30 luglio 2006

L'amico americano (W. Wenders, 1977)

L'amico americano (Der amerikanische Freund)
di Wim Wenders – Germania 1977
con Bruno Ganz, Dennis Hopper
***

Visto in DVD, con Martin.

Tratto dal romanzo "Ripley's Game" di Patricia Highsmith, è il film che ha fatto conoscere Wenders al grande pubblico. Si tratta di un thriller triste e tragico, la storia di un corniciaio di Amburgo, in fin di vita per una malattia incurabile, che viene convinto da un affarista americano a compiere due misteriosi omicidi. L'americano si affezionerà a lui, ma forse sarà troppo tardi. Dopo il bianco e nero di "Nel corso del tempo" il regista torna a girare a colori: e proprio i colori e la fotografia sono fra le cose che saltano più all'occhio. Non a caso molti dei personaggi si muovono nell'ambito del mercato dell'arte: la pellicola ha un aspetto molto pittorico, con colori forti e vivaci e inquadrature che ricordano i dipinti di Edward Hopper. Wenders, come sempre, si concede molto spazio per la descrizione degli ambienti, come la città di Amburgo, dove vive il protagonista, oppure la metropolitana di Parigi e il treno dove sono ambientate le lunghe sequenze dei delitti. Il resto della pellicola è dedicata allo studio dei due personaggi e di un'amicizia che forse era fallita sin dal nascere. Nel cast ci sono piccole parti per celebri registi, fra cui Nicholas Ray e Samuel Fuller.

The pusher (M. Vaughn, 2004)

The pusher (Layer Cake)
di Matthew Vaughn – Gran Bretagna 2004
con Daniel Craig, Colm Meaney
***

Visto in DVD, con Albertino.

Quando ieri Albertino mi ha proposto questo film, pensavo si trattasse di una stupidaggine, visto anche il titolo italiano: un action movie come mille altri, oppure una gangster story britannica come quelle di Guy Ritchie (di cui Vaughn, al suo primo film come regista, era il produttore), che non mi erano piaciute granché. Invece mi sono ritrovato di fronte a un film molto godibile e ottimamente diretto, una vicenda che sfrutta alcuni cliché del genere in maniera originale. Il protagonista è un venditore di droga che sta meditando di lasciare il giro. Prima che possa farlo, però, viene coinvolto in una serie di problemi di ogni genere: da un lato un suo fornitore balordo ha sottratto un gran quantitativo di pasticche alla mafia europea che ora vuole vendicarsi, dall'altro viene incaricato di rintracciare la giovane figlia tossicomane di un pezzo grosso che non intende affidarsi alla polizia. In più: complotti, intrighi, doppi giochi, tradimenti, vicende del passato che tornano a galla… più il nostro eroe cerca di tenersi fuori da ogni guaio, più la storia si fa intricata e complicata. Girato con uno stile visivo notevole (il regista conosce tutte le tecniche del cinema di intrattenimento moderno, ma non ne abusa mai e cerca sempre soluzioni e inquadrature interessanti), si fa seguire fino alla fine in un crescendo di colpi di scena. Ottimi tutti gli attori, compreso Craig, il futuro James Bond, un "duro fragile" quasi da film noir. Ho letto che il secondo film di Vaughn sarà nientemeno che "Stardust", dal romanzo di Neil Gaiman. A questo punto, lo attenderò con qualche aspettativa in più.

27 luglio 2006

Jabberwocky (T. Gilliam, 1977)

Jabberwocky (id.)
di Terry Gilliam – Gran Bretagna 1977
con Michael Palin, Max Wall
**1/2

Cenorava. E i visciattivi cavatalucerti
Girillavano e sfrocchiavano nella serbaja;
mollicciattoli eran gli spennatoli
e gli smarriti verporcelli fistarnuiurlavano.
"Guardati dal mascellodonte, figlio mio!
Le mascelle che mordono e le tenaglie che afferrano.
Sii sospettoso del rapace malco ed evita
lo schiumarioso Bamariolo!

Rivisto in DVD con Monica, Roberto e una marea di altra gente, in originale con sottotitoli.

