Viaggio attraverso l'impossibile (G. Méliès, 1904)
Viaggio attraverso l'impossibile (Voyage à travers l'impossible)
di Georges Méliès – Francia 1904
con Georges Méliès, Fernande Albany
***1/2
Visto su YouTube.
Modellato sul precedente “Viaggio nella Luna” e ispirato come quello ai romanzi di Jules Verne (ma stavolta, anziché sulla Luna, si va sul Sole!), “Viaggio attraverso l'impossibile” è probabilmente il secondo film più famoso di Georges Méliès. Divertente, movimentato e se possibile ancora più raffinato tecnicamente del lavoro di due anni prima, con una durata di circa 20 minuti era anche la pellicola più lunga realizzata dal regista fino ad allora (non un record, però: “La vie et la passion de Jésus-Christ” filmata l'anno prima da Ferdinand Zecca e Lucien Nonguet per la Pathé contava 44 minuti). I protagonisti sono i membri del cosiddetto Istituto per la Geografia Incoerente (guidati dal barbuto ingegnere Mabouloff, interpretato dallo stesso Méliès). Dopo aver pianificato il proprio viaggio e aver costruito i vari veicoli e l'equipaggiamento necessario, il gruppo – composto da uomini e donne – si trasferisce sulle Alpi svizzere da dove (non prima di alcune disavventure) avverrà il decollo. Volati in cielo a bordo di un treno che corre fra stelle e comete (e che sembra anticipare l'anime giapponese “Galaxy Express 999”!), gli improbabili avventurieri giungono sul Sole mentre l'astro stava sbadigliando, venendone inghiottiti: anche il Sole ha un volto, come la Luna. Per sfuggire al troppo calore si rifugiano nella cella frigorifera che avevano portato con sé, ma qui finiscono per congelarsi. Infine si lanciano giù con una navicella per tornare sulla Terra: caduti in mare, ne esplorano le profondità prima che il loro sottomarino esploda e li proietti sulla costa. Il film si conclude con il solito corteo trionfale per festeggiare la riuscita dell'impresa. I toni sono decisamente comici e leggeri più che drammatici o avventurosi: si pensi alle varie scenette umoristiche con la giovane valletta pasticciona o con la signora grassa. Di fatto si tratta di una satira o di una caricatura dell'esplorazione scientifica che, per l'abbondanza di fondali dipinti e sagome semoventi, ha praticamente l'aspetto di un cartone animato ante litteram, con personaggi in carne e ossa che si muovono all'interno di un ambiente disegnato. Summa di tutti i trucchi, dell'inventiva fantasiosa e delle competenze tecniche di Mèliés, il film riscosse naturalmente un grande successo, ma può anche essere considerato il canto del cigno del regista parigino (che pure rimase attivo ancora per diversi anni, sfornando altre pellicole sempre più sofisticate e ambiziose). I gusti del pubblico e soprattutto il linguaggio cinematografico stavano infatti cambiando, con i registi britannici e americani (come Hepworth, Porter e Griffith) che si affidavano a un maggiore realismo e, soprattutto, ai primi rudimenti del montaggio narrativo, dell'alternanza fra i diversi campi e dell'uso dei primi piani. La teatralità enfatica di Méliès e del suo “cinema delle attrazioni”, ma anche la sua natura di cineasta artigiano e indipendente, stavano per cedere il passo a una concezione della settima arte sempre più verista, industriale e collaborativa.
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