10 ottobre 2020

Loro (Paolo Sorrentino, 2018)

Loro (aka Loro 1 e Loro 2)
di Paolo Sorrentino – Italia/Francia 2018
con Toni Servillo, Riccardo Scamarcio
**

Visto in divx.

Dopo il film anticonvenzionale che aveva firmato su Giulio Andreotti ("Il divo", nel 2008), Sorrentino si occupa stavolta di Silvio Berlusconi, proseguendo nel portare sul grande schermo (con una "rielaborazione e reinterpretazione in chiave strettamente artistica", come sottolinea precauzionalmente la didascalia introduttiva) le figure più importanti della cronaca e della politica dell'Italia del ventesimo secolo, trasfigurandole a suo modo in chiave pulp e post-moderna. Anche in questo caso, però, l'impressione è che si badi soprattutto all'estetica e alle frasi ad effetto, e che manchi una riflessione non superficiale sul personaggio e sul suo impatto sulla società e la politica italiana (che invece c'era, per esempio, anche nel film di Nanni Moretti "Il caimano"). Berlusconi è ritratto nella sua vita privata, quasi sempre all'interno della villa di Porto Rotondo in Sardegna: siamo attorno al 2008, dunque già negli anni del suo declino, quando cominciano a filtrare i primi scandali sessuali e il matrimonio con Veronica Lario (Elena Sofia Ricci) entra in crisi. Uscito nelle sale diviso in due parti (ma come già nei casi di "Novecento" e "Nymphomaniac", si tratta a tutti gli effetti di un unico film, tanto che in seguito è stata resa disponibile una versione unificata, sia pure con qualche taglio), il lungometraggio reca un titolo curioso, "Loro". Va ovviamente contrapposto a "Lui", come è chiamato Berlusconi nella parte iniziale della pellicola da chi non vuole farne apertamente il nome, rievocando ovviamente un altro celebre "lui" della politica italiana, Benito Mussolini. "Loro" sono tutti quelli che, per lo più per interesse, gravitano attorno a Berlusconi (il titolo francese del film è ancora più esplicito: "Silvio et les autres"), ovvero l'entourage che lo circonda, una corte di "nani e ballerine" che lo sfruttano e ne vengono sfruttati in un mercimonio di potere e di sesso. Fra di essi ci sono figure reali (Mariano Apicella, Noemi Letizia, Ennio Doris, Fedele Confalonieri) e immaginarie (ma in cui si possono facilmente riconoscere personaggi autentici, come Lele Mora, Walter Lavitola, Sandro Bondi, Sabina Began o Daniela Santanché), fra cui spicca Sergio Morra (Riccardo Scamarcio), evidentemente ispirato a Gianpaolo Tarantini, imprenditore pugliese che cerca di entrare nelle grazie di Silvio sfruttando la sua passione per le donne e organizzando una festa a base di ragazze "disinibite" nella sua villa in Sardegna. Berlusconi stesso (interpretato da un sempre ottimo Servillo, vera e propria "maschera" dal perenne sorriso, che parla con cadenza brianzola e canta in napoletano) entra in scena solo dopo un'ora della prima parte (40 minuti nella versione "unificata"), relegando di colpo Scamarcio sullo sfondo e non abbandonando più il centro dell'attenzione. Siamo negli anni del declino, abbiamo detto, in cui il rapporto con Veronica si è irrimediabilmente incrinato, in cui Silvio è politicamente confinato all'opposizione (ma riuscirà a far cadere il governo di centrosinistra grazie alla compravendita di parlamentari), in cui la noia e la stanchezza sono mitigate per l'appunto dalle "cene eleganti".

Costruito su una serie di scenette episodiche e slegate l'una dall'altra (la migliore è probabilmente quella dell'incontro con Ennio Doris, interpretato anch'esso da Servillo che così dialoga con sé stesso, seguita dalla telefonata in cui Silvio – spacciandosi per l'agente immobiliare "Augusto Pallotta" – intende dimostrare a sé stesso di essere ancora il "venditore più bravo di tutti"), che accatastano personaggi macchiettistici, il film si concentra su vari aspetti del personaggio Berlusconi ma non riesce mai a scalfirne la superficie, mostrandocelo evasivo nei momenti chiave (il dialogo con Veronica, ma anche quello con la giovane Stella (Alice Pagani), l'unica che gli resiste). Sorrentino sembra quasi voler giustificare questa mancanza di analisi, dichiarando esplicitamente che in Silvio non c'è più di quello che appare ("La sinistra non riesce a mettermi a fuoco, pensa che tutto sia sempre complesso, e invece è tutto così elementare"). Eppure il regista non sembra nemmeno provarci, e si limita a mostrare la sua megalomania, la sua volgarità, la decadenza, lo sfoggio di ricchezza e potere, la sua ossessione per le donne e il sesso (anche se le ragazze – cui dona, come un marchio, il ciondolo della farfallina – sono tutte rifatte, anoressiche o grossolane, mai – con l'eccezione appunto di Stella – genuinamente "belle"). Qua e là si butta comunque un sassolino, come quando si afferma che Silvio "fa battute e pagliacciate perché afflitto da un grande complesso di inferiorità". Dopo altre scene slegate dal resto (la rielezione, il terremoto all'Aquila, l'incontro con Mike Buongiorno), il film si conclude all'improvviso, quasi random e anticlimaticamente, mostrandoci un Silvio che aziona il suo tanto celebre vulcano finto, all'interno della villa in Sardegna, quando è da solo. E Scamarcio? dimenticato. La lunghezza della pellicola, e il parallelo con personaggi ed eventi reali, può certamente lasciare qualcosa allo spettatore, ma nel complesso mi è parso un film inutile, uno sfoggio di stile che a livello artistico e tecnico, beninteso, è sempre bello o quantomeno interessante, ma che non offre nulla che non si fosse già visto nei lavori precedenti di Sorrentino (e con qualche citazione da "The Wolf of Wall Street" di Scorsese): siamo quasi di fronte a un lungo videoclip, a una sorta di portfolio o demo, con sequenze accompagnate da una colonna sonora che abbina la musica di Lele Marchitelli con varie canzoni pop (ma ci sono anche "Domenica bestiale" di Fabio Concato, cantata da lui stesso, e "Voi che sapete" da "Le nozze di Figaro" di Mozart, per non parlare delle canzoni napoletane intonate da Servillo/Berlusconi, fra cui "Malafemmena"; e non poteva mancare ovviamente "Meno male che Silvio c'è"). Un film in fondo innocuo, che infatti è passato quasi inosservato (niente scandali, sollevazioni o processi) e che, a distanza di soli due anni, già pochi ormai si ricordano. La sua colpa, forse, è anche quella di essere uscito quando ormai Berlusconi è già lentamente scivolato fuori dall'attenzione e dalla vita politica italiana, dopo una sovraesposizione multidecennale che ci ha resi tutti un po' stanchi e poco propensi a interessarci nuovamente al personaggio e a tutto ciò che lo circonda. Nel cast anche Dario Cantarelli (il maggiordomo vestito di bianco), Kasia Smutniak (Kira/Began), Euridice Axen (la moglie di Morra), Fabrizio Bentivoglio (Santino/Bondi), Roberto De Francesco (Sala/Mora), Anna Bonaiuto (Cupa/Santanché) e Ricky Memphis (Pasta/Lavitola).

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