Non è propriamente un film dei Monty Python (oltre a Gilliam e Palin vi ha partecipato solo Terry Jones), ma ha molto in comune con "Il sacro Graal" di soli due anni prima, a partire dall'ambientazione. Il medioevo inglese, anzi, qui è ancor meglio ricostruito, con tutte le sue lordure, la povertà e l'oscurantismo (nulla a che vedere con lo scenario pulito e disneyano dei film americani dello stesso genere). Il film si ispira alla filastrocca omonima di Lewis Carroll, un gioco linguistico pieno di parole inventate: nei sottotitoli italiani, il nome Jabberwocky è tradotto "ciarlestrone", mentre nella versione che ho sul libro "Gödel, Escher, Bach" era "mascellodonte". L'umorismo di Gilliam si sposa bene al nonsense di Carroll, e il risultato è a tratti esilarante: vedi le scene con il re Bruno il Discutibile, il suo estenuante araldo, i suonatori, i cavalieri che giocano a nascondino, gli uomini vestiti da suora, eccetera. Rispetto a "Monty Python e il sacro Graal", come detto, c'è un maggiore impegno produttivo, anche se manca la coralità del film precedente e lo spettro delle gag è ridotto. Comunque, ad avercene oggi film così.

26 luglio 2006

Neverland (Marc Forster, 2004)

Neverland - Un sogno per la vita (Finding Neverland)
di Marc Forster – USA 2004
con Johnny Depp, Kate Winslet
**1/2

Visto in DVD, con Albertino.

Londra, 1903: il commediografo James M. Barrie (Depp), in crisi di ispirazione, fa conoscenza con la vedova Davies (Winslet) e i suoi quattro figli, diventa l'infaticabile compagno di giochi dei bambini e ha la possibilità di dar via libera alla propria immaginazione fino ad allora repressa, che in breve tempo lo porta a scrivere l'opera che gli darà la celebrità: "Peter Pan". Un ottimo cast (oltre a Depp e alla Winslet ci sono Dustin Hoffman nel ruolo del produttore teatrale, Julie Christie e Radha Mitchell) per un biopic interessante ed eccentrico ma forse troppo zuccheroso, specie nel finale. Come inno alla fantasia e all'immaginazione può funzionare, ma l'opera di Barrie non era certo una semplice fiaba per bambini come sembra venir fuori da questo lungometraggio, che ne ignora tutti i sottotesti psicanalitici. Come al solito gli americani (anche se il regista è tedesco) hanno una visione superficiale e troppo semplice dell'immaginario infantile. In ogni caso, l'ho trovato un film godibile da vedere, in alcuni punti anche commovente. E comunque mi piacciono i film sugli scrittori. Nominato a sette premi Oscar (compresi miglior film, attore e sceneggiatura), ha vinto quello per la miglior colonna sonora.

23 luglio 2006

Brothers of war (Kang Je-gyu, 2004)

Brothers of war - Sotto due bandiere (Taegukgi hwinalrimyeo)
di Kang Je-gyu – Corea del Sud 2004
con Jang Dong-kun, Won Bin
*1/2

Visto in DVD con Albertino, in originale con sottitoli inglesi.

Allo scoppio della guerra di Corea, nel 1950, due fratelli vengono arruolati a forza nell'esercito del Sud. Pur di proteggere il minore, giovane e inesperto, il maggiore si offre volontario per le missioni più rischiose, diventa un eroe e infine, convinto che il fratello sia morto, diserta e passa dalla parte del nemico. Ovviamente, dopo aver attraversato odissee di ogni tipo, i due si ritroveranno a combattere su fronti opposti nello scontro finale. Un imponente sforzo produttivo per un polpettone bellico con una confezione impeccabile (regia, fotografia e musiche non hanno nulla da invidiare ai colossal americani), pieno di scene madri che non emozionano, di retorica antimilitaristica e di battaglie confuse e cruenti dove la morte e l'orrore vengono mostrati in maniera decisamente compiaciuta. L'intento, ovvio, era quello di riflettere sulla "fratellanza" a un livello più ampio, quella cioè di due popoli o di due nazioni, attraverso quella dei due protagonisti. Ma l'occasione è sprecata: evidentemente le due Coree si odiano ancora troppo.

Nel corso del tempo (W. Wenders, 1975)

Nel corso del tempo (Im Lauf der Zeit)
di Wim Wenders – Germania 1975
con Rüdiger Vogler, Hanns Zischler
***

Visto in DVD con Martin, in originale con sottotitoli.

