31 agosto 2007

La Terra contro i dischi volanti (F. Sears, 1956)

La Terra contro i dischi volanti (Earth vs. the Flying Saucers)
di Fred F. Sears – USA 1956
con Hugh Marlowe, Joan Taylor
**1/2

Visto in divx alla Fogona.

Uno scienziato lancia missili in orbita nell'atmosfera per esplorare lo spazio, ma uno dopo l'altro vengono tutti abbattuti da una forza misteriosa. Si tratta di UFO, dalla classica forma rotonda, abitati da esseri antropomorfi in armatura che cercano di mettersi in contatto con lui. Gli alieni, che possono leggere nel pensiero e che vivono in una sorta di tempo accelerato, intendono invadere la Terra con le loro armi straordinarie, approfittando del maltempo causato da un'eruzione solare. Insieme alla moglie/assistente (figlia di un generale), lo scienziato organizza la difesa terrestre grazie a un apparecchio che distorce il campo magnetico dei dischi volanti, facendoli precipitare. Dopo i film sui dinosauri e sui mostri marini, stavolta gli effetti speciali di Ray Harryhausen sono al servizio di una storia bellico-fantascientifica che anticipa "Independence day" (soprattutto per la battaglia finale nei cieli di Washington, con i dischi che ne distruggono i monumenti e atterrano davanti alla Casa Bianca) e che deve qualche spunto allo splendido "Ultimatum alla Terra" di Robert Wise. Girato in un periodo in cui era esplosa la psicosi da avvistamento di UFO (e nel film se ne fa menzione), nonostante le ingenuità è uno spasso per gli amanti del genere. Interessante notare come gli alieni, per quanto cattivi, cerchino comunque di comunicare e di trattare con gli uomini, mentre questi reagiscano da subito con le armi e non provino mai la curiosità di comprenderli o di conoscerli. Nel doppiaggio d'epoca, la parola "missile" viene curiosamente pronunciata con l'accento sulla seconda "i".

30 agosto 2007

A brighter summer day (E. Yang, 1991)

A brighter summer day (Guling jie shaonian sha ren shijian)
di Edward Yang – Taiwan 1991
con Chang Chen, Lisa Yang
**1/2

Visto in divx alla Fogona, in originale con sottotitoli inglesi.

Ambizioso e smisurato ritratto della gioventù taiwanese nei primi anni sessanta, in particolare delle bande di strada composte dai figli dei molti esuli che nel 1949 fuggirono dalla Cina continentale per rifugiarsi nella repubblica nazionalista, dopo la sconfitta nella guerra civile. Il protagonista Xiao S'ir (Chang Chen), un ragazzo costretto dalle ristrettezze economiche familiari a frequentare la scuola serale, si sforza di comportarsi da studente modello e di seguire gli insegnamenti del padre, impiegato governativo, ma non può fare a meno di restare coinvolto nelle vicende e nelle tragedie che si succedono attorno a lui. L'immagine del paese che ne esce non è consolante, fra la corruzione dei burocrati, l'ottusità degli insegnanti, il menefreghismo degli adulti e l'insicurezza degli adolescenti che non può che sfociare nella violenza. Molto lungo, forse troppo (quasi quattro ore!), a tratti ostico nella sua narrazione, anche se mai noioso, il film è ispirato a eventi reali (Yang, anche sceneggiatore insieme a tre collaboratori, si è ricordato di un caso di cronaca nera che scosse Taiwan in un periodo di forte turbolenza politica, negli anni della sua giovinezza) e si dipana lentamente fra lezioni scolastiche, risse, concerti con i brani di Elvis Presley (il titolo del film viene proprio da una strofa di "Are you lonesome tonight?"), primi amori, gelosie, amicizie e rivalità, fragili rapporti sociali e familiari. Peccato solo che il protagonista sia molto meno interessante dei personaggi che ruotano attorno a lui. In un certo senso il film può essere considerato un prequel del precedente lungometraggio di Yang, “The Terrorizers”, raccontando l’origine delle bande giovanili lì presentate. Il regista, morto recentemente, è stato uno dei nomi chiave del Nuovo Cinema Taiwanese, la corrente – ispirata alla Nouvelle Vague francese e al cinema italiano – sorta negli anni ottanta per portare sullo schermo ambientazioni più realistiche (rurali o urbane), storie di coming-of-age e immagini del rapido cambiamento della società, di cui il rappresentante più famoso in occidente è Hou Hsiao-hsien (ai cui primi film, durata a parte, questo può essere apparentato: i due, d’altronde, erano colleghi e amici, avendo collaborato a più riprese).

