3 gennaio 2020

The moonshiner (Wallace McCutcheon, 1904)

The Moonshiner
di Wallace McCutcheon – USA 1904
con Wallace McCutcheon, Harold Vosburgh
**1/2

Visto su YouTube.

William K.L. Dickson, principale tecnico e operatore di Thomas Edison negli anni del kinetoscopio, aveva lasciato il suo datore di lavoro nel 1895 per fondare – insieme agli inventori Herman Casler e Henry Marvin e al finanziatore Elias Koopman – una propria società cinematografica, l'American Mutoscope and Biograph Company (più tardi nota solamente come Biograph), che per molti anni sarà una delle case di produzioni americane più importanti nonché, inizialmente, la principale concorrente della Vitascope dello stesso Edison (con tanto di autentiche battaglie legali a colpi di brevetti: la Biograph riuscì a sopravvivere agli attacchi del rivale perché deteneva i diritti di un'innovazione tecnologica essenziale, il cosiddetto “ricciolo di Latham”, che consentiva di isolare la pellicola per proteggerla dalle eccessive vibrazioni). Nei suoi primi anni di vita, però, la Biograph si limitò a realizzare decine di cosiddette “actualities”, brevi filmati panoramici o documentari. Il passaggio ai “film di finzione” con una trama vera e propria, come quelli che venivano già prodotti in Europa, avverrà nel 1903, con i western “Kit Carson” e “The Pioneers” diretti da Wallace McCutcheon, il primo importante regista della Biograph, che ne rimarrà il nome di punta fino al 1908, quando sarà costretto a ritirarsi per una grave malattia (il suo posto sarà preso dapprima brevemente dal figlio Wallace McCutcheon Jr., e poi da David W. Griffith).

Fra i lavori più interessanti di McCutcheon nel 1904 c'è questo “The Moonshiner”, un western che racconta di un contadino che si guadagna da vivere come distillatore clandestino di whisky. Lo vediamo contrabbandare il liquore illegale, nascosto nel suo carro con l'intera famiglia a bordo, e poi trasportare un sacco di granturco (necessario per produrre il whisky) fino alla distilleria, segretamente celata fra le rocce. Ma gli uomini della legge ne scoprono l'ubicazione: seguirà uno scontro a fuoco, dove il nostro protagonista è ferito a morte (ma sarà vendicato dalla moglie, che uccide lo sceriffo che lo aveva colpito). Girato in esterni, con movimenti di camera, profondità di campo e un discreto realismo nelle scene d'azione, il film appare sufficientemente moderno per l'epoca. Colpisce la scelta di rendere protagonista quello che in teoria sarebbe il “cattivo” della storia (e le scene in cui interagisce con la moglie servono a suscitare la simpatia dello spettatore nei suoi confronti: di contro, gli uomini di legge appaiono anonimi e non caratterizzati). L'aspetto tecnico forse più interessante è l'ampio ricorso ai cartelli, raramente utilizzati fino ad allora (sono del tutto assenti, per esempio, nei celebri film di Porter dell'anno precedente, come “La grande rapina al treno”; per i precedenti bisogna andare a vedere pellicole inglesi come “Scrooge, or Marley's ghost” del 1901). Gli intertitoli qui introducono le scene, i luoghi o i vari personaggi, anticipando o spiegando talvolta al pubblico (a mo' di capitoletti o di didascalie) cosa sta per accadere: e forse non sarebbe nemmeno necessario, visto che la vicenda pare comprensibile già di suo, solamente attraverso le immagini (anzi, in certi casi, come nell'uso dell'ultima didascalia, “The law vindicated”, ciò che vediamo sullo schermo sembra quasi contraddire le scritte stesse).

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