Ed ecco il terzo film della "trilogia della strada", considerata da molti critici uno dei punti più alti della filmografia di Wenders. Era l'unico che non avevo ancora visto. Nonostante la lunghezza (quasi tre ore) e la lentezza, mi è piaciuto molto: è uno dei quei film dove lo spettatore deve entrare nel ritmo e nel tempo proprio della pellicola, fino al punto da lasciarsene trascinare come se fosse immerso nella corrente di un fiume. Rispetto a "Falso movimento", i protagonisti sono soltanto due e la storia è meno dispersiva. Bruno (Vogler) vive sul suo camion e gira di città in città per riparare i proiettori delle sale cinematografiche. Robert è un ricercatore che vagabonda senza meta dopo essersi separato dalla moglie. I due si incontrano per caso e cominciano a viaggiare lungo il confine fra la Germania Ovest e la Germania Est. La pellicola racconta la storia di due solitudini e il desiderio di fare i conti con il proprio passato, con i genitori e con le radici ("Ich bin meine Geschichte", "io sono la mia storia", dice un personaggio ad un certo punto). Ma, fra le altre cose, racconta anche delle radici del cinema, cita Fritz Lang e ci mostra la realtà delle piccole sale di provincia, spesso a conduzione familiare e sull'orlo della chiusura. Già allora, negli anni '70, c'era chi sosteneva che il cinema fosse ormai finito. Chissà quanto c'è di autobiografico in un film di questo tipo.
La tipica Germania wendersiana, quasi disabitata e fotografata in un bel bianco e nero, è uno sfondo particolarmente adatto alla vicenda e ricorda un po' gli Stati Uniti con i loro grandi spazi e il vuoto della natura fra una città e l'altra. I due personaggi ascoltano canzoni americane e forse, come il regista, sognano il Texas o il Colorado: non è un caso che in seguito Wenders abbia trasferito il setting dei suoi road movie proprio negli USA.

La legge del desiderio (P. Almodóvar, 1987)

La legge del desiderio (La ley del deseo)
di Pedro Almodóvar – Spagna 1987
con Eusebio Poncela, Carmen Maura, Antonio Banderas
**

Visto in DVD, con Albertino e Martin.

Un Almodóvar meno grottesco e più compassato del solito in un melodramma leggero ma poco convincente. Pablo (Poncela) è un regista gay che intreccia una focosa relazione con Antonio (Banderas), un giovane ammiratore, geloso e possessivo, disposto persino all'omicidio pur di avere l'amante tutto per sé. A momenti drammatici e scabrosi (ma non troppo: persino le nudità non vengono mostrate) si alternano istanti umoristici, come i siparietti con i poliziotti, ma alla fine – tranne forse per le scene che riguardano la sorella del regista, Tina (Carmen Maura), aspirante attrice che vive con la figlia dopo aver cambiato sesso – il risultato è poco incisivo, soprattutto in confronto ad altri film dello stesso Almodóvar. Se l'obiettivo (come suggerisce il titolo) era quello di parlare del desiderio e della passione, mi è sembrato che la pellicola abbia mancato il bersaglio. È invece più interessante nel descrivere strani e contorti rapporti familiari (non solo quelli fra il regista e la sorella, o fra quest'ultima e la figlia, l'ex moglie e il padre, ma anche quelli appena accennati fra Banderas e la madre, o fra i due poliziotti padre e figlio). Dal titolo del film nasce il nome dalla casa di produzione El Deseo, fondata per l'occasione dallo stesso Almodóvar con il fratello minore Agustin, che produrrà anche tutti i suoi film successivi.

22 luglio 2006

Rumori fuori scena (P. Bogdanovich, 1992)

Rumori fuori scena (Noises off)
di Peter Bogdanovich – USA 1992
con Michael Caine, Carol Burnett
***

Visto in DVD, con Albertino e Sabrina.

Una scalcinata troupe di attori teatrali fa le prove generali e poi mette in scena una commedia londinese in tournée per gli Stati Uniti. Ma le incomprensioni, i diverbi, le gelosie e le insofferenze fra interpreti e regista (Caine) trasformano ogni spettacolo in un disastro. Alla fine, però, l'esordio a Broadway sarà un successo. Tratto da una vera piéce teatrale (di Michael Frayn, che non prevedeva il lieto fine), è un film che va in crescendo: poco divertente all'inizio, diventa sempre più esilarante man mano che assistiamo per la seconda o la terza volta allo spettacolo e cominciamo a conoscerne le battute e ad anticpare le entrate in scena degli interpreti. Fra l'altro la commedia che viene messa in scena è una farsa stupidissima, e quello che accade dietro le quinte è – naturalmente – molto più divertente di quello che si vede sul palcoscenico. Fra gli attori, Denholm Elliott (alla sua ultima apparizione sullo schermo) e Christopher Reeve.

