14 giugno 2009

Il profeta (Jacques Audiard, 2009)

Il profeta - Uccidi o sarai ucciso (Un prophète)
di Jacques Audiard – Francia 2009
con Tahar Rahim, Niels Arestrup
***

Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

Il diciannovenne Malik El Djebena viene condannato a sei anni di prigione. Entra in carcere ignorante, impaurito e senza alcuna prospettiva: ne uscirà istruito, maturato e soprattutto a capo di un piccolo impero criminale. La prigione come maestra di vita e come via d'ingresso principale al mondo della criminalità organizzata: i temi non sono nuovi, ma lo stile di Audiard è efficace nel mostrarli con una grande concretezza drammatica. Il suo controllo sulla materia trattata non viene mai meno, anche se alcune divagazioni metafisiche sembrano un po' dei corpi estranei rispetto al resto della pellicola. Fra i punti di forza del film ci sono senza dubbio la descrizione di un mondo duro e amorale, dove ogni amicizia nasconde un interesse e che tuttavia offre grandi opportunità a chi è in grado di coglierle; e soprattutto la lenta ma serrata progressione degli eventi, che porta lo spettatore quasi a convivere con Malik per tutti i sei anni della sua prigionia, osservandone la trasformazione e i continui passi in avanti, dall'apprendimento delle lingue alla comprensione delle regole interne ed esterne. Il regista è bravo anche a evitare molti luoghi comuni dei lungometraggi ambientati nelle carceri e a sfuggire a ogni inutile didascalismo, e qua e là regala immagini di gran classe e piccoli momenti di approfondimento dei personaggi che mostrano la cura nella sceneggiatura e nella progettazione del film (che a Cannes ha vinto il Grand Prix).

Pur essendo arabo (ma non praticante), Malik diventa un protetto del boss corso Luciani, che lo sfrutta per uccidere un pericoloso testimone rinchiuso in un altro blocco. L'impressionante omicidio, il primo della sua vita, scuote il ragazzo a tal punto che il “fantasma” della sua vittima continuerà ad apparire nella sua cella e a tenergli compagnia, regalandogli squarci di visioni del futuro (da qui il titolo del film: ma ripeto, quello soprannaturale è forse l'unico elemento che mi è sembrato superfluo). All'apparenza ingenuo e sempliciotto, in realtà intelligente e veloce ad apprendere, Malik continuerà a lavorare per il gangster corso, studiandolo in segreto e appropriandosi dei segreti del mestiere, e contemporaneamente metterà in piedi per proprio conto una serie di traffici di droga dentro e fuori dalla prigione, approfittando delle poche libere uscite per stringere legami con criminali sempre più potenti. Fondamentali, per la riuscita del film, sono i volti degli attori: tutti sporchi, brutti, feriti dalla vita e dalla violenza. Non so come sarà la versione italiana, ma è senza dubbio un film da vedere in originale, visto che la commistione delle lingue (il corso, l'arabo, il francese) è davvero splendida e particolarmente rilevante nell'economia del film. Fra l'altro, anche nell'unico altro lavoro di Audiard che avevo visto, “Sulle mie labbra”, il linguaggio aveva un ruolo importante.

8 commenti:

nickoftime ha detto...

Condivido il discorso sulle lingue perchè da il senso di una multietnicità che è dominate all'interno del film e sì le apparizioni del l'uomo che Malik ha ucciso non aggiungono nulla..e magari avrebbero diminuito il metraggio un pò eccessivo di un film che ho apprezzato molto...che mi ha riconciliato da una serie di visioni deludenti...

Anonimo ha detto...

Condivido quasi integralmente ciò che dici (tra l'altro ci ritrovo molte delle considerazioni che ho appena finito di scrivere). Tuttavia a me l'elemento visionario non ha infastidito affatto, rientrando in un preciso percorso di acquisizione di consapevolezza (lo specifico nel dettaglio nella recensione prossima ventura).

In ogni modo, complimenti per la consueta acutezza di sguardo, unita a una scioltezza di scrittura davvero notevole.

Buona serata

Ale

Christian ha detto...

Nickoftime: Più che il "fantasma" (che un significato nell'economia del film ce l'ha, è la personificazione dei sensi di colpa di Malik: non a caso da un certo punto in poi non compare più, da quando cioè il ragazzo diventa un criminale incallito che non si fa più problemi a uccidere), a essermi sembrati fuori posto sono i momenti di preveggenza, come la scena dei cerbiatti, e dunque di riflesso anche il titolo del film.

Ale: Grazie, sei sempre troppo gentile! Non direi di essere stato "infastidito" dall'elemento visionario, soltanto mi sono chiesto il senso della sua presenza in un film che poteva anche farne a meno. Ciao!

nickoftime ha detto...

Non pensi che il titolo si riferisca anche alle azioni di un personaggio che di fatto indica la strada e ribalta le posizioni di partenza di una minoranza fin lì schiacciata dall'oppressore corso?
ciao

nickoftime ha detto...

Inoltre anche dal punto di vista materiale (o dovrei dire strutturale...) Audiard realizza un film francesissimo..dal punto di vista produttivo (attori per la maggior parte "stranieri")sociologico (l'hai già detto tu)culturale (il polar ma anche la tradizione di certa letteratura che abbina il genere all'analisi politica sociale-Manchette?!).

Scusa la mia invasione ma il film e la tua disponibiltà sono stimolanti per quelle che sono affermazioni ma anche domande

Christian ha detto...

Quella del titolo mi pare in realtà un'interpretazione un po' forzata: le azioni di Malik sono quasi sempre di natura egoistica e individuale, non diventa mai una guida o un punto di riferimento per gli altri detenuti, tantomeno per gli arabi che invece lo vedono addirittura come un "traditore" al servizio dei corsi. A parte appunto la scena in cui il gangster di Marsiglia lo battezza "profeta", il termine poi non ricompare più e non sembra avere una particolare rilevanza nella vicenda...

Ginevra ha detto...

Ciao a tutti.Ho appena visto questo film e devo dire che ha decisamente superato le mie già rosee aspettative!Mai una nota fuori posto-intendo la colonna sonora che sottolinea senza infastidire, lasciando a tratti intuire un qualcosa di lirico.Mai un giudizio e mai giustificazioni ai comportamenti di personaggi.Un romanzo di formazione con tanto di rito iniziatico , senza che il protagonista sia ne eroe ne antieroe.
Cri complimenti , sempre bellissime le tue recensioni!

Christian ha detto...

Grazie dei complimenti, Ginevra. L'hai visto in italiano? Com'è il doppiaggio? Cercherò di rivederlo presto anch'io, per calibrare meglio il mio giudizio. Comunque è di sicuro un gran film, che – come giustamente sottolinei – non si impantana in superficiali questioni morali.