29 agosto 2007

La fiamma del peccato (B. Wilder, 1944)

La fiamma del peccato (Double indemnity)
di Billy Wilder – USA 1944
con Fred MacMurray, Barbara Stanwyck
***1/2

Rivisto in DVD alla Fogona, con Marisa.

Da un bel romanzo di James M. Cain (intitolato in italiano "La morte paga doppio"), sceneggiato da Wilder e da Raymond Chandler, uno dei noir più celebri e archetipici del genere. Non manca nulla: la dark lady, il peso del destino, la torbida ossessione, la mediocrità del bene e del male, il "delitto perfetto" e la sconfitta finale. Il protagonista, Walter Neff, interpretato da MacMurray con la giusta dose di ambiguità morale, è un agente assicuratore che si lascia convincere da una "donna fatale" ad architettare l'omicidio del marito per intascare il denaro della sua polizza contro gli infortuni. Ma dovrà vedersela, oltre che con i propri sensi di colpa, con la curiosità e le indagini dell'impiegato pignolo che si occupa delle richieste di indennizzo, un formidabile (come al solito) Edward G. Robinson. Indimenticabile l'incipit, con la confessione di Neff ("L'ho fatto per il denaro e per una donna. E non ho avuto il denaro. E non ho avuto la donna") che anticipa come il resto del film sarà raccontato in flashback (un altro luogo comune del cinema noir, un cinema non a caso fatto di bilanci esistenziali e di sguardi rivolti al passato), così come il rapporto di amicizia fra l'investigatore e il colpevole (con il primo che vede il secondo come un suo possibile figlio/erede) e quello di amore/odio fra i due amanti assassini, legati insieme da un delitto che li condurrà inevitabilmente e indissolubilmente fino alla punizione finale. Torbida e perfida la Stanwyck, seducente con il suo braccialetto alla caviglia (per non parlare della parrucca bionda e degli occhiali scuri) e con molti segreti da svelare nel suo non limpido passato. Ai tempi della sua uscita, fu uno dei primi film hollywoodiani a mostrare sullo schermo l'adulterio da quando era entrato in vigore il codice Hays (due anni dopo gli stessi temi saranno ripresi da un altro celebre noir, "Il postino suona sempre due volte").

27 agosto 2007

Il ventre dell'architetto (P. Greenaway, 1987)

Il ventre dell'architetto (The belly of an architect)
di Peter Greenaway – GB/Italia 1987
con Brian Dennehy, Chloe Webb
***

Visto in divx alla Fogona.

Un celebre architetto americano, Stourley Kracklite, si trasferisce a Roma con la giovane moglie per curare l'allestimento di una monumentale mostra su un visionario e pressoché sconosciuto architetto francese del settecento, Etienne-Louis Boullée, che ammira incondizionatamente e al quale ha ispirato tutta la propria opera. Mentre i lavori procedono a rilento, forse boicottati dagli stessi organizzatori, strani dolori al ventre lo portano a credere di essere stato avvelenato da qualcuno, magari proprio dalla moglie, che nel frattempo intreccia una relazione con il giovane Caspasian, responsabile dei finanziamenti della mostra. L'intero film, più che su una trama, si appoggia sulla figura del protagonista: ipocondriaco, egocentrico, ossessionato da Boullée (a cui scrive cartoline) e dal proprio addome (che paragona a quello dell'imperatore Augusto). Un Greenaway meno ostico, grottesco ed "enciclopedico" del solito, e più teatrale, narrativo e psicologico. Fra misteri e complotti, grande importanza hanno le scenografie, spesso simmetriche, ambientate fra le statue, i marmi, le scale e le colonne degli edifici imperiali, mentre le luci e i costumi ricordano celebri dipinti.

26 agosto 2007

L'altro delitto (K. Branagh, 1991)

L'altro delitto (Dead again)
di Kenneth Branagh – USA 1991
con Kenneth Branagh, Emma Thompson
**1/2

Rivisto in DVD alla Fogona, con Marisa.

