L'immortale (Takashi Miike, 2017)
L'immortale (Mugen no junin, aka Blade of the immortal)
di Takashi Miike – Giappone/GB 2017
con Takuya Kimura, Hana Sugisaki
**1/2
Visto in TV (Netflix).
L'ex samurai Manji (Takuya Kimura) è stato reso immortale dalle sanguisughe magiche che una misteriosa monaca viandante ha introdotto nel suo corpo. Assoldato come guardia del corpo dalla giovane Rin (Hana Sugisaki), che assomiglia in modo impressionante alla sorella morta, la aiuterà a vendicare il padre, ucciso dai membri della scuola d'armi Itto-ryu guidata da Anotsu (Sota Fukushi), un guerriero che aspira a dominare tutti i dojo del Giappone. Dall'omonimo fumetto di Hiroaki Samura, di cui adatta i primi due volumi, una pellicola d'azione a base di innumerevoli combattimenti all'arma bianca. La storia, strutturata episodicamente (un evidente calco del manga originale), vede il protagonista affrontare un nemico dietro l'altro, senza una reale progressione (a tratti la trama sembra inventata man mano che si va avanti), anche se l'insieme risulta comunque accattivante nel suo mix di ambientazione storica (siamo durante lo shogunato Tokugawa, nel tardo Settecento) ed esagerazioni pop, con personaggi stravaganti e armi non ortodosse. Per certi versi è una versione giapponese del "300" di Zack Snyder, e come tale deve essere gustato, senza aspettarsi la solennità, l'essenzialità e il rigore dei film di samurai di un tempo. D'altronde si tratta di caratteristiche difficili da trovare in un film di Miike (a proposito: si tratterebbe del centesimo (!) lavoro del prolifico regista), da sempre più a suo agio con gli eccessi che non con la misura. In ogni caso il divertimento non manca, ma attenzione: i combattimenti sono estremamente cruenti, con spargimenti di sangue, arti e membra mozzate. In effetti, pur essendo uno spadaccino eccezionale, spesso Manji non vince perché è più forte del nemico di turno, ma semplicemente perché, essendo immortale, si riprende con regolarità dalle innumerevoli ferite che gli vengono inflitte.
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