L'ululato (Joe Dante, 1981)
L'ululato (The howling)
di Joe Dante – USA 1981
con Dee Wallace, Christopher Stone
***
Visto in divx.
Dopo essere stata aggredita a New York da un misterioso stalker (Robert Picardo), la conduttrice televisiva Karen White (Dee Wallace) piomba in uno stato di shock e non ricorda più nulla dell'accaduto. Uno psichiatra, il dottor George Waggner (Patrick Macnee), la invita allora a trascorrere insieme al marito Bill (Christopher Stone) un mese di riposo in una colonia fra i boschi, da lui gestita, a scopi terapeutici. Qui la donna scoprirà che i pazienti del dottore (così come l'uomo che l'aveva aggredita) sono tutti lupi mannari... Da un romanzo di Gary Brandner, un classico dell'horror dei primi anni ottanta, che ha lanciato la carriera di Joe Dante (poi decollata definitivamente con il successivo "Gremlins", prima di arrestarsi per divergenze con gli studios e una serie di flop). Il film è significativamente uscito in un anno, il 1981, di revival per i licantropi (ci furono anche "Un lupo mannaro americano a Londra" di John Landis e il meno celebre "Wolfen, la belva immortale" di Michael Wadleigh). Ma a differenza da Landis, più che al classico uomo lupo della Universal, Dante e gli sceneggiatori John Sayles e Terence H. Winkless guardano alle atmosfere dei film di Val Lewton e Jacques Tourneur (come "Il bacio della pantera"), puntando su uno stato prolungato di tensione impalpabile (che si scioglie nel finale, ma che in precedenza – si pensi ai momenti in cui Karen ode gli ululati nei boschi – costruisce la suspence senza mostrare nulla) e calando i temi horror nelle inquietudini della vita quotidiana e moderna. Memorabile, in particolare, il finale altamente satirico, nel quale una trasformazione in lupo mannaro mostrata in diretta televisiva viene accolta dal pubblico con indifferenza e scetticismo ("È solo un trucco, come lo sbarco sulla Luna!") e interrotta subito da uno spot pubblicitario (di cibo per cani!). Nonostante numerosi ammiccamenti (il cartoon con Ezechiele Lupo, le scatolette di chili Wolf, il poema "Howl" di Allen Ginsberg), omaggi e citazioni (quasi tutti i personaggi minori hanno nomi di celebri registi di film sui lupi mannari, come George Waggner, appunto, ma anche Terence Fisher, Roy William Neill, Erle Kenton, Sam Newfield, Jacinto Molina e Lew Landers), prima del finale il tono del film si mantiene assolutamente serio, mescolando a sequenze horror anche interessanti approfondimenti psicologici (la figura del lupo mannaro è vista come un modo per l'uomo di ricongiungersi con il proprio lato animale e bestiale, la parte primitiva di sé che la civiltà ha cercato di reprimere; ed Eddie Quist, fuggito dalla "colonia" fra i boschi per dare sfogo ai propri istinti nella grande città, lega patologicamente questi impulsi al sadismo e alla pornografia). Rispetto ai licantropi classici, questi temono il fuoco e possono essere uccisi da pallottole d'argento, ma per il resto sono virtualmente immortali (e famelici: non si contano gli indizi legati al consumo di carne). Altre suggestioni sembrano associare il film ad altri capolavori del genere horror: il tema della setta (la colonia) ricorda "Rosemary's baby" di Polanski, la mancanza di via di scampo per la protagonista (anche perché il morso di un lupo mannaro "condanna" la vittima alla stessa sorte) richiama invece "La notte dei morti viventi" di Romero. Gli effetti speciali, di Rob Bottin, sono di ottimo livello, pur con qualche occasionale caduta di stile (come la brevissima sequenza in animazione). Le scene delle trasformazioni, forse non belle come quella del film di Landis, sono altrettanto lunghe e spaventevoli. Nel vasto cast anche Dennis Dugan, Belinda Balaski (Chris e Terri, i due colleghi di Karen), Elisabeth Brooks (Marsha, la "mangiauomini" vestita di pelle), John Carradine, Slim Pickens, Kevin McCarthy, Don McLeod, Noble Willingham. Dick Miller è il libraio, Herbie Braha il commesso del pornoshop. Camei per lo sceneggiatore e futuro regista John Sayles, per Roger Corman e per Forrest J. Ackerman. Con sette sequel (di scarso valore).
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