Il secondo lungometraggio di Branagh, e primo suo film non shakespeariano, è un intricato giallo metafisico che si svolge parallelamente in due epoche: nel 1949, il compositore Roman Strauss viene giustiziato per aver ucciso la moglie Margaret con un paio di forbici. Quarant'anni dopo, il detective Mike Church indaga su una donna che ha perso la memoria: grazie a un ipnotizzatore scopre che potrebbe trattarsi della reincarnazione della moglie di Strauss, e che lui stesso sarebbe il suo assassino. Il karma, come spiega un bizzarro psicanalista interpretato da Robin Williams, esige che la storia si ripeta – ma questa volta chi sarà la vittima? Barcamendosi tra Aldrich, Hitchcock, Lynch e Alan Parker, il regista mantiene una certa leggerezza (il personaggio del detective è piuttosto sbarazzino) e si riserva alcuni colpi di scena nel finale. L'avevo visto una decina di anni fa e non ne avevo un buon ricordo, mentre stavolta mi è piaciuto di più, anche se non sempre il ritmo e la tensione sono al massimo. Nel cast anche Andy Garcia e una giovane Julianne Moore nei panni della suora che accudisce Emma Thompson all'inizio.

25 agosto 2007

Betty Blue (J.-J. Beineix, 1986)

Betty Blue (37°2 le matin)
di Jean-Jacques Beineix – Francia 1986
con Jean-Hugues Anglade, Béatrice Dalle
***

Visto in DVD alla Fogona, con Marisa.

Una folle e intensa storia d'amore fra una ragazza passionale, istintiva e psicotica e un giovane aspirante scrittore che si accontenta di vivere al di sotto delle proprie capacità e si occupa di lavoretti di ogni tipo. Mentre i due si trasferiscono da una baracca sul mare a un albergo di Parigi, e poi vanno a gestire un negozio di pianoforti in una cittadina sulle montagne, il loro rapporto diventa sempre più stretto, ma la follia di lei conduce a una tragica conclusione nonostante tutti i tentativi che il ragazzo fa per proteggerla da sé stessa o per rimediare alle conseguenze dei suoi comportamenti. Leggero, epico e melodrammatico al tempo stesso, ricco di ottime ambientazioni e di situazioni surreali, il film fu un piccolo cult di quegli anni, anche se né il regista né la protagonista fecero poi parlare molto di sé (diverso il caso del bravo Anglade, visto in molte altre pellicole, fra cui "Notturno indiano"). Notevole anche la resa scenografica, specialmente in termini di colore. La versione che ho visto è quella integrale, che dura tre ore contro le due della versione cinematografica e che comprende molte scene (mai forzate) di nudo e di sesso. Ma il tono della pellicola resta lieve e quasi umoristico: non mancano alcuni personaggi macchiettistici, come il commissario che scrive libri e i poliziotti della cittadina di montagna. Il personaggio di Eddy, l'eccentrico proprietario della pizzeria, è interpretato da Gérard Darmon, "compare" di Alain Chabat in "Quattro delitti in allegria" (era il commissario) e in "Asterix e Obelix: missione Cleopatra".

24 agosto 2007

Tentazioni d'amore (E. Norton, 2000)

Tentazioni d'amore (Keeping the faith)
di Edward Norton – USA 2000
con Ben Stiller, Edward Norton
*1/2

Visto in divx alla Fogona, con Marisa e Monica.

Edward Norton (alla sua prima regia) è un prete cattolico, Ben Stiller un rabbino: amici sin dall'infanzia, da adulti si scoprono innamorati della stessa ragazza (Jenna Elfman), una donna in carriera. Mediocre commediola di ambientazione newyorkese il cui unico elemento interessante è lo spunto iniziale, che però non viene sufficientemente approfondito. Bravi gli attori, ma i personaggi mancano proprio di spiritualità e gli sviluppi della trama sono troppo "costruiti", per non parlare del prevedibile finale. Né le situazioni né le (poche) battute sulla religione sono divertenti. In alcuni ruoli minori ci sono anche Anne Bancroft (la madre del rabbino), Eli Wallach e Milos Forman (i "superiori" dei due protagonisti).

23 agosto 2007

Il mostro dei mari (R. Gordon, 1955)

Il mostro dei mari (It came from beneath the sea)
di Robert Gordon – USA 1955
con Kenneth Tobey, Faith Domergue
**

Visto in divx alla Fogona.

Un nuovo sommergibile atomico solca i mari, vanto degli uomini che lo hanno costruito. Ma nelle profondità dell'oceano incrocia una misteriosa creatura. Due biologi marini avanzano l'ipotesi che gli esperimenti con la bomba H alle isole Marshall abbiano reso radioattivo un gigantesco polpo che vive nelle profondità marine. I militari sono inizialmente scettici, ma devono ricredersi quando il mostro, impossibilitato a nutrirsi di pesci come faceva prima, prende di mira gli esseri umani affondando intere navi. Lo scontro finale avviene a San Francisco, con i tentacoli del polpo che distruggono il Golden Gate. Ennesimo b-movie fantacatastrofico da drive-in, quasi in tutto simile nella trama a "Il risveglio del dinosauro": al posto del mostro preistorico c'è un leviatano tentacoluto, al posto dell'Oceano Atlantico c'è il Pacifico, e i personaggi sono un po' meglio caratterizzati. Non trascendentali gli effetti di Harryhausen, che si limitano a qualche tentacolo gigante che esce dall'acqua e afferra modellini, mentre è interessante notare come nell'immaginario popolare quegli anni fossero dominati dall'energia atomica e da una certa fiducia verso la scienza, che oltre a provocare disastri fornisce anche il metodo per rimediarvi (sono assenti, almeno esplicitamente, riflessioni del tipo "è meglio che l'uomo non si spinga troppo oltre").

