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22 luglio 2022

Spider-Man: No way home (Jon Watts, 2021)

Spider-Man: No way home (id.)
di Jon Watts – USA 2021
con Tom Holland, Zendaya, Willem Dafoe
**1/2

Visto in TV (Now Tv).

Avendo Mysterio rivelato a tutto il mondo la sua identità segreta al termine del precedente "Spider-Man: Far from home" (si noti come tutti e tre i film di Spider-Man finora coprodotti dalla Marvel abbiano la parola "home" nel titolo), Peter Parker (Holland) scopre che la propria vita – sia quella da supereroe che quella privata – si è fatta ormai molto difficile, e lo stesso vale per i suoi amici più cari (MJ e Ned). Decide così di chiedere aiuto al Dottor Strange (Benedict Cumberbatch), affinché cancelli con un incantesimo la sua identità segreta dalla memoria di tutti. Per un errore, però, l'incantesimo produce un effetto ben diverso, attirando dal Multiverso (l'insieme di dimensioni alternative che compongono l'universo Marvel) tutti i personaggi che, in un modo o nell'altro, sono a conoscenza del fatto che Peter Parker è l’Uomo Ragno. Fra questi, in particolare, una serie di "cattivi" visti nelle incarnazioni precedenti della franchise, molti dei quali strappati al loro continuum un attimo prima della morte per opera dei rispettivi Peter: rivediamo così il folle Goblin (Willem Dafoe, dallo "Spider-Man" di Sam Raimi del 2002), il Dottor Octopus (Alfred Molina, da "Spider-Man 2"), l'Uomo Sabbia (Thomas Haden Church, da "Spider-Man 3"), Lizard (Rhys Ifans, da "The amazing Spider-Man" del 2012) ed Electro (Jamie Foxx, da "The amazing Spider-Man 2", con un aspetto ridisegnato). Inizialmente Peter proverà ad aiutarli o a farseli amici, ma quando gli si rivolteranno contro (Goblin in particolare, che provoca la morte di zia May) dovrà affrontarli con l'aiuto delle proprie controparti, vale a dire gli Spider-Man interpretati da Tobey Maguire (nei film di Sam Raimi usciti dal 2002 al 2007) e Andrew Garfield (in quelli di Marc Webb usciti nel 2012 e 2014). Enorme successo commerciale (è stato il film con i maggiori incassi al botteghino in epoca di pandemia) per la pellicola del personaggio forse più grandiosa e ambiziosa nelle sue intenzioni, che recupera e fonde insieme le più recenti incarnazioni del Tessiragnatele (rivelando che ogni reboot costituisce un universo alternativo, un concetto con cui i lettori dei fumetti Marvel erano già familiari, fra retcon e "What if...") ispirandosi forse al successo del film d'animazione "Spider-Man: Un nuovo universo" che era basato su un'idea simile. E naturalmente è un'occasione ghiotta per rivedere alcuni dei migliori attori delle pellicole precedenti (su tutti Dafoe e Molina) e per far interagire in una serie di imbarazzanti siparietti (che vorrebbero essere comici) i tre attori che hanno incarnato Peter Parker nel ventunesimo secolo (confermando, se ce n'era bisogno, che Holland è di gran lunga il migliore dei tre). Tutto ciò, però, rende inevitabile il fatto che il film non sia godibile a sé stante: per apprezzarlo appieno bisogna essere un "Marvel zombie", o quantomeno un nerd che si sia sciroppato tutti i film precedenti, non solo quelli del Marvel Cinematic Universe (vedi anche i mille riferimenti a Daredevil, Nick Fury, gli Avengers o Thanos) ma addirittura quelli fuori continuity. Se ci aggiungiamo qualche svolta un po' forzata, troppe strizzatine d'occhio e un brusco rallentamento nella parte centrale, il risultato è tutt'altro che perfetto, per quanto resti godibile (gli Spider-Man sono comunque superiori alla media degli altri film Marvel). Per la prima volta, anche in questo universo, abbiamo la celebre frase "Da un grande potere derivano grandi responsabilità", che dona all'intera trilogia finora realizzata il sapore della origin story. Il reset finale, che consentirà alla franchise, se lo vorrà, di ripartire ancora una volta (quasi) da zero, ricorda invece certe retcon proposte anche nei fumetti e spesso male accolte dai lettori (come il famigerato "Soltanto un altro giorno", One More Day, di Straczynski e Quesada). Nella scena mid-credits, apparizione a sorpresa del Venom interpretato da Tom Hardy (il che non ha senso: Eddie Brock non conosceva l'identità di Spider-Man!), che lascia un pezzo di simbiota nel MCU. Nel cast, tornano dai film precedenti Marisa Tomei (May), Zendaya (MJ, che in questo universo sta Michelle Jones e non per Mary Jane), Jacob Batalon (Ned, con il cognome Leeds confermato), Jon Favreau (Happy Hogan), mentre J.K. Simmons, senza bisogno di salti dimensionali, è J. Jonah Jameson.

24 febbraio 2020

Spider-Man: Un nuovo universo (aavv, 2018)

Spider-Man: Un nuovo universo (Spider-Man: Into the Spider-Verse)
di Bob Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman – USA 2018
animazione digitale
***

Visto in TV.

Morso da un ragno radioattivo, il giovane Miles Morales sviluppa poteri simili a quelli del suo idolo Spider-Man. E quando questi rimane ucciso in uno scontro con Goblin, Miles ne prende il posto nel tentativo di salvare la città dalla distruzione causata da un acceleratore di particelle costruito da Kingpin. Sarà aiutato da un gruppo di altri Spider-Man "alternativi", provenienti da vari universi paralleli. Il primo lungometraggio animato dedicato all'Uomo Ragno non fa parte del Marvel Cinematic Universe vero e proprio ma si ispira alle versioni alternative del personaggio apparse nei fumetti nel corso della sua storia pluridecennale, a cominciare dal protagonista (proveniente dalla collana Ultimate scritta da Brian Michael Bendis). Al fianco di Miles troviamo infatti un Peter (B.) Parker maturo e disilluso, che gli fa da mentore, inizialmente controvoglia; una giovane Gwen Stacy che nel suo mondo è diventata Donna Ragno al posto di Peter (dalla serie "Spider-Gwen"); lo Spider-Man degli anni '30 (e in bianco e nero!), dalla serie "Spider-Man Noir"; Spider-Ham, la versione parodistica e funny animal del personaggio, nata negli anni '80; e la versione manga Peni Parker, con la sua armatura/esoscheletro SP//dr, apparsa per la prima volta nella storyline "Spider-Verse" (Ragnoverso), pubblicata dalla Marvel nel 2014 e alla quale forse si ispira l'intero film. Il mondo stesso in cui vive Miles Morales e in cui si svolge la vicenda non è quello dell'Uomo Ragno standard: qui Peter Parker è biondo, per esempio, e i vari villain pescano a piene mani da continuity separate o da particolari contesti fumettistici: abbiamo così il Goblin dell'universo Ultimate, il Kingpin disegnato da Bill Sienkiewicz in "Love and War", una controparte femminile del Dottor Octopus... Fra gli sgherri di Kingpin figurano anche Prowler, Lapide (Tombstone) e lo Scorpione. Se il tutto sembra una "festa per nerd", e in effetti è così, la pellicola ha il merito di riuscire a intrattenere e divertire pienamente anche lo spettatore comune, magari a digiuno di fumetti, visto che la conoscenza dei rimandi e delle citazioni (molte delle quali non fini a sé stesse ma funzionali alla trama) non è assolutamente necessaria per comprendere la storia, apprezzare l'evoluzione dei personaggi e gustarsi le scene d'azione. Il tutto grazie a un aspetto visivo davvero originale e accattivante, tanto che proprio l'estetica è l'elemento più interessante del film. L'animazione è digitale, ma tenta di simulare sullo schermo molti effetti del disegno a mano e le tecniche di colorazione (difetti compresi!) dei comic book: e così abbondano le puntinature, i retini (persino l'effetto del duo-tone sulle ombre), i tratti di china, i colori fuori registro, e finanche le didascalie e i balloon nelle scene più concitate. Persino l'animazione a scatti, in certe scene, pare voluta (e non dà assolutamente fastidio). La tavolozza cromatica è esplosiva e quasi psichedelica, degna del mondo della pop art o di quei graffiti di cui proprio Miles riempie le pareti e i muri del suo ambiente urbano. Aggiungiamoci poi le ispirazioni ai diversi stili di tanti celebri disegnatori di fumetti (ogni controparte di Spider-Man porta con sé un differente stile di disegno o di animazione), ed ecco che il risultato è energetico e creativo, tanto che già solo per l'aspetto tecnico la pellicola si merita i numerosi elogi (e i premi, come l'Oscar per il miglior film d'animazione) che ha ricevuto. Ideato da Phil Lord (che per la prima volta firma una sceneggiatura senza il suo abituale collega Chris Miller), il film è stato diretto da tre registi: secondo Lord, a Peter Ramsey si devono le scene d'azione, a Rodney Rothman quelle da commedia, e a Bob Persichetti "la poesia". Nel complesso il film rappresenta un magnifico omaggio a Spider-Man e alla sua storia fumettistica, esaltando i valori e le caratteristiche comuni a tutte le versioni del personaggio. Nella scena dopo i titoli di coda, troviamo persino l'Uomo Ragno del 2099 e quello del cartone animato degli anni sessanta (di cui riprende la celebre scena dei due Spider-Man che si fronteggiano, divenuta un meme). Visto il successo, sono stati messi in cantiere un sequel e uno spin-off.

