Les enfants d'Isadora (Damien Manivel, 2019)
Les enfants d'Isadora
di Damien Manivel – Francia/Corea del Sud 2019
con Agathe Bonitzer, Manon Carpentier
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Visto al cinema Colosseo, con Eleonora e Paola, in originale con sottotitoli (rassegna di Locarno).
Nel 1913 la celebre Isadora Duncan, la fondatrice della danza moderna, perse i due figli di 7 e 3 anni, annegati nella Senna dopo esservi caduti a bordo di un'automobile. Per elaborare il lutto la Duncan creò un assolo, "La mère", con il quale dava spiritualmente l'addio ai suoi bambini e li lasciava andare via. Cento anni dopo, alcune donne scoprono questa danza e ciascuna la interpreta alla sua maniera. Vediamo infatti una ragazza (Agathe Bonitzer) studiare accuratamente la coreografia del pezzo per replicarne con precisione i movimenti (e questo film mi ha fatto scoprire che esistono "partiture" della danza, con simboli che identificano ogni posizione e ogni movimento sul palco); una bambina con sindrome di down (Manon Carpentier) che si prepara insieme alla sua istruttrice (Marika Rizzi) per mettere in scena l'assolo, con la seconda che le spiega come per Isadora "ciascuno deve trovare il proprio gesto, il proprio modo di danzare"; e infine un'anziana spettatrice fra il pubblico (Elsa Wolliaston), che rimane emotivamente colpita dalla performance, forse perché – a differenza delle due ragazze – probabilmente anche lei ha vissuto davvero quel dolore (ed essendo nera, è anche una sorta di "grande madre" di tutti). Tre modi diversi – o quattro, se contiamo l'insegnante – di rivivere la danza della Duncan (su una musica di Scriabin), tutti a loro modo validi, che rendono le protagoniste in fondo figlie (spirituali) anch'esse di Isadora, della quale sullo schermo non si vedono che un paio di fugaci fotografie. Il film è lento, fatto quasi solo di silenzi e di corpi in movimento, impegnati sì nella danza ma anche in momenti della vita quotidiana. La consapevolezza di sé e del proprio corpo e l'espressione dei sentimenti rinchiusi al proprio interno può aiutare non solo ad elaborare il lutto ma anche a trasmettere queste emozioni agli altri, facilitando la comprensione e annullando le distanze (di spazio, di tempo, di cultura) che separano gli esseri umani. Ottime le protagoniste e la regia, premiata a Locarno.
2 commenti:
Sì, è una autentica elaborazione del lutto, dove il dolore finalmente viene espresso in modo anche simbolico e alla fine si può "lasciare andare" senza rimozioni, sensi di colpa o pietrificanti attaccamenti.
E' il vero lavoro "catartico" di ogni forma d'arte.
Mi sarebbe piaciuto che nel film fosse inserita, oltre che le foto di Isabella con i bambini, anche qualche sequenza di lei che danza e non solo lo schema, per quanto prezioso, su cui lavorare...
Di Isadora Duncan c'è la danza e la "presenza", aggiungere filmati di lei avrebbe forse allontanato troppo il film dai binari della sua purezza... In fondo il titolo può riferirsi ai suoi "figli" spirituali, cioè a tutti coloro che, anche a distanza di tempo, sono influenzati e colpiti dalla sua danza.
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