bottino molto più grande del previsto, una somma di denaro troppo alta per non appartenere alla malavita. E infatti l'organizzazione cui li ha sottratti sguinzaglia subito un sicario (Joe Don Baker) sulle tracce di Charley e del suo complice, la giovane testa calda Harman (Andrew Robinson)... Un solido film d'azione vecchio stile, con personaggi interessanti (almeno gli uomini: la caratterizzazione delle donne è un po' disinvolta) e non privo di colpi di scena. Memorabile soprattuto il protagonista, criminale dilettante ma pieno di assi da giocare, che ben si districa anche quando è in fuga o preso di mira da più parti (i gangster, i poliziotti...). John Vernon è il banchiere che traffica con la mafia, Felicia Farr la sua segretaria, Woodrow Parfrey il direttore della filiale rapinata, Sheree North la falsificatrice di documenti. Don Siegel avrebbe voluto intitolare il film "L'ultimo degli indipendenti", il motto della compagnia di disinfestazione aerea di Charley Varrick, e aveva pensato a Clint Eastwood come protagonista.

15 gennaio 2022

Doctor Sleep (Mike Flanagan, 2019)

Doctor Sleep (id.)
di Mike Flanagan – USA 2019
con Ewan McGregor, Rebecca Ferguson
**

Visto in TV (Netflix).

A quarant'anni di distanza dagli eventi dell'Overlook Hotel, Danny Torrance (Ewan McGregor) è cresciuto e sta lentamente cercando di superare i traumi che ha vissuto. Con un passato da alcolista, lavora come inserviente in una clinica per malati terminali, usando i propri poteri mentali per alleviare la paura di chi si avvicina alla morte. Ma quando Abra Stone (Kyliegh Curran), una ragazzina dotata come lui del potere della "luccicanza", viene minacciata da una congrega di creature quasi immortali che si nutrono proprio dell'energia magica per prolungare la propria esistenza, guidate dalla perfida Rose Cilindro (Rebecca Ferguson), Danny decide di aiutarla e di tornare ad affrontare le forze del male. Sequel di "Shining", tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King ma al tempo stesso inteso come seguito diretto del film di Stanley Kubrick, che dal primo romanzo di King si discostava non poco: di conseguenza Flanagan (anche sceneggiatore) cerca di tenere il piede in due scarpe, non sempre riuscendoci in maniera adeguata. Se da un lato "ruba" iconografia, musica (il "Dies irae"!), sequenze e inquadrature dal capolavoro kubrickiano, arrivando al punto da scritturare attori look-alike degli interpreti del vecchio film (Henry Thomas come Jack Nicholson, Alex Essoe come Shelley Duvall, Carl Lumbly come Scatman Crothers), dall'altro gran parte della pellicola ha un mood decisamente diverso dall'originale, al punto che a tratti non sembra neppure un horror ma uno dei tanti action movie a tema fantastico basati su scontri fra personaggi con superpoteri. E quando, nella sequenza finale, l'azione si sposta nell'Overlook Hotel (una scelta del regista, visto che nel libro di King non accadeva), l'impressione è quasi quella di trovarsi di fronte a un omaggio/citazione/parodia di "Shining", e al desiderio di replicarne le scene, che non a un vero seguito. Non aiuta il fatto che le inquietanti suggestioni psicologiche del primo film vengano qui stravolte o banalizzate, dando a tutto una spiegazione: l'albergo è "semplicemente" una casa infestata dai fantasmi, Jack Torrance era "semplicemente" posseduto, e così via. Se visto come thriller a sé stante il film non è poi del tutto malvagio (ci sono alcuni momenti surreali/onirici interessanti, come le interazioni mentali fra Abra e Rose, anche se tutto il resto è abbastanza poco fantasioso: i nemici vengono uccisi a fucilate, per dire), come sequel di un capolavoro non può dunque che risultare deludente sotto molteplici punti di vista. Anche il titolo è tirato via (il nomignolo "Doctor Sleep" in riferimento a Danny viene usato in una singola scena e poi, nonostante la durata del film, mai più richiamato). Fra i "cattivi" ci sono anche Zahn McClarnon e Emily Alyn Lind. Da notare i tanti riferimenti alla paranoia americana per la pedofilia (ogni scena in cui un adulto è in compagnia di un bambino è letta o equivocata in questo senso).