22 agosto 2007

Three times (Hou Hsiao-hsien, 2005)

Three times (Zui hao de shi guang)
di Hou Hsiao-hsien – Taiwan 2005
con Shu Qi, Chang Chen
**1/2

Visto in divx alla Fogona, in originale con sottotitoli.

Kaohsiung, 1966, "un tempo per amare": il giorno prima di partire come militare, un giovane si innamora di una ragazza che lavora in una saletta da biliardo. Dadaocheng, 1911, "un tempo per la libertà": un giornalista liberale e patriota frequenta una cortigiana in una casa d'appuntamenti. Taipei, 2005, "un tempo per la gioventù": una cantante intreccia una relazione con un fotografo. Tre episodi ambientati in epoche differenti della storia di Taiwan, che narrano di tre storie d'amore con gli stessi attori protagonisti. Il minimalismo di HHH al suo apice, fra piccoli gesti e sentimenti appena accennati. I costumi, le scenografie, i lenti movimenti di macchina, la sublime bellezza di Shu Qi (che aveva già lavorato con il regista in "Millenium mambo"), i sentimenti rarefatti: tutto contribuisce a rendere il film bello e struggente. Importante il ruolo della colonna sonora: nel primo episodio, il ragazzo comunica attraverso le canzoni (dai brani tradizionali ai Beatles); il secondo è girato come se fosse un film muto (anche se a colori), con le frasi dei protagonisti scritte sui cartelli e una musica di sottofondo al posto di voci e rumori; il terzo, fra giovani soli che si parlano attraverso cellulari o computer, è punteggiato dalle fredde canzoni della protagonista.

21 agosto 2007

Schegge di follia (M. Lehmann, 1987)

Schegge di follia (Heathers, aka Lethal attraction)
di Michael Lehmann – USA 1987
con Winona Ryder, Christian Slater
***

Visto in divx alla Fogona, con Marisa e Monica.

La liceale Veronica (e la sua miglior amica si chiama Betty: citazione dagli Archie Comics?) fa parte del gruppo delle ragazze più popolari della scuola. Ma si sente a disagio e insoddisfatta in un mondo di false amicizie e sentimenti repressi, e odia profondamente le persone che le stanno intorno. Un misterioso ragazzo, appena arrivato in città, la spinge a eliminare le persone a lei sgradite, mascherando i delitti come se fossero suicidi. Un film bizzarro che, sebbene completamente calato nella sua ambientazione anni ottanta (come testimoniano i colori, le capigliature e l'abbigliamento), sembra più attuale che mai: comincia come un incrocio surreale e onirico fra "Mean girls" e "Ragazze a Beverly Hills", e prosegue sugli stessi temi dei recenti film di Gus Van Sant ("Elephant" e "Paranoid Park"), anche se con stile differente: il malessere giovanile, i rapporti di forza e le strutture sociali nei licei, l'inadeguatezza degli insegnanti, il disinteresse dei genitori nei confronti dei figli. I colori accesi della fotografia donano atmosfere iperrealiste all'ambientazione, così come il comportamento surreale o insensato dei personaggi. Grazie a pellicole come questa, Winona Ryder divenne un'attrice cult per quasi tutti i primi anni novanta, interpretando spesso parti da ragazza "problematica": curiosamente la sua stella cominciò a declinare con "Ragazze interrotte", film nel quale fu la sua coprotagonista a vincere l'Oscar e ad attirare su di sé l'attenzione generale: era Angelina Jolie.

20 agosto 2007

Il risveglio del dinosauro (E. Lourie, 1953)

Il risveglio del dinosauro (The beast from 20.000 fathoms)
di Eugene Lourie – USA 1953
con Paul Hubschmid, Paula Raymond
**

Visto in divx alla Fogona.

Primo film di un mini-ciclo che ho dedicato a Ray Harryhausen, leggendario artigiano degli effetti speciali, amato e idolatrato fra gli altri da Peter Jackson e Tim Burton, e responsabile di affascinanti e ingenui b-movie a base di mostri e astronavi.

