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7 ottobre 2019

Yesterday (Danny Boyle, 2019)

Yesterday (id.)
di Danny Boyle – GB 2019
con Himesh Patel, Lily James
**1/2

Visto al cinema Colosseo, con Sabrina.

In seguito a un misterioso blackout su scala globale, l'aspirante cantautore Jack Malik (Himesh Patel) scopre che i Beatles sono stati cancellati dall'esistenza e dalla memoria di tutti gli abitanti del pianeta. L'unico che ancora si ricorda di loro e delle loro canzoni è lui, che "spacciandole" per proprie riesce così a diventare una stella della musica. Peccato che, strada facendo, oltre ai sensi di colpa nel sentirsi osannare per qualcosa che non è farina del suo sacco, si accorga anche che il successo gli sta facendo perdere la felicità e l'amore di quella che a lungo tempo era stata la sua unica vera fan, la manager Ellie (Lily James). Da uno spunto semplice ma accattivante, una simpatica commedia musicale (scritta da Richard Curtis) che mantiene quello che promette, senza appesantirsi con troppi fronzoli o divagazioni. Del fenomeno fantastico che mette in moto la vicenda non vengono spiegate le cause (oltre a Jack, solo un paio di persone su tutta la faccia della Terra ricordano ancora l'esistenza dei "Fab Four") né le sue conseguenze sono esplorate in maniera seria (come si sarebbe evoluto il mondo della musica, o della cultura in generale, senza i Beatles? A parte l'assenza anche degli Oasis, il film non accenna a nessuna analisi di questo tipo). Oltre a una storia romantica senza molta originalità (e che ricorda quelle già viste nei film di Curtis) e a un ritratto acido ma un po' banale dei meccanismi di marketing dietro all'industria musicale di massa, la pellicola offre comunque l'occasione per (ri)ascoltare tante belle canzoni del gruppo di Liverpool, a partire da quella che le dà il titolo. Memorabili, fra gli altri, il momento in cui Jack tenta di suonare per la prima volta "Let it be" davanti ai genitori che lo interrompono in continuazione, o quello in cui cerca di ricordarsi le esatte parole di "Eleanor Rigby". Da notare che, anche se si tratta di un aspetto marginale rispetto alla trama (dopotutto Jack è un cantante, e gli altri argomenti non gli interessano), i Beatles non sono l'unica cosa scomparsa nel nulla in seguito al blackout. Joel Fry è Rocky, l'amico fricchettone; Kate McKinnon è la spregiudicata manager americana; il cantautore Ed Sheeran compare nei panni di sé stesso; Robert Carlyle interpreta, nel finale, un John Lennon invecchiato.

9 febbraio 2019

Steve Jobs (Danny Boyle, 2015)

Steve Jobs (id.)
di Danny Boyle – USA 2015
con Michael Fassbender, Kate Winslet
**

Visto in TV, con Sabrina.