18 luglio 2019

Spider-Man: Far from home (Jon Watts, 2019)

Spider-Man: Far from home (id.)
di Jon Watts – USA 2019
con Tom Holland, Jake Gyllenhaal
**1/2

Visto al cinema Colosseo.

Nel corso di una gita scolastica in Europa con la propria classe, Peter Parker/Spider-Man (Holland) deve vedersela con la minaccia di Quentin Beck/Mysterio (Gyllenhaal), ex dipendente di Tony Stark che sfrutta droni e tecnologie illusorie per far credere di essere un super-eroe. Il secondo film di questa nuova incarnazione dell'Uomo Ragno, nonché primo film Marvel dopo il gran finale di "Avengers: Endgame", è praticamente la versione supereroistica di film come "National Lampoon's European Vacation" ("Ma guarda un po' 'sti americani") o "Se è martedì deve essere il Belgio": le disavventure di un gruppo di sprovveduti americani in tour per le nazioni e le città del Vecchio Continente. Le varie tappe prevedono, fra le altre, Venezia, Praga e Londra (oltre alla Germania e all'Olanda, con vari gradi di sterotipazione). Si prosegue inoltre con il taglio da teen movie che già aveva caratterizzato il precedente "Homecoming", in ossequio alle prime storie di Stan Lee e Steve Ditko, in cui il personaggio era un liceale alle prese con problemi scolastici, rapporti con i compagni di classe e vicende sentimentali (qui il tentativo di dichiararsi all'amata MJ (Zendaya), mentre di converso il suo miglior amico Ned "fila" con la biondina Betty Brant). A parte alcuni accenni agli eventi cataclismatici dei film degli Avengers, liquidati peraltro con eleganza (il "Blip" che ha fatto sparire per cinque anni metà degli abitanti della Terra), la pellicola scorre leggera mescolando diversi filoni, il teen movie con i ragazzi in gita e l'azione supereroistica. Peccato che chi conosce già il personaggio di Mysterio dai fumetti presagirà sin dalla sua apparizione la verità sul suo conto: in ogni caso, in epoca di fake news e di effetti speciali digitali, le sue capacità illusorie si vestono di nuovi e interessanti significati. Qualche passaggio a vuoto nella trama (perché Beck desidera tanto la tecnologia di Stark se di fatto vi aveva già accesso?) e qualche battuta di troppo (specialmente nella prima parte: ma bisogna ammettere che nessuno come la Marvel fonde così bene l'azione e la comicità) impediscono alla pellicola di volare al di sopra del semplice intrattenimento, anche perché le scene di combattimento sono come al solito la parte più noiosa (belle, invece, le sequenze delle illusioni). E sono convinto che l'Uomo Ragno, fuori dal suo ambiente urbano e lontano da New York, funzioni meno bene. Ma se si cerca solo il divertimento questo non manca di certo, Holland si conferma il miglior Peter Parker di sempre, e il cast di comprimari è azzeccato, con parecchi ritorni più o meno attesi: Jon Favreau torna a ritagliarsi un ruolo importante nei panni di Happy Hogan (qui "fidanzato" con zia May), Samuel L. Jackson è un redivivo Nick Fury (ma nelle scene post-credits si rivela che lui e Maria Hill sono stati impersonati per tutta la pellicola da due alieni Skrull, già visti in "Captain Marvel"). E nel finale, il cliffhanger per il film successivo è dato dall'apparizione di J.K. Simmons nei panni di J. Jonah Jameson (che aveva già interpretato nella trilogia di Sam Raimi), che rivela al pubblico l'identità di Spider-Man. Nella colonna sonora, alcune imbarazzanti canzoni italiane (come "Stella stai" di Umberto Tozzi).

2 maggio 2019

Avengers: Endgame (A. e J. Russo, 2019)

Avengers: Endgame (id.)
di Anthony e Joe Russo – USA 2019
con Robert Downey Jr., Chris Evans
***

Visto al cinema Colosseo.

