29 giugno 2021

Lost in translation (Sofia Coppola, 2003)

Lost in translation - L'amore tradotto (Lost in Translation)
di Sofia Coppola – USA/Giappone 2003
con Bill Murray, Scarlett Johansson
***

Rivisto in TV (Netflix).

In Giappone per girare uno spot pubblicitario per una marca di whisky, Bob Harris (Bill Murray), attore americano in declino nonché in crisi esistenziale e personale, si scopre sperduto e alienato, vittima del fuso orario ma anche di una cultura che non comprende. Troverà però una sorta di anima gemella nella giovane Charlotte (Scarlett Johansson), che risiede nel suo stesso albergo, dove ha seguito il marito per lavoro. Nonostante la differenza di età, i due si aggrapperanno l'uno all'altra per resistere e sopravvivere in qualche maniera in un mondo che appare vacuo ed estraneo. Forse tuttora il miglior film della Coppola, nonostante i tanti (troppi) stereotipi sul Giappone e le sue eccentricità possano renderlo fastidioso per chi conosce e ama quel paese. Ma in fondo non è importante dove veramente si svolge la storia: avremmo potuto trovarci in qualsiasi altro contesto "estraneo" in cui ci si senta intrappolati (e più il paese è esotico e distante, meglio è), volendo persino su un altro pianeta (tanto che la Coppola ripeterà l'operazione in "Somewhere", stavolta rappresentando sullo schermo il trash della tv italiana). Quel che è importante è il racconto malinconico e introspettivo di due solitudini che si incontrano e cercano di restare a galla insieme. Non è una storia romantica tradizionale (e infatti il sottotitolo italiano, "L'amore tradotto", è fuorviante oltre che stupido: molto indovinato invece quello originale, che oltre al livello metaforico fa riferimento alla buffa scena in cui l'interprete giapponese traduce a Bob a modo suo le lunghe sfuriate del regista dello spot pubblicitario), ma mette a confronto due personaggi che si trovano nell'impasse in differenti momenti della propria vita. Bob (interpretato da un Bill Murray il cui consueto sarcasmo è per una volta al servizio non della comicità ma di un personaggio depresso e introverso, e che proprio per questo sembra ancora più reale: che sia tale il vero lato privato dei comici?) è in crisi di mezza età, stanco della vita e di un matrimonio che va avanti per inerzia; Charlotte è invece all'inizio della propria vita ma già appare delusa e disillusa. E il fatto che siano lontani da casa, in un paese che sembra incomprensibile, e anche senza punti di riferimento (sono entrambi trascurati e ignorati dai rispettivi coniugi), non aiuta di certo ("Diventa più facile, poi?" chiede lei a lui). Alcune scene ritraggono il Giappone moderno (Tokyo) e quello antico (Kyoto), ma gran parte della pellicola è ambientata fra le mura dell'albergo (memorabile la scena in cui i due guardano in tv, di notte, una scena della "Dolce vita" di Fellini con i sottotitoli). E a proposito di "traduzioni" mancanti: alla fine, prima di separarsi, Bob abbraccia Charlotte e le sussurra qualcosa all'orecchio, ma noi non lo sentiamo: per noi spettatori il messaggio rimarrà un mistero. Oscar per la miglior sceneggiatura (firmata dalla stessa Coppola), più tre nomination per il film, la regia e l'attore protagonista. Giovanni Ribisi è il marito di Charlotte. Anna Faris è Kelly, divetta svampita. Catherine Lambert è la cantante nella lounge dell'albergo che canta "Scarborough Fair".

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