All'ovest niente di nuovo (L. Milestone, 1930)
All'ovest niente di nuovo (All quiet on the western front)
di Lewis Milestone – USA 1930
con Lew Ayres, Louis Wolheim
***1/2
Visto in divx.
Germania, poco dopo l'inizio della prima guerra mondiale. Incitati dai discorsi retorici e patriottici del loro professore, lo studente Paul (Paolo) Bäumer (Lew Ayres) e i suoi compagni si arruolano con entusiasmo come volontari e vengono inviati al fronte occidentale a combattere contro i francesi. Qui scopriranno però cosa sia veramente la guerra, un mondo molto più duro, cupo e disperato di quanto immaginavano: sangue e fango, trincee e filo spinato, bunker e bombardamenti incessanti, fame e dolore, con la morte che incombe in ogni momento. Tratto dal romanzo "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Erich Maria Remarque (pubblicato solo due anni prima, nel 1928), un lungometraggio seminale per come propone un punto di vista fortemente antibellico e antimilitarista, fra i primi film "seri" a farlo (se escludiamo cioè le comiche di Charlot e affini). A colpire, ancora oggi, è la resa drammatica ma soprattutto realistica del conflitto. Le scene di battaglia sono incredibilmente dinamiche e potenti, spettacolari e violente (e non hanno nulla da invidiare a tanti blockbuster bellici moderni, da "Salvate il soldato Ryan" a "1917"), girate con profluvio di carrellate laterali e un montaggio serrato che sembra anticipare addirittura il Peckinpah de "Il mucchio selvaggio", vedi la mitragliatrice che falcia i soldati all'assalto della trincea. Il filo conduttore è la progressiva acquisizione di coscienza di Paolo, man mano che vede morire i suoi amici, impara a conoscere gli orrori (e la futilità) della guerra, perde l'idealismo e le illusioni dell'inizio ed è costretto a diventare adulto. Fra le scene memorabili: l'addestramento agli ordini dell'ex postino del villaggio, ora sergente istruttore; l'amicizia con un gruppo di veterani (fra cui Louis Wolheim e Slim Summerville) che prendono Paolo e compagni sotto la loro (sia pur ruvida) ala protettrice; la visita nell'ospedale da campo all'amico ferito e moribondo; la notte trascorsa in una fossa insieme al cadavere di un soldato francese (una delle pochissime scene in cui si vede anche il "nemico"), per la cui uccisione Paolo prova rimorso; l'episodio delle contadine francesi, che abitano oltre il fiume, cui Paolo e due compagni fanno visita durante la notte; la degenza in ospedale, da cui lotta per uscire vivo; la breve licenza a casa, in un mondo di cui ormai non sente più di far parte; e il finale, che fu cambiato rispetto al romanzo di Remarque: la mano di Paolo che estende fuori dalla trincea per prendere la farfalla è dello stesso Milestone (l'attore non era più disponibile perché si era già in fase di montaggio). Inoltre, momenti come quello in cui i soldati si interrogano sulle ragioni della guerra, concludendo che essa è voluta solo da chi ha qualcosa da guadagnarci (che siano politici o commercianti), o sul fatto di essere solo "carne da cannone", da mandare allo sbaraglio (d'altronde in tutto il film non si parla mai di tattiche o strategie e non si vedono mai comandanti o alti ufficiali: c'è solo caos e confusione), o ancora in cui si lascia intendere che la guerra ormai è persa, mancano uomini (tanto che vengono richiamati anche i sedicenni), armi e munizioni, eppure si parla ancora retoricamente di "marciare su Parigi": sono tutti momenti che testimoniano senza ambiguità l'afflato antimilitarista della pellicola (come del romanzo, scritto da un autentico veterano della prima guerra mondiale). Nonostante l'enorme successo (vinse l'Oscar per il miglior film e per il miglior regista, primo lungometraggio nella storia a conquistarli entrambi), i nazionalismi imperanti portarono a farla vietare un po' ovunque, a partire dalla Germania nazista. In Italia, per esempio, uscirà solo nel 1956. La versione originale durava oltre due ore e mezza, ma la produzione tagliò diverse sequenze. Fra le duemila comparse impiegate nelle scene di battaglia c'è anche il futuro regista Fred Zinnemann. Un remake per la TV nel 1979, "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Delbert Mann, e uno nel 2022, di Ed Berger.
2 commenti:
fa parte di quei "classici" che fa sempre bene rivedere.
Sì, e conserva ancora oggi tutta la sua carica emotiva!
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