Visualizzazione post con etichetta Reiner. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Reiner. Mostra tutti i post

21 settembre 2020

Misery non deve morire (Rob Reiner, 1990)

Misery non deve morire (Misery)
di Rob Reiner – USA 1990
con James Caan, Kathy Bates
***1/2

Rivisto in TV.

Uscito di strada con la sua auto per via di una tormenta di neve, lo scrittore Paul Sheldon (James Caan) viene soccorso dall'infermiera Annie Wilkes (Kathy Bates), che vive in una fattoria isolata fra le montagne. Ma quando la donna scopre che l'uomo intende "uccidere" per sempre Misery, protagonista della serie di romanzi commerciali che gli ha dato il successo e di cui lei è una grande fan, lo segrega e lo tortura per costringerlo a "resuscitare" il personaggio... Da un romanzo di Stephen King (che, per una volta, ha apprezzato l'adattamento: la sceneggiatura è firmata da William Goldman), un thriller ad alto tasso di tensione e coinvolgimento, graziato da eccezionali interpretazioni (la Bates vinse l'Oscar) e da numerosi sotto- e sovratesti. Al di là del puro intrattenimento horror, che può contare su un'atmosfera claustrofobica con un personaggio alla mercé di un altro (lo scrittore ha le gambe fratturate ed è impossibilitato a muoversi, se non strisciando o con una scomoda sedia a rotelle), l'intera vicenda può essere letta come una metafora del rapporto fra un creatore di storie e i suoi lettori/spettatori. Fino a che punto il primo è davvero "padrone" del destino dei suoi personaggi? Sheldon (come Arthur Conan Doyle con Sherlock Holmes prima di lui) intende sbarazzarsi di Misery perché ambisce a scrivere romanzi più "seri", realistici ed autoriali, che possano dargli quella fortuna critica e quella soddisfazione personale che i suoi lavori più popolari non gli offrono, ma non si rende conto dell'importanza e del valore che questi hanno per i suoi lettori come fonte di sogno e di escapismo. Sono i fan, più degli autori, a investire tempo ed emozioni nei personaggi e nel loro mondo, tanto da sentirsi traditi quando gli scrittori maltrattano le loro creature (o le fanno agire in maniera contraddittoria: vedi Annie che critica le trovate "irrealistiche" che Paul inventa per far tornare in vita Misery). Se Caan è ottimo in un ruolo che forse King avrà concepito come semi-autobiografico, la Bates è indimenticabile nei panni della goffa ma inquietante infermiera con un passato da killer (che lentamente viene alla luce): se inizialmente sembra eccentrica e apprensiva ma innocua, man mano che il film procede si rivela un'aguzzina calcolatrice e psicopatica, ancora più terribile perché è davvero e sinceramente "l'ammiratrice numero uno" di Sheldon, da cui è ossessionata al limite del fanatismo. Nel cast ci sono Lauren Bacall (l'agente di Paul), Richard Farnsworth (l'anziano sceriffo) e Frances Sternhagen (sua moglie), questi ultimi due quasi personaggi da film dei fratelli Coen. La fotografia è del futuro regista Barry Sonnenfeld, già collaboratore proprio dei Coen. Rob Reiner aveva già adattato per il grande schermo un testo di Stephen King con il precedente "Stand by me". Il film potrebbe aver ispirato un episodio della quarta serie di "Le bizzarre avventure di JoJo" (quello con Yukako).

4 ottobre 2017

Stand by me (Rob Reiner, 1986)

Stand by me - Ricordo di un'estate (Stand by Me)
di Rob Reiner – USA 1986
con Wil Wheaton, River Phoenix
***1/2

Rivisto in DVD, con Marisa e altra gente.

