Monty Python e il sacro Graal (Gilliam, Jones, 1975)
Monty Python e il sacro Graal (Monty Python and the Holy Grail)
di Terry Gilliam, Terry Jones – GB 1975
con Graham Chapman, John Cleese
***1/2
Rivisto in TV, in originale con sottotitoli, per ricordare Terry Jones.
Il primo lungometraggio vero e proprio del gruppo comico britannico dei Monty Python (composto da Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones e Michael Palin), dopo la raccolta di sketch "E ora qualcosa di completamente diverso", è una parodia dei miti di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, le cui vicende sono trasposte in un medioevo cupo, sporco e del tutto privo del glamour tipico dei lungometraggi hollywoodiani: un medioevo la cui natura fittizia è però rivelata a più riprese, segnatamente nel finale in cui la pellicola viene interrotta bruscamente e sul più bello dall'arrivo della moderna polizia che arresta gli attori e la troupe. Il risultato è un capolavoro di umorismo nonsense, comicità surreale e corrosiva, ironia british e non sequitur, che si alternano su un canovaccio che segue i vari personaggi impegnati nella ricerca del Santo Graal, compito affidato loro direttamente da Dio (che appare in animazione: i disegni e i cartoon sono, come sempre, opera di Terry Gilliam). Tutti i membri del gruppo interpretano diversi ruoli, anche en travesti: ma in particolare Chapman è Re Artù, Gilliam è lo scudiero Patsy (nonché "il vecchio della scena 24", ovvero il guardiano del Ponte della Morte che pone tre domande a chi cerca di passare), Cleese è il coraggioso ma troppo impulsivo Lancillotto (ma anche il bizzarro soldato francese che insulta Artù nei modi più assurdi e inventivi, o lo stregone Tim), Idle è il codardo Sir Robin (sempre seguito da una flotta di menestrelli che ne cantano le "gesta"), Jones è l'astuto Sir Bedevere (che per espugnare un castello escogita la costruzione di un "coniglio di Troia", dimenticandosi però che qualcuno doveva nascondervisi dentro) nonché l'effemminato principe Herbet, e Palin è Sir Galahad "il casto", nonché il capo dei cavalieri che dicono "Tiè!" (ma nell'originale dicono "Ni!"). La povertà del budget dà origine a grandi trovate creative: a parte l'uso dell'animazione, da ricordare le noci di cocco che vengono sbattute fra loro per simulare gli zoccoli dei cavalli (un "trucco" che viene scopertamente commentato in una delle prime scene del film), e le scenografie ripetute (i castelli diroccati, tutti uguali, immersi nelle brughiere scozzesi). Innumerevoli comunque le gag, tanto stupide, surreali o grottesche quanto memorabili, sin dai titoli di testa con i loro farlocchi sottotitoli in "svedese" (interrotti più volte dal licenziamento e dalla sostituzione dei responsabili): la discussione sulle rondini che trasportano noci di cocco, il duello contro il Cavaliere Nero, il castello assediato che risponde a colpi di vacche, il cavaliere con tre teste, le due guardie che devono sorvegliare il figlio del re per non farlo uscire dalla stanza, il coniglio feroce a guardia della caverna, il castello di Aaargh, la santa granata... Per la prima volta il gruppo dei Monty Python decide di non ricorrere a un regista esterno (come Ian MacNaughton, che aveva diretto i loro sketch precedenti) ma di fare tutto in famiglia: la pellicola segna così l'esordio alla regia sia per Gilliam (destinato poi a una brillante carriera dietro la macchina da presa) che per Jones. Diventato di culto in patria e negli Stati Uniti, il film ha dato origine anche a un musical teatrale, "Spamalot". Il doppiaggio della versione italiana, a lungo nota semplicemente con il titolo "Monty Python", realizzato dagli attori della compagnia teatrale del Bagaglino (fra cui Oreste Lionello, Bombolo e Pippo Franco), fa ampio uso di dialetti regionali e modifica diverse battute, spesso con allusioni sessuali (in ossequio al genere "boccaccesco" che andava di moda in quel periodo), per fortuna senza alterare più di tanto il senso della storia.
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