Nel precedente "Avengers: Infinity War" (di cui questo film è il seguito diretto), il folle extraterrestre Thanos aveva usato il potere delle sei gemme dell'infinito per spazzare via (con uno schiocco di dita!) metà degli esseri viventi di tutto l'universo. Fra questi, anche tantissimi supereroi (in particolare Spider-Man, il Dottor Strange, Black Panther, Falcon, Bucky, Scarlet, Wasp, Nick Fury e tutti i Guardiani della Galassia tranne Rocket), nonché molti loro amici e familiari. I Vendicatori rimasti (Iron Man, "recuperato" nello spazio da Captain Marvel, oltre a Thor, Cap, Hulk e War Machine, con l'aggiunta di Nebula e Rocket) partono al contrattacco, ma la loro è una vittoria di Pirro: Thanos, ormai raggiunto il proprio scopo e ritiratosi "in pensione" su un lontano pianeta, si lascia uccidere senza opporre resistenza, consapevole che ciò che ha fatto non potrà più essere cancellato (l'ultimo suo atto con le sei gemme è stato quello di distruggerle). Tutto finito? No: cinque anni più tardi, Scott Lang fa ritorno dal regno quantico in cui lo avevamo lasciato alla fine di "Ant-Man and the Wasp" con una sconvolgente intuizione: le particelle Pym, le stesse che gli permettono di mutare le proprie dimensioni, potrebbero potenzialmente consentire di viaggiare nel tempo, e dunque di tornare nel passato per impadronirsi delle sei gemme. Non per cambiare il corso degli eventi (che – ci viene spiegato – non possono essere alterati) ma per riportare in vita tutti coloro che sono scomparsi. Ma nel frattempo gli eroi superstiti sono molto cambiati: se alcuni (Captain America, Vedova Nera, War Machine, Rocket, Nebula e un'ormai distante Captain Marvel) continuano la propria missione come sempre, altri si sono ritirati a vita privata. Tony Stark/Iron Man si è sposato con Pepper Potts ed è padre di una figlia); Bruce Banner/Hulk ha imparato a "fondere" le sue due personalità, dominando con il proprio cervello la parte più selvaggia (come nelle storie a fumetti scritte da Peter David); Thor si è lasciato andare alla depressione, e trascorre le giornate a bere birra e a guardare la tv (con tanto di panza!); e Clint Barton/Hawkeye è diventato un sanguinario vendicatore. Ma la possibilità di rimettere le cose a posto fa riunire il gruppo, che, suddiviso poi in vari team, torna indietro nel tempo a recuperare le diverse gemme, rivisitando luoghi e scenari visti nelle precedenti pellicole (la New York del 2012, durante "The Avengers"; l'Asgard del 2013, durante "Thor: The Dark World"; e il pianeta Morag del 2014, durante "Guardians of the Galaxy"). Come in "Ritorno al futuro", citato esplicitamente, i nostri eroi agiranno "dietro le quinte" degli eventi già narrati, e qualcuno dovrà affrontare sé stesso. C'è anche spazio per una capatina nel 1970, che dà a Tony l'opportunità di incontrare suo padre Howard. La missione ha successo, ma con un indesiderato effetto collaterale: anche il Thanos del 2014 giunge nel presente, deciso a sottrarre le gemme agli eroi, questa volta per distruggere l'universo del tutto (e poi ricostruirlo da zero). Ne consegue una battaglia finale cui partecipano davvero tutti, anche i personaggi scomparsi ed ora redivivi: uno scontro campale che si conclude vittoriosamente soltanto grazie ad un estremo sacrificio...

"Questa è la battaglia della nostra vita", dice Steve Rogers/Cap ai compagni. E infatti il quarto film degli Avengers nonché il ventiduesimo film dell'Universo Cinematico Marvel (MCU) è il punto d'arrivo cui tendevano tutti i precedenti, gran finale di una "saga" (quella delle gemme dell'infinito, appunto) durata oltre dieci anni e iniziata con il primo "Iron Man" nel 2008. Non a caso nel finale – insieme a tantissimi personaggi e comprimari apparsi nelle altre pellicole – rivediamo proprio il regista di quel film, Jon Favreau, nei panni dell'autista e amico di Tony Stark, Happy Hogan. Kolossal epico, monumento all'immaginario fantastico dell'ultimo decennio, campione d'incassi in tutto il mondo (ha superato persino "Avatar"!), atteso dai fan con trepidazione da un anno esatto (ovvero dal cliffhanger del precedente capitolo), il lungometraggio non delude di certo: le sue tre ore di durata (record per un film Marvel, giustificate anche dalla moltitudine di personaggi da giostrare e degli eventi di cui tirare le fila) sono assolutamente ben spese, senza mai provare la sensazione che gli sceneggiatori vogliano allungare il brodo. La prima parte, anzi, quella con i supereroi che devono affrontare le rispettive perdite, è a tratti toccante e coinvolgente, superando tutti i limiti dei film anteriori, a volte troppo fracassoni o di puro entertainment. Questo, a parte appunto la battaglia finale (comunque epica e spettacolare, entusiasmante soprattutto per chi ha visto tutti i capitoli precedenti), è invece più character-driven, e scava nelle psicologie dei vari eroi (con particolare attenzione per quelli che sono sempre stati le colonne portanti del MCU, ovvero Tony Stark e Steve Rogers), mostrandone le debolezze e sottolineandone le differenze (come la cialtroneria e i lati comici dei vari Thor, Ant-Man e Star-Lord). Spazio ridotto, invece, per il cattivo Thanos, più monodimensionale e stereotipato rispetto a "Infinity War". Grazie ai viaggi nel tempo, rivediamo anche molti personaggi e volti del passato, come Frigga, Loki, l'Antico. E ritornano, fra gli altri, la Valchiria, Okoye e Wong. Non tutti sono propriamente o formalmente reintrodotti, e dunque uno spettatore che si avvicinasse a questo film senza aver visto gran parte delle pellicole precedenti (o senza ricordarne ogni particolare) rischia di trovarsi spesso spiazzato, anche perché gli stessi protagonisti usano talvolta il nome proprio e talvolta quello di battaglia. Il lungometraggio, tuttavia, è decisamente ben equilibrato fra esigenze di trama, di approfondimento, di spettacolo e le immancabili strizzatine d'occhio per i fan dei comics (Cap che dice "Hail Hydra" o che solleva il martello di Thor, la figlia di Tony che si chiama Morgan, Clint armato di spada nei panni del Ronin: tutti riferimenti più o meno occulti a celebri storie a fumetti) o degli stessi film del MCU ("Io sono Iron Man"). E ci offre quella che è probabilmente l'ultima apparizione sullo schermo di Stan Lee, il creatore di quasi tutti questi personaggi (scomparso pochi mesi fa), in un cameo (insieme alla moglie) nei panni di un contestatore che sfreccia in auto davanti alla base militare negli anni '70).

Un punto d'arrivo, dicevamo: con "Endgame" (titolo traducibile con "finale di partita", dal gergo degli scacchi e di alcuni sport) si chiude un ciclo di ventidue film, e diamo l'addio ad alcuni personaggi (o meglio, a questa particolare incarnazione). Nell'Universo Marvel (fumettistico o cinematografico, non importa), lo sappiamo bene, la morte non è mai definitiva. L'impressione è che si sia voluto sfruttare l'occasione per mettere la parola fine alla collaborazione con alcuni attori che da un lato stanno invecchiando e dall'altro sono diventati ormai troppo costosi per una franchise che ha scoperto di poter riscuotere incassi record al box office anche con interpreti meno noti o alle prime armi (il nuovo Spider-Man docet). Addio, dunque, a Robert Downey Jr., a Chris Evans e (forse) a Scarlett Johansson: se mai rivedremo sul grande schermo Iron Man, Cap e la Vedova Nera (e non ci sono molti dubbi a proposito!), si tratterà di nuove versioni, magari più giovani e "aggiornate". D'altronde il tintinnio sul finire dei titoli di coda (niente scena post-credit, per la prima volta!) suggerisce che un nuovo Iron Man sia già in costruzione da qualche parte. Cap ha già individuato in Sam Wilson il proprio successore, e forse tornerà anche la Visione (in fondo Gamora è già tornata, col trucco: la sua versione del 2014 ha preso il posto nei Guardiani della Galassia di quella defunta). E presto, nelle successive "fasi" del MCU, all'ensemble dovrebbero unirsi anche tutti quei personaggi (come gli X-Men e i Fantastici Quattro) i cui diritti erano della 20th Century Fox, acquisita recentemente dalla Disney. Forse il futuro del Marvel Universe sarà meno Avengers-centrico e più basato su pellicole stand-alone (come consiglierebbe il successo di "Black Panther"), e la cosa non mi dispiacerebbe (la sensazione di assistere ad episodi di un telefilm è sempre stato l'aspetto che ho gradito meno di questi film), ma dubito che si rinuncerà del tutto a fidelizzare i fan con la continuity, croce e delizia nonché caratteristica fondante anche dei comics. Salutano il MCU (almeno temporaneamente) anche i fratelli Anthony e Joe Russo, registi mestieranti senza infamia e senza lode (comunque meglio loro di Joss Whedon): i meriti del film stanno tutti nella sceneggiatura (qualche buco logico a parte), nella recitazione e negli effetti speciali, ingredienti dosati a livello superiore rispetto ai precedenti capitoli. Ma il valore maggiore sta proprio nel costituire un degno finale di una saga lunghissima, nel portare a termine estese sottotrame e percorsi individuali senza tradire le aspettative (a vari livelli) e, cosa non da poco, senza annoiare, anzi coinvolgendo e a tratti divertendo parecchio. Meritato "l'onore della firma" per i principali interpreti sui titoli finali. Ah, un ultimo appunto semi-ironico (ma non troppo): mezzo punto in più per aver menzionato, in mezzo a tanti celebri film sui viaggi nel tempo, il semisconosciuto – e inedito in Italia – ma mio personal cult "Bill & Ted's Excellent Adventure" (di cui proprio la Marvel pubblicò un adattamento a fumetti).