21 luglio 2006

La spina del diavolo (G. del Toro, 2001)

La spina del diavolo (El espinazo del diablo)
di Guillermo del Toro – Spagna/Messico 2001
con Fernando Tielve, Eduardo Noriega
**1/2

Visto ieri al cinema Odeon, con Martin.

Circa un mese fa, in occasione della rassegna di Cannes, avevo visto e apprezzato l'ultimo film di Del Toro, "Il labirinto del fauno". Questa sua pellicola del 2001, che esce soltanto adesso nelle sale italiane, ne condivide molte caratteristiche. Anche in questo caso il regista messicano racconta una storia di bambini alle prese con il violento mondo degli adulti, collocandola nel periodo della guerra civile spagnola e condendola con un tocco di paranormale. L'ambientazione è bella e circoscritta: tutta la vicenda si svolge in un orfanotrofio dove vengono educati clandestinamente i figli dei guerriglieri. Fra le sale e i corridoi dell'edificio, però, sembra aggirarsi un fantasma: quello di un bambino morto in circostanze misteriose. Del Toro mette in mostra il suo notevole talento visivo, aiutato anche dalla fotografia calda e vibrante, ma rispetto al "Labirinto" il risultato è meno originale e i personaggi poco approfonditi. L'inizio è bello, ma poi la vicenda prende strade prevedibili e non si discosta molto da una classica ghost story d'atmosfera. Le minacce per i protagonisti, più che dall'esterno, provengono tutte dall'interno delle loro mura: la guerra rimane sullo sfondo e raramente arriva a lambire la vicenda, se si eccettua la presenza ingombrante e minacciosa di un'enorme bomba lasciata cadere da un aereo e conficcata nel bel mezzo del cortile centrale della scuola. E il finale, con la prevedibile resa dei conti con il cattivo, ricorda quasi un western (l'inquadratura del vecchio dottore alla finestra con il fucile mi è sembrata molto fordiana).

19 luglio 2006

In her shoes (Curtis Hanson, 2005)

In her shoes (id.)
di Curtis Hanson – USA 2005
con Toni Collette, Cameron Diaz
**1/2

Visto in DVD, con Albertino.

Ho scelto di vedere questo film, fra i vari che mi ha proposto Albertino ieri sera, esclusivamente per il nome del regista, visto che il soggetto mi interessava veramente poco. E Hanson, del quale avevo già visto gli eccellenti "L.A. Confidential" e "8 Mile", ancora una volta non mi ha deluso. Grazie anche ad attrici veramente in forma (persino la Diaz, forse nella sua miglior interpretazione, per non parlare dell'anziana Shirley McLaine nei panni della nonna) e a un'ottima sceneggiatura, è riuscito a farmi interessare ai personaggi e a una vicenda che si tiene in bilico fra commedia psicologica e dramma familiare. La pellicola è tutta incentrata sulla difficile convivenza fra due sorelle molto diverse fra loro, occasionalmente rivali in amore eppure sempre legate da una profonda amicizia: una è un'avvocatessa brillante e frustrata, l'altra una perdigiorno disoccupata e cleptomane che indossa in continuazione le scarpe della sorella (da qui il titolo, anche se il particolare, alla lunga, mi è sembrato un po' pretestuoso). I personaggi non diventano mai macchiette ma acquistano profondità con il passare del tempo. E la regia è solida, invisibile e al servizio della storia, come dovrebbe sempre essere in un prodotto di questo tipo.

18 luglio 2006

Il profumo della signora in nero (F. Barilli, 1974)

Il profumo della signora in nero
di Francesco Barilli – Italia 1974
con Mimsy Farmer, Maurizio Bonuglia
**

Visto in DVD, con Martin.

