23 settembre 2019

Estasi (Gustav Machatý, 1933)

Estasi (Extase, aka Symphonie der Liebe)
di Gustav Machatý – Cecoslovacchia 1933
con Hedy Lamarr, Aribert Mog
***

Visto al cinema Beltrade, in originale con sottotitoli
(rassegna di Venezia).

Trascurata dal noioso marito (Zvonimir Rogoz) sin dalla prima notte di nozze, la giovane sposa Eva chiede il divorzio. E nel frattempo ha una fugace storia d'amore con un aitante ingegnere che lavora alla costruzione di una strada. Girato nel 1933 in tre versioni (rispettivamente in ceco, in francese e in tedesco), presentato alla Mostra di Venezia nel 1934 e ora restaurato (nella versione in lingua ceca) per l'edizione del 2019, questo film è passato alla storia per quello che viene considerato il primo nudo integrale di un'attrice protagonista sul grande schermo: quello di Hedy Lamarr, che ai tempi era diciottenne e si firmava ancora col suo vero nome (Hedy Kiesler). Si dice che suo marito Fritz Mandl, spinto dalla gelosia, cercò di acquistare tutte le copie della pellicola per distruggerle, ma inutilmente. Pur sonorizzato (e musicato: la colonna sonora è pressoché ininterrotta), stilisticamente il film è praticamente un muto, visto come ricorre quasi esclusivamente alle immagini per raccontare la sua storia. E in ogni inquadratura abbondano allusioni e metafore di ogni tipo (la natura che si risveglia di pari passo ai sensi della protagonista, fra campi di grano e cavalli selvaggi, per esempio). Se l'incipit può ricordare certe commedie di ambito domestico come quelle di Lubitsch, la parte centrale è pervasa da un erotismo assai spinto e suggestivo, grazie alla bellezza della Lamarr e, naturalmente, alla celebre e succitata scena, quella in cui la ragazza, mentre fa il bagno in un fiume, rimane nuda perché il suo cavallo è scappato portandosi via i suoi vestiti, e viene soccorsa da Adam (Aribert Mog). La regia elegante, la fotografia avvolgente e la leggerezza con cui scorrono le situazioni lo rendono estremamente gradevole ancora oggi: peccato solo per il finale spurio e "sovietico", con l'esaltazione del lavoro, che c'entra poco con tutto il resto. Naturalmente il soggetto "scandaloso" suscitò tentativi di censura in diversi paesi (anche perché, contrariamente alla morale e alle consuetudini dell'epoca, l'adulterio di Eva non è punito né rappresentato come riprovevole in alcun modo: si tratta semplicemente del naturale sfogo di una ragazza rimasta senza amore), ma diede grande fama internazionale al regista (già noto per un precedente film muto su temi simili, "Erotikon" del 1929) e soprattutto alla bella (e geniale) attrice, che qualche anno più tardi si trasferirà a Hollywood in fuga dalla Germania nazista.

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