30 gennaio 2020

Operazione pirati (Jackie Chan, 1983)

Project A - Operazione pirati ('A' gai waak)
di Jackie Chan [e Sammo Hung] – Hong Kong 1983
con Jackie Chan, Sammo Hung, Yuen Biao
***1/2

Rivisto in DVD.

Alla fine del diciannovesimo secolo, il crudele Sarpeg (Dick Wei) e la sua ciurma di pirati terrorizzano le acque del Mar della Cina. A sconfiggerli ci penserà la guardia costiera di Hong Kong, guidata dal coraggioso sergente Thomas (Jackie Chan), dopo aver appianato le rivalità con il poliziotto David (Yuen Biao) e aver assoldato anche il ladruncolo Moby (Sammo Hung). Forse il capolavoro di Jackie Chan (qui anche regista e sceneggiatore), insieme al successivo "Police story": la summa del suo cinema che mescola in maniera irresistibile azione e commedia, spericolate coreografie (con alcuni stunt ad altissima pericolosità) e gag demenziali. Reduce già da diversi successi di pubblico in patria (ma anche dalla delusione per i primi tentativi poco riusciti di sfondare in occidente), Jackie mette in cantiere il suo film più ambizioso fino a quel momento: predispone uno script che gli permette di dar sfogo a tutto il suo estro e la sua fantasia, ambienta la vicenda in un periodo ben preciso della storia della colonia britannica (a differenza della maggior parte dei gongfupian che erano collocati in un'epoca passata ambigua e generica) e chiama ad affiancarlo i due "fratelli" con cui aveva condiviso da ragazzino i duri allenamenti alla scuola dell'Opera di Pechino, vale a dire Yuen Biao (che aveva già avuto una particina nel precedente "Il ventaglio bianco") e Sammo Hung (che, non accreditato, ha anche collaborato alla regia per le scene d'azione). L'enorme successo che ne conseguirà darà il via al periodo più fortunato (artisticamente parlando) della carriera di Chan, mentre il terzetto, che qui appare insieme per la prima volta, continuerà a recitare (e combattere) affiancato per tutti gli anni ottanta (in titoli come "Il mistero del conte Lobos", "Dragons forever" e il ciclo delle Lucky Stars), mantenendo nel doppiaggio italiano i nomi Thomas, David e Moby come se si trattasse sempre degli stessi personaggi, persino in epoche diverse (in originale i tre si chiamano rispettivamente Dragon Ma, Hong Tin-tzu e Zhuo Yifei). Una curiosità anche sul titolo originale, "Project A": Jackie volle che fosse il più vago e anonimo possibile per evitare che le case di produzione concorrenti, sapendo che stava girando un film sui pirati, realizzassero in fretta e furia altre pellicole sullo stesso tema per anticiparne l'uscita e bruciarlo al box office. È una procedura consueta, anche per Hollywood, soltanto che di solito poi il titolo provvisorio viene cambiato, e qui invece è rimasto fino alla fine.