Una serie di eventi misteriosi e inquietanti conducono Silvia (Mimsy Farmer) sulla strada della follia. Strano thriller/horror con ambientazioni polanskiane (diversi elementi ricordano o anticipano “Rosemary's baby” e “L'inquilino del terzo piano”, in particolare per l'irruzione dell'orrore all'interno del quotidiano). A tratti interessante, a tratti noioso: la storia sembra procedere un po' a tentoni in molte direzioni differenti e può lasciare disorientati fino alla fine. Le strane vicende che capitano alla protagonista sono frutto di sue fantasie oniriche e del trauma di un doloroso ricordo d'infanzia (la traumatizzante morte della madre)? Oppure è la vittima di un complotto da parte di coloro che le stanno attorno? Il finale e soprattutto il disturbante controfinale sono di quelli che non si dimenticano, e non si può negare che il film sia tecnicamente ben fatto (ma, come già detto, non era una novità per il cinema italiano di quegli anni: belle le musiche di Nicola Piovani, per esempio). E sicuramente lascia un senso di inquietudine nello spettatore: se questo era lo scopo che il regista voleva raggiungere, ci è riuscito. Il titolo richiama quello di un romanzo di Gaston Leroux.

13 luglio 2006

Spia per caso (Teddy Chan, 2001)

Spia per caso (Dak miu mai shing, aka The accidental spy)
di Teddy Chan – Hong Kong 2001
con Jackie Chan, Vivian Hsu
*1/2

Visto in DVD, con Albertino.

Buck Yuen (Jackie Chan), rappresentante di articoli per palestre divenuto senza volerlo una celebrità dopo aver sventato una rapina in banca, si ritrova coinvolto in un'avventura a base di spionaggio fra la Corea del Sud e la Turchia, sulle tracce di un traffico di droga e della misteriosa eredità del proprio padre. Un po' deludente, come molti film di Jackie dell'ultimo periodo. Metà caccia al tesoro e metà avventura alla James Bond, con una trama contorta e piena di snodi illogici, condita da pochi combattimenti e non sempre soddisfacenti (almeno rispetto ai tempi d'oro): però il senso dell'avventura e quello dello spettacolo non-stop sono ben presenti, grazie anche agli sfondi esotici (come l'Anatolia) e alla successione di trovate bizzarre tipiche del protagonista, comunque più a suo agio rispetto ai recenti film hollywoodiani. In ogni caso, pare che l'edizione occidentale sia stata accorciata di svariati minuti e rimontata cambiandone il ritmo, lasciando intatte le scene d'azione ma eliminando gran parte degli approfondimenti narrativi: varrà la pena prima o poi recuperare la versione originale. La storia culmina in un assurdo inseguimento su una cisterna in fiamme che corre sull'autostrada e, non si capisce bene perché, non può essere fermata. La scena più divertente è quella in cui Jackie, aggredito dai cattivi in un bagno turco, scappa nudo per le strade della città e cerca di coprirsi con tutto quel che trova sulle bancarelle di un mercato. Nel cast anche Eric Tsang.

12 luglio 2006

La polizia chiede aiuto (M. Dallamano, 1974)

La polizia chiede aiuto
di Massimo Dallamano – Italia 1974
con Claudio Cassinelli, Giovanna Ralli, Mario Adorf
**1/2

Visto in DVD, con Martin.

Indagando sull'apparente suicidio di una studentessa di provincia, la polizia (Cassinelli e Adorf) e un sostituto procuratore (Ralli) si trovano ad affrontare un misterioso assassino armato di mannaia che intende eliminare i testimoni e le tracce che conducono ai veri responsabili. Inutile dire che l'indagine si allargherà fino a rivelare il coinvolgimento di "alti papaveri", e che punire i colpevoli si rivelerà più arduo del previsto. Un bel poliziottesco che a una solida struttura da giallo aggiunge venature da thriller alla Dario Argento e alcune sequenze quasi da slasher. Ben diretto e recitato, e con ottime musiche (di Stelvio Cipriani), presenta le migliori caratteristiche del cinema italiano di genere di quegli anni, compresi lievi accenni di denuncia sociale e un ambientazione metropolitana realistica e curata.

11 luglio 2006

Guardato a vista (Claude Miller, 1981)

Guardato a vista (Garde à vue)
di Claude Miller – Francia 1981
con Lino Ventura, Michael Serrault
***

Visto in DVD, con Albertino.

