Inferno (Dario Argento, 1980)
Inferno
di Dario Argento – Italia 1980
con Leigh McCloskey, Eleonora Giorgi
**1/2
Visto in divx.
La newyorkese Rose Elliot (Irene Miracle) rimane colpita da un libro acquistato in una bottega d'antiquariato, "Le tre madri", scritto dal misterioso architetto e alchimista Emilio Varelli, che avrebbe costruito tre dimore (una a New York, appunto, e le altre a Roma e a Friburgo) per altrettante streghe, chiamate Mater Tenebrarum, Mater Lacrimarum e Mater Suspiriorum. Quando la ragazza scompare all'improvviso, suo fratello Mark (Leigh McCloskey), studente di musicologia a Roma, vola a New York per indagare, e scopre che il palazzo dove viveva nasconde inquietanti presenze... Sequel spirituale di "Suspiria" (che con questo e il successivo "La terza madre", uscito soltanto nel 2007, forma appunto una sorta di trilogia horror soprannaturale, ispirata al romanzo "Suspiria De Profundis" di Thomas de Quincey), uno dei film più barocchi e visionari di Dario Argento, realizzato quando il regista era all'apice della fortuna critica: tanto l'aspetto visivo è affascinante e inquietante, però, tanto la trama è confusa e ingenua o, più precisamente, irrilevante. Le varie sequenze sono spesso fini a sé stesse, nemmeno legate da un filo conduttore, e le azioni dei personaggi sono prive di struttura o di logica narrativa. Di fatto non c'è nemmeno un vero protagonista (Mark è una figura del tutto vuota e inconsapevole), e per lunghi tratti la vicenda passa da un personaggio all'altro: da Rose a Sara (Eleonora Giorgi), compagna di studi di Mark a Roma, dall'antiquario con le stampelle Kazanian (Sacha Pitoëff) alla contessa Elise (Daria Nicolodi). Il vasto cast comprende anche Gabriele Lavia (il giornalista Carlo), Alida Valli (la portinaia del palazzo di New York, un condominio degno delle migliori paranoie polanskiane), Leopoldo Mastelloni (l'ambiguo servitore dela contessa), Feodor Chaliapin jr. (il professor Arnold, ovvero Varelli), Veronica Lazar (Mater Tenebrarum) e Ania Pieroni (Mater Lacrimarum). La regia riesce comunque a costruire un'atmosfera ad effetto, grazie soprattutto alla fotografia (di Romano Albani) che, come in "Suspiria", abbonda di luci e di filtri colorati: il risultato è fortemente stilizzato, a volte addirittura astratto e impalbabile, compensando le mancanze strutturali della sceneggiatura. Anche se la tensione latita (rispetto ai precedenti, il film fa sicuramente meno paura), restano infatti impresse numerose sequenze: lo sguardo della ragazza con il gatto, la corsa in taxi sotto la pioggia, l'uomo divorato dai topi, l'incendio finale. Gli effetti visivi sono opera di Mario Bava, aiuto regista insieme al figlio Lamberto. La colonna sonora è di Keith Emerson, ma grande importanza in alcune scene ha anche il coro "Va, pensiero" di Giuseppe Verdi. Poco adatto il titolo (nel film non si parla mai di inferno): se proprio non andava bene l'ovvio "Le tre madri", si poteva ricorrere (in analogia con "Suspiria", incentrato su Mater Suspiriorum) a "Tenebra" (che al plurale, "Tenebre", sarà il titolo del successivo lavoro di Argento, non legato a questa trilogia).
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