Il brigante di Tacca del Lupo (P. Germi, 1952)
Il brigante di Tacca del Lupo
di Pietro Germi – Italia 1952
con Amedeo Nazzari, Saro Urzì
**1/2
Visto in TV.
Nel 1863, subito dopo l'Unità d'Italia, il meridione è funestato dal fenomeno del brigantaggio. Bande armate composte anche da ex soldati e nostalgici del regno borbonico, sostenute con simpatia dalle popolazioni locali, ostili al nuovo governo piemontese, devastano i paesi e i territori della Calabria e della Lucania. Per riportare l'ordine e catturare il temibile brigante Raffa Raffa, che ha saccheggiato Melfi e portato via con sé degli ostaggi, il capitano Giordani (Amedeo Nazzari) guida un manipolo di fanti e di bersaglieri (per lo più giovani contadini coscritti delle regioni del Nord, non molto diversi dai loro nemici se non per il dialetto parlato) per le terre collinari circostanti, inospitali e selvagge. La ricerca del covo del bandito si rivelerà più ardua del previsto, e la missione avrà successo soltanto grazie alla collaborazione di una ragazza (Cosetta Greco) che è stata "oltraggiata" dal brigante, e dal marito (Vincenzo Musolino) che intende vendicare il suo onore, per non parlare dei magheggi del commissario Siceli (Saro Urzì), meridionale e dunque ben più aduso di Giordani ai sotterrifugi e alle manovre astute e ciniche ("In questo paese le questioni d'onore sono una cosa seria"). Quasi un sequel di "1860", il film di Blasetti che raccontava le imprese di Garibaldi. Ma forse per la prima volta i temi risorgimentali sono letti in una chiave critica, che mette in luce le ragioni e i punti di vista di ambo le parti (sottolineando per esempio la povertà e l'orgoglio delle popolazioni meridionali, che si vedono "colonizzate" dai nuovi arrivati, i quali spesso con arroganza non provano nemmeno a comprendere la differente cultura con cui hanno a che fare) e che traspare nonostante la forma decisamente avventurosa e "popolare" della pellicola, debitrice dal punto di vista formale ai western di John Ford. Alcune scene, per via delle uniformi militari e degli scenari naturali – come il canyon dove ha luogo lo scontro finale – sembrano uscire dritte dritte dai film del maestro americano, che Germi ammirava molto e al quale si era già rifatto nel precedente "In nome della legge", con cui ci sono diverse affinità: per non parlare del protagonista, un comandante duro e dal pugno di ferro, giusto ed audace, che ricorda John Wayne e che deve mostrarsi inflessibile per riuscire in un impresa resa difficile anche per via di una popolazione che non li aiuta, e che anzi parteggia per i briganti, per simpatia o paura ("Ma dovranno imparare ad avere paura anche di noi", dice il comandante). Fausto Tozzi è il tenente Magistrelli. La sceneggiatura nasce dalla riduzione (di Tullio Pinelli, insieme a Germi e Federico Fellini) dell'omonimo romanzo di Riccardo Bacchelli. Musiche di Carlo Rustichelli.
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