16 giugno 2007

Ai confini del paradiso (F. Akin, 2007)

Ai confini del paradiso (Auf der anderen Seite)
di Fatih Akin – Germania/Turchia 2007
con Baki Davrak, Nurgul Yesilcay
***

Visto al cinema Anteo, in v. orig. sottotitolata.
(rassegna di Cannes)

Quando il suo anziano padre sessuomane uccide accidentalmente una prostituta, un professore turco che insegna tedesco ad Amburgo torna a vivere in patria in cerca della figlia della donna. Costei però è una terrorista di sinistra che è dovuta fuggire proprio in Germania, a sua volta in cerca della madre. Dall'ottimo regista de "La sposa turca", un altro bel film sui rapporti fra tedeschi e turchi (la Germania è il paese europeo dove ci sono più immigrati turchi), una pellicola corale che si dipana su più piani, la cui struttura ricorda addirittura "Pulp Fiction": c'è infatti un prologo che ritorna nel finale acquistando soltanto allora il proprio significato, mentre il resto del film è diviso in tre sezioni che si interlacciano cronologicamente, riportando in vita alcuni personaggi che nel frattempo abbiamo già visto morire. I titoli delle prime due sezioni sono inoltre "spoilerosi", in quanto anticipano la morte di due personaggi prima ancora che questi facciano la loro apparizione nel film: e la cosa aggiunge una tensione incredibile, visto che lo spettatore si attende continuamente che si verifichi il fattaccio. Le vicende dei protagonisti, legate talvolta a loro insaputa, sono dilatate nel tempo e nello spazio, si incrociano più volte e si "mancano" altrettante volte, fra personaggi che sembravano minori e invece acquistano importanza (Lotte e sua madre, per esempio, quest'ultima interpretata da Hanna Schygulla). Vivi e morti fanno la spola, in una direzione o nell'altra, fra Germania e Turchia, fra Brema e Istanbul, fra Amburgo e il Mar Nero, cambiando la propria vita e quella degli altri. Pur sfiorando temi sociali e politici, il film intende mettere in scena soprattutto l'amore, nelle sue varie forme: fra uomini e donne, fra prostitute e clienti, fra ragazze e, non ultimo (anzi, in primo piano), quello fra genitori e figli. Un film bello e riconciliante, che testimonia del buon momento sia del cinema tedesco (si pensi a "Le vite degli altri") sia di quello turco (si pensi a Nuri Bilge Ceylan).

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