30 dicembre 2021

Personal shopper (Olivier Assayas, 2016)

Personal shopper (id.)
di Olivier Assayas – Francia/Ger/Bel 2016
con Kristen Stewart, Lars Eidinger
**1/2

Visto in TV (Prime Video).

La giovane Maureen (Kristen Stewart), che lavora a Parigi come "personal shopper" per la celebrità Kyra (Nora von Waldstätten), è anche una medium in grado di percepire la presenza degli spiriti. Ma i suoi tentativi di instaurare un contatto con il fratello gemello Lewis, morto da poche settimane per un problema cardiaco, si rivelano infruttuosi... Uno strano film, che mescola in parallelo due storie/vicende legate fra loro solo dalla protagonista e dai suoi traumi: da una parte l'elaborazione del lutto e il tentativo di contattare lo spirito del fratello; dall'altro il rapporto con sé stessa, i propri desideri e le proprie paure, che si riflettono nello strano lavoro per conto della sfuggente Kyra, che praticamente non vede mai di persona, di cui cura l'immagine acquistando vestiti di lusso, scarpe, borse e gioielli che però gli è proibito provare o indossare lei stessa. Una proibizione che naturalmente si trasforma in desiderio di trasgressione, portando alla luce turbamenti nascosti. Le due storie si sfiorano soltanto, come quando Maureen inizia a ricevere strani messaggi sul cellulare da uno sconosciuto: si tratta del fratello morto, o di qualcuno dell'entourage di Kyra? E si incrociano infine nel finale-thriller, compresa una sequenza surreale (il "fantasma" che esce dall'albergo) che contribuisce al mistero di un film permeato da cupezza e disagio (vedi anche la fotografia "fredda") fino all'ultima sequenza, da horror psicologico. Un film un po' evanescente e pretenzioso, e non privo di divagazioni (come quelle artistiche, sulla pittrice astratta di inizio novecento Hilma af Klint o sulle sedute spiritiche di Victor Hugo), ma ben diretto e recitato. Assayas ha scritto il film espressamente per la Stewart, che aveva già recitato per lui in "Sils Maria". Premio per la miglior regia al festival di Cannes, ex aequo con "Un padre, una figlia" di Mungiu.

9 dicembre 2021

Notorious (Alfred Hitchcock, 1946)

Notorious - L'amante perduta (Notorious!)
di Alfred Hitchcock – USA 1946
con Ingrid Bergman, Cary Grant, Claude Rains
***

Rivisto in TV (Prime Video).

Figlia americana di una spia nazista incarcerata per tradimento, Elena Huberman (Ingrid Bergman) viene contattata dall'agente segreto T.R. Devlin (Cary Grant) affinché sfrutti la sua ascendenza per avvicinarsi ad Alessio Sebastian (Claude Rains), un ricco espatriato tedesco in Brasile, e ne conquisti la fiducia, sperando così di venire a conoscenza dei suoi segreti. La ragazza accetta, spingendosi fino a sposare Sebastian, pur essendosi nel frattempo innamorata (ricambiata) di Devlin... Seminale thriller spionistico con cui Hitchcock recupera alcuni temi già trattati in opere precedenti (come "Amore e mistero" o "L'uomo che sapeva troppo", quello del 1934), aggiornandoli e contaminandoli con una preponderante love story: il "triangolo" fra Grant, Rains e la Bergman, anzi, è il vero motore della vicenda, ancor più della trama gialla/spionistica (il "MacGuffin", in questo caso, è la polvere di uranio che i tedeschi stanno contrabbandando per costruire una bomba, e che Sebastian conserva all'interno delle bottiglie di cabernet nella sua cantina). A guidare la trama, infatti, sono i rapporti fra i personaggi: quello fra Devlin ed Elena, considerata da tutti come una "donna di facili costumi", alcolizzata e dal comportamento immorale (questo è uno dei significati del titolo "Notorious"), che si amano in segreto; e quello fra Elena e Sebastian, che passa dall'amarla al volerla uccidere dopo aver scoperto il suo doppio gioco (che però non può rivelare ai propri complici, per il timore che se la prendano con lui per la sua ingenuità). L'uomo, insieme alla madre (una memorabile Leopoldine Konstantin, attrice austriaca qui alla sua unica apparizione hollywoodiana), cercherà dunque di avvelenarla lentamente con il caffè, in una serie di scene reminiscenti de "Il sospetto". Notevole la costruzione della suspense, per esempio nella sequenza della festa in casa di Sebastian, durante la quale Devlin ed Elena cercano di introdursi nella cantina senza che il padrone di casa se ne accorga. Memorabile anche il bacio fra i due protagonisti, della durata record di due minuti e mezzo, che in realtà è una serie di baci interrotti ogni tre secondi per aggirare un'assurda regola del codice Hays che vietava di mostrare sullo schermo un'effusione più lunga, appunto, di tre secondi. Grant e la Bergman erano entrambi al secondo film con Hitchcock (rispettivamente dopo "Il sospetto" e "Io ti salverò"), mentre Rains, che non aveva mai lavorato con il regista inglese, aveva ovviamente già recitato con la Bergman in "Casablanca". Proprio l'ottimo Rains sarà nominato agli Oscar come miglior attore protagonista, una delle due nomination ricevute dal film (l'altra è quella alla sceneggiatura di Ben Hecht). Sir Alfred appare nei panni di uno degli invitati alla festa, mentre beve un bicchiere di champagne. Nella versione originale, il personaggio della Bergman non si chiama Elena ma Alicia (e Alessio è Alexander).