30 aprile 2018

Avengers: Infinity War (A. e J. Russo, 2018)

Avengers: Infinity War (id.)
di Anthony e Joe Russo – USA 2018
con Josh Brolin, Robert Downey Jr.
**

Visto al cinema Arcobaleno.

Il folle extraterrestre Thanos di Titano (Josh Brolin) vuole impadronirsi delle sei gemme dell'infinito, attualmente disperse per la galassia (ma già viste, sotto diverse forme, nei precedenti film della Marvel) per diventare la creatura più potente dell'universo e sterminarne metà della popolazione, riportando così (a suo dire) l'equilibrio nel cosmo. Già in possesso della gemma del potere (l'Orb che avevamo visto nel primo "Guardiani della Galassia"), attacca l'astronave con i profughi asgardiani (nello spazio dopo gli eventi di "Thor: Ragnarok") e uccide Loki (Tom Hiddleston) per sottrargli il Tesseract (ovvero la gemma dello spazio). Dopodiché è il turno della gemma della realtà, vale a dire l'Aether (vista in "Thor: The Dark World") in possesso del Collezionista (Benicio Del Toro), e di quella dell'anima (al suo esordio cinematografico), per ottenere la quale sacrifica la vita dell'unica persona che ama, ovvero la figlia Gamora (Zoe Saldana). Le ultime due sono in possesso di eroi terrestri: la gemma del tempo è incapsulata nell'amuleto del Dottor Strange (Benedict Cumberbatch), che viene rapito e portato su Titano insieme ad Iron Man (Robert Downey Jr) e Spider-Man (Tom Holland); quella della mente fa parte integrante del sintezoide Visione (Paul Bettany), rifugiatosi con l'amata Wanda (Elizabeth Olsen) nel Wakanda di Black Panther (Chadwick Boseman) insieme al resto degli Avengers, riunitisi dopo lo scisma di "Civil War": Capitan America (Chris Evans), Hulk (Mark Ruffalo, anch'egli tornato dallo spazio ma con problemi di trasformazione), la Vedova Nera (Scarlett Johansson), Falcon (Anthony Mackie), War Machine (Don Cheadle), Bucky (Sebastian Stan) e un redivivo Thor (Chris Hemsworth), dotato del nuovo martello Stormbreaker, forgiato dal nano Eitri (Peter Dinklage), e alleatosi con i Guardiani della Galassia (il procione Rocket e l'albero Groot, nella fase adolescenziale/ribelle, mentre Star-Lord (Chris Pratt), Drax (Dave Bautista) e Mantis (Pom Klementieff) aiutano gli eroi su Titano). Il cast è completato da numerosi comprimari già visti nei precedenti film: Heimdall (Idris Elba), Wong (Benedict Wong), Nebula (Karen Gillan), Pepper Potts (Gwyneth Paltrow) e altri ancora (compreso il consueto cameo di Stan Lee, qui autista del bus scolastico di Peter Parker), molti dei quali ci lasciano le penne (come Nick Fury (Samuel Jackson) nel controfinale). Whew! Progressivamente più potente man mano che acquisisce le gemme, infatti, Thanos riuscirà nel suo intento: e nel finale, con la semplice volontà, farà letteralmente sparire nel nulla metà degli esseri viventi di tutto l'universo, prima di "ritirarsi a vita privata". Ma l'anno prossimo arriverà il sequel "Endgame" (inizialmente avrebbe dovuto intitolarsi "Infinity War - Part 2") che risolverà tutto.

Anche se non si sfugge dalla solita sensazione (comune a quasi tutti i film Marvel, ma soprattutto a quelli degli Avengers) di assistere a una puntata di una serie televisiva anziché a una pellicola cinematografica, si può ben dire che siamo di fronte a un film epico, il punto finale verso cui tendevano tutti i precedenti lungometraggi della Casa delle Idee. La storia di Thanos e delle sei gemme (che nei fumetti era stata raccontata nel colossale crossover "Infinity Gauntlet" e nel suo antefatto "Thanos Quest", pubblicati nel 1990/91 ed entrambi ideati da Jim Starlin: "Infinity War" era invece il titolo di un sequel successivo, con una trama differente), vista sul grande schermo, non delude di certo. Però, come abbiamo visto, la quantità di personaggi e di super-eroi è abnorme, il che impedisce alla sceneggiatura di dedicare il tempo necessario a ciascuno di loro. Nessuna caratterizzazione è tradita, si badi bene, anzi è stato fatto un ottimo lavoro nel rispettarle e al tempo stesso nel mostrare interessanti interazioni fra personaggi di film diversi, molti dei quali si incontrano qui per la prima volta (assai divertenti i siparietti fra Tony Stark e il Dottor Strange, per esempio, o quelli fra Thor e i Guardiani della Galassia, in particolare Rocket). Ma molti degli eroi, francamente, sono poco più che comparse interscambiabili (e questo, ahimè, vale soprattutto per gli Avengers, cui nominalmente sarebbe intitolata la pellicola), e chi non conoscesse a menadito i film precedenti avrebbe le sue difficoltà nel districarsi (anche perché ormai parecchi personaggi si somigliano anche esteticamente: come mostra la locandina promozionale, Cap con la barba e Thor con i capelli corti sono a rischio riconoscibilità, visto poi che anche Tony Stark, Dottor Strange e Star-Lord hanno barbetta o pizzetto). Protagonisti di battaglie insensate, con scene d'azione confuse, decisioni stupide (perché Pantera Nera fa aprire gli scudi protettivi in Wakanda? Perché gli Avengers vogliono distruggere la gemma della mente anziché usarla contro il nemico?), livelli di potere incoerenti e contraddittori (come possono Cap, Falcon e Vedova Nera sconfiggere dei nemici che hanno messo in difficoltà Visione e Scarlet?), gli eroi si lanciano in battutine spesso fuori luogo (accettabili giusto quelle dei Guardiani, "cazzoni" per natura). Ecco dunque che il vero valore della pellicola è dato non dai buoni ma dal cattivo, Thanos, autentico protagonista nonché anima e centro nevralgico della vicenda, sicuramente uno dei villain più interessanti di sempre (se non il migliore in assoluto) dell'Universo Cinematico Marvel. Tutto, dalle sue pur vaghe motivazioni ai suoi rapporti con la figlia Gamora, va oltre i cliché del genere. E dunque pare quasi giusto che vinca lui (almeno fino al prossimo film, che pure sarà preceduto da un paio di pellicole stand-alone, forse ambientate prima di questa: "Ant-Man and the Wasp" e "Captain Marvel").

