26 giugno 2020

La signora Miniver (William Wyler, 1942)

La signora Miniver (Mrs. Miniver)
di William Wyler – USA 1942
con Greer Garson, Walter Pidgeon
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Visto in divx.

In una cittadina di campagna nell'Inghilterra del 1939, la casalinga Kay Miniver (Garson) conduce un'esistenza serena e spensierata insieme al marito architetto Clem (Pidgeon) e i figli, con le preoccupazioni maggiori che riguardano l'acquisto di un cappello o di una nuova automobile. Ma lo scoppio della seconda guerra mondiale cambierà tutto, portando tensione e dramma nella felicità della famiglia. Ispirato a un personaggio creato dalla scrittrice Jan Struther per una rubrica su un quotidiano britannico, un film che racconta le tragedie belliche dal punto di vista di chi rimane a casa. Fu messo in cantiere nel 1940, quando gli Stati Uniti erano ancora neutrali: ma gli eventi del mondo reale, che si succedettero durante la lavorazione, spinsero Wyler e i suoi collaboratori a modificare più volte la sceneggiatura e anche a modificare sequenze già girate, come quella del confronto fra la signora Miniver e l'aviatore tedesco abbattuto, cui venne aggiunta la scena in cui la donna lo schiaffeggia in risposta alle sue minacce. Anche il celeberrimo sermone finale del vicario del villaggio, nella chiesa semidistrutta dalle bombe ("Perché questa non è solo una guerra di soldati in uniforme... È anche una guerra della gente, di tutta la gente, e deve essere combattuta non solo sul campo di battaglia ma nelle città e nei villaggi, nelle fabbriche e nelle fattorie, nelle case e nel cuore di ogni uomo, donna e bambino che ami la libertà"), fu completamente riscritto da Wyler e dall'attore Henry Wilcoxon il giorno prima delle riprese, dopo che l'attacco di Pearl Harbor aveva trascinato in guerra anche gli Stati Uniti. Il presidente americano Roosevelt lo apprezzò a tal punto da riutilizzarne alcuni passaggi in volantini e materiali propagandistici da lanciare sui territori occupati, mentre il ministro della propaganda tedesca Goebbels considerava suo malgrado la pellicola come uno dei migliori esempi di propaganda cinematografica, ammirandola segretamente, anche perché coinvolgeva emotivamente lo spettatore senza essere apertamente anti-tedesca. E se oggi può sembrare retorico, in realtà il film va contestualizzato nel momento in cui uscì. La sua ingenuità tipicamente hollywoodiana ebbe in particolare una forte presa sul pubblico inglese, aiutandolo a identificarsi nei valori del coraggio, del sacrificio e della resistenza.

Al di là di questi aspetti, il lungometraggio è comunque notevole sia dal lato tecnico che da quello artistico. Se comincia come una commedia o una satira sociale all'acqua di rose, con personaggi sciocchi e svagati (l'unico che mostra una sorta di coscienza e consapevolezza sociale è Vincent (Richard Ney), il figlio maggiore dei Miniver, che torna da Oxford pieno di idee contro le ingiustizie e le disuguaglianze: fu un modo per comunicare al pubblico americano che gli inglesi non erano più soltanto un popolo di aristocratici eccentrici, anacronistici e privilegiati, come erano spesso stati ritratti fino ad allora nel cinema hollywoodiano), i toni cambiano lentamente man mano che gli eventi della guerra cominciano a influire sullo stile di vita e le abitudini della gente comune. Le dinamiche della vita famigliare – come il fidanzamento di Vincent con Carol (Teresa Wright), nipote di Lady Beldon (May Whitty), la nobile matrona del villaggio – e i piccoli episodi della quotidianità – su tutti il concorso locale di floricultura, dove il capostazione Ballard (Henry Travers) presenta la rosa che ha voluto chiamare "Signora Miniver", sfidando apertamente Lady Beldon, da sempre abituata a vincere la gara senza concorrenti – sono sempre più spesso inframmezzati da momenti di tensione e di paura, come quelli causati dai bombardamenti nemici. E a lungo andare, tutti hanno l'occasione per fare la propria parte: chi sul campo di battaglia (Vincent si arruola nella RAF) e chi da civile (Clem è uno dei tanti che, con la propria barca, partecipa all'evacuazione di Dunkerque). A un certo punto, durante la visione, viene da chiedersi come il film potrà concludersi, essendo stato realizzato quando il conflitto era ancora in corso (impossibile dunque un "lieto fine" con la vittoria della guerra): ma la tragedia che colpisce la famiglia giunge comunque inattesa, abbattendosi peraltro sul personaggio che meno ci si aspettava, il che finisce col dare maggiore sostanza emotiva al sermone finale. Enorme successo di pubblico e di critica: ben 12 nomination agli Oscar (di cui cinque agli interpreti per Garson, Pidgeon, Wright, Whitty e Travers), con sei premi vinti: miglior film, regia, sceneggiatura, fotografia, attrice e attrice non protagonista. Nel 1950 ci sarà un sequel, "Addio signora Miniver", di H.C. Potter.

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