27 ottobre 2021

Io ti salverò (Alfred Hitchcock, 1945)

Io ti salverò (Spellbound)
di Alfred Hitchcock – USA 1945
con Ingrid Bergman, Gregory Peck
***

Visto in TV (Prime Video).

La dottoressa Costanza Petersen (Ingrid Bergman), giovane psicoanalista che lavora in un istituto psichiatrico, si innamora a prima vista del nuovo primario, il dottor Edwardes (Gregory Peck). E quando si scoprirà che costui è un impostore amnesico, che ha preso il posto del vero Edwardes (probabilmente da lui ucciso), decide di fuggire insieme a lui, nel tentativo di "curarlo", aiutandolo a recuperare la memoria e, si spera, a scagionarlo. Sceneggiato da Ben Hecht a partire da un romanzo di Francis Beeding, un thriller romantico imperniato sul tema della psicoanalisi, di cui vengono spiegate le basi (fu coinvolto persino uno "psychiatric advisor"). La pellicola si apre infatti con una didascalia che ne illustra le fondamenta scientifiche, oltre che con una frase dal "Giulio Cesare" di Shakespeare ("La colpa non è nelle stelle, ma in noi stessi"). Certo, a ben vedere la vicenda è a tratti improbabile per la semplicità con cui mette in scena i meccanismi dell'amnesia, della rimozione e del complesso di colpa: diciamo che si tratta di un'approssimazione a fini hollywoodiani (e in futuro si vedrà ben di peggio, con la psicoanalisi spesso oggetto di ridicolo). Da segnalare la sequenza del sogno, che fu immaginata da Salvador Dalì (con evidenti influssi dei dipinti di De Chirico) e diretta da William Cameron Menzies anziché da sir Alfred, per via di contrasti con il produttore David O. Selznick che portarono, fra le altre cose, a tagliare la suddetta sequenza riducendola a soli due minuti (secondo alcune fonti, in originale erano venti: il resto pare sia andato perduto). Proprio il sogno rivelatore contribuirà a risolvere la trama gialla, rivelando l'identità del vero colpevole. Ottimi i due protagonisti, in particolar modo la splendida Bergman nei panni di una donna considerata fredda e razionale che scopre per la prima volta l'amore, cosa che la discredita agli occhi dei colleghi ("Una donna innamorata occupa l'ultimo posto nella scala dei valori intellettuali"), al che lei replica "Ma il cuore vede più lontano della mente, a volte" e, parlando del finto Edwardes, "Non potrei amarlo così tanto se fosse malvagio". L'attrice è al primo di tre film girati con Hitchcock (gli altri due saranno "Notorious" e "Il peccato di Lady Considine"). Anche Peck tornerà a lavorare con il regista inglese ne "Il caso Paradine". Curiosità: la domanda che Costanza gli rivolge, "Sei mai stato a Roma?" sembra prefigurare "Vacanze romane"!