13 luglio 2017

Spider-Man: Homecoming (Jon Watts, 2017)

Spider-Man: Homecoming (id.)
di Jon Watts – USA 2017
con Tom Holland, Michael Keaton
**1/2

Visto al cinema Colosseo.

Dopo la popolare versione di Sam Raimi (tre film dal 2002 al 2007) e quella fallimentare di Marc Webb (due film nel 2012 e 2014), questo è il terzo reboot in quindici anni per l'Uomo Ragno (chiamato ormai in pianta stabile con il nome originale Spider-Man per questioni di marketing). E si tratta di un "ritorno a casa" in tutti i sensi, visto che il personaggio viene inglobato definitivamente nell'Universo Cinematico Marvel, dopo la comparsata già fatta in "Captain America: Civil War" (di cui rivediamo alcune scene dal punto di vista di Peter Parker... o meglio, della sua videocamera nascosta: un rimando all'abitudine che il personaggio ha, nei fumetti, di scattare foto di sé stesso mentre è in azione). Il film è infatti realizzato interamente, dal punto di vista creativo, dai Marvel Studios, che non perdono l'occasione per legarlo a doppio filo con le pellicole degli Avengers (l'arsenale dei cattivi ha origine dalla tecnologia aliena rimasta sulla Terra dopo la battaglia del primo film dei Vendicatori), come dimostrano le partecipazioni di Tony Stark/Iron Man (Robert Downey Jr.), Happy Hogan (Jon Favreau), Pepper Potts (Gwyneth Paltrow) e Captain America (Chris Evans, in una serie di buffi video motivazionali per le scuole, uno dei quali rappresenta l'easter egg dopo i titoli di coda). Le aspirazioni del giovane Peter Parker/Spider-Man (di cui ci viene risparmiata l'origine: tanto tutti la conoscono) per l'intera pellicola, in effetti, sono proprio quelle di entrare a far parte in pianta stabile del potente gruppo di supereroi fondato da Stark (il quale gli ha procurato il costume high-tech che sfoggia). E più che una lezione sulla responsabilità, per una volta la sua è una lezione sull'umiltà (il fatto che gli venga impartita, sia pure inconsapevolmente, da un mentore arrogante come Tony è ironico ma significativo). Peter aprà infatti imparare a mantenere i piedi per terra, accettando il suo ruolo di eroe "piccolo" ed urbano, di "amichevole Uomo Ragno di quartiere" ("friendly neighborhood Spider-Man", recitava uno dei versi della canzone degli anni sessanta, il cui tema si può udire all'inizio del film). Se la pellicola è realizzata dalla Marvel (ovvero dalla Disney), i diritti cinematografici del personaggio restano però in mano alla Sony, che attraverso la Columbia ci ha messo i soldi: è un caso più unico che raro di collaborazione fra due major hollywoodiane. Insolito anche l'accordo per la ripartizione dei ricavi: a Sony/Columbia andranno gli incassi in sala, a Disney/Marvel quelli del merchandising. Inutile dire che entrambi si prevedono copiosi.

A livello di contenuti, il film mi è parso il più fedele allo spirito (se non alla lettera) del fumetto originale di Stan Lee e Steve Ditko, di cui riprende quasi tutti gli elementi fondanti e caratteristici, attualizzandoli certo agli anni Duemila ma senza tradirli (come aveva fatto Raimi) o banalizzarli (come aveva fatto Webb). Innanzitutto l'ambientazione scolastica, che si riflette nella giovane età del personaggio, forse lo Spider-Man più giovane mai visto sullo schermo. Peter ha quindici anni, ama la scienza, è un nerd (magnifiche le sue t-shirt con battute su fisica e chimica), isolato e deriso dai compagni di classe più integrati (come Flash), che ha l'unico amico nel grassottello Ned (Jacob Batalon). La sua crescita è tutta interiore, i suoi problemi sono quelli di molti adolescenti, e per fortuna, nonostante la leggerezza e la vena scanzonata (il film è quasi una commedia), siamo ben lontani dalle storture cool e young adult della precedente versione (i due "Amazing Spider-Man" rimangono fra i peggiori film sul personaggio mai realizzati). Si respira il senso di novità, come nelle primissime storie di Ditko. Il Peter interpretato da Tom Holland (una ventata di aria fresca, dopo l'antipatico Tobey Maguire e il pessimo Andrew Garfield) è credibile, timido e impacciato ma pieno di energia e di passione, insicuro di sé ma sfrontato quando serve, diviso in due sotto ogni aspetto (la ragazza che ama, Liz, è una fan di Spider-Man, al punto da essere tentato di rivelarle la sua vera identità). E quando serve, sa compiere le decisioni giuste, anche a costo di sacrificare la propria felicità personale. Forse i puristi storceranno il naso per il casting che stravolge aspetto, etnia, età e ruolo narrativo di tanti celebri comprimari dei comics, da Ned, appunto, al bullo Flash, da Liz (Laura Harrier, il primo amore di Peter) a Betty, e persino a una zia May (interpretata da Marisa Tomei) che, come avevamo già visto in "Civil War", è ben più giovane e in salute della vecchietta decrepita dei fumetti; ma io non ci vedo nulla di male, anzi. E comunque, il fatto che i cognomi Leeds, Allan e Thompson non vengano mai citati (per non parlare del mini-twist a proposito di un'altra compagna di classe, Michelle) potrebbe permettere in futuro di reintrodurne versioni più canoniche. Qui, se non altro, la mancanza del cognome Allan consente il discreto colpo di scena sull'identità del padre di Liz.

A proposito, non ho parlato finora del villain della pellicola. Si tratta di Adrian Toomes, alias l'Avvoltoio, in una versione anch'essa high-tech (le sue ali sono il frutto della tecnologia aliena di cui sopra), interpretato da un brillante Michael Keaton – di ritorno ai supereroi alati dopo "Birdman" – che dona al personaggio sfaccettature e umanità presenti raramente (o solo in parte) nella sua versione fumettistica (vedi anche la scena finale in prigione). I cineasti hanno giustamente preferito non ricorrere ai nemici dell'Uomo Ragno che si erano già visti nei film precedenti (Goblin, Doc Ock, Venom, Lizard, Electro, ecc.), anche se tecnicamente si tratta di un altro universo e dunque non ci sarebbero state controindicazioni a usarli. Per loro, probabilmente, basterà aspettare qualche anno. Della banda guidata dall'Avvoltoio, comunque, fanno parte (in versioni rivedute e corrette) anche Shocker (sono due gli uomini che si danno il cambio sotto questo nome), lo Scorpione/Mac Gargan e il Riparatore/Phineas Mason (anche se all'inizio, visto che tutti facevano parte di un team impegnato in lavori edili, quasi mi aspettavo che si trattasse della Squadra di Demolizione). Solo i più accaniti fan dei comics riconosceranno invece nel ladruncolo Aaron Davis (Donald Glover) lo zio di Miles Morales, lo Spider-Man alternativo e afro-ispanico. E a proposito di strizzatine d'occhio, la sequenza in cui Peter rimane intrappolato sotto un enorme cumulo di macerie e deve ricorrere a tutta la sua forza di volontà per venirne fuori fa riferimento ad alcune amatissime pagine disegnate da Steve Ditko nel 1966 (nel numero 33 di "Amazing Spider-Man", per la precisione). Fra le scene che mi hanno convinto meno, quella davvero implausibile del traghetto diviso in due, anche se consente la gag del passeggero che per un breve attimo applaude Spider-Man, prima di cambiare idea (il fatto che l'Uomo Ragno fosse benvoluto dai newyorkesi era uno degli aspetti che meno ho amato nei film di Raimi: qui, per fortuna, l'eroe è temuto o al limite snobbato dall'opinione pubblica). Divertente invece la sequenza (anch'essa mutuata dai comics) di Spider-Man come un pesce fuor d'acqua nei quartieri periferici della città, dove mancano i grattacieli ai quali attaccarsi con la ragnatela. Come sempre, al cinema molti scoprono con estrema facilità la vera identità di Peter (qui Ned, Toomes e, proprio alla fine, zia May). Ma a parte questi piccoli dettagli, siamo di fronte a uno dei più soddisfacenti (e divertenti) adattamenti di un personaggio così iconico e popolare. Il film introduce nel MCU anche il Damage Control. Stan Lee appare nel suo consueto cameo come uno dei vicini alla finestra che si lamentano di Spider-Man.