Un'esplosione atomica sperimentale al circolo polare artico risveglia un dinosauro rimasto imprigionato fra i ghiacci da cento milioni di anni. Un fisico nucleare, unico superstite ad aver visto il mostro, non viene inizialmente creduto, ma con l'aiuto di un paleontologo e della sua bella assistente riesce a convincere i militari del pericolo appena prima che il dinosauro raggiunga New York e semini panico e distruzione in città. Ispirato da una storia di Ray Bradbury, è un film avventuroso e catastrofico dove gli scienziati, per una volta, sono protagonisti in positivo e dove il pericolo proviene dal passato e non dal futuro. Anzi, proprio un proiettile radioattivo (sparato da un giovane Lee Van Cleef) si rivela l'arma migliore per eliminare il mostro e i germi di cui è portatore. La pellicola deve gran parte del suo fascino agli effetti di Harryhausen, che anima il mostro a passo uno in sequenze che oggi forse possono sembrare un po' ridicole, ma che a quei tempi devono aver avuto un grande impatto sul pubblico. Degno di nota anche un combattimento sottomarino fra un polpo gigante e uno squalo. Il film ispirò probabilmente un altro celebre mostro, Godzilla, che sarebbe nato in Giappone l'anno seguente, ma prende spunto a sua volta da "King Kong" e da "La cosa da un altro mondo". Ma il regista non è Hawks né Tourneur: i personaggi non vengono particolarmente approfonditi e il mostro è esibito quasi subito, azzerando la suspense.

19 agosto 2007

Irreversible (Gaspar Noé, 2002)

Irreversible (id.)
di Gaspar Noé – Francia 2002
con Vincent Cassel, Monica Bellucci
*1/2

Visto in divx alla Fogona.

La sua donna viene aggredita e violentata in un sottopassaggio, e lui si getta con un amico in un'odissea notturna e disperata alla ricerca del responsabile. Il film inizia dai titoli di coda, per poi proseguire con una serie di piani sequenza montati in ordine cronologico inverso: la storia è infatti raccontata al contrario, come in "Memento" o in "CinquePerDue", ma il tutto rimane artificioso anche se l'escamotage riesce a creare una certa tensione, visto che consente di sapere in anticipo che cosa sta per accadere, avendone già mostrato le conseguenze. Lo stile però non mi è piaciuto: la macchina da presa è nervosa, ondeggia e va a scatti, vorrebbe creare disturbo e disagio nello spettatore, anche attraverso la musica e la fotografia scura e calda, ma si intravede troppo la mano dell'autore. Inoltre le sequenze sono lunghissime e monotone, confuse e sgradevoli, e infastidiscono per la volontà di scandalizzare a tutti i costi e di esibire voyeuristicamente una violenza fine a sé stessa (la "discesa all'inferno" nel locale gay sadomaso all'inizio, lo strupro prolungato poi). L'ultima parte, che cronologicamente sarebbe la prima, è infine noiosa e del tutto inutile. Bravo Cassel, pessima come sempre la Bellucci. Cameo per Philippe Nahon, il macellaio protagonista del precedenti lavori di Noé, "Carne" e "Seul contre tous".

18 agosto 2007

Phantom of regular size (S. Tsukamoto, 1986)

Phantom of regular size (Futsu saizu no kaijin)
di Shinya Tsukamoto – Giappone 1986
con Tomorowo Taguchi, Kei Fujiwara
**1/2

Visto in divx alla Fogona, in originale con sottotitoli.

Un impiegato combatte contro una donna che ha una mano bionica con artigli alla Lady Deathstryke. Dopodiché anche lui comincia a trasformarsi in un "mostro d'acciaio". Il responsabile è un suo amico, che ha ottenuto questi poteri in seguito a un incidente stradale. Primo cortometraggio amatoriale di Tsukamoto, che fa le prove generali per "Tetsuo", di cui anticipa trama, temi (la mutazione del corpo, l'ibrido uomo-macchina), stile (effetti artigianali, animazioni per sovrapposizione di immagini, montaggio accelerato) e situazioni (lo stupro con il pene-trivella). Breve (18 minuti) e confuso, ma decisamente interessante e divertente.

17 agosto 2007

Il rullo compressore e il violino (A. Tarkovskij, 1960)

Il rullo compressore e il violino (Katok i skripka)
di Andrej Tarkovskij – URSS 1960
con Igor Fomchenko, Vladimir Zamansky
**1/2

Visto in divx alla Fogona, in originale con sottotitoli inglesi.

Un bambino di sette anni, che prende lezioni di violino e viene continuamente vessato dai ragazzi più grandi, stringe amicizia per un giorno con l'operaio addetto al rullo per asfaltare la strada davanti a casa sua. Un "piccolo" film (dura appena tre quarti d'ora) sull'infanzia e l'amicizia, delicato e gradevole, realizzato da Tarkovskij come saggio di regia per diplomarsi all'istituto cinematografico Gerasimov di Mosca (VGIK) e scritto insieme ad Andrei Konchalovsky (il fratello di Nikita Michalkov, che collaborerà con lui anche in "Andrej Rublev"). A differenza degli altri due film "studenteschi" realizzati in precedenza ("Gli uccisori" e "Non ci sarà licenza oggi"), in questo caso Tarkovskij firma da solo la regia: e pertanto la pellicola risulta più "poetica" e decisamente più in linea con le sue tematiche. Anche se ovviamente siamo ancora lontani dai suoi capolavori successivi, infatti, molti elementi visivi – i colori, le luci, le pozzanghere per la strada e i riflessi – rimandano già a quello che sarà lo stile del regista, donando alla pellicola un tono a metà strada fra il realismo e il fiabesco. Da notare che anche il primo lungometraggio di Tarkovskij, "L'infanzia di Ivan", avrà un bambino come protagonista.

16 agosto 2007

Ten minutes older: the trumpet (aavv, 2002)

Ten minutes older: the trumpet
di Aki Kaurismäki, Victor Erice, Werner Herzog, Jim Jarmusch, Wim Wenders, Spike Lee, Chen Kaige – 2002
film a episodi
**

Visto in divx alla Fogona, in originale con sottotitoli inglesi.

Una raccolta di cortometraggi che, a differenza di altre operazione analoghe (come "11 settembre 2001" o "All the invisible children"), non hanno molto in comune fra loro se non la lunghezza (una decina di minuti) e il fatto di essere opera di registi contemporanei con un particolare interesse per la propria e le altre culture. Nessuno degli autori ha rinunciato al proprio stile e alle proprie caratteristiche: Erice e Jarmusch hanno girato in bianco e nero, Herzog e Lee hanno scelto il documentario, Kaurismäki è sempre uguale a sé stesso (e la cosa comincia un po' ad annoiarmi), mentre i segmenti di Wenders e di Chen Kaige, pur ben girati, lasciano il tempo che trovano.
Esiste un secondo film della serie, intitolato "Ten minutes older: the cello", con registi meno interessanti (giusto Bertolucci e Godard).

"Dogs have no hell", di Aki Kaurismäki, con Markku Peltola, Kati Outinen (**1/2)
Un uomo abbandona il lavoro per partire in treno verso la Siberia insieme alla donna che ama e che intende sposare durante il viaggio. Un malinconico addio alla patria, nel consueto stile laconico e quasi surreale del regista finlandese.

"Lifeline", di Victor Erice, con Ana Sofia Liaño, Pelayo Suarez (**1/2)
Durante un silenzioso giorno d'estate, in una fattoria nella campagna spagnola, un bambino sanguina nella culla ma viene salvato prima che muoia. È il giugno 1940: in quel momento, la guerra sta insanguinando l'Europa. Girato in bianco e nero, quasi muto, è un episodio pieno di immagini suggestive, fra la calma e la tragedia incombente.

"Ten thousand years older", di Werner Herzog (***)
Nel 1981, un gruppo di antropologi brasiliani entra in contatto con una delle ultime tribù di indios amazzonici che ancora vivevano isolati dal resto del mondo. La scoperta degli utensili di metallo e delle medicine moderne li catapulta di migliaia di anni nel futuro. Vent'anni dopo, un'altra spedizione va alla ricerca dei sopravvissuti della tribù per documentare come la loro vita sia cambiata. Interessantissimo: il segmento migliore del film.

"Int. Trailer. Night", di Jim Jarmusch, con Chloë Sevigny (**)
Un'attrice di un film in costume cerca di rilassarsi nella sua roulotte nei dieci minuti di pausa fra le riprese. Un breve segmento in cui non succede praticamente niente: sembra quasi che anche Jarmusch attenda, insieme alla sua attrice, che trascorrino i dieci minuti. Però lo stile visivo ha un suo fascino retrò.

"Twelve miles to Trona", di Wim Wenders, con Charles Esten, Amber Tamblyn (*1/2)
Un uomo intossicato da qualche droga vaga nel deserto californiano, cercando di raggiungere un ospedale. Una trama esilissima fornisce lo spunto per sperimentare con distorsioni, luci stroboscopiche, musica e allucinazioni, ma il risultato è poco intrigante oltre che per nulla originale.