La vita di Steve Jobs, co-fondatore di Apple e figura chiave nel campo dell'innovazione tecnologica, raccontata attraverso i frenetici istanti che precedono tre celebri presentazioni di prodotto: quella del primo personal computer Macintosh nel 1984, quella del NeXT Computer nel 1988 (nel breve periodo in cui Jobs era uscito dall'azienda), e quella dell'iMac nel 1999 (che segnò il suo ritorno alla Apple). Prima di tutti e tre gli eventi, Jobs (Michael Fassbender, bravo come sempre, anche se non è particolarmente somigliante), coadiuvato dalla sua assistente e addetta al marketing Joanna Hoffman (Kate Winslet), incontra alcune persone, sempre le stesse (le tre sezioni del film portano avanti tante piccole sottotrame che si completano solo alla fine): l'ex amico e co-fondatore della Apple, Steve Wozniak (Seth Rogen), che cerca inutilmente di convincerlo a citare e ringraziare i colleghi che hanno lavorato allo sviluppo dell'Apple II, cosa che Jobs rifiuta perché non vuole agganciare il lancio di un nuovo prodotto a quelli del passato; l'amministratore delegato dell'azienda, John Sculley (Jeff Daniels), che farà licenziare Jobs dopo il flop del Macintosh, spingendolo a fondare una nuova società, la NeXT appunto, salvo poi tornare alla Apple come "salvatore" e riportarla in auge proprio con l'iMac (seguiranno successi planetari come l'iPod, preannunciato dalla scena finale, l'iPhone e l'iPad, nemmeno menzionati visto che il film termina nel 1999); Andy Hertzfeld (Michael Stuhlbarg), un membro del team del Macintosh originale; il giornalista Joel Pforzheimer (John Ortiz); Andrea "Andy" Cunningham (Sarah Snook), che gestisce gli eventi di lancio, e che viene continuamente confusa con Hertzfeld, visto che sono entrambi chiamati Andy; e infine Chrisann Brennan (Katherine Waterston), ex compagna di Jobs, e sua figlia Lisa (Perla Haney-Jardine), inizialmente non riconosciuta ma poi, lentamente, punto di riferimento per l'uomo (almeno nel film). Era difficile mettere in piedi una pellicola su un personaggio del genere, e tutto sommato la sceneggiatura di Aaron Sorkin fa un buon lavoro nel ritrarre le sue diverse facce: ambizioso, arrogante, testardo (e tirannico), più attento al design e al marketing dei suoi prodotti che non agli aspetti tecnici e creativi (le presentazioni devono essere degli spettacoli, anche a costo di "barare"), propugnatore dei "sistemi chiusi" ma comunque preveggente e visionario (come l'Arthur C. Clarke del quale è riportato uno spezzone di intervista nell'incipit). Peccato che il film, in questo modo, manchi di un vero focus: barcamenandosi fra il lato umano, quello imprenditoriale e quello pubblico di Jobs, non si sofferma fino in fondo su nessuno di essi, tanto che il personaggio viene mostrato soprattutto attraverso il modo in cui lo vedono gli altri (amici e collaboratori, più o meno traditi): e la sua vera natura, qual è?

18 aprile 2018

Una vita esagerata (Danny Boyle, 1997)

Una vita esagerata (A Life Less Ordinary)
di Danny Boyle – USA/GB 1997
con Ewan McGregor, Cameron Diaz
**

Rivisto in divx.

In Paradiso (ritratto come una centrale di polizia) c'è preoccupazione per il forte calo di coppie felici sulla Terra: l'arcangelo Gabriele (Dan Hedaya) incarica perciò due agenti, gli angeli Jackson (Delroy Lindo) e O'Reilly (Holly Hunter), di fare di tutto perché due esseri umani si innamorino perdutamente. I prescelti sono Robert (Ewan McGregor), ingenuo ragazzo delle pulizie appena licenziato, e Celine (Cameron Diaz), ricca e viziata figlia di un miliardario (Ian Holm). In rotta con il padre, Celine "aiuta" Robert a farsi rapire per chiedere un riscatto. E durante la forzata convivenza, con qualche aiuto dei due angeli, finiranno effettivamente per innamorarsi... Titolo italiano "vascorossiano" per il terzo film di Boyle e il suo primo fallimento di critica, dopo i due successi iniziali: un pastiche fantastico-avventuroso che arricchisce di momenti surreali una crime story a sfondo romantico. Ma il troppo stroppia: e l'eccesso di ingredienti fa sì che si neutralizzino a vicenda, non favorendo né lo sviluppo della storia né quello dei personaggi. Ne risulta poco più di un confuso divertissement, da non prendere assolutamente sul serio, con i suoi buoni momenti (e una discreta atmosfera) ma senza particolare spessore. I titoli di coda sono in animazione a passo uno. La pellicola segna anche la terza collaborazione consecutiva di Boyle con l'attore Ewan McGregor: ma dopo di questa le strade dei due si divideranno (e torneranno a incrociarsi solo vent'anni dopo, per il sequel di "Trainspotting").

16 marzo 2017

T2 Trainspotting (Danny Boyle, 2017)

T2 Trainspotting (id.)
di Danny Boyle – GB 2017
con Ewan McGregor, Ewen Bremner
**

Visto al cinema Uci Bicocca.

