8 aprile 2020

Panda Kopanda (Isao Takahata, 1972)

Panda! Go, Panda! (Panda Kopanda)
Il circo sotto la pioggia (Panda Kopanda - Amefuri sakasu no maki)
di Isao Takahata – Giappone 1972/73
animazione tradizionale
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Nel 1972 i panda godevano di una particolare popolarità presso il grande pubblico (era il periodo in cui la Cina, per motivi diplomatici, ne regalava o "prestava" degli esemplari agli zoo di tutto il mondo, Giappone compreso). I futuri fondatori dello Studio Ghibli, Isao Takahata (regista) e Hayao Miyazaki (sceneggiatore e fondali), insieme agli animatori Yoichi Kotabe e Yasuo Otsuka (quest'ultimo anche character designer), ne approfittarono per realizzare un cortometraggio (di una trentina di minuti) che anticipa in molte cose i loro lavori successivi, a partire da "Totoro". Pur essendo chiaramente destinato a un pubblico infantile, il corto venne proiettato nelle sale in abbinamento a un film di mostri, "Daigoro contro Goliath" (!). E visto l'ottimo riscontro, l'anno successivo fu prodotto un secondo episodio, "Il circo sotto la pioggia". Le storie sono minime ed episodiche. Mimiko è una bambina orfana che vive in una casa fuori città con la nonna: e quando questa deve assentarsi per un lungo periodo, la piccola si ritrova ad abitare da sola. Non per molto, però, perché in casa sua si presentano due panda, padre (Papanda) e figlio (Kopanda), con cui stringe subito amicizia e forma una sorta di "famiglia". Nel primo dei due film, si scoprirà che sono fuggiti dallo zoo, ma dopo alcune peripezie otterranno di rimanere a casa con la bambina (anche se durante il giorno Papanda si reca allo zoo a "lavorare"). Nel secondo, i nostri amici fanno la conoscenza di un cucciolo di tigre (Tora-chan) e salveranno lui e gli altri animali del circo da un'inondazione che ha ricoperto d'acqua l'intera campagna. Personaggi amichevoli, senso della famiglia e totale assenza di conflitti (ma anche un pizzico di pericolo) sono gli ingredienti di storie che sembrano uscire da un libro illustrato per bambini. A rendere il tutto assai gradevole anche per uno spettatore adulto, però, c'è la maestria tecnica dei suoi realizzatori, il design simpatico dei personaggi e l'animazione morbida e dolce. Oltre, per l'appunto, all'interesse che le due storie rivestono per gli esegeti dello Studio Ghibli. Le maggiori similitudini, come dicevo, sono quelle con "Il mio vicino Totoro": a parte la protagonista (Mimiko è una fusione fra Satsuki e Mei; le sue trecce rosse, invece, sono un omaggio a Pippi Calzelunghe, di cui Takahata e Miyazaki avrebbero voluto realizzare una serie animata) e l'accattivante canzoncina-filastrocca (di Masahiko Sato), Papanda ricorda Totoro in tutto e per tutto, dal nome con la prima sillaba ripetuta alle dimensioni, dal sorriso gigante al carattere. Fra gli altri elementi che torneranno nell'opera di Miyazaki e soci ci sono le capriole sulle mani di Mimiko (le faranno anche Heidi e Conan!) e l'inondazione che sommerge i dintorni della casa (che rivedremo in "Ponyo sulla scogliera"). Condiscono il tutto i rimandi a celebri fiabe (l'incipit del secondo episodio, quando i nostri amici scoprono che il tigrotto si è intrufolato in casa, è uguale a quello della favola di Riccioli d'oro e i tre orsi).

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