6 settembre 2022

La città incantata (Hayao Miyazaki, 2001)

La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi)
di Hayao Miyazaki – Giappone 2001
animazione tradizionale
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Rivisto in TV (Netflix).

Impegnata con la famiglia in un trasloco da una città a un'altra, la piccola Chihiro si imbatte in un parco dei divertimenti apparentemente deserto in una località di campagna. In realtà il luogo non è abbandonato, ma semplicemente è riservato non agli esseri umani, bensì agli spiriti e alle divinità della natura, che vi giungono quando cala la notte. Per via della loro ingordigia, i genitori si ritrovano trasformati in... maiali e messi all'ingrasso, mentre la bambina, con l'aiuto di Haku, un misterioso ragazzo che afferma di conoscerla, riesce a farsi assumere come lavorante nel gigantesco edificio che funge da terme e bagni pubblici per gli spiriti, gestito dalla strega Yubaba. Questa, per avere potere su di lei, "ruba" il vero nome della bambina, che viene così ribattezzata Sen. Vivrà numerose avventure, prima di riuscire a riappropriarsi del proprio nome e a ottenere dalla strega il permesso di tornare al mondo degli umani, insieme ai suoi genitori. Difficile dire quale sia il capolavoro di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli (le mie preferenze personali vanno a "Laputa" e "Totoro"), ma questo va senza dubbio collocato nella lista delle sue opere migliori e forse dei film giapponesi animati più belli di sempre. Ricchissimo e affascinante, colmo di momenti, trovate e personaggi visionari, ispirati al vasto universo del folklore nipponico ma anche frutto di una rilettura personale di miti e fiabe occidentali (le "prove" che la piccola protagonista deve superare, il ruolo del cibo degli spiriti, le trasformazioni magiche, il divieto di guardarsi indietro mentre percorre il tunnel d'uscita...), il film offre immagini davvero suggestive, anche per merito della grande qualità di disegni, fondali e animazioni cui lo Studio Ghibli ci ha abituato, ma che in questo caso sembrano addirittura superiori alla media: il treno che corre sul pelo dell'acqua (popolato da spiriti: impossibile non pensare al "gatto-bus" di Totoro); le tante creature e creaturine che popolano questo universo soprannaturale, che ne siano normali abitanti o opera di magia come gli uccelli di carta; e naturalmente il gigantesco e complesso edificio termale, con i suoi interni, i ponti, i corridoi, le camere dove alloggiano i lavoranti e le grandi vasche frequentate dagli ospiti. In Giappone la cultura delle terme (onsen) è antica e radicata, e non stupisce come possa essere associata anche al mondo del mito, del folklore e degli spiriti, i cosiddetti kami: mi sovvengono, per esempio, alcune suggestive e inquietanti puntate di "Lamù" dirette da Mamoru Oshii.

Dietro la superficie e la forma, però, ci sono anche i contenuti: siamo di fronte a una storia di coming-of-age, di crescita, che mostra una ragazzina (presentata nelle prime scene come disinteressata e annoiata, oltre che gracile e sgraziata: il character design è un po' diverso da quello solito di Miyazaki) costretta ad affrontare di colpo le difficoltà della vita, senza l'appoggio dei genitori; a dover imparare cosa sono la responsabilità, l'impegno, il rispetto delle regole (tutto ciò che si collega al lavoro), ma anche l'altruismo, la disponibilità, la bontà, il perdono. E supera tutte le prove grazie alla sua rettitudine, all'intelligenza, alla mancanza di quell'avidità e ingordigia che invece ha tradito i suoi genitori (si pensi, per esempio, a come rifiuti i doni e le pepite d'oro che lo spirito Senza-Volto le offre di continuo). Attorno a lei si muovono numerosi personaggi ben caratterizzati, tanto come personalità quanto dal lato estetico, per quanto (ovviamente) spesso bizzarri: il bello e misterioso Haku, per esempio, ragazzo che assume magicamente anche l'aspetto di un dragone e la cui vera identità – una trovata magnifica! – è svelata solo nel finale; l'inserviente Lin, che prende la piccola Sen sotto la sua ala protettiva; il vecchio e "ragnesco" Kamagi, che gestisce le caldaie dei bagni pubblici con l'aiuto di tante creaturine nere che ricordano gli spiriti della fuliggine di "Totoro"; l'avida strega Yubaba e la sua sorella gemella Zeniba (chi sia la buona e chi la cattiva rimane in bilico per quasi tutto il film); il figlio di Yubaba, il gigantesco "Piccino", trasformato in topo da Zeniba; i tanti lavoranti delle terme e i pittoreschi ospiti, fra i quali spiccano il "dio putrido" (Gualtiero Cannarsi, ma che hai in testa?), che in realtà è lo spirito di un fiume, e, appunto, il timido ma goloso Senza-Volto. A condire il tutto, la splendida colonna sonora firmata da Joe Hisaishi. La versione italiana che circola attualmente (si tratta del secondo doppiaggio del film) è purtroppo mediocre, per via del brutto adattamento dei dialoghi di Cannarsi (e non è nemmeno uno dei suoi lavori peggiori), per non parlare del titolo generico e incongruente che ha ereditato dalla precedente (quale sarebbe questa "città" incantata?). Quello originale può essere tradotto come "Sen e Chihiro rapite dagli spiriti": meglio allora il titolo inglese, "Spirited away".

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