Dopo vent'anni, il regista Danny Boyle e lo sceneggiatore John Hodge si riuniscono con gli stessi attori per realizzare un sequel del film che per primo li aveva resi famosi, tratto anch'esso – come il precedente – da un romanzo ("Porno") di Irvine Welsh. Ritroviamo così i quattro personaggi sopravvissuti al primo "Trainspotting", e scopriamo che le cose per loro non sono molto cambiate, se non in peggio. Fuggito ad Amsterdam dopo aver sottratto sedicimila sterline ai suoi amici, Mark Renton (Ewan McGregor) torna ora ad Edimburgo per cominciare una nuova vita. Nel frattempo Daniel/Spud (Ewen Bremner) non ha fatto molti progressi nella vita, ed è ancora un tossico; Simon (Jonny Lee Miller) gestisce un pub e vive di piccoli ricatti grazie all'amicizia con una giovane prostituta bulgara, Veronica (Anjela Nedyalkova); e Francis Begbie (Robert Carlyle) è appena evaso di prigione. Se Simon – che sta progettando di ristrutturare il pub, trasformandolo in un bordello – fa presto a superare i vecchi rancori, e Spud cerca una nuova ragione di vita nella scrittura, Begbie non ha dimenticato il tradimento di Mark e vorrebbe vendicarsi, ma nel frattempo prova anche a ricucire i rapporti con il figlio Francis Jr., che non intende proseguire sulla strada paterna. Colorato, cinico, spigliato e malinconico al tempo stesso, il film rappresenta un'operazione-nostalgia tanto per lo spettatore (che vi ritrova situazioni identiche a quelle del film originale – del quale vengono inseriti persino alcuni fotogrammi, come fossero lampi di memoria – e persino accenni della stessa colonna sonora) quanto per i personaggi (l'unico character di rilievo introdotto ex novo, Veronica, li rimprovera infatti di "pensare sempre al passato"). E in effetti lascia la stessa sensazione che lasciava "Blues Brothers 2000", ossia quella di essere un seguito non brutto in sé e per sé, ma di cui non c'era probabilmente alcun bisogno. Il primo "Trainspotting" era autosufficiente: non serviva sapere che cosa avrebbero fatto i personaggi dopo la sua conclusione (anzi, sorprende che siano ancora tutti in vita!) e ciò che ci viene detto qui non cambia la nostra opinione di loro. In più, indugiando nel ripercorrere strade che aveva già battuto nel 1996, il film ci dimostra che ciò che allora era d'impatto, scioccante, sovversivo o dirompente (le pulsioni di morte, l'attacco ai valori sociali, il ritratto della tossicodipendenza, l'approccio cinico e svagato all'amicizia e all'amore) oggi, quando non assente, appare del tutto innocuo e ben "digerito": vent'anni di cinema post-moderno e tarantiniano non sono passati invano. Difficilmente "T2" diventerà un film di culto, anzi probabilmente l'unico motivo per cui non è passato nella totale indifferenza è l'appeal verso chi aveva amato il primo capitolo. Persino il finale, all'insegna del "tradimento" (tema forse conduttore, anche metacinematograficamente, dell'intera pellicola, a partire da un'Edimburgo dove l'accoglienza è gestita da hostess slovene), riecheggia quello di vent'anni prima. Detto questo, se si ragiona oltre questi limiti, il film ha i suoi pregi: buon ritmo, ottima regia e bella atmosfera, con tutto il piacere di una rimpatriata fra (ex) amici, che scopriamo però essere meno interessanti di quando erano giovani.

15 marzo 2017

Trainspotting (Danny Boyle, 1996)

Trainspotting (id.)
di Danny Boyle – GB 1996
con Ewan McGregor, Robert Carlyle
***1/2

Rivisto in DVD, con Sabrina.

Da un romanzo di Irvine Welsh, il cult movie che ha lanciato le carriere del regista inglese Danny Boyle (al suo secondo film) e dell'attore scozzese Ewan McGregor: la storia di un gruppo di amici che nella Edimburgo degli anni novanta trascorrono il tempo fra pub, calcio, donne e soprattutto eroina. La loro dipendenza dalla droga lascia talvolta il posto a brevi momenti in cui cercano di disintossicarsi, ma sempre senza successo. Fino a quando l'AIDS e altre vicissitudini non interverranno a cambiare le carte in tavola. Mark Renton (McGregor) è il protagonista, la cui voce fuori campo ci guida attraverso i vari episodi che compongono la storia; ci sono poi l'amorale Simon, detto "Sick Boy" (Jonny Lee Miller), grande fan di Sean Connery; il sempliciotto Spud (Ewen Bremner); il belloccio e salutista Tommy (Kevin McKidd); e l'aggressivo e psicopatico Francis Begbie (Robert Carlyle), l'unico del gruppo non dedito alla droga (ma in compenso è un vero criminale). Raccontata con toni colloquiali, cinici e surreali, la loro storia è permeata da una retorica anticonformista che non sfocia mai nell'ipocrisia: la ribellione di Mark e amici al sistema è mostrata per quello che è: confusa e autodistruttiva, una vera e propria pulsione di morte che alternativamente si oppone alla pulsione alla vita. In questo senso qualcosa del film, pur originale e influente, può a tratti ricordare "Arancia meccanica" (vedi i rapporti con i genitori, con le autorità e il sistema educativo) e fungerà a sua volta da ispirazione per "Fight Club" (la ribellione – attraverso il nichilismo, l'autodeterminazione e l'autodistruzione – al consumismo e a tutto ciò che la società considera una "vita rispettabile"). Basti pensare al celeberrimo incipit, con la voce di Mark che si rivolge direttamente agli spettatori: "Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxitelevisore del cazzo [...]. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?". Da notare come tutto il monologo non sia che lo sviluppo (o la parodia) dello slogan di una celebre campagna antidroga dell'epoca.

Momenti comici, bizzarri o allucinati (da ricordare la scena della "peggior toilette della Scozia", che fa il paio con le disavventure scatologiche di Spud nel disgustare e divertire al tempo stesso lo spettatore) lasciano improvvisamente il posto a sequenze shock o esplicite (come la terribile scena della morte del bambino in culla). E la stessa esistenza dei personaggi sembra ondeggiare fra il disimpegno, all'insegna della libertà e dell'anarchia, a momenti in cui le tragedie della vita reale e il senso di responsabilità fanno capolino con tutta la loro pressione, magari per essere poi spazzati via da altre circostanze, cui solo la conclusione del film sembra mettere (almeno per il momento) la parola fine. Fondamentale è l'ambientazione scozzese (scozzesi sono anche praticamente tutti gli attori, oltre allo sceneggiatore John Hodge e ovviamente Irvine Welsh), uno scenario perfetto per personaggi ritratti come "perdenti consapevoli". Boyle ne mostra tutto lo squallore e la provincialità, sia attraverso le immagini (evidente il contrasto con gli scorci turistici di Londra nel breve montaggio che mostra il trasferimento di Mark!) che le parole dei personaggi. Un altro monologo entrato nella leggenda è infatti quello che Renton fa agli amici durante un'escursione nelle highland ("È una merda essere scozzesi! Siamo il peggio del peggio, la feccia di questa cazzo di terra, i più disgraziati, miserabili, servili, patetici avanzi che siano mai stati cagati nella civiltà. Ci sono quelli che odiano gli inglesi, io no! Sono solo delle mezze seghe! D'altra parte noi siamo stati colonizzati da mezze seghe. Non troviamo neanche una cultura decente da cui farci colonizzare"). Dirompente grazie anche alla regia energetica e virtuosistica di Boyle, al montaggio serrato, alle ottime interpretazioni (in particolare quelle di McGregor, Bremmer e Carlyle), il film scema un po' nella seconda parte, dal trasferimento di Mark a Londra alla vendita dell'eroina (il compratore, interpretato da Keith Allen, è probabilmente lo stesso personaggio che metteva in moto la trama nel primo film di Boyle, "Piccoli omicidi fra amici"), che pure apparecchia per il seguito ("T2") che sarà girato e ambientato vent'anni più tardi. Nel cast anche Peter Mullan (lo spacciatore del gruppo) e Kelly Macdonald (la minorenne Diane), al suo primo film. La ricchissima colonna sonora comprende, fra gli altri, brani di Iggy Pop ("Lust for life", "Nightclubbing"), Lou Reed ("Perfect Day"), Underworld ("Born Slippy"), Sleeper ("Atomic"), Brian Eno ("Deep Blue Day"). Il titolo fa riferimento a una scena del romanzo di Welsh che non è stata inserita nel film (ma ci sarà, come flashback, nel sequel): però i treni da osservare ci sono comunque, sulla carta da parati della camera di Mark.

30 agosto 2012

Piccoli omicidi tra amici (D. Boyle, 1995)

Piccoli omicidi tra amici (Shallow grave)
di Danny Boyle – GB 1995
con Ewan McGregor, Kerry Fox, Christopher Eccleston
***

Rivisto in divx alla Fogona, con Marisa e Sabrina.

Tre giovani amici che condividono un appartamento a Edimburgo (un giornalista, un avvocato e un'infermiera) organizzano audizioni goliardiche per trovare un quarto coinquilino che sia di loro gradimento. La scelta ricade su un sedicente scrittore dall'aria misteriosa: dopo una sola giornata, però, questi viene ritrovato morto per overdose nella sua camera, insieme a una valigia piena di denaro. I tre progettano di tenersi i soldi e di sbarazzarsi del cadavere, che fanno a pezzi e seppelliscono in un bosco: ma presto i sospetti e le paranoie cominceranno a incrinare la loro amicizia, mentre due gangster si mettono sulle tracce della valigia e la polizia sembra indagare su di loro. Dirompente esordio alla regia di Danny Boyle con un thriller cinico, vivace e frizzante (anche se il titolo italiano suggerisce più che si tratti di una black comedy), girato in economia e ambientato quasi interamente fra le quattro mura dell'appartamento condiviso dai tre protagonisti. La pellicola segna di fatto anche l'esordio come attore cinematografico di Ewan McGregor (in precedenza aveva avuto solo una particina), che con Boyle girerà poi i successivi "Trainspotting" e "Una vita esagerata". Ma anche i coprotagonisti Eccleston e Fox erano relativamente poco noti. L'incipit e alcune scene (come quelle con il pupazzo-bebé che si aggira sul pavimento) saranno di ispirazione proprio per l'opera seconda del regista, vale a dire "Trainspotting". La sceneggiatura è di John Hodge, la colonna sonora di Simon Boswell.

14 maggio 2011

The beach (Danny Boyle, 2000)

The beach (id.)
di Danny Boyle – GB 2000
con Leonardo DiCaprio, Virginie Ledoyen
*1/2

Rivisto in TV, con Hiromi.

Un giovane americano (DiCaprio) in fuga dalla vita quotidiana e familiare, e una coppia di fidanzati francesi (Guillaume Canet e Virginie Ledoyen) che il primo ha conosciuto a Bangkok, scoprono l'esistenza di una spiaggia magnifica e incontaminata su un'isola al largo delle coste delle Thailandia, sulla quale si sprecano leggende e dicerie, e decidono di raggiungerla a nuoto. Peccato che metà dell'isola sia riservata alle coltivazioni di marijuana dei narcotrafficanti del "triangolo d'oro", mentre l'altra metà (quella con la spiaggia) sia già occupata da una comunità di ragazzi che come loro rifuggono dalle ipocrisie della civiltà, della tecnologia e del consumismo. I tre amici si uniscono comunque al gruppo, convinti di aver trovato il paradiso in terra: ma incomprensioni, risentimenti, invidie, passioni e litigi, per non parlare degli attacchi degli squali e delle minacce dei contadini, romperanno l'idillio e porteranno la "comune" alla rovina. Paesaggi da cartolina, suggestioni hippy fuori tempo massimo, atmosfere poco convincenti e sviluppi telefonati: forse il peggior film di Boyle (che era sbarcato a Hollywood sulla scia degli interessanti "Piccoli omicidi fra amici" e "Trainspotting", e che in futuro avrà comunque modo di riscattarsi e persino di vincere un Oscar!), un misto fra "Il signore delle mosche", "Apocalypse now" e la pubblicità di un villaggio vacanze. DiCaprio (in sostituzione di Ewan McGregor, che aveva litigato con il regista), ancora un po' acerbo ma reduce dal grande successo di "Titanic", è fra le cose migliori di una pellicola debole e puerile, che vanta anche interpreti di valore come Tilda Swinton (Sal, la leader della comunità) e Robert Carlyle (Duffy, lo sciroccato che dona a DiCaprio la mappa per raggiungere l'isola), purtroppo al servizio di personaggi piatti e stereotipati (su tutti, i due francesi).

24 dicembre 2008

The millionaire (Danny Boyle, 2008)

The millionaire (Slumdog millionaire)
di Danny Boyle – GB/USA 2008
con Dev Patel, Freida Pinto
***

Visto al cinema Colosseo, con Hiromi.