La sera del 31 dicembre, a poche ore dalla mezzanotte, un poliziotto (Lino Ventura) in un commissariato francese di provincia torchia un rispettabile notaio (Michel Serrault) sospettato di aver ucciso due bambine. Da un romanzo di John Wainwright (“Stato di fermo”), un thriller psicologico che appartiene a quel particolare genere che si definisce "cinema da camera", dove l'azione si svolge tutta fra quattro mura o in un luogo circoscritto: la regia non è teatrale, come capita spesso in questi casi, ma la pellicola è comunque incentrata su pochi personaggi e su un'ambientazione scarna e quasi soffocante. Man mano che le ore passano e l'interrogatorio procede, la verità viene lentamente a galla, anche se non mancano colpi di scena fino all'ultima inquadratura. Ottimi gli attori e la sceneggiatura, che sposta lentamente e abilmente l'attenzione dai delitti alla descrizione del microcosmo familiare del notaio e al suo rapporto con la moglie (Romy Schneider), il vero motore della vicenda. Ne esiste un remake made in USA, "Under suspicion" (2000) con Gene Hackman, Morgan Freeman e Monica Bellucci, che non ho visto.

9 luglio 2006

World Cup 2006

6 luglio 2006

Tutti insieme appassionatamente (R. Wise, 1965)

Tutti insieme appassionatamente (The Sound of Music)
di Robert Wise – USA 1965
con Julie Andrews, Christopher Plummer
***

Visto in DVD, in originale con sottotitoli.

Per quanto possa sembrare strano non avevo mai visto questo celebre film per famiglie, uno dei maggiori successi cinematografici di tutti i tempi. Vinse l'Oscar, fu campione d'incassi e ancora oggi figura al terzo posto nella classifica dei film più visti al cinema negli Stati Uniti dopo "Via col vento" e "Guerre stellari". Magistralmente diretto da Robert Wise, è tratto dal musical di Rodgers & Hammerstein, a sua volta ispirato a una storia vera: Maria von Trapp e la sua numerosa famiglia fuggirono veramente dall'Austria alla vigilia della seconda guerra mondiale per trasferirsi negli Stati Uniti, dove si esibirono per anni come compagnia cantante. Visto il soggetto (una novizia irrequieta abbandona il convento per lavorare come governante in casa di un burbero vedovo con sette figli, conquistando prima l'affetto dei bambini e poi l'amore del padre), temevo fosse insopportabilmente sdolcinato ed eccessivamente pieno di buoni sentimenti. Invece, anche se alcuni numeri musicali sono in effetti un po' melensi, il film è gradevolissimo: il merito va in gran parte alla simpatia e alla freschezza di una Julie Andrews agli inizi della sua carriera cinematografica (aveva appena girato "Mary Poppins", curiosamente un'altra pellicola musicale dove interpreta una governante alle prese con dei bambini). L'ambientazione, Salisburgo e dintorni alla fine degli anni trenta, mi è piaciuta molto. Anni fa avevo trascorso tre settimane nella città di Mozart e mi ha fatto piacere rivederla sullo schermo. Molto belle anche le canzoni, non particolarmente sofisticate ma comunque piacevoli. La mia preferita è "My favorite things". Wise, che quattro anni prima aveva già realizzato la versione cinematografica di un altro celebre musical, "West Side Story", dirige con intelligenza ponendosi completamente al servizio della pellicola. Inizialmente il regista avrebbe dovuto essere William Wyler, che si era tirato indietro non trovandosi a proprio agio con lo spirito "leggero" del film. Probabilmente avrebbe dato più enfasi alla parte finale della storia, quella che descrive l'Anschluss dell'Austria e l'arrivo dei nazisti, rendendo il film troppo cupo. Meglio così.

5 luglio 2006

Following (Christopher Nolan, 1998)

Following (id.)
di Christopher Nolan – Gran Bretagna 1998
con Jeremy Theobald, Alex Haw
**

Visto in DVD, con Albertino.

Un aspirante scrittore disoccupato comincia senza motivo a pedinare le persone per la strada. Incontra così un misterioso individuo che entra nelle case vuote per rubare ma soprattutto per studiare la personalità dei loro abitanti (un po' come in "Ferro 3"). Ben presto rimane coinvolto in un misterioso complotto. L'opera d'esordio di Christopher Nolan è un insolito noir urbano girato con pochi mezzi e nei ritagli di tempo (sia gli attori che i membri della troupe avevano altri lavori e potevano dedicare alla pellicola soltanto poche ore alla settimana. Per questo motivo, nonostante il film sia piuttosto breve, la lavorazione è durata oltre un anno). Come in "Memento", il regista gioca con la struttura narrativa e temporale, rifiutandosi di montare le scene nel corretto ordine cronologico e lasciando allo spettatore il compito di concatenare cause ed effetti. Il risultato è molto interessante, anche se la trama non è particolarmente originale e – quando tutti i pezzi del puzzle vanno a posto – lascia un po' di delusione. Anche se ambientato a Londra, il film potrebbe benissimo svolgersi a New York o in un'altra città americana. È quasi un peccato averlo visto "con il senno di poi": mi piacerebbe sapere cosa ne avrei pensato se lo avessi visto prima di "Memento" e senza conoscere il regista.