Alla notizia della morte dell'amico di un tempo Chris Chambers, lo scrittore Gordie Lachance (Richard Dreyfuss) rievoca un episodio della loro infanzia a Castle Rock, in Oregon. I dodicenni Gordie (Wil Wheaton) e Chris (River Phoenix), insieme ad altri due amici, Teddy (Corey Feldman) e Vern (Jerry O'Connell), decisero di andare alla ricerca del cadavere di un loro coetaneo, Ray Brower, scomparso da alcuni giorni, che sapevano trovarsi presso i binari del treno in mezzo ai boschi. Un classico degli anni ottanta, nonché uno dei più bei film mai girati sul tema della crescita e dell'amicizia, un racconto di coming-of-age che si dipana nell'arco di due giorni, durante una lontana e assolata estate, nei quali i quattro amici sono protagonisti di un vero e proprio viaggio iniziatico, alla scoperta della morte ma anche e soprattutto di sé stessi. Nella totale assenza (o addirittura nell'ostilità) dei genitori e degli adulti in generale, i quattro ragazzini possono contare solo sulla propria amicizia per trovare gli stimoli ad andare avanti, alla scoperta del mondo e delle proprie potenzialità. E così Gordie, che vive nel trauma della morte del fratello maggiore Danny, il preferito dai genitori, si sente inadeguato e non amato, insicuro e fuori posto. Chris, additato da tutti come un poco di buono, anche per via della famiglia disastrata da cui proviene, lo aiuterà a ritrovare fiducia in sé stesso, e sarà a sua volta stimolato da lui a non arrendersi a un'esistenza limitata e infelice come quella che, a dire di tutti, lo dovrebbe attendere. La caratterizzazione dei quattro ragazzini è fenomenale: merito non solo della sceneggiatura ma anche del regista, che scelse quattro giovani attori con caratteristiche (anche familiari) molto simili a quelle dei personaggi: Wheaton era timido, sensibile e insicuro, Phoenix era un leader naturale ma proveniva da una famiglia quantomeno bizzarra, O'Connell era estroverso e ironico, Feldman era pieno d'ira anche per via dei cattivi rapporti coi suoi genitori. Reiner volle che i quattro ragazzi passassero due settimane insieme prima dell'inizio delle riprese, per farli diventare amici anche nella vita reale.

Il film è tratto da un racconto di Stephen King (contenuto nella raccolta "Stagioni diverse"), il quale ne apprezzò molto l'adattamento, dichiarando che riproduceva alla perfezione le atmosfere (in parte autobiografiche) che aveva voluto mettere sulla pagina scritta: King tornerà a collaborare con Reiner nel successivo "Misery non deve morire", e la casa di produzione indipendente fondata dal regista si chiamerà proprio Castle Rock Entertainment, in omaggio al paese (fittizio) da dove provengono i ragazzini. Tipici di King sono il tema della scrittura (Gordie è destinato a diventare uno scrittore: memorabili le storie che si inventa per intrattenere gli amici, come il racconto della gara di mangiatori di torte, con smisurata vomitata annessa: ma si sa, a quell'età sono queste le cose che divertono) e quelli legati alla crescita, alle sue dinamiche e alle sue leggende. A questo proposito, la caratterizzazione dei ragazzi, colti proprio nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza, è magistrale, come dimostrano le loro conversazioni (da argomenti banali legati alla tv e ai fumetti, alle paure, alle idealizzazioni e alle volgarità). Anche quando litigano, fanno subito la pace. Notevole il contrasto con la banda dei ragazzi più grandi (di cui fanno parte Kiefer Sutherland, nei panni del cattivo "Asso" Merrill, e Bradley Gregg, il fratello maggiore di Chris), che a differenza loro non hanno saputo fare il salto di qualità, rimanendo imprigionati nei ruoli adolescenziali del gioco e della sfida alla morte, sfociando inevitabilmente nel teppismo e nel bighellonaggio fine a sé stesso. Se Chris non avesse seguito l'invito di Gordie a provare a studiare per andare via da Castle Rock, sarebbe diventato senza dubbio come loro. Un film con ragazzini, ma non per ragazzini (come, invece, "I Goonies"): i temi trattati sono forti, e l'ostilità di genitori e adulti può generare traumi da cui è difficile riprendersi se non ci sono amici cui aggrapparsi. Molte le scene cult (l'attraversamento del ponte, le sanguisughe, il confronto finale con la pistola...), magnifica la ricostruzione della provincia negli anni '50. La pellicola avrebbe dovuto intitolarsi come il racconto di King da cui è tratta, "The body", ma i produttori vollero cambiarne il nome perché ricordava un horror o un film erotico. Scelsero così il titolo della bella canzone di Ben E. King, che si può sentire sui titoli di coda (e, in versione strumentale, in altri momenti della pellicola) e che riacquistò così una nuova popolarità.