Senza rinunciare al suo stile sempliciotto e folgorante, il sorprendente Danny Boyle confeziona una storia di redenzione e riscatto sociale che al tempo stesso è una favola, una storia d'amore e un ritratto dell'India moderna dove i grattacieli sostituiscono le baraccopoli (o meglio, le spostano altrove) e i format internazionali dei quiz televisivi fanno sognare a occhi aperti milioni (miliardi?) di individui. Quello che il giovane Jamal desidera, partecipando alla versione hindi di "Chi vuol essere milionario", però non è il denaro: spera soltanto di ricongiungersi con la ragazza che ha amato per tutta la vita e dalla quale è sempre stato separato da un destino avverso. Una dopo l'altra, le domande che gli vengono poste dal presentatore dello show fanno affiorare in lui i ricordi più traumatici della sua vita. Il destino ha infatti voluto che ogni quesito fosse legato a una delle svolte epocali della sua infanzia e della sua adolescenza: solo così si spiega come un ragazzino ignorante e cresciuto nelle baraccopoli di Mumbai (l'ex Bombay) possa conoscere tutte le risposte e arrivare fino all'ultima domanda, quella da venti milioni di rupie. D'altra parte anch'io, a volte, provo a immaginare quale potrebbe essere una sequenza di domande fatte "su misura" per me, ovvero interrogativi anche difficilissimi ma di cui so già in partenza la risposta. Naturalmente su Jamal cadono sospetti di essere un truffatore, che però sono destinati a dissiparsi: anche perché ben presto è evidente che il quiz per lui non è che un mezzo per raggiungere un fine ben diverso dal successo, dalla fama e dalla ricchezza, al punto da continuare a giocarsi tutto, in maniera apparentemente incosciente, senza mai fermarsi a nessun traguardo intermedio. La struttura a continui flashback, il ritmo veloce e incalzante, la fotografia vibrante (e un po' ruffiana), gli attori bravissimi, bambini compresi (ma che fastidioso il doppiaggio italiano!) concorrono a rendere il film gradevole e accattivante, magari a volte semplice e ingenuo (proprio come le pellicole di Bollywood, anche se in questo caso filtrate da un occhio occidentale) ma efficace. Curiosamente "Chi vuol essere milionario" era già stato al centro di un'altra bella pellicola, "Il mio miglior amico" di Patrice Leconte. Mi ha un po' lasciato perplesso la progressione delle domande, la cui difficoltà non sembrava crescente: l'ultima, in particolare (quella sui tre moschettieri), non era certo la più difficile: anzi, forse era la più facile di tutte! Nei titoli di coda, riecco Bollywood: i protagonisti danno vita a uno scatenato balletto, out-of-character.

Nota 1: Nel doppiaggio italiano c'è un passaggio decisamente discutibile. Per i dettagli, si legga qui: http://soulfood.blogspot.com/2009/01/laccendiamo.html.
Nota 2: Quando Jamal è accusato di barare, gli viene chiesto se aveva un complice fra il pubblico che tossiva per aiutarlo. È un riferimento alla storia (vera) di Charles Ingram. Cercate con Google o su YouTube per saperne di più!

14 novembre 2007

Sunshine (Danny Boyle, 2007)

Sunshine (id.)
di Danny Boyle – GB/USA 2007
con Cillian Murphy, Chris Evans
**1/2

Visto in DVD, con Albertino e Ghirmawi.

2057: il Sole si sta spegnendo, e per riaccenderlo parte una navicella con la quale otto uomini dovranno trasportare una bomba e scagliarla contro la stella. Si tratta della seconda missione di questo tipo: ma della prima, precedente di sette anni, non si è saputo più nulla. Film di fantascienza vecchio stile, ipnotico e suggestivo, forse fin troppo ambizioso, che maschera una trama non particolarmente originale (e decisamente non verosimile) con echi da "Alien" e soprattutto da "2001 Odissea nello spazio", compreso il computer senziente e il finale psichedelico-metafisico. Lasciando da parte le incongruenze scientifiche (ma almeno la sceneggiatura ha il pregio di restare sul vago, senza addentrarsi in spiegazioni tecniche che non consentirebbero allo spettatore la necessaria sospensione dell'incredulità), rimane un thriller spaziale di buona fattura, con attori sorprendentemente adeguati (oltre al bravissimo Cillian Murphy e a Chris "Human Torch" Evans c'è anche Michelle Yeoh, a dire il vero un po' sacrificata). In fin dei conti non è altro che una pellicola da totomorti: rispetto a quelle omologhe degli anni '80, però, è vestita a nuovo grazie agli effetti speciali e ad alcuni dei temi new age tanto cari al regista.