Dieci piccoli indiani (R. Clair, 1945)
Dieci piccoli indiani (And then there were none)
di René Clair – USA 1945
con Barry Fitzgerald, Walter Huston
**1/2
Visto in DVD, con Martin.
Prima versione filmata del celebre giallo di Agatha Christie che ha ispirato, fra le altre cose, anche un memorabile episodio di Lamù ("E poi non rimase nessuno"). Dieci persone, che non si conoscono fra loro ma che hanno tutte qualcosa da nascondere nel loro passato, vengono invitate da un misterioso anfitrione in una villa su un'isola disabitata: qui, una dopo l'altra, sono vittime di una serie di delitti, ciascuno dei quali si ispira a un verso di una canzoncina per bambini, "Dieci piccoli indiani" (che nella prima stesura erano "negretti"): che l'assassino si nasconda fra loro? La pellicola è piuttosto fedele al testo originale, pur alleggerendone i toni con alcune situazioni e caratterizzazioni spiritose (quasi da black comedy), ma ne cambia il finale facendo sopravvivere due dei dieci personaggi, come nella versione teatrale curata dalla stessa Christie. La tensione va di pari passo con l'atmosfera di paranoia che si diffonde quando i vari invitati cominciano a sospettarsi a vicenda, mentre l'abile ed esperta regia di Clair non si fa mai sfuggire le redini della storia. Nel cast anche Louis Hayward e C. Aubrey Smith. Il tema musicale della funerea canzoncina è del compositore italiano Mario Castelnuovo-Tedesco.
7 commenti:
Davvero molto bello con un cast di attori di livello altissimo secondo me. Peccato per il finale stravolto, io preferisco di gran lunga quello del romanzo.
Sì, gli attori sono all'altezza, su tutti il sornione Barry Fitzgerald nei panni del giudice. Riguardo al finale, ho letto che l'unica versione cinematografica a mantenere il finale originale (ossia in cui muoiono tutti) è quella russa del 1987 ("Desyat negrityat" di Stanislav Govorukhin), che è anche l'unica a lasciare nel titolo "negretti" al posto di "indiani"...
film molto carino e pieno di belle trovate, anche se l'aver puntato sull'ironia e sull'humour nero impoverisce un pò la storia (che nel romanzo della christie era molto più seria e angosciosa..)
Sono d'accordo, anche se non direi che impoverisce la storia: la alleggerisce, certo, ma in fondo non la stravolge. È il lieto fine, invece, a stonare un poco. Dopo tutto era in vigore il codice Hays, e non a caso sopravvivono gli unici due personaggi che erano innocenti rispetto alle accuse a loro rivolte.
Probabilmente la questione è più sottile visto che come hai sottolineato anche tu il finale è stato cambiato nella versione teatrale e da questa è tratta la sceneggiatura.
C'è però effettivamente un particolare nel finale che può essere stato condizionato dal codice Hays.
Nella versione teatrale diversamente che nel film i due protagonsti non si mettono d'accordo nell'inscenare l'ultimo omicidio ma in realtà lei spara a lui pensando di averlo ucciso.
Quindi il film di fatto toglie ogni ombra dai personaggi che finiscono per salvarsi e che nella versione teatrale rimanevano comunque più controversi.
Questa almeno è la mia ipotesi.
Mi sembra plausibile. Ma nella versione teatrale, i due sopravvissuti (Vera e Lombard) erano anche innocenti dei crimini di cui sono accusati? Perché anche questo particolare è rilevante: di fatto, come detto, nel film i "cattivi" muoiono tutti e gli unici due "buoni" sopravvivono (e si mettono pure insieme).
Appunto questo dicevo, tra il film e il pezzo teatrale cambia solo la dinamica del finale ma in entrambi i casi si salvano gli unici due innocenti.
Quindi per una volta il finale "hollywoodiano" precede Hollywood stessa anche se il particolare che sottolineavo prima non è di poca importanza.
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