14 febbraio 2016

Harry ti presento Sally (Rob Reiner, 1989)

Harry ti presento Sally (When Harry Met Sally...)
di Rob Reiner – USA 1989
con Billy Crystal, Meg Ryan
***

Rivisto in TV, con Sabrina.

Per non essere un regista di punta, né tantomeno un "autore", è incredibile quanti grandi film abbia girato Rob Reiner, soprattutto nella prima parte della sua carriera. Grazie anche alla perfetta sceneggiatura di Nora Ephron, "Harry ti presento Sally" è uno dei classici della commedia romantica degli anni ottanta, forse il più celebre film sul filo sottile che lega l'amicizia e l'amore, e sui differenti modi in cui uomini e donne vedono il sesso e le relazioni sentimentali. Quella fra i due protagonisti è infatti la storia di una conoscenza casuale (e senza particolare simpatia) che, a dieci anni di distanza, si trasforma dapprima in una profonda amicizia (cosa che all'inizio sembrava impossibile, soprattutto al cinico Harry, convinto che "un uomo non può essere amico di una donna che trova attraente") e poi, lentamente ma in maniera evidente (a tutti prima che a loro stessi), in amore. I caratteri e i rispettivi modi di approcciarsi alla vita sembrerebbero essere opposti e in perenne conflitto: col tempo, però, le certezze giovanili lasciano il passo a una miglior conoscenza di sé stessi e degli altri (l'evoluzione dei personaggi è uno dei punti di forza del film). Dopo essere passati attraverso relazioni infelici, cominciano a confidarsi a vicenda progetti, paure e fantasie, oltre che discutere in generale della propria visione del mondo e dei rapporti di coppia (memorabile la scena cult del finto orgasmo al ristorante). Il tutto con la decisione di non andare a letto insieme per non "rovinare" il proprio affiatamento. I tentativi di "sistemarsi" con i rispettivi migliori amici si rivelano fallimentari (saranno invece i suddetti amici, interpretati da Carrie Fisher e Bruno Kirby, a convolare a nozze fra loro). E proprio quando finalmente prendono coscienza di essere innamorati l'uno dell'altro, le cose sembrano di colpo complicarsi: che Harry avesse ragione sull'amicizia fra un uomo e una donna? Oltre alla simpatia dei due protagonisti (che, fra le altre cose, hanno improvvisato diverse battute) e all'affascinante ambientazione newyorkese (c'è qualcosa di più romantico della New York autunnale o, soprattutto, invernale?), la pellicola può contare su dialoghi spigliati e amichevoli schermaglie fra due personaggi che il regista e la sceneggiatrice hanno modellato su sé stessi. A far da insolita cornice, una serie di brevi interviste a coppie di anziani coniugi che raccontano come si sono conosciuti (le storie sono reali, anche se sullo schermo sono reinterpretate da attori), giustificate dal fatto che il film, naturalmente, termina con un'intervista simile ai nostri Harry e Sally. Lieto fine a parte, ogni forma di sentimentalismo sdolcinato è assente o comunque corretta dall'ironia, da una punta di cinico realismo (la pellicola non si fa scrupolo di mostrare anche i lati meno luminosi delle relazioni, come litigi, separazioni, divorzi) e soprattutto da una fine psicologia di coppia. In poche parole, un perfetto manuale su come realizzare un chick flick che possa piacere anche ai maschi, con tanto di (poche) venature woodyalleniane. Citazioni ripetute ed esplicite a un altro grande film sull'amore e l'amicizia, "Casablanca", mentre le scene girate in split screen sono un evidente omaggio a "Il letto racconta". Billy Crystal era amico di lunga data di Reiner, mentre per Meg Ryan, allora agli esordi, fu il primo ruolo importante: curiosamente, né l'uno né l'altra erano le prime scelte per le rispettivi parti. La donna che al ristorante recita la celebre battuta "Quello che ha preso la signorina", Estelle Reiner, è la madre del regista, mentre Emily, giovane fidanzata di Harry per una serata, è la sua figlia adottiva Tracy. Nella ricca colonna sonora, imbottita di canzoni classiche, spicca "Let's Call the Whole Thing Off" di George Gershwin ("You like potayto, I like potahto...").

