Vivarium (Lorcan Finnegan, 2019)
Vivarium (id.)
di Lorcan Finnegan – Irlanda/Danimarca/Belgio 2019
con Imogen Poots, Jesse Eisenberg
**1/2
Visto in divx, in originale con sottotitoli.
In cerca di un appartamento, i fidanzati Gemma (Poots) e Tom (Eisenberg) visitano un enorme complesso residenziale in periferia costituito da centinaia di villette a schiera tutte uguali, che scoprono di non poter più abbandonare. Apparentemente unici abitanti del quartiere, sono costretti ad "allevare" un bambino che cresce a un ritmo innaturale, dando vita a una bizzarra caricatura di famiglia. Insolita pellicola fantastico-surreale, con suggestioni quasi horror ed echi da pellicole quali "Truman show" e "Il giorno della marmotta" (ma anche "Cube" e "Matrix"). La natura ambigua e artificiale della situazione (soprannaturale o fantascientifica che sia) è evidente: e l'immagine del cuculo che si installa nel nido degli uccellini in apertura dei titoli di testa suggerisce da subito che le cose non saranno come sembrano. Di fatto Tom e Gemma vengono sfruttati da una "razza" (aliena?) per accudire, in loro vece, i propri bambini, e posti in un "vivarium" (appunto) che non è altro che un modellino, perfetto in ogni dettaglio e proprio per questo inquietante, di un quartiere residenziale umano (dalle case asettiche e che si ripetono tutte identiche, con le pareti color verde pastello e i giardini con palizzata, alle nuvole "a forma di nuvola" nel cielo, che sembrano uscire da un quadro di Magritte). Naturalmente il tutto può essere letto come una metafora dei rapporti famigliari, con i sacrifici compiuti dai genitori per allevare un figlio che, una volta cresciuto, se ne andrà via per la propria strada, se non addirittura della società consumistica e tradizionale, con tutte le sue regole non scritte e i suoi conformismi (sulla famiglia-tipo). Non certo a caso (si tratta di un film dove ogni dettaglio conta!) Gemma è una maestra d'asilo e Tom un arboricoltore, ideali dunque per far crescere "giovani virgulti". Buona la prova dei due protagonisti (affiancati da Senan Jennings, Eanna Hardwicke e Jonathan Aris, che interpretano il "figlio" in diversi momenti della crescita) e la sceneggiatura (di Garret Shanley, da un soggetto scritto insieme allo stesso regista), che costruisce la tensione dal nulla. E memorabili, in particolare, le scenografie.
2 commenti:
L'ho trovato davvero molto angosciante perché per certi versi tutti noi viviamo quella condizione, più o meno ovviamente.
Esatto, proprio per questo è un film efficace (e terribile) anche nella sua semplicità, oltre che ben diretto e senza fronzoli. Una bella sorpresa!
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