25 giugno 2009

C'era un padre (Yasujiro Ozu, 1942)

C'era un padre (Chichi ariki)
di Yasujiro Ozu – Giappone 1942
con Chishu Ryu, Shuji Sano
**1/2

Visto in DVD, con Marisa, in originale con sottotitoli (registrato da "Fuori Orario").

Il professor Horikawa, vedovo e con un figlio a carico, è un giovane insegnante di scuola media in una città di provincia. Quando uno dei suoi studenti affoga durante una gita scolastica, Horikawa si dimette per i sensi di colpa e si trasferisce a Tokyo, accettando lavori meno qualificati pur di continuare a pagare gli studi al figlio Ryohei. Nonostante la distanza che li separa, l'affetto fra i due non viene mai meno e ogni occasione, sia pur breve, è buona per incontrarsi. Terminata l'università e diventato a sua volta insegnante, Ryohei ha finalmente la possibilità di trascorrere alcune giornate in compagnia del padre, che nel frattempo è riuscito anche a procurargli una fidanzata (la figlia di un vecchio collega). Quando l'uomo muore all'improvviso, lo farà con la felicità nel cuore e il sorriso sulle labbra. Il secondo dei due film girati da Ozu durante la guerra (alla quale c'è solo un debole riferimento, quando un ragazzino dice che suo fratello maggiore è stato arruolato) riprende il tema di "Figlio unico", ma lo vira al maschile e gli dona un tono più sereno e ottimista e soprattutto in linea con le direttive della politica nazionale di quel periodo: ecco dunque l'elogio della famiglia come autentico centro della società, quello del sacrificio per gli altri e per la propria "missione" in contrapposizione all'individualismo, all'egoismo e ai sentimenti personali, e naturalmente quello dell'autorità paterna, che non viene mai messa in discussione. Nella precedente pellicola, il figlio si vergognava di far sapere alla madre di non essere riuscito a farsi una posizione adeguata (ciò che contava, dunque, era il successo personale); qui invece il rapporto fra padre e figlio non solo è più armonico e persino lineare (al punto che Ryohei si ritrova a fare lo stesso lavoro – l'insegnante – che faceva il padre) ma è anche rivolto al miglioramento della società nel suo complesso e non semplicemente alla felicità dei due individui coinvolti. L'unico momento di conflitto in tutta la pellicola, infatti, si osserva nella breve sequenza in cui il figlio rivela al padre di avere l'intenzione di dimettersi dall'incarico di insegnante ad Akita per potersi trasferire a Tokyo e abitare così insieme a lui. Di fronte a questo proposito, il padre reagisce con fermezza, convincendolo a non abbandare la "missione" dell'insegnamento, alla quale attribuisce non a caso un valore sociale quasi "paterno": gli studenti vengono affidati dai genitori agli insegnanti, che non devono tradire la loro fiducia. Pur adeguandosi alle direttive nazionaliste (da segnalare anche i continui riferimenti al buddismo, dalla presenza del bonzo agli inserti con le sculture di pietra dei templi, e naturalmente la visita al Grande Buddha di Kamakura), il regista non rinuncia a trattare i temi che gli stanno più a cuore per proseguire senza interruzioni il proprio discorso artistico, e nonostante gli elementi della cultura nipponica (il gioco del go, le terme e i ryokan) lascino poco spazio a quelli occidentali, inserisce nel film anche una breve lezione di inglese (con due bambini che commentano a proposito della "difficoltà" della lingua). Stilisticamente sono da ammirare le solite geometrie degli spazi (vedi le inquadrature delle stanze e delle porte scorrevoli) e i continui paralleli visivi e metaforici, come nelle due scene che mostrano padre e figlio pescare in un fiume e compiere con le lenze movimenti del tutto identici.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Nooo, questo è uno dei capolavori!

Bella la lezione di inglese!

Christian ha detto...

Mi è sembrato troppo lineare, con troppo poco conflitto fra i personaggi (a parte quel breve momento alle terme) per essere un capolavoro. Niente da dire dal lato formale e stilistico, invece, anche se la copia trasmessa da "Fuori Orario" era davvero malridotta (anche il sonoro era parecchio rovinato).

Oltre alla lezione di inglese, è interessante anche il lungo inserto con gli ex alunni del professore che organizzano una rimpatriata. So che è una cosa piuttosto comune in Giappone, ma non ho potuto fare a meno di pensare al "Madadayo" di Akira Kurosawa.

Vision ha detto...

solo un pensiero:
mentre Tezuka è il padre dell'animazione giapponese, Ozu è il padre del cinema giapponese...

ciao ciao!!!

dan ha detto...

Non proprio l'unico, ma sicuramente uno dei (tre, quattro?) padri.