11 settembre 2006

Black book (P. Verhoeven, 2006)

Black book (Zwartboek)
di Paul Verhoeven – Olanda 2006
con Carice van Houten, Sebastian Koch
***

Visto al cinema Plinius, in v. orig. sottotitolata
(rassegna di Venezia)

Una giovane ebrea olandese, scampata al massacro della propria famiglia a opera delle SS, entra a far parte della resistenza e accetta di diventare l'amante di un capitano tedesco per estorcergli informazioni, ma poi finisce per innamorarsene. Verhoeven ricorre a tutta l'esperienza maturata a Hollywood per girare un romanzone storico-avventuroso coinvolgente e di ottima fattura, dove tragedie e speranze, tradimenti e complotti, sparatorie ed evasioni si succedono senza interruzione per oltre due ore. Alcuni snodi narrativi sono forse un po' esagerati, e non mancano momenti maliziosamente sopra le righe e quasi trash, ma nel complesso lo spettacolo funziona e il film mi ha tenuto con il fiato sospeso fino alla fine. Brava la protagonista, che sfoggia un look alla Jean Harlow. E bella l'ultimissima scena, che fa riflettere sulla ciclicità degli orrori della guerra e degli errori dell'uomo. Ci sono state alcune polemiche sul fatto che il regista abbia presentato i nazisti (alcuni, almeno) come esseri umani a tutti gli effetti, con pregi e difetti, così come alcuni membri della resistenza come bastardi pronti a tradire i compagni. Ho addirittura sentito accusare il film di antisemitismo: evidentemente il povero Verhoeven è destinato a essere sempre incompreso, almeno politicamente, come ai tempi di "Starship troopers".

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Starship troopers era un film chiaramente ideologico, non solo x le divise ma anche x il concetto di soldato-cittadino. V. se le tira addosso le critiche.
Grande blog, apprezzo soprattutto il fatto che è un lavoro genuino e senza arie. Un saluto.

Christian ha detto...

"Starship Troopers", secondo me, è una satira – e non certo un'apologia - dell'ideologia militare e fascista. Lo dimostrano tante cose, dai cinegiornali con i bambini che schiacciano gli insetti alla scelta stessa degli attori. Ma anche in quel caso Verhoeven è stato equivocato... forse perché da un film del genere non ci si aspetta tanta sottigliezza?

Grazie dei complimenti per il blog!

Anonimo ha detto...

Classificato, anche in base al reazionario romanzo (1957) di Robert A. Heinlein da cui è tratto, come un blockbuster parafascista, è invece il miglior film (almeno tra quelli americani) dell'olandese P. Verhoeven (1938) e “il più fecondo di implicazioni politiche e morali, minacciose quanto pertinenti al tema: Hitler ha vinto la seconda guerra mondiale e non ce ne siamo nemmeno accorti.” (Paolo Cherchi Usai) Basta saperne cogliere la forte componente umoristica in chiave antimilitarista e satirica, l'affascinante e cinica ambiguità, la critica visione del futuro (dunque del presente).

Morandini 2004.