12 maggio 2016

Captain America: Civil War (A. e J. Russo, 2016)

Captain America: Civil War (id.)
di Anthony e Joe Russo – USA 2016
con Chris Evans, Robert Downey Jr.
**

Visto al cinema Colosseo.

Il terzo film di Captain America è in realtà più una pellicola degli Avengers al completo che del vendicatore a stelle e strisce, benché questi rimanga comunque al centro dei riflettori. Gli eroi più potenti della Terra (o almeno dell'Universo Marvel) sono infatti vittima di un complotto ordito da Helmut Zemo (Daniel Brühl) per dividerli in due fazioni, capeggiate rispettivamente da Tony Stark/Iron Man (Downey Jr.) e Steve Rogers/Captain America (Evans), e farli scontrare gli uni contro gli altri. Non che Zemo debba sforzarsi troppo, visto che – come si era già capito dalle pellicole precedenti – i due eroi hanno ideali e "filosofie" decisamente in contrasto. Le numerose vittime civili e collaterali durante le recenti missioni dei Vendicatori hanno spinto i governi del pianeta a riconsiderare lo status di autonomia con cui gli eroi operano, e le Nazioni Unite stipulano un trattato che li obbliga a subordinare le loro attività alle decisioni di un apposito comitato. Gli eroi si dividono fra quelli che trovano giusto adeguarsi a tale protocollo (Iron Man, Vedova Nera, Visione, War Machine) e quelli che invece temono che possa pregiudicare la necessaria libertà d'azione e di intervento (Cap, Falcon, Wanda, Occhio di Falco). La situazione precipita quando il Soldato d'Inverno (ovvero Bucky, l'antico compagno di Captain America) viene accusato di essere il responsabile di un attentato contro le stesse Nazioni Unite, nel quale perde la vita anche l'anziano re del Wakanda. Intenzionato a dare fiducia all'amico di un tempo, Cap aiuta Bucky a sfuggire alla cattura, e questo scatena la guerra fra le due fazioni di eroi, rimpolpate per l'occasione da alcune guest star (Pantera Nera e Spider-Man nel team di Stark, Ant-Man e lo stesso Winter Soldier in quello di Rogers). Alla fine si scoprirà che a incastrare Bucky è stato Zemo, ma la rivelazione non spegnerà il contrasto fra Cap e Iron Man, anzi lo esacerberà quando Tony si renderà conto che proprio Bucky, pure se mentalmente controllato dall'Hydra, è stato il responsabile della morte dei suoi genitori.

Adattando una celebre saga dei comics (che però nella versione a fumetti aveva raggio e conseguenze ben più ampie), i fratelli Russo portano sullo schermo un nuovo tassello dell'Universo Cinematico Marvel, ormai un vero e proprio serial a puntate più che una successione di pellicole indipendenti. In particolare, il lungometraggio segna l'inizio della cosiddetta "Fase Tre" del MCU, che dovrebbe culminare con i due "Avengers: Infinity War" in uscita nel 2018 e 2019. In linea con i film precedenti, ovvero con un baricentro spostato sull'azione e le scazzottate fra eroi, caratterizzazioni basilari e dinamiche semplicistiche (il che non è necessariamente un difetto), "Civil War" prosegue le vicende di Bucky (Sebastian Stan) raccontate nel precedente film del Capitano, mette in scena l'atteso e inevitabile scontro fra Iron Man e Cap, ma introduce anche nuovi personaggi, a partire dallo Spider-Man "ufficiale" (Tom Holland) che prende il posto di quello del recente reboot di Marc Webb (da considerarsi dunque defunto dopo solo due film, peraltro assai mediocri), destinato a interagire con regolarità con gli altri eroi Marvel. Fra le caratteristiche del nuovo Uomo Ragno (di cui fortunatamente non vengono raccontate per l'ennesima volta le origini) sono da segnalare una zia May (Marisa Tomei) ben più giovane di quella canonica e un costume "tecnologico", opera di Tony Stark. Per il resto, assistiamo all'evoluzione di Ant-Man in Giant-Man (ovvero Golia), ai primi accenni di una relazione fra Visione e Wanda, e all'introduzione del wakandiano Pantera Nera (Chadwick Boseman), anch'egli – come Spider-Man – futuro protagonista di un film personale. Scarlett Johansson è la Vedova Nera, William Hurt è il generale "Thunderbolt" Ross, Emily VanCamp è Sharon Carter, mentre Stan Lee fa il suo cameo come postino. Gli elementi chiave del genere sono rispettati e l'intrattenimento non manca, e tanto è bastato a riscuotere l'approvazione di un pubblico e una critica ormai assuefatti. Ma l'altro blockbuster di stagione incentrato su scontri fra supereroi, il bistrattato "Batman v Superman", nonostante i difetti di sceneggiatura, mi era sembrato trattare con maggior spessore i dilemmi morali e i lati oscuri degli eroi.

1 novembre 2015

The amazing Spider-Man 2 (M. Webb, 2014)

The amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro
(The Amazing Spider-Man 2: Rise of Electro)
di Marc Webb – USA 2014
con Andrew Garfield, Emma Stone
*

Visto in divx.

