15 ottobre 2020

Jojo Rabbit (Taika Waititi, 2019)

Jojo Rabbit (id.)
di Taika Waititi – USA/Nuova Zelanda 2019
con Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie
**1/2

Visto in TV (Now Tv), con Sabrina.

In Germania, mentre infuria la seconda guerra mondiale, il piccolo Johannes "Jojo" Betzler (Davis, al suo esordio), un bambino di dieci anni, entra a far parte della Hitler-Jugend. Pur preso in giro dai ragazzi più grandi (che gli affibbiano l'appellativo di "Jojo coniglio": ed è così che avrebbe dovuto essere tradotto il titolo del film, lasciato invece in originale), Jojo è talmente indottrinato al credo nazista da avere come amico immaginario proprio un simulacro di Adolf Hitler (interpretato dal regista stesso), che lo conforta e lo consiglia davanti a ogni difficoltà della vita. Tutto comincia a cambiare quando il bambino scopre che dietro uno scompartimento segreto della propria casa si nasconde una ragazza ebrea, Elsa (McKenzie), che sua madre Rosie (Scarlett Johansson) ha accolto a sua insaputa. Liberamente ispirato a un romanzo di Christine Leunens ("Come semi d'autunno"), il cui protagonista aveva però 17 anni, un film che affronta i temi del nazionalsocialismo e dell'olocausto con toni originali e da commedia, almeno fino a un certo punto: dopo un eccellente incipit, infatti, la pellicola smarrisce per strada la cosa più interessante e divertente, ovvero l'irriverente Hitler virtuale, per dedicarsi a un più scontato rapporto di amicizia/amore fra il piccolo nazista e la giovane ebrea (già visto con alcune varianti in parecchi film su questo tema, per esempio "Il bambino con il pigiama a righe"). E il modo in cui "Adolf" viene scacciato e letteralmente defenestrato da Jojo, nel finale, appare troppo netto ed eccessivamente enfatico (e non solo perché esso era di fatto un sostituto paterno): l'addio a un amico immaginario avrebbe dovuto essere gestito con più sfumature, ma forse ci si preoccupava troppo di aver reso il Führer simpatico e divertente (e infatti ci sono stati critici che non lo hanno apprezzato). Rimane il merito di aver mostrato la guerra, con i suoi orrori e le sue tragedie, ma anche aspetti quali la propaganda e l'indottrinamento, dal punto di vista di un bambino (anche in questo caso non mancano i precedenti, a partire da "I figli di Hitler" di Dmytryk, girato "in tempo reale" nel 1943). Nel complesso il lungometraggio è piacevole, meno originale di quanto sembri ma dal mood indovinato, che mostra i campi di addestramento come se si trattasse di campi scout, nonché i lati più visionari e infantili di un periodo storico cupo e tragico (quando la guerra arriva fino in città, siamo di fronte alla fine dell'infanzia). Nel cast brilla Sam Rockwell nei panni del bizzarro capitano istruttore Klenzendorf. Nonostante dialoghi a tratti un po' artificiali e qualche luogo comune, la sceneggiatura (dello stesso Waititi) ha vinto l'Oscar. Nell'anacronistica colonna sonora ci sono canzoni dei Beatles e di David Bowie cantate in tedesco. Ambientato in una città della Germania non meglio precisata, il film è stato girato in realtà in Repubblica Ceca. Waititi ha deciso di interpretare personalmente l'Hitler comico (accodandosi a una lista di precedenti illustri, a partire da Chaplin) perché aveva qualche difficoltà a trovare un attore famoso interessato alla parte.

2 commenti:

Marco C. ha detto...

Mah. Prodotto sotto la soglia dell'accettabilità. Dopo la prima mezz'ora diventa una commedia melensa. D'altronde la tematica è complessa e nel mondo attuale, intriso dal conformista "politicamente corretto", era inevitabile una deriva benpensante. Bocciato. La scena della Resistenza con i volantini lasciati in giro per la città è imbarazzante.

Christian ha detto...

Anche secondo me dopo la prima mezz'ora il film perde di colpo mordente (e coraggio), e si fa scontato, prevedibile e politicamente corretto. Peccato!