Jarhead (Sam Mendes, 2005)
Jarhead (id.)
di Sam Mendes – USA 2005
con Jake Gyllenhaal, Peter Sarsgaard
**1/2
Visto in DVD, con Marisa.
Un giovane marine americano (o "jarhead", come sono chiamati in slang) viene addestrato per diventare tiratore scelto, è inviato in Arabia Saudita ai tempi della prima guerra del golfo, resta in attesa per oltre sei mesi nel deserto con i suoi commilitoni, vede infine la guerra scoppiare e concludersi nel giro di pochi giorni, e ritorna in patria senza aver sparato neppure un colpo. Tratto da un libro di memorie di un soldato americano nel golfo, il terzo film di Mendes, antimilitarista senza retorica, offre una prospettiva del tutto inedita sull'esperienza del conflitto bellico: più che sulle scene di guerra, quasi assenti (il nemico non viene praticamente mai mostrato), la pellicola si sofferma sulle percezioni emotive e sui problemi psicologici delle giovani reclute, addestrate duramente a combattere ma poi abbandonate a sé stesse nell'attesa di una guerra di cui ignorano le cause e che – come la maggior parte delle truppe – vedranno soltanto da lontano, fra crisi di nervi e prove di virilità, noia e isolamento, esaltazione e frustrazione, panico e follia, dubbi e timori (spesso fondati) sulla fedeltà delle ragazze o delle mogli rimaste ad attenderli negli Stati Uniti, esercitazioni e spostamenti in scenari al limite del surreale (il deserto bianco e infinito, come una sorta di limbo; i pozzi di petrolio in fiamme; la strada con le vetture e i corpi carbonizzati). La guerra sembra "finta", pochi la comprendono veramente, ancora meno sono quelli che si fanno venire qualche dubbio su motivo della loro presenza laggiù, giustificando in questo modo il nomignolo "testa di barattolo" (cioè vuota). E quando tornano a casa e scoprono che nel frattempo la vita è andata avanti senza di loro, non gli resta altro che continuare a sognare e a vedere il deserto fuori dalla loro finestra... Divertenti le citazioni o i riferimenti ad altri film bellici, come "Full metal jacket" (durante l'addestramento iniziale), "Apocalypse Now" (visto al cinema prima di partire per il deserto) e "Il cacciatore" (una cui copia viene inviata a un soldato dalla moglie fedifraga). Ottimo come sempre Gyllenhaal, che si rivela molto meno mingherlino di come appariva nelle sue altre pellicole, mentre Jamie Foxx è il sergente maggiore. Decisamente Mendes è un regista che migliora col tempo, ogni suo film mi pare più bello del precedente: i primi due, "American beauty" ed "Era mio padre", non mi erano piaciuti molto (il primo l'ho addirittura odiato); questo e il successivo "Revolutionary Road", invece, me l'hanno fatto rivalutare.
3 commenti:
Come sai apprezzo Mendes da sempre e il fatto che cominci finalmente a farlo anche tu è per me una piccola vittoria personale.
Anche i due che non ti sono piaciuti penso dimostrino comunque le capacità del regista e in ogni caso per me American Beauty rimane un film di una bellezza commovente.
Mendes è un autore che andrei sempre a vedere perchè mi interessano le tematiche dei suoi film: quello che mi lascia perplesso o meglio che non mi convince fino in fondo è lo stile trattenuto e molto impostato con cui filma le sue storie.Un artificiosità che toglie naturalezza alle vicende ed ai suoi protagonisti.
un saluto
Martin: prometto che prima o poi, soprattutto "American beauty", me lo rivedo, anche se il brutto ricordo di quel film non mi è affatto svanito... ^^
Nickoftime: Anch'io ho qualche perplessità sul suo stile, non tanto perché sia "imbrigliato" quanto perché fatico a vedere la sua mano o dei temi ricorrenti: se non lo avessi già saputo in precedenza, non credo che avrei indovinato che le sue quattro pellicole fossero opera del medesimo regista. Ciao!
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