Secondo episodio del reboot dell'Uomo Ragno di Marc Webb, brutto quanto il primo e forse di più. Nelle intenzioni della Sony, licenziataria del personaggio, avrebbe dovuto essere seguìto non solo da un terzo e da un quarto capitolo, ma anche da una serie di spin-off (già annunciati quelli su Venom e sui Sinistri Sei) che avrebbero dato vita a uno Spider-universo in grado di fare concorrenza a quello prodotto direttamente dalla Marvel. I piani, invece, sono stati cancellati: non tanto per lo scarso interesse al botteghino (negli ultimi anni i film di supereroi vanno sempre per la maggiore, anche se è da segnalare come questo in particolare abbia avuto incassi inferiori alle attese) quanto per la decisione di riportare il personaggio nell'alveo dal quale proviene. Grazie a un accordo con i Marvel Studios, infatti, Spider-Man entrerà a far parte del Marvel Cinematic Universe a partire dal'imminente "Captain America: Civil War", e nel 2017 sarà oggetto di un nuovo, ennesimo reboot, ricominciando dalle origini e con un nuovo attore nei panni del protagonista. Che peggio di Andrew Garfield sarà difficile che faccia. Tornando a questo secondo e dunque ultimo film della sua serie, siamo di fronte a una storyline che incrocia vari elementi in maniera goffa e a tratti stupida. Dal capitolo precedente torna il subplot della misteriosa scomparsa dei genitori di Peter Parker, che scopriamo coinvolti nell'origine dei suoi superpoteri. C'è poi l'introduzione di Harry Osborn (Dane DeHaan), vecchio amico di Peter che eredita dal padre l'impero di famiglia, le industrie Oscorp, ma anche una malattia genetica: per trovare una cura a questa, finisce non solo per sviluppare un forte rancore nei confronti di Spider-Man (di cui scopre ovviamente l'identità segreta, che in questi film a quanto pare non rimane mai segreta per nessuno) ma anche per acquisire i poteri che lo trasformeranno in Goblin (il tutto avviene in pochi minuti, decisamente anticlimatici, nel finale). E infine, come da titolo, la minaccia di Electro (Jamie Foxx), un ex impiegato della Oscorp che a causa di un incidente ottiene la capacità di convertire il proprio corpo in energia elettrica. La sceneggiatura è priva di equilibrio, incapace di risultare accattivante, costellata da svolte frettolose e artificiose, e stucchevole nella caratterizzazione dei personaggi (che nonostante la lunghezza della pellicola non vengono sviluppati oltre la banalità, come nel caso di Electro, o che ammiccano a pellicole romance fantasy tipo "Twilight": vedi per esempio Harry, presentato come un belloccio e tenebroso amico-rivale di Peter), mentre la regia è mediocre e priva di idee. Il grande climax, quello della morte di Gwen, ripreso dal celeberrimo albo degli anni settanta scritto da Gerry Conway, è male eseguito e non trasmette alcuna emozione. Il controfinale mostra Rhino (Paul Giamatti!) e sembra introdurre i Sinistri Sei (nei laboratori Oscorp si intravedono le armature dell'Avvoltoio e del Dottor Octopus), ma come detto i successivi capitoli di questa versione di Spider-Man non vedranno mai la luce. Fra le curiosità: Peter fischietta il tema del cartoon dell'Uomo Ragno degli anni sessanta (e lo usa anche come suoneria del cellulare), mentre il personaggio di Felicia, la segretaria di Harry, suggeriva una possibile apparizione della Gatta Nera. Stan Lee compare fra i presenti alla consegna del diploma di Peter e Gwen.

25 novembre 2012

The amazing Spider-Man (M. Webb, 2012)

The amazing Spider-Man (id.)
di Marc Webb – USA 2012
con Andrew Garfield, Emma Stone
*1/2

Visto in volo da Bangkok a Parigi.

Un reboot di cui non si sentiva la necessità, che giunge a soli dieci anni di distanza dal primo episodio della saga di Raimi (alla quale, già non trascendentale, è comunque inferiore in ogni comparto: cast, regia, sceneggiatura) e che è stato concepito con il solo scopo di puntare sul 3D (ma la pellicola è perfettamente visionabile anche in 2D, senza che si perda alcunché) e sul pubblico teen di pellicole come “Twilight”. Insomma, un prodotto puramente commerciale e privo non solo di impronta autoriale ma anche di appeal, che ripropone per l'ennesima volta le origini dell'Uomo Ragno: stavolta c'è di mezzo la genetica trans-specie (in poche parole, il nuovo Spider-Man è un OGM). Si ritorna quindi alle origini, con il Peter Parker nerd liceale e maltrattato dai suoi coetanei come nelle storie di Steve Ditko e Stan Lee (che fa il suo solito cameo, nei panni del bibliotecario con le cuffie), mentre il ruolo di prima nemesi del nostro eroe è svolto da Lizard, ovvero il dottor Curt Connors, esperto di genetica con l'ambizione di "creare un mondo senza punti deboli", che nel tentativo di farsi ricrescere il braccio perso in guerra si trasforma in un'enorme lucertola assassina. L'anonima regia di Webb (un passo indietro rispetto al suo film d'esordio, la commedia romantica "(500) giorni insieme") fa sì che per buona parte della pellicola ci si annoi non poco (soprattutto nella prima ora, visto che tanto si deve attendere prima che Peter indossi per la prima volta una maschera, e in cui pare di assistere a un teen movie di cattiva qualità), mentre la sceneggiatura ricorre a una serie di coincidenze concatenate che mettono a dura prova la sospensione dell'incredulità (alcuni esempi: la scomparsa dei genitori di Peter, ammantata di mistero, è direttamente collegata alle ricerche scientifiche da cui poi trae i suoi poteri; e Gwen, la compagna di classe di cui si innamora, lavora alla Oscorp insieme al dottor Connors, a sua volta ex collega del padre del nostro eroe). Le lunghe scene d'azione nel finale riescono a tenere un po' desta l'attenzione, ma non rappresentano certo nulla che non si sia già visto in tanti altri film del genere: anche la spettacolarità sembra scarseggiare. Bello, comunque, il costume. Come al solito, a differenza dei fumetti, il numero di persone che scopre l'identità di Spider-Man è sempre elevatissimo (a Gwen, addirittura, lo dice subito lui stesso). Più che Emma Stone nei panni di Gwen Stacy e Rhys Ifans in quelli di Curt Connors, a brillare è soprattutto Denis Leary in quelli del capitano Stacy, il poliziotto inizialmente ostile all'eroe mascherato ma che poi diventa suo alleato (così come buona parte dei cittadini newyorkesi, ancora una volta in barba alla filosofia originale del fumetto, che vede nel personaggio il classico "eroe incompreso"). Martin Sheen è zio Ben, Sally Field è zia May, mentre meno si dice del protagonista Andrew Garfield, meglio è.

10 maggio 2007

Spider-Man 3 (Sam Raimi, 2007)

Spider-Man 3 (id.)
di Sam Raimi – USA 2007
con Tobey Maguire, Kirsten Dunst
**

Visto al cinema Colosseo, con Hiromi.

