L'anno scorso a Marienbad (A. Resnais, 1961)
L'anno scorso a Marienbad (L'année dernière à Marienbad)
di Alain Resnais – Francia/Italia 1961
con Delphine Seyrig, Giorgio Albertazzi, Sacha Pitoëff
***1/2
Rivisto in divx.
In un gigantesco e lussuoso albergo (il film è stato girato nei palazzi reali di Monaco di Baviera e dintorni, con immensi giardini annessi), uno sconosciuto (Albertazzi) afferma di aver già incontrato l'anno prima una donna (Seyrig) – "È stato a Friedrichsbad? O forse a Marienbad?" (tutte celebri località termali) – e cerca di convincerla a fuggire con lui, abbandonando il marito (Pitoëff). Lui ricorda ogni dettaglio del loro precedente incontro, lei invece no (o fa finta di aver dimenticato?). Scritto da Alain Robbe-Grillet (che si ispirò, pare, al romanzo "L'invenzione di Morel" di Adolfo Bioy Casares), il secondo lungometraggio – e secondo capolavoro – di Resnais dopo "Hiroshima mon amour" è un lento ed enigmatico tuffo in un mondo sospeso, misterioso e senza tempo: vediamo spesso i personaggi "congelati" come statue, o immersi in un flusso di dialoghi o di frammenti di conversazioni che si ripetono in continuazione, senza senso o senza contesto. Spersi fra i saloni, i corridoi e le gallerie di questo albergo sontuoso e barocco ma vetusto, ricolmo di specchi, stucchi, statue e marmi, i ricchi avventori sembrano anime smarrite in un limbo da cui è impossibile uscire, in balia del destino o della morte. I lenti movimenti di camera, le eleganti inquadrature, il montaggio sofisticato, la letterarietà dei dialoghi, l'incessante musica organistica completano un'esperienza che per lo spettatore può risultare, a seconda dei gusti, vacua e snervante oppure onirica e ipnotica. E le riflessioni sul tempo e sui ricordi acquistano una certa qualità ultraterrena, surreale o metafisica. Di fatto, non è chiaro quanto di quello che avviene sullo schermo (o che i personaggi ricordano) sia reale, oppure frutto di un sogno o dell'immaginazione. Leone d'Oro a Venezia, il film fu anche candidato all'Oscar per la miglior sceneggiatura. Affascinante, fra i tanti spunti, il giochino (con le carte o i fiammiferi) che Sacha Pitoëff propone agli altri ospiti dell'albergo: una variante del Nim in cui il giocatore che toglie l'ultimo elemento (partendo da file di 1, 3, 5 e 7) perde la partita: Pitoëff afferma di vincere sempre, inesorabile – anch'egli – come la morte. Personalmente adoro il gioco e lo faccio spesso ai miei amici!