18 settembre 2015

L'impostore (Bart Layton, 2012)

L'impostore - The Imposter (The Imposter)
di Bart Layton – GB/USA 2012
con Frederic Bourdin, Carey Gibson
***

Visto alla Fogona, in divx, in originale con sottotitoli.

Da una storia vera, un documentario che racconta – con la voce dei suoi veri protagonisti (ma alcune scene sono state "ricostruite" con attori) – l'incredibile vicenda del francese Frederic Bourdin, che è riuscito a ingannare una famiglia texana, facendosi passare per Nicolas Barclay, ragazzino scomparso tre anni prima. E questo nonostante la differenza d'età (Bourdin aveva 23 anni, mentre Nicolas avrebbe dovuto averne 16), di fattezze, di caratteristiche fisiche (colore dei capelli, degli occhi, eccetera). Semplicemente, i parenti desideravano così tanto il ritorno di Nicolas da credere fermamente, e contro ogni evidenza, che Bourdin fosse lui! La pellicola costruisce la sua narrazione in maniera accattivante, come se si trattasse di un mystery o di un thriller, lasciando in più punti sulle spine uno spettatore che già non conoscesse la vicenda, suggerendo fra l'altro svolte sorprendenti o inquietanti. Bourdin, già noto all'Interpol, aveva una lunga storia di "ladro d'identità" ed era solito impersonare altre persone (di solito adolescenti) per togliersi dai guai od ottenere vantaggi, come l'accesso a case famiglia o strutture per orfani. In questo caso, però, fece il suo capolavoro: grazie alle innate doti d'attore e alla capacità di analizzare la psicologia di chi aveva di fronte, in modo da sfruttarne le debolezze, riuscì a ingannare non solo i parenti del ragazzo ma anche poliziotti ed esperti dell'FBI, al punto da ottenere un passaporto americano ed essere accolto nella casa di famiglia, dove rimase cinque mesi senza che nessuno avesse un sospetto. "Dopo quello che ha passato, per forza è un po' cambiato", si dicevano la madre o la sorella di "Nicolas", per giusticare le differenze o addirittura l'accento straniero che il ragazzo sfoggiava. Simile per certi versi a "Close up" di Kiarostami, e con echi addirittura del "Teorema" di Pasolini o di "Funny Games" di Haneke (c'è persino un nastro che viene riavvolto, all'inizio), il film indaga sulla natura dei legami familiari, sul tema dell'identità ("Volevo solo essere qualcuno", afferma Bourdin) e su quanto i desideri e le convinzioni possano dare vita alla realtà, sostituendo il vero con il desiderato. E mostrando, en passant, la fragile base su cui posa il "sogno americano". "Fingevano quanto me, se non di più", dice a un certo punto il truffatore a proposito della sua "famiglia". Nel montaggio, Layton alterna – come detto – interviste ai veri protagonisti della vicenda con scene ricostruite sul set, ma anche spezzoni di telegiornali e persino di telefilm polizieschi degli anni settanta ("Kojak", "Starsky & Hutch" e altri!).

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