Re Lear (Jean-Luc Godard, 1987)
Re Lear (King Lear)
di Jean-Luc Godard – USA 1987
con Peter Sellars, Molly Ringwald
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Visto in DVD, con Marisa.
Ispirandosi soltanto superficialmente alla tragedia di Shakespeare e lasciandosi guidare da un ostico intellettualismo, Godard realizza un film che – come suo solito – rinuncia da subito alla coerenza e all'impostazione narrativa per presentarsi come un flusso casuale di concetti, scritte e immagini, rendendo alquanto difficile il coinvolgimento dello spettatore: e infatti, mentre lo vedevo, i miei pensieri vagavano spesso altrove e ho perduto quasi subito il contatto emozionale con la pellicola. Dopo un incipit nel quale agiscono in prima persona lo sceneggiatore Norman Mailer e sua figlia Kate, l'attenzione del regista si sposta su un discendente del bardo inglese, William Shakespeare Junior Quinto (Sellars, autore in parte anche della sceneggiatura), incaricato di recuperare le opere del suo antenato che sono andate perdute dopo il disastro di Chernobyl, in seguito al quale tutta l'arte e la cultura del mondo è scomparsa. Il giovane si reca a Nyon, in Svizzera, dove incontra il gangster mafioso Don Learo (Burgess Meredith) e la figlia Cordelia (l'ottima Ringwald), oltre ad altri bizzarri personaggi. Da qui la vicenda si fa confusa e sfilacciata, e a chiarirla o a risollevarla non bastano le apparizioni (tutte rigorosamente non accreditate) di attori del calibro di Julie Delpy, Leos Carax e persino Woody Allen (in un brevissimo cameo). Godard stesso recita nel ruolo dell'eccentrico professor Pluggy.
2 commenti:
neanche io ho amato molto questo film...godard pecca di uno sperimentalismo un pò esagerato, a tal proposito billy wilder diceva :"secondo me dietro tutta questa sperimentazione ci sta un regista che nn sa fare cinema!". Credo esagerasse, però coglieva il limite del cinema di godard. Molto meglio la versione del re lear fatta da Kurosawa col bellissimo Ran.
Sicuramente Wilder esagera, però è vero che Godard a volte (come in questo caso) finisce col tenere troppo a distanza lo spettatore. Per quanto sia soddisfacente vedere film che richiedono un qualche sforzo intellettuale per essere apprezzati, bisogna almeno avere l'impressione che ne valga la pena...
"Ran" è stupendo! Ma mentre in quel caso lo spunto da Shakespeare è evidente, in questo film persino il titolo è quasi fuorviante.
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