Il palazzo delle notti arabe (G. Méliès, 1905)
Il palazzo delle notti arabe (Le palais des mille et une nuits)
di Georges Méliès – Francia 1905
con Georges Méliès, Jeanne Calvière
*1/2
Visto su YouTube.
Dopo i grandi successi degli anni precedenti, a partire dal 1905 i film di Méliès iniziano a riscuotere meno consenso presso un pubblico ormai abituatosi alla novità cinematografica e assuefatto ai “trucchi” da prestigiatore che caratterizzavano le pellicole del regista francese. Si tratta di un pubblico che non si stupisce più per le sparizioni o le sostituzioni di personaggi e oggetti sullo schermo, e che non si accontenta di sfondi e quinte palesemente teatrali, iniziando a pretendere dai film non solo intrattenimento ma anche dramma di un certo spessore, come quello che i cineasti inglesi e americani, con il loro realismo nella recitazione e negli ambienti, e anche i concorrenti francesi della Pathé e della Gaumont, con il loro dispiego di mezzi (numerose comparse, vasti studi per le riprese), possono mettere a disposizione di registi che, a differenza dell'artigiano Méliès, fanno parte di una “catena di montaggio” all'insegna della produzione collaborativa. Il tutto senza parlare della maggior sofisticazione del linguaggio cinematografico (il montaggio, gli inserti, i primi piani) che si inizia timidamente a vedere in alcuni lavori contemporanei (come quelli di Williamson, Porter o Zecca) ma che è del tutto assente nei pur affascinanti ma ingenui film di Méliès. Infine, le “favole avventurose” di cui il regista parigino era un maestro cominciano a lasciare il posto, nelle preferenze degli spettatori, ad altri generi più calati nella realtà, come quelli a sfondo sociale (storie famigliari o di crimine) o storico. Non a caso, proprio dal 1905, Gaston Méliès – il fratello di Georges che si occupava della vendita dei suoi film – fu costretto a ridurre il prezzo di tutte le pellicole del catalogo della Star Film nel tentativo di risollevarne le vendite, soprattutto negli Stati Uniti. Questo “Palazzo delle notti arabe” (che in originale durava ben 28 minuti, ma Méliès ne predispose anche delle versioni più corte), nonostante la sua evidente ambizione, la ricchezza dei costumi e delle scenografie esotiche e l'ampio uso di sagome mobili ed effetti pirotecnici, non riesce a offrire nulla di veramente nuovo rispetto ai lavori precedenti: ispirato ai racconti delle “Mille e una notte”, narra le avventure di un principe che, guidato da un genio (interpretato dallo stesso Méliès), parte alla ricerca di un tesoro che gli consentirà di poter sposare la donna che ama, attraverso una sarabanda di situazioni che si succedono con ritmo monotono e senza soluzione di continuità, fra stregoni, fate, odalische, scheletri che ballano (nella scena più interessante del film), giungle, templi, grotte e palazzi, annoiando forse tanto lo spettatore di allora (è alquanto difficile seguire la storia) quanto quello moderno.
2 commenti:
Spesso la fine dei pionieri è proprio quella: restare penosamente... indietro.
Purtroppo è così, tanto che molti di loro muoiono dimenticati... salvo essere riscoperti a distanza di anni!
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