4 luglio 2006

Napoleon Dynamite (Jared Hess, 2004)

Napoleon Dynamite (id.)
di Jared Hess – USA 2004
con Jon Heder, Jon Gries
**

Visto in DVD.

Per il suo lungometraggio d'esordio, il regista ha ampliato un cortometraggio di otto minuti ("Peluca") che aveva girato alla scuola di cinema: il successo riscosso in vari festival (dal Sundance agli MTV Awards, dove ha vinto diversi premi) ha spinto la Fox a distribuire la pellicola nelle sale, aggiungendo un controfinale di pochi minuti subito dopo i titoli di coda (controfinale che, curiosamente, nel DVD italiano era in originale con sottotitoli: forse non era presente quando il film è stato proiettato da noi?). La storia (sceneggiata dal regista insieme alla moglie Jerusha) è tutta incentrata su un personaggio un po' tonto e stralunato, circondato da altri personaggi simili (suoi amici e parenti) e da una classica ambientazione da commedia liceale americana, con tanto di bulli prepotenti, di ragazze cheerleader e così via. Se da un lato la sceneggiatura cerca di esibire una certa originalità (le situazioni non sono scontate, anche perché molte di esse si ispirano a episodi realmente vissuti da Hess quando andava a scuola, e l'umorismo non è stupido o demenziale ma quasi surreale), dall'altro i temi sono risaputi e non particolarmente originali: siamo di fronte ai soliti loser ed emarginati che hanno la meglio sui vincenti e i prepotenti. Nel complesso il film non mi ha entusiasmato, soprattutto perché il protagonista e gli altri personaggi mi sono sembrati ben poco interessanti. In patria, tuttavia, per un breve periodo è diventato un film di culto, soprattutto fra i teenager (che evidentemente ci si sono rispecchiati).

2 luglio 2006

Il sapore della vittoria (B. Yakin, 2000)

Il sapore della vittoria (Remember the Titans)
di Boaz Yakin – USA 2000
con Denzel Washington, Will Patton
*1/2

Visto in TV, con Albertino.

Ispirato alla storia vera di una squadra di football americano di una scuola superiore nella Virginia degli anni settanta, dove per la prima volta fu tentato un esperimento di integrazione razziale mettendo insieme giocatori bianchi e neri: dopo le iniziali incomprensioni, gli atleti diventano amici e lottando contro la diffidenza e i pregiudizi di tutti arrivano a vincere la finale del campionato. Superficiale, pieno di personaggi prevedibili e di retorica sempliciotta, il film ignora completamente i retroterra sociali o culturali del razzismo e si impegna soprattutto a rappresentare lo sport come se si trattasse di una vera e propria guerra: gli allenamenti non hanno nulla da invidiare agli addestramenti militari e le partite sono vissute come una questione di vita o di morte, fra sudore, sangue e tanto, tanto eroismo (ma le scene degli incontri sono girate in maniera confusa). La pellicola colpisce il bersaglio solo quando "spinge" visceralmente lo spettatore a tifare per la vittoria della squadra dei buoni, ma questo capita quasi sempre in questo tipo di film.

1 luglio 2006

Waterboy (Frank Coraci, 1998)

Waterboy (The waterboy)
di Frank Coraci – USA 1998
con Adam Sandler, Fairuza Balk
**

Visto in TV.

Un sempliciotto che vive nelle paludi della Louisiana insieme a una madre "castratrice" (Kathy Bates, insolitamente fuori parte) lavora come portatore d'acqua per una squadra di football americano. Quando l'allenatore (Henry Winkler, ossia Fonzie) scopre che in preda all'ira è in grado di placcare qualunque avversario, comincia a metterlo in campo e la squadra inizia miracolosamente a vincere. Un film stupido ma con un umorismo a tratti rozzamente efficace, soprattutto quando ironizza sugli abitanti degli stati del sud. Non sopporto Adam Sandler, un attore che inspiegabilmente negli Stati Uniti ha molto successo, ma questo è forse uno dei suoi film migliori.