Molti temi ed elementi sono tipicamente hitchcockiani (l'uomo in fuga, la donna salvifica, la location risolutiva – in questo caso la montagna innevata). Notevole il capovolgimento dei ruoli di forza fra i due sessi rispetto alle consuetudini (qui l'eroina è la protagonista impavida e l'uomo è l'elemento sperso, in difficoltà e da salvare). Nel cast anche Leo G. Carroll (il dottor Murchison, il vecchio primario della clinica), Rhonda Fleming (all'esordio sul grande schermo: è la ninfomane violenta) e soprattutto Michael Čechov, nipote del drammaturgo Anton Čechov, nei panni del vecchio dottor Brulov, il mentore di Costanza. Allievo di Stanislavskij e insegnante di recitazione, Čechov contava fra i suoi allievi a Hollywood proprio Peck e la Bergman. La regia di Hitchcock (che si concede il consueto cameo: è l'uomo che esce dall'ascensore dell'albergo fumando un sigaro) è elegante, con tanti zoom e primi piani e un uso espressionistico della luminosa fotografia di George Barnes. Da sottolineare la resa delle immagini del subcosciente (come il corridoio con le porte che si aprono per lasciare entrare la luce, nel momento del bacio fra i due protagonisti), l'ossessione di Peck per le righe nere su fondo bianco (che gli riportano alla mente lo shock subito), la sequenza dell'arresto e della condanna dell'uomo (attraverso una serie di primi piani della Bergman), la soggettiva da dentro il bicchiere di latte e soprattutto quella, nel finale, della pistola dell'assassino, che ruota di 180 gradi e che consentì alla produzione di superare il divieto della censura nel mostrare un suicidio sullo schermo. Dopo lo sparo, per due fotogrammi la pellicola è colorata di rosso. La bella colonna sonora di Miklós Rózsa (che vinse l'Oscar: il film ricevette anche le candidature come miglior pellicola, regista, attore non protagonista (Čechov), fotografia ed effetti visivi) fa ampio uso del theremin, all'epoca una novità: ma anch'essa fu oggetto di contrasti fra il regista e il produttore. Cosa non rara nei lungometraggi di quegli anni, il film si apre con una "overture" di quattro minuti (su immagine fissa) e si chiude con una "exit music" di oltre due (manca invece l'"intermission"). L'edizione italiana presenta come al solito nomi "italianizzati" (Costanza, Antonio, Alessio, ecc., al posto degli originali Constance, Anthony, Alex...).

5 ottobre 2021

The guilty (Antoine Fuqua, 2021)

The Guilty (id.)
di Antoine Fuqua – USA 2021
con Jake Gyllenhaal, Christina Vidal
*1/2

Visto in TV (Netflix).

Mentre Los Angeles è preda al caos e le sue colline sono scosse dall'emergenza incendi, Joe Baylor (Gyllenhaal), poliziotto caduto in disgrazia e sotto processo per abuso della forza, deve affrontare un difficile turno di notte come operatore del 911, il centralino delle emergenze. E quando viene chiamato da una donna che afferma di essere stata rapita dall'ex compagno (e che gli telefona fingendo di stare parlando con la figlia), si prende personalmente a cuore la missione di salvarla. Anche perché ci sono di mezzo dei bambini, e Joe, fra una miriade di problemi personali, corre anche il rischio di perdere ogni rapporto con la propria figlioletta... Il messaggio, un po' banale, è "Chi soffre salva chi soffre". Remake del film danese "Il colpevole - The Guilty" di Gustav Möller, del 2018: un one-man-show che si svolge praticamente tutto in un unico ambiente (il centralino del 911) e con un solo attore (più una manciata di comparse intorno a lui) che comunica con il mondo esterno attraverso microfono e computer, mentre la vicenda è narrata esclusivamente per mezzo delle voci degli altri personaggi. L'idea è buona, anche se non certo nuova (basti pensare, in tempi recenti, al ben più riuscito "Locke"): peccato che la meccanica sia melodrammatica, la sceneggiatura abbia diversi buchi logici e la caratterizzazione sia snervante e problematica, con un protagonista sempre nervoso, collerico e impulsivo, a cui nessuno dice mai niente con chiarezza. Il tutto solo per fare andare avanti la storia e per giustificare il colpo di scena a metà pellicola, peraltro non imprevedibile. Aggiungiamoci un doppiaggio dei personaggi secondari non proprio eccellente, che per un film basato solo su dialoghi e voci non è certo il massimo (ah, se lo avessero doppiato negli anni 70/80, quando la qualità dei doppiatori italiani era ben diversa!): in originale le voci sono, fra gli altri, di Ethan Hawke, Riley Keough, Paul Dano e Peter Sarsgaard. In ogni caso, è un film evidentemente girato al risparmio (cachet del protagonista a parte). Regia mediocre.