12 gennaio 2020

Dune (David Lynch, 1984)

Dune (id.)
di David Lynch – USA 1984
con Kyle MacLachlan, Francesca Annis
**1/2

Rivisto in divx (versione estesa).

Il terzo film di David Lynch è un ambizioso adattamento di uno dei più importanti romanzi di fantascienza di tutti i tempi, "Dune" di Frank Herbert, affresco epico e caledoiscopico che mescola temi ad ampio raggio come la religione, la politica, la guerra e l'ecologia. E non pochi sono gli elementi che, dietro l'apperente setting fantascientifico, rimandano o addirittura anticipano delicate questioni e problemi del mondo contemporaneo. L'obiettivo dei produttori era quello di realizzare una sorta di "Guerre Stellari" per spettatori adulti: fu invece uno sfortunato e spettacolare flop sia di pubblico che di critica, considerato forse il meno "lynchiano" fra tutti i lavori del regista (nonostante non manchino elementi di interesse). In un lontano futuro – siamo nell'anno 10191 – l'universo è governato da un sistema di tipo feudale che vede al suo vertice l'imperatore Shaddam IV, mentre i singoli pianeti sono sotto il dominio di grandi famiglie aristocratiche. Due di queste, la casa degli Atreides e quella degli Harkonnen, sono in conflitto fra loro da tempi immemori: per eliminare i primi, che stanno mettendo a punto una nuova arma, l'imperatore stringe una segreta alleanza con i secondi. Agli Atreides, per attirarli in trappola, viene affidato l'ambito controllo del pianeta Arrakis, detto anche Dune, un mondo desertico eppure prezioso perché soltanto lì viene estratta la "spezia", misteriosa sostanza dai molti poteri, in grado di allungare la vita, accelerare l'evoluzione e ampliare la percezione (come una sorta di droga psichedelica), consentendo ai membri della Gilda dei Navigatori di “annullare lo spazio” e permettere dunque i viaggi interstellari. Grazie a un traditore, gli Harkonnen – spalleggiati dall'imperatore – attaccano gli Atreides e ne uccidono il capo famiglia, il duca Leto. Ma suo figlio Paul, scampato al massacro, si unirà ai Fremen, la popolazione indigena di Arrakis, e con il nome di Muad'Dib li guiderà in una "guerra santa" (Jihad) alla riconquista del pianeta. Vera e propria figura messianica (la sua venuta era predetta da una profezia), Paul è infatti lo "Kwisatz Haderach", l'essere supremo, risultato di un progetto di selezione genetica portato avanti per quaranta generazioni dalla sorellanza delle Bene Gesserit (la setta cui appartiene sua madre Jessica).

Pubblicato nel 1965 (ma apparso prima sotto forma di serial su rivista già dal dicembre 1963), il romanzo di Herbert era stato subito acclamato per la ricchezza e la profondità dei temi, il fascino dell'ambientazione e la complessità delle dinamiche. Giochi di potere, paranoia, sospetti e intrighi fra multiple fazioni in lotta tra loro si mescolano a riferimenti religiosi (evidenti i rimandi al Vecchio e al Nuovo Testamento, a partire dai molti nomi di ispirazione araba e semitica), filosofici e politici (la battaglia per il controllo di Arrakis, e dunque della spezia, riecheggia – oggi ancora di più! – le guerre per il petrolio che insanguinano il Medio Oriente nel nostro mondo). I tentativi di realizzarne una versione cinematografica erano partiti sin dai primi anni settanta, quando i diritti furono acquistati da Arthur P. Jacobs (il produttore de “Il pianeta delle scimmie”) con l'intenzione di far dirigere la pellicola a David Lean (che con “Lawrence d'Arabia” aveva già dimostrato di sapersela cavare con storie epiche ambientate in un deserto). Ma non se ne fece nulla, e alla morte di Jacobs i diritti passarono a un consorzio francese che mise in piedi un progetto di proporzioni mastodontiche: la regia sarebbe dovuta essere del visionario Alejandro Jodorowsky, con la collaborazione di Jean Giraud (alias Moebius), Dan O'Bannon, H. R. Giger e un cast comprendente, fra gli altri, Salvador Dalì, Orson Welles e Mick Jagger. I costi elevati e l'eccessiva durata prevista del film portarono alla chiusura del progetto, e nel 1976 i diritti vennero acquisiti da Dino De Laurentiis, che mise in cantiere una versione che avrebbe dovuto essere diretta da un giovane Ridley Scott. Dopo la rinuncia di quest'ultimo, spaventato dai continui ritardi, Raffaella De Laurentiis (figlia di Dino) scelse di rimpiazzarlo con un altro giovane e promettente regista, quel David Lynch reduce dal successo di "The elephant man" (da cui proviene anche il direttore della fotografia Freddie Francis), che per dirigere "Dune" rinunciò a un'altra proposta, nientemeno che la regia de "Il ritorno dello Jedi". Nelle intenzioni, "Dune" e i suoi eventuali seguiti avrebbero dovuto inserirsi proprio nel filone della SF avventurosa (e proficua commercialmente) aperto da "Star Wars". Ma le cose non andarono come previsto.

