Sto pensando di finirla qui (C. Kaufman, 2020)
Sto pensando di finirla qui (I'm thinking of ending things)
di Charlie Kaufman – USA 2020
con Jessie Buckley, Jesse Plemons
**1/2
Visto in TV (Netflix), con Sabrina.
Sotto una fitta nevicata, in un paesaggio vuoto e desolato, Lucy (Buckley) si sta recando in auto con il fidanzato Jake (Plemons) a conoscere i genitori di lui, che vivono in una fattoria fuori città. Incerta e piena di dubbi, la ragazza sta meditando (con le parole che danno il titolo alla pellicola) di troncare la relazione, o forse la propria vita, che va avanti solo per inerzia ed abitudine. Ma non tutto è come sembra... e non potrebbe essere altrimenti, visto che stiamo parlando di un film di Charlie Kaufman, il cerebrale sceneggiatore di pellicole altamente oniriche e metafisiche come "Essere John Malkovich" e "Se mi lasci ti cancello", che qui ha adattato un romanzo di Iain Reid. Lucy e l'intero mondo che la circonda sono infatti il prodotto della mente di Jake, anziano bidello e inserviente in un liceo, che al culmine di un'esistenza grigia e solitaria si costruisce un passato basato sui rimpianti e sulle svolte che non ha saputo cogliere. "Bisogna ricordarsi che il mondo è più grande dell'interno della tua testa". "Lucy" è dunque il simulacro di una ragazza che ha conosciuto fugacemente, ma con cui non si è davvero fidanzato, sulla quale l'uomo proietta tutti i suoi interessi, le sue aspirazioni e le sue conoscenze (è di volta in volta una biologa, una fisica, una poetessa, una pittrice, una critica cinematografica), discute di argomenti culturali, esistenziali, filosofici, ne cerca l'approvazione (la necessità di essere compreso e approvato è forte in lui) e quella soddisfazione che nella vita (o dai genitori) non ha mai avuto. I contenuti dei lunghi dialoghi fra i due personaggi riecheggiano episodi o elementi del mondo esterno, legati al passato o al presente di Jake. E l'atmosfera, irreale e ambigua (è quasi subito evidente che ci sia qualcosa di strano, come un mondo che viene creato e modificato sul momento), si fa a tratti surreale o inquietante come in un film di David Lynch (vedi la breve sosta al negozio di gelati). Nel finale, la forma filmica fa ricorso anche al balletto, all'animazione e al musical ("Oklahoma"). Ma in questa riflessione surreale ed esistenziale non tutto è riuscito: la visione del film potrebbe risultare snervante per le sue lungaggini, l'insistenza sui dettagli rivelatori e una certa pretenziosità. Ottimi gli attori. Toni Collette e David Thewlis (attraverso vari gradi di invecchiamento) interpretano i genitori, Guy Boyd è il vecchio bidello. Come a voler suggerire che ci troviamo in un luogo ristretto (ovvero la mente di Jake), la pellicola è girata in 4:3. Citazioni metacinematografiche per Robert Zemeckis (di cui si mostra uno pseudo-film) e John Cassavetes (si discute di "Una moglie").
3 commenti:
A me ha colpito e turbato profondamente. Al di là dei dialoghi (straordinari), proprio l'atmosfera, la dimensione sospesa e la rivelazione finale (che mi ha lasciata con i brividi addosso), mi hanno trasmesso tantissimo.
Pur concordando con i pregi che citi (è comunque un film ricco di idee e di stimoli), io mi sono sentito invece meno coinvolto emotivamente rispetto, per esempio, al precedente "Anomalisa". La rivelazione finale l'avevo già percepita dopo una decina di minuti, e dunque non mi ha sconvolto per nulla. E come in "Essere John Malkovich" e "Il ladro di orchidee", mi è sembrato che la cervellocità e la surrealità fossero un po' troppo fini a sé stesse, e che l'insieme fosse troppo "costruito". Resta comunque un film interessante, anche se non lo consiglierei a tutti (a differenza, invece, del magnifico "Se mi lasci ti cancello").
Sì, sicuramente non è per tutti i palati. Se mi lasci ti cancello (titolo italiano indegno), è universalmente apprezzabile effettivamente.
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