Behemoth (Zhao Liang, 2015)
Behemoth (Beixi moshuo)
di Zhao Liang – Cina 2015
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Visto al cinema Apollo, con Marisa, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).
Il Behemoth, il mostro biblico che divorava le montagne, è l'uomo: lo ribadisce questo suggestivo documentario sulle miniere – spesso a cielo aperto – nel nord della Cina, ai confini con la Mongolia, che divorano il paesaggio (riducendo sempre più lo spazio che un tempo era di pecore e pastori) e alterano la conformazione fisica del territorio. Come in un sogno dantesco (i rimandi alla "Divina Commedia" sono peraltro espliciti), il narratore si addentra con la sua macchina da presa in un inferno di minerali e carbone, di ciminiere e fonderie, testimone – nudo in un paesaggio "frammentato" – della distruzione che l'uomo infligge alla natura ma anche a sé stesso (il lungometraggio ha anche un'anima di denuncia sociale quando affronta il tema delle malattie, spesso polmonari, che affliggono i minatori). Tutto questo "inferno" (e il "purgatorio" degli ospedali) per costruire, poi, un "paradiso" alquanto discutibile: città fantasma, composte da centinaia di grattacieli che rimarranno disabitati. E che il Behemoth siamo noi lo conferma la stessa guida, un Virgilio che avanza reggendo uno specchio sulla schiena, consentendo di vedere noi stessi in mezzo al caos. Visionario, surreale, ad ampio respiro, a metà fra un documentario di Herzog (la voce narrante ha persino una cadenza simile a quella del regista tedesco!) e una pellicola di Jia Zhangke (che in lavori come "Still life", ma non solo, aveva già affrontato il tema dei profondi cambiamenti nelle zone più rurali della Cina), il film offre al tempo stesso uno sguardo contemplativo ed elementi di riflessione, come ogni documentario che si rispetti.
2 commenti:
L'attualità di Dante risiede proprio nelle molteplici chiavi di lettura e questa così drammatica e "sociale" ne è un esempio. Ci costruiamo il nostro "inferno" sia collettivo che personale tutte le volte che volgiamo a fini "egoistici" e di sfruttamento quello che è un bene collettivo o ci lasciamo travolgere da una parte istintuale, assolutizzando e separandoci in modo "luciferino" dal "tutto".
La trovata del maestro (Virgilio) che porta uno speccho dietro di sé in modo da permettere all'allievo e a tutti noi di conoscersi "rispecchiandosi" è molto in linea col percorso di autoconoscenza di Dante, un invito a seguire la via del ritiro delle proiezioni.
La scelta della "Divina Commedia" come filo conduttore di un documentario cinese di questo tipo mi aveva sulle prime incuriosito... Ma come dici tu, Dante è più universale e attuale di quanto non si creda (o di quanto non traspaia leggendolo a scuola).
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