Ricchissimo di scene d'azione, di combattimenti e inseguimenti, ma anche di momenti in cui i personaggi interagiscono fra loro e con l'ambiente, il lungometraggio colpisce anche per la cura riservata ai costumi e alle scenografie (molto superiore a quella dei prodotti simili realizzati fino ad allora, pure al netto di alcuni anacronismi e concessioni a fini comici o narrativi) e può essere diviso essenzialmente in tre parti. Nella prima assistiamo alla rivalità (e alle risse!) fra i membri della guardia costiera e quelli della polizia di Hong Kong, i cui comandanti (rispettivamente Lau Hak-suen e Kwan Hoi-san) sono ai ferri corti. Quando la prima viene smantellata per mancanza di navi (che i pirati hanno fatto esplodere mentre erano ancora in porto!), tutti i marinai sono costretti ad arruolarsi nella polizia e sottostare a un duro addestramento agli ordini di David, nipote del capo della polizia: ne consegue una serie di sketch comici di vario genere, prima che fra Thomas e David si cementi il reciproco rispetto. La sezione centrale introduce Moby, il ladro assoldato da un gruppo di gangster per procurare una partita di fucili da vendere ai pirati: vecchio amico di Thomas, cercherà di coinvolgerlo nel furto con l'inganno, ma i due dovranno dovranno vedersela con i banditi in una folle fuga per le stradine e i vicoli della vecchia Hong Kong. Questa sequenza ha il suo culmine in alcuni dei momenti più iconici di tutto il cinema di Jackie Chan, l'inseguimento in bicicletta (mitica la gag del sellino!) e soprattutto la famigerata caduta dalla torre dell'orologio (che inizia come una citazione evidente da "Preferisco l'ascensore" con Harold Lloyd). Una scena, quest'ultima, che nel film viene mostrata due volte (non si tratta però della stessa ripresa da angolazioni diverse, ma di due diversi stunt, ovviamente realizzati come sempre in prima persona, senza ricorrere a trucchi o a controfigure), seguita da un terzo tentativo (andato male!) nei blooper sui titoli di coda. L'intenzione era quella di rallentare la caduta per mezzo dei teloni sottostanti: ma Jackie urtò la schiena sulle sbarre di ferro che reggevano i suddetti teloni e finì rovinosamente a terra, infortunandosi al collo e rischiando, se non la morte, almeno la paralisi! L'ultima parte del film, infine, mette in scena lo scontro con i pirati, che nel frattempo hanno preso come ostaggi un gruppo di inglesi: i nostri eroi si introducono nel loro covo travestiti e li sgominano a colpi di arti marziali, fucili e granate!

Pur nella sua complessità, a tratti si ha quasi l'impressione che la trama sia solo un pretesto per mettere in scena elaborati sketch e acrobazie, che portano alle estreme conseguenze quel kung fu realistico e da strada che Jackie aveva già messo in mostra nelle pellicole precedenti, su tutte quelle dirette da Yuen Woo-ping e da lui stesso. Si tratta di combattimenti anarchici e "sporchi", dove l'ambiente e gli scenari stessi sono protagonisti al pari dei corpi dei contendenti, dove le risse disorganizzate e le mosse improvvisate (ma in realtà è tutto frutto di un'accurata coreografia) sono al servizio di momenti comici o ad alta intensità emotiva. Lo spettatore ha l'impressione che l'intera azione si dipani casualmente o in maniera estemporanea, salvo ricredersi di fronte agli istanti che confermano la vocazione teatrale e circense che sottende il tutto. Jackie non è Bruce Lee, non ambisce a uno stile di combattimento formale e rigoroso, bensì a rendere spettacolare e soprattutto divertente ogni singola scena, e trova qui in Sammo Hung e Yuen Biao (ma anche negli altri comprimari e negli stuntmen, da Mars a Dick Wei) i complici ideali. Il combattimento finale con il capo dei pirati ne è un esempio, e stupisce fra l'altro per la mancanza di fair play dei "buoni" (al cui confronto i "cattivi" sono ben più leali: la divisione fra bene e male risiede solo nei ruoli rivestiti, non nello stile delle azioni): i nostri eroi lo affrontrano in tre contro uno, e per sconfiggerlo non esitano ad avvolgerlo in un tappeto e a lanciarvi dentro una granata! Dopo aver segnalato la presenza di diverse gag verbali (come quelle sulla parola d'ordine per entrare nel covo dei pirati: "Le botte no!", "Le stelle sono nel cielo!") e di alcune perle del doppiaggio italiano ("Un vecchio proverbio inglese dice: se la tigre è inquieta, buttagli un pezzo di carne sanguinolenta, vedrai che si calmerà"), concludo ricordando la partecipazione di Isabella Wong (Winnie, la figlia dell'ammiraglio), di Hoi Sang Lee e di Wong Wai. L'accattivante marcetta che fa da tema ricorrente è cantata dallo stesso Chan: si tratta forse del primo film dell'attore con una colonna sonora (di Michael Lai) composta appositamente e non "riciclata" da altre pellicole (ma il brano diegetico che dà il via alla rissa nel locale ricorda la quinta sinfonia di Beethoven!). Quattro anni più tardi uscirà un sequel, senza però Yuen Biao e Sammo Hung.

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