La lavorazione fu lunga e faticosa. Girato in Messico (i panorami desertici sono quelli dei Médanos de Samalayuca, mentre a Città del Messico furono costruiti oltre 80 set), il film – sceneggiato dallo stesso Lynch – sarebbe dovuto durare tre ore, ma uscì in sala in una versione accorciata a poco più di due ore, cosa di cui il regista si lamentò, anche perché le pressioni dei produttori limitarono il suo controllo creativo e gli negarono il final cut. Molti elementi della trama furono eliminati, semplificati o condensati, soprattutto nella parte finale, che scorre troppo rapidamente (di fatto, i primi due terzi della pellicola corrispondono al primo terzo del romanzo), rendendo il risultato poco omogeneo e a tratti confuso, e venne aggiunta una nuova introduzione narrata dalla principessa Irulan (Virginia Madsen), personaggio praticamente assente nel resto del film (fa giusto una comparsata nel finale). Costato più di 40 milioni di dollari, un'enormità per l'epoca, il film ne incassò soltanto 30 e venne stroncato dalla critica. In effetti, imbrigliato com'è dalla trama, dai personaggi e dalle esigenze di spettacolarizzazione imposte dalla produzione, fatica a respirare e non riesce ad accattivarsi l'attenzione dello spettatore. È inoltre poco "lynchiano", dicevamo, anche se non mancano sequenze più visionarie (come quelle dei sogni o delle premonizioni di Paul) e momenti di body horror (dall'aspetto deforme dei piloti della Gilda alle disgustose pratiche degli Harkonnen). Eppure a tratti ha un suo fascino innegabile, con personaggi originali e protagonisti di dinamiche di notevole crudeltà, che pianificano progetti segreti, comunicano telepaticamente o tramite il condizionamento mentale, esplorano mondi o si battono sul campo di battaglia, lasciando intravedere non pochi aspetti che avrebbero certo meritato maggior approfondimento. Negli anni seguenti usciranno (ufficialmente o meno) più versioni "estese" con le scene tagliate che tentano di ripristinare la visione originale di Lynch, risultando se non altro decisamente più coerenti, complete e godibili. Nessuna di queste, però, è stata curata direttamente dal regista, che ha preferito non aver più a che fare con questa pellicola, di fatto rinnegandola.

Il rimpianto nasce dalle enormi potenzialità del progetto, a partire dal suo affascinante scenario. Grande cura è stata posta negli effetti visivi, nelle scenografie e nei costumi. Pur ambientato in un lontano futuro, il mondo del film è tutt'altro che asettico: le scenografie sono sporche e realistiche, e testimoniano di un mondo "vissuto" e con un passato. I pianeti sono militarizzati, i personaggi sono bizzarri, eccentrici, talvolta anche sgradevoli fisicamente (soprattutto gli Harkonnen). Dune è un pianeta interamente desertico e ostile, spazzato da violente tempeste di sabbia e di elettricità statica nonché abitato dai “vermi”, mostruose creature (realizzate da Carlo Rambaldi) che nascondono un misterioso legame con la spezia e che sono venerate come divinità dai Fremen, la popolazione indigena del pianeta. Questi, nomadi del deserto dai caratteristici occhi azzurri come il mare, sono capaci di sopravvivere in un ambiente inospitale di cui conoscono ogni segreto, anche grazie a innovazioni tecnologiche come le tute distillanti che riciclano il sudore e i fluidi corporei. Nel vasto cast, volti conosciuti – Sting (Feyd-Rautha), Patrick Stewart (Gurney Halleck), Dean Stockwell (il dottor Yueh), Brad Dourif (Piter De Vries), José Ferrer (l'imperatore), Max von Sydow (il dottor Kynes), Freddie Jones (Thufir Hawat), Silvana Mangano (la reverenda madre), Linda Hunt (la Shadout Mapes) – si affiancano a interpreti alle prime armi. Il protagonista Kyle MacLachlan (Paul Atreides), al debutto sul grande schermo, legherà la propria carriera a doppio filo con quella di Lynch, recitando per lui in “Velluto blu” e soprattutto nel serial televisivo “I segreti di Twin Peaks”, nonché nel suo prequel "Fuoco cammina con me". Jürgen Prochnow è il Duca Leto Atreides, Kenneth McMillan è il Barone Vladimir Harkonnen, Francesca Annis è Lady Jessica, Sean Young è Chani, Everett McGill è Stilgar, Richard Jordan è l'amico Duncan Idaho (personaggio che qui appare in poche scene, ma che diventerà una figura chiave nei numerosi seguiti del romanzo), Paul Smith (il "finto" Bud Spencer!) è Rabban, e infine Alicia Witt, all'epoca di soli 8 anni, è Alia, la sorella di Paul. La colonna sonora è opera del gruppo rock Toto, con la collaborazione di Brian Eno per il "tema della profezia". Nel 2000, dal romanzo di Herbert è stata tratta una serie tv in tre episodi. E a fine 2021 dovrebbe arrivare nelle sale una nuova versione cinematografica, divisa in due parti, firmata da Denis Villeneuve.

0 commenti: