25 settembre 2022

Il giardino delle streghe (Fritsch, Wise, 1944)

Il giardino delle streghe (The curse of the Cat People)
di Gunther von Fritsch, Robert Wise – USA 1944
con Ann Carter, Simone Simon
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Rivisto in DVD.

Dopo gli eventi de "Il bacio della pantera", Oliver (Kent Smith) si è risposato con la collega Alice (Jane Randolph), ma il ricordo della prima moglie defunta, Irina (Simone Simon), lo tormenta ancora. La famiglia si è trasferita fuori città, nel villaggio di Tarrytown, dove Amy (Ann Carter), la figlia della coppia, frequenta la scuola. Solitaria, introversa e "sognatrice", la bambina ha molta fantasia e pochi amici ("c'è come un muro fra lei e la realtà", dice il padre, preoccupato perché "l'immaginazione uccide"): non stupisce, dunque, che si faccia una "amica" immaginaria, un fantasma che ha proprio le fattezze di Irina, con la quale trascorre gran parte del suo tempo... Insolito horror dalle sfumature famigliari e sospese, incentrato più sulle insicurezze e le angosce infantili, in particolare le sofferenze della solitudine, che non su un pericolo esterno e concreto. Il film può essere visto e valutato a sé stante: le correlazioni con il precedente sono deboli e spurie, quasi un'imposizione dello studio per sfruttare il cast identico a quello del successo di due anni prima, mentre il produttore Val Lewton, che vi ha riversato ricordi autobiografici, avrebbe preferito differenziare le due pellicole (e lanciare questa con il titolo "Amy and her friend"). Non ci sono uomini gatto, infatti, e nemmeno streghe, se è per questo: il giardino del titolo è quello della vecchia villa che i bambini del villaggio dicono essere maledetta e abitata da spiriti. A risiederci c'è invece una vecchia e svampita attrice di teatro, Julia Farren (Julia Dean), convinta che la propria figlia sia morta e che la donna che si prende cura di lei, Barbara (Elizabeth Russell), non sia che un'impostora. Le due vicende si incrociano più volte, quando Amy fa visita a Julia e ne diventa amica, suscitando l'invidia e il rancore di Barbara. Il risultato è un insieme di temi psicoanalitici e suggestioni inquietanti (c'è di mezzo anche la leggenda di Sleepy Hollow, visto che il racconto di Washington Irving si svolge proprio a Tarrytown), favorite dalla bella fotografia – come nel film precedente – di Nicholas Musuraca, e da una colonna sonora che nella versione italiana saccheggia ampiamente la sinfonia "Patetica" di Ciajkovskij. La pellicola era stata iniziata da Gunther von Fritsch, al suo debutto nel lungometraggio: ma non avendo rispettando le tempistiche (dopo i 18 giorni di riprese previsti aveva terminato solo metà film), venne sostituito dal montatore Robert Wise, che esordì così a sua volta nella regia. Alla sua uscita passò quasi inosservato, ma la rivalutazione successiva da parte della critica l'ha portato a diventare un piccolo cult movie.

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