5 agosto 2022

Frankenstein (J. Searle Dawley, 1910)

Frankenstein
di J. Searle Dawley – USA 1910
con Augustus Phillips, Charles Stanton Ogle
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Visto su YouTube.

Frankenstein (Phillips), giovane studioso convinto di aver compreso i misteri della vita, intende creare "l'essere umano perfetto": ma il risultato del suo esperimento è un mostro (Ogle) dall'aspetto ributtante e deforme, che perseguita lui e la sua novella sposa Elizabeth (Mary Fuller). Forse il primo adattamento cinematografico del celebre romanzo di Mary Shelley, o quantomeno il più antico di cui si ha notizia. Girato completamente in interni (e in soli tre giorni!) da Dawley (anche sceneggiatore) negli studi Edison del Bronx, ne è naturalmente una versione molto edulcorata che, anche per via della breve durata (un rullo, ovvero 11-16 minuti a seconda del frame rate) e del linguaggio rudimentale (senza montaggio narrativo o primi piani, e con cartelli che preannunciano il contenuto di ciascuna scena), appare privo di sottigliezza o di qualsivoglia profondità. Assente ogni contestualizzazione geografica o storica, nel film il "male" è tale soltanto perché il mostro è brutto e deforme, non perché compia chissà quali nefandezze. Lo stesso Frankenstein non mostra particolare pentimento né crescita, salvo felicitarsi nel finale per la scomparsa spontanea del mostro (notevole però la scelta di farlo svanire mentre si rifletteva in uno specchio, lasciando così il dottore di fronte alla propria immagine riflessa). L'aspetto di Ogle, che pare un demonietto, non è iconico come sarà quello di Boris Karloff nella versione di James Whale del 1931 che fisserà definitivamente il personaggio e il suo aspetto nell'immaginario collettivo, ma resta la cosa più interessante di questa versione. Suggestiva anche la sequenza della "creazione" del mostro, che avviene chimicamente in un mastello. Per il resto, la stessa casa produttrice cercò di tranquillizzare gli spettatori affermando che l'adattamento intendeva focalizzarsi sugli elementi "mistici e psicologici" del racconto, anziché su quelli più prettamente orrorifici, eliminando cioè ogni possibile "situazione repulsiva", cosa che non evitò alcune critiche per l'eccessiva cupezza.

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