Come già per gli X-Men, anche nel caso dell'Uomo Ragno il terzo capitolo della saga è senza dubbio il peggiore, ma anche quello di maggior interesse per gli appassionati di comics. Le citazioni, gli eventi e i personaggi rappresentati sono infatti così tanti da superare i primi due film messi insieme (ma questo è anche il punto debole della pellicola, che mette troppa carne al fuoco): e lo scontro finale a quattro (oltre a Spidey ci sono il nuovo Goblin, l'Uomo Sabbia e Venom) è abbastanza accattivante. Se la love story con Mary Jane continua a sembrarmi stucchevole, gli elementi provenienti dal fumetto costituiscono per l'appunto la cosa migliore del film: scientificamente assurda ma intrigante l'introduzione dell'Uomo Sabbia, un po' troppo rapida e forzata quella di Venom, che forse avrebbe meritato di non dividere la scena con così tanti altri characters (non che sia mai stato uno dei miei supercattivi preferiti, beninteso, ma ho gradito il fatto che i concetti principali della saga del costume nero, come la nascita di un "doppio malvagio" dell'eroe, siano stati mantenuti). Gwen Stacy è presentata un po' troppo come una ragazza svampita e sexy (come avrebbe dovuto essere Mary Jane, invece), ma si dimostra anche sensibile e intelligente. Ed è interpretata da una Bryce Dallas Howard che a ogni film mi sorprende sempre di più per bravura, bellezza e versatilità. Buffo, peraltro, che a indossare i panni di un personaggio biondo sia stata chiamata un'attrice rossa di capelli, mentre per interpretare una rossa (MJ, appunto) sia stata scelta una bionda. Bravo anche Thomas Haden Church (già visto in "Sideways"), un'ottima scelta di casting: sembra proprio disegnato da Steve Ditko! Completamente gratuito, ancora una volta e più del solito, il cameo di Stan Lee, mentre è gustoso quello di Bruce Campbell, il terzo consecutivo, nelle vesti del cameriere francese. La trama prosegue con la discutibile filosofia di rendere Spider-Man un eroe "popolare" e amato dai cittadini, e in un certo senso chiude il cerchio iniziato con il primo episodio: l'intenzione era comunque quella di proseguire la saga con altri film (nei quali ci si poteva aspettare un maggior coinvolgimento del professor Connors e della famiglia Stacy). Ma Raimi si tirerà indietro, e la Sony avrà la sciagurata idea di far ripartire la franchise da zero con "Amazing Spider-Man" (e Andrew Garfield al posto di Tobey Maguire) nel 2012.

21 aprile 2007

Spider-Man 2 (Sam Raimi, 2004)

Spider-Man 2 (id.)
di Sam Raimi – USA 2004
con Tobey Maguire, Kirsten Dunst
***

Rivisto in DVD, con Hiromi.

Dopo la delusione del primo episodio, il secondo è stata una gradita sorpresa e uno dei miglior film di supereroi della recente ondata. Tutto mi è sembrato funzionare meglio, persino i due attori principali mi hanno convinto di più, per non parlare del cattivo, un Alfred Molina quasi perfetto nei panni del tentacolare Dottor Octopus. La pellicola, soprattutto nella prima metà, si concentra moltissimo sul difficile rapporto di Peter Parker con il proprio alter ego: a differenza di altri supereroi come Superman e Batman (per i quali l’identità “borghese” non è che una copertura per la loro vera natura, quella “in costume”), infatti, la creatura di Stan Lee è sempre stata caratterizzata da una grande attenzione al “lato umano” e al tentativo di conciliarlo con l’aspetto supereroico. Forse il film esagera un po’ nel mostrare le sfortune di Peter, al quale davvero non ne va bene una, ma riprende lo spirito del fumetto meglio di quanto non avesse fatto il primo capitolo. Si arriva addirittura a citare la celebre copertina di John Romita con il costume nel bidone della spazzatura nel vicolo e il suo strillo, “Spider-man no more!”. Anche la sceneggiatura e i dialoghi sono stavolta meno meccanici e scorrono meglio. Mi ha lasciato un po’ perplesso, invece, la quantità di persone che scoprono la vera identità di Spider-Man nel finale: passi per Harry, M.J. e Doc Ock, ma addirittura un’intera carrozza della sopraelevata piena di passeggeri newyorkesi mi sembra un po’ troppo (oltre a proseguire nella discutibile direzione già intrapresa dal primo film, quella di rendere l’Uomo Ragno un eroe cittadino benvoluto da tutti, J.J.J. a parte). La mano di Raimi si comincia a vedere più spesso: la scena più bella è probabilmente quella in cui le braccia robotiche del Dottor Octopus si risvegliano nella sala operatoria. Divertente anche il cameo di Bruce Campbell, attore feticcio del regista, nei panni della maschera del teatro che impedisce a Peter di entrare. Il film, infine, pone le basi per l’apparizione di Lizard (il dottor Connors) e di un redivivo Goblin (o Hobgoblin?) nel capitolo successivo.

18 aprile 2007

Spider-Man (Sam Raimi, 2002)

Spider-Man (id.)
di Sam Raimi – USA 2002
con Tobey Maguire, Kirsten Dunst
**

Rivisto in DVD, con Hiromi.

Per prepararmi all'imminente arrivo del terzo capitolo, previsto fra un paio di settimane, ho deciso di riguardarmi i primi due film di Spider-Man che non avevo più visto dopo la loro uscita al cinema. L'idea di un film sull'Uomo Ragno circolava già da tempo: a lungo sembrava che avrebbe dovuto dirigerlo James Cameron, ma poi la scelta dei produttori è caduta su Sam Raimi, abile artigiano del fanta-horror. Peccato che all'interno di questa megaproduzione la sua mano si veda poco, giusto in qualche soggettiva del ragno all'inizio, e che il film alla fine risulti una baracconata con poco spessore. La prima parte della pellicola, sicuramente la migliore, racconta le origini del supereroe modernizzandole: rispetto al fumetto di Stan Lee e Steve Ditko, il ragno che morde Peter Parker conferendogli i poteri non è radioattivo ma "geneticamente modificato". Non che questo renda la cosa più plausibile scientificamente, ma fa parte del tentativo di "svecchiare" il setting del personaggio, anche a costo di tradire in parte le intenzioni degli autori. Nel fumetto, infatti, Peter Parker non era uno "sfigato" come quello presentato all'inizio del film, ma un ragazzo sensibile e intelligente costretto a vivere in un mondo "sbagliato" dove tutti se la prendevano con lui (e la cosa continua anche dopo che diventa un supereroe: l'opinione pubblica e le forze dell'ordine sono contro di lui, ma ciò nonostante - e in questo stava il suo eroismo - continua a lottare perché "da grandi poteri derivano grandi responsabilità"). Nel film, invece, non è il mondo a essere "sbagliato": tocca a chi ne sta ai margini "adeguarsi" per diventare degno di farne parte. Una volta diventato Spider-Man, infatti, Peter è più bello, più muscoloso, viene finalmente amato dalla ragazza che desidera ed è persino sostenuto e protetto dagli abitanti di New York (la patetica ostilità di J.J. Jameson sembra un caso isolato, e l'unica scena in cui un poliziotto cerca di arrestare Peter si conclude dopo pochi istanti con lo stesso poliziotto che lo incita ad andare a salvare la gente). Proprio la scena della folla sul ponte rappresenta uno dei punti più bassi della seconda parte del film, caratterizzata da un Goblin "metallico" davvero malriuscito nonostante la prova di Willem Dafoe, il migliore nel cast. Tobey Maguire, infatti, sarà anche adatto per la parte ma è antipatico, e la "ragazza della porta accanto" Kirsten Dunst non ha assolutamente il physique du role per interpretare la "supermodella" Mary Jane. In ogni caso, ritengo sbagliato giudicare un film in base alla sua fedeltà all'opera originale: questo primo "Spider-Man" non mi è particolarmente piaciuto perché in fin dei conti non è nulla di più di un classico filmone d'azione che sfrutta un'icona dell'immaginario fumettistico per mettere in piedi una storia mediocre, che ha l'appeal di un telefilm adolescenziale e che sacrifica l'aspetto avventuroso in favore di una superficialissima storia d'amore. La parte migliore, com'è detto, è quella iniziale, ma le origini di Spider-Man (il nome originale è stato imposto dal marketing al posto dell'italico "Uomo Ragno") non vengono certo narrate con maggior efficacia che in una delle innumerevoli versioni a fumetti degli stessi eventi. Non particolarmente memorabili nemmeno gli effetti speciali (costume compreso) e la musica di Danny Elfman. Per fortuna con il secondo episodio le cose miglioreranno.