9 agosto 2022

Born of hope (Kate Madison, 2009)

Born of Hope: The ring of Barahir
di Kate Madison – GB 2009
con Christopher Dane, Beth Aynsley
**1/2

Visto su YouTube, in originale con sottotitoli.

Quando gli orchi di Sauron si spingono verso sempre più nord, in quello che una volta era il regno di Arnor, attaccando i villaggi dei Dúnedain con l'obiettivo di porre fine alla stirpe di Elendil e uccidere l'ultimo erede di Isildur, il capitano Arathorn organizza la difesa dall'insediamento di Taurdal, dove risiede suo padre Arador. Nel contempo, conosce Gilraen, figlia del guerriero Dirhael, e se ne innamora. I due si sposeranno, e il loro unico figlio Aragorn diventerà la nuova "speranza" dei Dúnedain (proprio Estel, "speranza", sarà il nome affibbiato al bambino durante la sua permanenza a Imladris, per nasconderne l'identità). Forse il più ambizioso (e tuttora il migliore) fra tutti i fan movie ispirati agli scritti di J.R.R. Tolkien (segnatamente, all'appendice A de "Il Signore degli Anelli"), realizzato con competenza, passione e grande amore per la materia trattata. L'ampio cast, le scenografie, i costumi, la lunga durata (71 minuti, dunque un vero e proprio lungometraggio), le scene di battaglia, i tanti dettagli e riferimenti tolkeniani (non buttati lì come strizzatine d'occhio, ma parte integrante del world building), e soprattutto la descrizione e la psicologia dei personaggi, anche quelli minori – come Elgarain, la giovane guerriera tragicamente innamorata (ma non ricambiata) di Arathorn, interpretata dalla stessa regista – contribuiscono a renderlo un prodotto altamente professionale e perfettamente godibile a sé stante. Buoni anche gli effetti speciali, tanto quelli "artigianali" (il trucco degli orchi) quanto quelli digitali (la breve scena con il troll). Inoltre, a differenza di altri prodotti simili (come "La caccia a Gollum", uscito lo stesso anno, il cui regista ha collaborato qui come operatore di macchina), il film appare molto meno derivativo rispetto alla trilogia di Peter Jackson e sembra avere invece una propria identità. Fra i pochi difetti, la qualità amatoriale (ma comunque accettabile) della recitazione. Parlando di dettagli tolkeniani: nel film compaiono Elladan e Elrohir, i due figli di Elrond (e fratelli di Arwen) che erano invece assenti nella trilogia jacksoniana. E Arathorn scopre che gli orchi, su ordine di Sauron, sono alla ricerca di un misterioso anello, giungendo alla conclusione che si tratti dell'anello di Barahir, indossato da Arador e tramandando da padre in figlio come simbolo dei re di Númenor. Nel film nulla smentisce questa ipotesi, ma naturalmente non si può non sospettare che Sauron fosse invece già alla ricerca dell'Unico Anello, quello che Isildur stesso gli aveva strappato via e che in quel momento era custodito da Gollum nelle caverne sotto le Montagne Nebbiose.

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