Andremo in città (Nelo Risi, 1966)
Andremo in città
di Nelo Risi – Italia/Jugoslavia 1966
con Geraldine Chaplin, Nino Castelnuovo
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Visto in divx, alla Fogona.
Durante la seconda guerra mondiale, la giovane Lenka (Geraldine Chaplin) vive con il fratellino cieco Mischa (Federico Scrobogna) nella campagna serba. Il padre, insegnante, è partito in guerra e poi, in quanto ebreo, è stato rinchiuso in un campo di concentramento. E nell'attesa del suo ritorno, la ragazza – innamorata di Ivan (Nino Castelnuovo), un partigiano che si rifugia con i suoi compagni nel bosco circostante – cerca di badare al fratello, promettendogli che prima o poi prenderanno uno dei treni che attraversano la regione per "andare in città" in cerca di una vita migliore. Ma ciò che il bambino cieco ignora è che quei treni trasportano i deportati verso i campi di sterminio: dapprima gli ebrei, poi gli zingari (portati via fra l'indifferenza o la rassegnazione del resto della popolazione, il che ricorda il famoso discorso di Martin Niemöller, talvolta attribuito a Bertolt Brecht: "Prima vennero..."), e infine anche i loro congiunti, come Lenka e lo stesso Mischa. Tratto dal romanzo omonimo di Edith Bruck (moglie del regista, e a sua volta sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti), adattato fra gli altri da Vasco Pratolini e sceneggiato da Cesare Zavattini una potente e crudele testimonianza della difficoltà della vita dei civili durante l'occupazione nazista. Il film si svolge in Jugoslavia, ma potrebbe ambientarsi benissimo anche in Italia. In certe cose (il modo in cui Lenka cerca di "proteggere" il fratellino dalle crudeltà del mondo che li circonda) sembra anticipare "La vita è bella" di Benigni, anche se in questo caso siamo più dalle parti del neorealismo che della commedia. Ottima la prova della giovane Chaplin (a inizio carriera e al primo ruolo da protagonista assoluta: era reduce dal "Dottor Zivago") e bella la fotografia in bianco e nero di Tonino Delli Colli. Un po' invadente invece la colonna sonora di Ivan Vandor. Aleksandar Gavric è Ratko Vitas, il padre di Lenka e Mischa. Slavko Simić è il medico.
2 commenti:
Sì, è un film commovente ma per niente sdolcinato che meriterebbe di essere ricordato con maggiore attenzione, molto meglio di quello di Benigni...(almeno per me)
Oggi quasi dimenticato (come il suo regista, rimasto forse più noto come poeta e traduttore che come cineasta), è un film che meriterebbe in effetti di essere riscoperto.
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