"We wuz robbed", di Spike Lee (*1/2)
Una serie di interviste ai responsabili della campagna presidenziale di Al Gore del 2000 sui presunti brogli nelle famigerate elezioni in Florida, dove una risicata maggioranza, fra sospetti di ogni genere, diede la vittoria a Bush. Non particolarmente interessante.

"100 flowers hidden deep", di Chen Kaige, con Feng Yuangzhen, Le Geng (**)
In una Pechino in ricostruzione, alcuni operai di una ditta di traslochi vengono ingaggiati da un misterioso individuo per spostare mobili immaginari dal luogo dove sorgeva una grande casa andata distrutta molti anni prima. Il potere dell'immaginazione al servizio di una storiella poetica e inconcludente.

3 agosto 2007

Monsters & Co. (Pete Docter, 2001)

Monsters & Co. (Monsters, Inc.)
di Pete Docter – USA 2001
animazione digitale
***1/2

Rivisto in DVD, con Saveria e Albertino.

Forse il miglior film Pixar fino a oggi (insieme a "Toy Story 2"), sicuramente il più originale. La vicenda si svolge in un'altra dimensione, abitata soltanto dai mostri, la cui organizzazione sociale è in tutto simile a quella umana. L'unica fonte di energia è costituita dalle grida di terrore dei bambini umani, e la società Monsters & Co. ha l'incarico di procurarla con un gruppo di "spaventatori" appositamente addestrati per recarsi nottetempo nelle stanze dei piccoli attraverso porte transdimensionali attivabili a piacimento. Ma i bambini moderni non si spaventano più come una volta, e la produzione di energia è drammaticamente in calo. Mentre qualcuno trama nell'ombra per rivoluzionare il sistema produttivo, il peloso James P. Sullivan (il migliore degli spaventatori) e il suo assistente monocolo Mike Wazowski vengono in contatto con una bambina giunta per errore nel loro mondo. Il geniale ribaltamento di ruoli (i mostri hanno nomi "normali", temono la burocrazia e sono in realtà terrorizzati da una bimba che chiamano "Boo"!) è alla base di un film divertente e, come sempre, giostrato su più livelli, una fiaba che descrive dall'esterno il mondo dei bambini e delle loro paure, una grande avventura e una commovente storia d'amore. Ottime la resa tecnica, l'espressività dei personaggi e la regia delle scene d'azione (come l'inseguimento finale nel magazzino delle porte dimensionali, ispirate forse da "Alice nel paese delle meraviglie" e dall'episodio di Lamù con Inaba). Irresistibili anche le gag comiche, come il musical improvvisato da Wazowski sulle parole "Ehi, rimetti quell'affare dove l'hai trovato, dai retta a me!", e le strizzatine d'occhio, come il nome del locale alla moda dove si reca con la sua fidanzata ("Harryhausen").

2 agosto 2007

Happy together (Wong Kar-wai, 1997)

Happy together (Chun gwong cha sit)
di Wong Kar-wai – Hong Kong 1997
con Tony Leung Chiu-wai, Leslie Cheung
***

Rivisto in VHS.

È il film di WKW che alla prima visione ho amato di meno, ma a furia di rivederlo ha cominciato a piacermi sempre di più e ora lo trovo davvero bello. La storia, spezzettata e narrata con un incedere un po' stanco, è quella di due amanti gay che da Hong Kong si trasferiscono a Buenos Aires, dove si separano e si ritrovano per poi separarsi di nuovo, incapaci di restare "felici insieme". Premiato per la miglior regia a Cannes, il film rappresenta un punto d'arrivo nello stile del regista, che rischiava di diventare troppo manieristico; dal successivo "In the mood for love" le cose cambieranno in meglio. Alcune trovate sono davvero interessanti: i primi venti minuti sono in bianco e nero, poi, quando uno dei due amici suggerisce "Perché non ricominciamo?", ecco che arrivano improvvisamente i colori. Dal lato formale, la fotografia sgranatissima è uno degli aspetti più caratteristici della pellicola, insieme a un uso delle luci e della camera a mano che difetta però talvolta di coerenza e di lucidità. I due personaggi sono inizialmente quasi intercambiabili e indistinguibili fra loro, poi quello interpretato da Tony Leung – il più responsabile dei due – prende il sopravvento, ed è allora che il film comincia a decollare. Il setting argentino si sposa bene con la tristezza, la nostalgia e la solitudine dei protagonisti, oltre a segnare metaforicamente un allontanamento dalle loro radici (Buenos Aires è agli esatti antipodi di Hong Kong) e contestualizzare le scelte musicali del regista, che ha sempre amato le melodie latine. Il compianto Leslie era gay anche nella vita reale, ma qui rimane decisamente in secondo piano rispetto a Tony Leung e anche a Chang Chen, il terzo personaggio centrale del film, che compare nel finale, che dà più importanza alle voci rispetto alle immagini e che non ama il cinema: un "antipodo" di WKW stesso?