29 dicembre 2015

La storia fantastica (Rob Reiner, 1987)

La storia fantastica (The princess bride)
di Rob Reiner – USA 1987
con Robin Wright, Cary Elwes
**1/2

Rivisto in TV.

Il nipotino è a letto malato, e il nonno (Peter Falk) lo intrattiene leggendogli una fiaba. Si tratta di un racconto che al suo interno ha un po' di tutto: avventura, azione, pirati, spadaccini, mostri, principesse, duelli, vendetta e una storia d'amore che il bambino, all'inizio recalcitrante, scoprirà di apprezzare. Pur sguazzando nei luoghi comuni e nei cliché delle favole di ambientazione medievale, con personaggi stereotipati e improbabili, sviluppo lineare e finale prevedibile, l'insieme è in effetti coinvolgente ed emozionante, tanto che la pellicola – tratta da un romanzo di William Goldman (già sceneggiatore di tanti classici cinematografici, e che qui ha contribuito all'adattamento) – è diventata un piccolo cult movie per tutti coloro che l'hanno vista, da piccoli o da adolescenti, negli anni ottanta. Merito della capacità di intrattenere con ironia e leggerezza, ma senza sfociare nella parodia o nello sberleffo (le fiabe, si sa, a loro modo devono essere prese sul serio). Reiner dirige con semplicità, potendo contare sulla simpatia dei personaggi (e la cattiveria dei cattivi), su diversi spunti ironici (i "Roditori Taglie Forti"), un gran numero di frasi citabili e tormentoni ("Hola! Mi nombre es Inigo Montoya...") e il piacere che si prova – noi come il bambino al quale la storia viene raccontata – nell'assistere al lieto fine. Tutto – dai costumi ai set (sembra di essere nei film medievali di venti-trent'anni prima, anche perché sono assenti effetti speciali o grafica digitale), dai dialoghi alla recitazione – si adegua alla dimensione della fiaba narrata, con l'unico scopo di emozionarsi e divertirsi. Obiettivo che viene pienamente raggiunto: in fondo non è un merito da poco. Il cast, che vede il debutto sul grande schermo di Robin Wright (futura signora Penn) nei panni della giovane Bottondoro, la ragazza innamorata del garzone (poi pirata) Westley (Cary Elwes) ma costretta a sposare il perfido principe Humperdinck (Chris Sarandon), comprende anche il wrestler André the Giant, Mandy Patinkin (rispettivamente il gigantesco Fezzik e lo spadaccino Montoya), Christopher Guest (il malvagio conte Rugen, "El hombre con sei dita"), Wallace Shawn (il sicario siciliano Vizzini), Mel Smith (il torturatore albino) e Billy Crystal (Max dei Miracoli, sotto una montagna di trucco). La colonna sonora è di Mark Knopfler dei Dire Straits.