19 giugno 2009

Il nastro bianco (Michael Haneke, 2009)

Il nastro bianco (Das weiße Band)
di Michael Haneke – Austria/Germania 2009
con Christian Friedel, Leonie Benesch
***1/2

Visto al cinema Plinius, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

Vincitore della Palma d'Oro, il film di Haneke è un cupo e complesso affresco della vita in una comunità rurale nella Germania del Nord alla vigilia della prima guerra mondiale. Ambientata nel 1914-15, la pellicola mostra infatti l'ambiente in cui da lì a poco si sarebbero sviluppati gli orrori del nazismo e del totalitarismo: non a caso i principali protagonisti sono bambini che vengono allevati con estrema severità e regole ferree e inflessibili, e che mostreranno di saper ripagare le crudeltà subite con altre ancora maggiori, mettendo in pratica concretamente gli insegnamenti morali dei loro padri e assolutizzandone i principi religiosi o sociali. Attraverso la narrazione in prima persona del giovane insegnante del villaggio (ma la sua voce è vecchia, il che lascia intendere che gli eventi sono rivissuti a molti anni di distanza), assistiamo a una serie di incidenti più o meno gravi che turbano la pace apparente della piccola comunità: un misterioso filo teso fra due alberi azzoppa il cavallo del medico; la morte di un'anziana contadina in segheria scatena la successiva vendetta del figlio maggiore contro i proprietari terrieri; l'uccellino domestino del pastore protestante viene trafitto a colpi di forbice; il granaio del fittavolo viene incendiato; il figlio del tenutario aristocratico viene ferocemente aggredito, e la stessa sorte capita in seguito a un bambino handicappato. Le responsabilità della maggior parte di questi "delitti" rimangono avvolte nel mistero, anche se è forte il sospetto che siano da attribuire proprio ai bambini, creature crudeli e inquietanti come in una versione realistica de "Il villaggio dei dannati", cresciuti nell'insegnamento di un assoluto rispetto verso i genitori (ai quali devono dare del lei), fra mille proibizioni, severe punizioni (come il ragazzino legato al letto per impedirgli di "toccarsi" durante la notte) e continue umiliazioni (il "nastro bianco" del titolo, simbolo di purezza e innocenza, che viene legato al braccio di coloro il cui comportamento non è stato ineccepibile), il tutto mentre gli adulti stessi mostrano di avere una fibra morale tutt'altro che inappuntabile (come il dottore, con il suo disprezzo verso la governante-amante e le attenzioni morbose verso la figlioletta; il pastore, insensibile di fronte ai sentimenti dei figli; o il barone, che non si avvede della crisi familiare che si sviluppa davanti ai propri occhi). Lo stile scelto da Haneke per descrivere questo microcosmo è lucido ed efficace (e in certi passaggi quasi bergmaniano): una fotografia in bianco e nero fredda e algida, scenografie essenziali e realistiche, un ritmo narrativo scandito dal lento avvicendarsi delle stagioni, e attori dai volti intensi ed espressivi anche (e soprattutto) quando non lasciano trapelare i loro reali sentimenti. Fanno eccezione il maestro di scuola e la ragazza da lui amata, il cui ruolo è quello di osservatori esterni che si muovono al di fuori da regole arcaiche e medievali (come l'obbligo di non frequentarsi per un anno prima del fidanzamento!) di cui faticano ad accettare il senso.

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