1 agosto 2007

Requiem for a dream (D. Aronofsky, 2000)

Requiem for a dream (id.)
di Darren Aronofsky – USA 2000
con Jared Leto, Ellen Burstyn
***

Visto in DVD, con Albertino.

Sconvolgente e devastante film sulla droga e la tossicodipendenza, che azzarda persino un parallelo fra la dipendenza da eroina che caratterizza il giovane protagonista, il suo amico e la sua fidanzata (Jennifer Connelly) e quelle per la televisione e le diete che riguardano invece sua madre, un'eccezionale Ellen Burstyn. Un vero pugno nello stomaco, una disperata discesa all'inferno di quattro personaggi in un crescendo di degradazione e autodistruzione, forse persino esagerata e un po' improbabile in certi punti (soprattutto quelli relativi alla madre, comunque il personaggio più interessante del film). L'assoluta e tragica mancanza di un lieto fine fa quasi pensare che il regista abbia voluto programmaticamente accanirsi sui suoi personaggi, portando le loro sofferenze all'estremo e senza ritorno. Folgorante lo stile, che punta quasi tutto sul montaggio rapidissimo e frammentato di determinate sequenze, ipnotiche e meccanicamente ripetute, e sulla messa in scena di una percezione accelerata o rallentata del tempo, che accresce l'intensità della narrazione. Importante anche il ruolo della musica di Clint Mansell e del quartetto d'archi Kronos, il cui tema principale è stato poi ripreso addirittura in un trailer de "Il signore degli anelli". Di Aronofsky avevo visto finora soltanto "Pi - il teorema del delirio", che non mi era piaciuto per niente.

The Million Dollar Hotel (W. Wenders, 2000)

The Million Dollar Hotel (id.)
di Wim Wenders – Germania/GB/USA 2000
con Jeremy Davies, Milla Jovovich, Mel Gibson
**1/2

Rivisto in DVD, con Martin.

Al Million Dollar Hotel, albergo decaduto e in rovina che si erge a fianco dei grattacieli di Los Angeles e dove trovano rifugio soltanto disperati, reietti della società, ubriaconi, tossici, prostitute e paranoici (una sorta di "albergo dei poveri" alla Gorkij), giunge Skinner, un agente dell'FBI, per indagare sulla recente morte di un barbone che in realtà era figlio di un ricco magnate dei media. Ad aiutarlo nell'indagine si offre Tom Tom, ritardato mentale, amico del morto e innamorato di Eloise, giovane prostituta squilibrata. Questo film – tratto da un soggetto di Bono degli U2 – mi ha sempre lasciato una sensazione ambivalente: quando l'ho visto la prima volta, al cinema, mi era piaciuto moltissimo e l'avevo trovato diverso dal solito Wenders grazie all'intreccio giallistico e all'azzeccato personaggio di Mel Gibson che parodizza i poliziotti e gli agenti speciali dei film d'azione, una sorta di "Robocop" con protesi e cicatrici (evidenti residui della prima stesura della sceneggiatura, che avrebbe dovuto ambientare la vicenda nel futuro). Successivamente, però, avevo cambiato un po' opinione e la pellicola aveva cominciato a sembrarmi stucchevole. Mi avevano infastidito alcuni personaggi troppo macchiettistici e un soggetto che mostrava un po' la corda. Rivisto ora, invece, il film mi ha di nuovo conquistato. Il personaggio di Tom Tom continua a non piacermi troppo, e purtroppo la bellissima Milla Jovovich non recita particolarmente bene, ma la confezione è eccezionale (dalla fotografia alle musiche, fra gli altri, di Bono e Brian Eno), la satira del mercato dell'arte è efficace (qual è la divisione fra arte e spazzatura?), così come quella del carrozzone mediatico e dell'importanza di apparire in televisione. E l'atmosfera di degrado e alienazione riesce a reggere il peso della vicenda molto più del mistero che l'agente Skinner è impegnato a svelare (la cui soluzione, a ben vedere, era evidente sin dal principio).